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CIRCOLARE OMNIBUS
LINEE GUIDA INTERPRETATIVE DELL'ART. 35 DELLA LEGGE REGIONALE 6 APRILE 1998, N. 11 COME MODIFICATO DALL'ART.16 DELLA LEGGE REGIONALE 20 GENNAIO 2005, N. 1.
PREMESSE
La presente circolare ha la funzione di fornire adeguati chiarimenti in ordine all'applicazione delle norme contenute negli articoli 35, 36, e 38 di cui al Titolo V, Capo I, della L.R. n. 11 del 06/04/1998 recante "Normativa urbanistica e di pianificazione territoriale della Valle d'Aosta", che sono stati oggetto di modificazione da parte della L.R. n. 1 del 20/01/2005 recante "Disposizioni per la manutenzione del sistema normativo regionale. Modificazioni e abrogazioni di leggi e disposizioni di legge", nonché alla Deliberazione di Giunta Regionale 15/02/1999 n. 422 contenente "Approvazione di disposizioni attuative della legge regionale 6 aprile 1998, n. 11 previste dagli artt. 36 e 37 (Criteri ed indirizzi di carattere tecnico e adempimenti in ordine alla redazione ed approvazione delle cartografie degli ambiti inedificabili) e revoca delle deliberazioni della Giunta Regionale n. 9797/1994 e 4190/1995".
Il Titolo V, Capo I, menzionato contempla gli "Ambiti inedificabili" e unitamente al Capitolo III della Deliberazione di Giunta Regionale n. 422/1999, riserva a tali aree del territorio regionale rigorose disposizioni in ordine agli interventi urbanistico-edilizi ivi eseguibili, recependo la disciplina del Piano Stralcio per l'Assetto Idrogeologico, di seguito denominato PAI, adottato ed approvato ai sensi della L. n. 183 del 18/05/1989.
Gli articoli sopra indicati di cui al Titolo V, Capo I, e il Capitolo III della Deliberazione di Giunta Regionale n. 422/1999 (per i terreni a rischio di inondazioni) contengono, infatti, un'elencazione degli interventi ammissibili in tali aree tenendo conto delle differenti condizioni di rischio ed esigenze di tutela relative a ciascuna di esse, facendo comunque salvo il rispetto di eventuali determinazioni più restrittive della pianificazione regionale o locale.
In particolare, l'articolo 35 consente, in via del tutto eccezionale ed in caso di motivata necessità, di realizzare nelle aree dagli stessi disciplinate, oltre agli interventi specificamente definiti, anche altre tipologie di interventi più generalmente indicati come:
- Interventi d'interesse generale aventi particolare rilevanza sociale ed economica;
- Interventi diretti alla salvaguardia di importanti interessi economici e sociali.
Tali interventi, la cui definizione è fornita nel prosieguo, richiedono, in ogni caso, la procedura di deroga attuata con deliberazione della Giunta Regionale secondo i criteri stabiliti dall'articolo 35 medesimo.
L'art. 36 e la Deliberazione di Giunta Regionale n. 422/1999 prevedono, inoltre, la possibilità di realizzare nelle fasce A e B, in via eccezionale e previa acquisizione dell'autorizzazione da parte dell'Autorità idraulica competente, salvo che per le opere eseguite dall'Autorità stessa per i suoi fini istituzionali, oltre ad altri specifici interventi, manufatti ed opere infrastrutturali direttamente attinenti al soddisfacimento di interessi generali, anch'essi in seguito meglio precisati.
Gli interventi urbanistico-edilizi cui fanno riferimento le norme contenute nel Titolo V, Capo I, fra cui i mutamenti della destinazione d'uso, sono quelli definiti dalla legge urbanistica regionale e dai relativi provvedimenti attuativi (Deliberazione della Giunta Regionale n. 2515 del 26/07/1999, modificata ed integrata dalle successive Deliberazioni della Giunta Regionale n. 1180 del 17/04/2000 e n. 2761 del 09/08/2004). Questo inevitabilmente al fine di consentire una corretta applicazione delle disposizioni concernenti i titoli abilitativi e la legittimazione dell'attività edilizia.
Si precisa però che poiché gli stessi interessano in particolare le aree a rischio idrogeologico, non è dato, in ogni caso, prescindere, nell'applicazione ed interpretazione delle norme di cui trattasi, dalla sostanziale finalità di tutela della pubblica e privata incolumità perseguita dalle medesime che impone un generale ed inderogabile divieto di aumentare le condizioni di rischio attuale.
Tale principio di base trova fondamento nel PAI il quale è il primo effettivo strumento che persegue, attraverso le sue disposizioni, l'obiettivo di garantire al territorio del Bacino del fiume Po un livello di sicurezza adeguato rispetto ai fenomeni di dissesto idraulico e idrogeologico.
La finalità in questione rappresenta, quindi, la corretta chiave di lettura delle norme oggetto della presente circolare ogni qualvolta si presentino fattispecie concrete di dubbia applicazione, consentendo finanche di superare, se del caso, la qualificazione strettamente edilizia degli interventi ammessi e/o vietati o le accezioni riscontrabili negli specifici strumenti urbanistici.
Qualsiasi intervento, pur se non incluso fra quelli esplicitamente vietati, non deve comportare l'aumento della pericolosità di inondazione o di frana ed il rischio connesso, sia localmente, sia a monte, sia a valle, e non deve pregiudicare la realizzabilità degli interventi di sistemazione e mitigazione del rischio medesimo.
Gli interventi ammissibili non devono aggravare le situazioni e/o condizioni di dissesto in atto o potenziali, né devono presentare una vulnerabilità tale da renderli inadeguati rispetto alle finalità per le quali sono realizzati.
A titolo meramente esemplificativo si ritengono inammissibili interventi che comportino mutamenti di destinazione d'uso da attività turistiche, ricettive, commerciali ed artigianali ad abitazione permanente o principale; interventi tali da comportare la permanenza di persone in insediamenti non adeguatamente protetti o proteggibili dagli eventi calamitosi, quali l'installazione di campeggi, villaggi turistici o insediamenti comunque legati all'attività ricettiva turistica quali roulottes o case mobili, in ragione della loro assimilabilità, dal punto di vista dell'aumento del rischio idraulico, agli interventi di nuova edificazione nonché della loro intrinseca elevata vulnerabilità rispetto agli eventi alluvionali. Analogamente sono da ricomprendere in tali divieti i capannoni e simili, anche se non realizzati in muratura, ove siano insediabili attività produttive, commerciali o similari; interventi volti alla destinazione del patrimonio edilizio esistente a servizi per le persone più deboli, quali asili, scuole, ricoveri per anziani. Sono invece da ritenere ammissibili interventi quali l'installazione di dehors o similari, l'allestimento di mercati temporanei, fieristici o similari, parcheggi a raso, purché siano previste le adeguate misure di protezione civile, interventi che comportino il mutamento di destinazione d'uso da abitazione permanente ad attività economiche, commerciali e produttive.
Tale generale principio non va disatteso neppure qualora si debba stabilire la misura in cui l'esecuzione di determinati interventi, quali quelli ammessi dall'articolo 35 nelle aree di cui al comma 1, lettere a), b) e c), ivi compreso il mutamento della destinazione d'uso, possa o meno dare origine ad un aumento del "carico insediativo".
Questo significa che anche in tale caso non si può prescindere né dal divieto di aumentare le condizioni di rischio attuale, né dalle finalità di tutela dell'incolumità pubblica o privata perseguite dalle norme in esame.
Si rende necessario, in ogni caso, valutare di volta in volta la realizzabilità degli interventi da eseguirsi, laddove si presentino casi concreti peculiari che richiedano indagini specifiche.
Si rileva, infine, che le modificazioni introdotte dalla L.R. n. 1 del 20/01/2005 agli articoli 35, 36 e 38 della L.R. n. 11/1998 non hanno determinato alcuna necessità di modificare la Deliberazione di Giunta Regionale n. 422 del 15/02/1999 sopra menzionata.
DEFINIZIONI GENERALI
INTERVENTI DI INTERESSE GENERALE AVENTI PARTICOLARE RILEVANZA SOCIALE ED ECONOMICA.
Si tratta di interventi che anche se realizzati da soggetti privati non devono conseguire esclusivamente o almeno prevalentemente un interesse proprio del soggetto privato medesimo, ma gli interessi della collettività generale che possa da essi trarre un utile. Tali interventi devono inoltre avere particolare rilevanza sociale ed economica. Quindi sono consentiti solo qualora indirizzati alla continuazione, al miglioramento ed allo sviluppo di risorse economiche e sociali in grado di garantire sia l'assetto economico, sia il soddisfacimento dell'interesse della collettività ad un certo bene, ad una condizione sociale o ad un determinato servizio.
INTERVENTI VOLTI ALLA SALVAGUARDIA DI IMPORTANTI INTERESSI ECONOMICI E SOCIALI.
Tali interventi sono ammessi solo qualora siano diretti a salvaguardare (e non creare) interessi economici e sociali importanti. Il parere espresso in data 27/11/2003 dall'"Osservatorio per l'attuazione della legge regionale 6 aprile 1998, n. 11 e per l'applicazione del piano territoriale paesistico" stabilisce che tali interventi sono quelli che hanno lo scopo primario di mantenere o ripristinare situazioni di benessere e di ricchezza economica e sociale già consolidatesi nella porzione di territorio interessata e senza le quali si creerebbe uno scompenso economico e sociale non indifferente.
MANUFATTI E OPERE INFRASTRUTTURALI DIRETTAMENTE ATTINENTI AL SODDISFACIMENTO DI INTERESSI GENERALI.
Il parere espresso i data 10/06/04 dall'"Osservatorio per l'attuazione della legge regionale 6 aprile 1998, n. 11 e per l'applicazione del piano territoriale paesistico" stabilisce che le "opere infrastrutturali direttamente attinenti al soddisfacimento di interessi generali" sono quelle infrastrutture di tipo puntuale e lineare che anche se realizzate da soggetti privati non devono conseguire esclusivamente o almeno prevalentemente un interesse del soggetto privato medesimo, ma devono essere destinate alla collettività generale che possa trarne un utile. Tale concetto generale va esteso anche con riferimento ai manufatti. L'Osservatorio, in ogni caso, ha escluso che negli ambiti in esame possano trovare esecuzione opere di grande portata che non solo implichino un notevole impatto sul territorio, ma favoriscano altresì la permanenza di persone, quali ad esempio scuole e alberghi.
CARICO INSEDIATIVO (Aumento del).
Per quanto a livello normativo e giurisprudenziale, anche nazionale, vi sia una carenza riguardo alla definizione di carico insediativo, la stessa si può trarre dalle considerazioni che dottrina e giurisprudenza forniscono per giungere alla definizione del "carico urbanistico". Tali fonti autorevoli evidenziano che l'organizzazione degli insediamenti umani si articola nella predisposizione e nell'organizzazione delle opere di insediamento in senso proprio, ossia che costituiscono ricovero degli esseri umani (abitazioni, costruzioni industriali, uffici), ma anche contemporaneamente delle opere che rendono possibile e funzionante l'insediamento stesso (le infrastrutture che servono gli insediamenti e gli abitanti insediati). Risulta che l'insediamento è costituito da un elemento primario (abitazioni, uffici ecc. ) e da uno secondario (strade, opere pubbliche, edifici pubblici) che deve essere proporzionato all'insediamento primario, ossia al numero degli abitanti insediati e fornito dagli enti e soggetti pubblici. Nasce così il concetto di carico urbanistico, che èl'effetto che viene prodotto dall'insediamento primario come domanda di strutture ed opere collettive, in dipendenza del numero di abitanti insediati su un determinato territorio.
Da tali considerazioni si può desumere che il carico insediativo è tutto quanto riguarda gli insediamenti umani, la distribuzione ed il raggruppamento delle dimore dell'uomo che possono essere di tipo produttivo, residenziale, turistico-ricettivo. Il concetto di carico insediativo può essere legato a quegli aspetti relativi agli "oggetti" fisici realizzati dall'uomo e finalizzati all'espletamento di tutte le attività ad essi connesse, siano esse di tipo abitativo, produttivo o inerenti lo svago ed il tempo libero.
In via generale, per definizione urbanistica, un intervento edilizio o il mutamento della destinazione d'uso determina un aumento del carico insediativo nella misura in cui si rende necessario un aumento del carico urbanistico.
Nel contesto delle norme in esame, in ogni caso, posto che non è dato prescindere né dal divieto di aumentare le condizioni di rischio attuale, né dalle finalità di tutela dell'incolumità pubblica o privata perseguite dalle medesime, come precisato in premessa, ai fini della determinazione relativa all'aumento del carico insediativo assume necessariamente rilevanza anche l'elemento umano.
Per poter stabilire, quindi, che un intervento edilizio non causi un aumento del carico insediativo non è sufficiente far riferimento solo a quanto stabilito dalla normativa urbanistica in relazione a tale fenomeno. Si deve tener conto anche del fatto che tale intervento non deve in alcun modo comportare un incremento sensibile di persone che risiedono in via permanente nelle aree in questione (numero di abitanti, di addetti o di utenti).
Fermi restando tali parametri di riferimento dai quali non si può, in ogni caso, prescindere, ai soli fini di agevolare il calcolo di tale aumento si può fare riferimento al Capitolo I, Paragrafo M della Deliberazione del Consiglio Regionale 24/03/1999, n. 517/XI recante "Approvazione di disposizioni attuative della legge regionale 6 aprile 1998, n. 11 (Normativa urbanistica e di pianificazione territoriale) previste dagli artt. 23 (Spazi da riservare per servizi locali e limiti di densità edilizia, altezza e distanza) e 24 (Indici urbanistici)", che definisce il concetto di insediabilità ed i parametri con cui calcolarla. Tale provvedimento specifica che "l'insediabilità dei PRG esprime il numero degli abitanti complessivi prevedibili sul territorio comunale valutati in posti letto". Da questo si deduce che al numero di persone insediabili corrisponde il numero di posti letto a cui vanno aggiunti, per l'edilizia non residenziale, il numero di addetti o di utenti. Qualora non sia possibile adottare tale criterio perché "in assenza di dati relativi ai posti letto" il provvedimento citato stabilisce che l'insediabilità può essere valutata in base a parametri per abitante fissati dalle NTA del PRG o in assenza "con i seguenti parametri: a) Zone di tipo A) - 120 mc/ab o 40 mq/ab; b) Altre zone - 80 mc/ab o 25 mq/ab (mc o mq lordi)". Quindi le trasformazioni edilizie ammesse sono quelle che, pur comportando un mutamento della destinazione d'uso, ove consentito dagli articoli in esame, o un aumento di superficie abitabile - contenuta nel volume esistente - compresa nei parametri del provvedimento n. 517/XI citato, non implichino un aumento del numero di posti letto o di utenti o di addetti, ed inoltre non aumentino il carico urbanistico e non incrementino i modo sensibile il numero di persone che risiedono in via permanente nelle aree in questione.
In ogni caso, ove sia consentita la realizzazione di interventi di ristrutturazione edilizia, gli interventi di frazionamento interno, ammissibili alle condizioni di volta in volta specificate, non devono comportare un consistente aumento delle unità abitative entro i volumi esistenti.
I comuni, entro i limiti sopra indicati e previsti dalla legge regionale n. 11/98, saranno comunque tenuti a valutare caso per caso le fattispecie concrete sottoposte al loro esame.
MUTAMENTO DI DESTINAZIONE D'USO.
Il mutamento della destinazione d'uso secondo quanto disposto dall'art. 74 della L.R. n. 11/1998 si verifica quando l'immobile, o parte di esso, viene ad essere utilizzato, in modo non puramente occasionale e momentaneo, per lo svolgimento di attività appartenenti ad una categoria di destinazione, fra quelle elencate all'art. 73, comma 2, diversi da quella in atto. Il mutamento di destinazione d'uso, come disciplinato da tale articolo, sussiste anche in assenza di opere edilizie ad esso funzionali.
SPECIFICHE INDAGINI GEOGNOSTICHE.
Per esse si intende qualsiasi indagine diretta o indiretta volta alla caratterizzazione geologica, geotecnica o geomeccanica del suolo e sottosuolo mirata al controllo del comportamento dell'opera nel suo insieme ed in rapporto al terreno.
SPECIFICA VALUTAZIONE GEOLOGICA E GEOTECNICA; SPECIFICA VALUTAZIONE DELL'ADEGUATEZZA DELLE CONDIZIONI DI SICUREZZA IN ATTO E DI QUELLE CONSEGUIBILI CON LE OPERE DI DIFESA NECESSARIE; SPECIFICO STUDIO DELLA SITUAZIONE DI PERICOLOSITA' DEL BACINO CHE INDIVIDUI LE POSSIBILI MISURE DI MITIGAZIONE DEL RISCHIO; SPECIFICO STUDIO DI COMPATIBILITA' DELL'INTERVENTO CON LO STATO DI DISSESTO ESISTENTE.
Per tali concetti si intende un studio geologico volto ad individuare le conseguenze della realizzazione dell'intervento sullo stato di dissesto ed una valutazione tecnica volta a stabilire le conseguenze del dissesto sull'opera che si intende realizzare, vale a dire la sua vulnerabilità.
ARTICOLI 35, 36 e 38 della L.R. n. 11 del 6/04/1998
Art. 35 (Classificazione dei terreni sedi di frane e relativa disciplina d'uso) 1. I terreni sedi di frane in atto o potenziali sono distinti, in funzione della pericolosità geologica, in: a) aree dissestate di grande estensione o coinvolgenti elevati spessori di terreno o comunque ad alta pericolosità, comprendenti grandi frane, falde detritiche frequentemente alimentate, aree instabili con elevata propensione al dissesto o con elevata probabilità di coinvolgimento in occasione anche di deboli eventi idrogeologici; b) aree dissestate di media estensione o coinvolgenti limitati spessori di terreno o comunque a media pericolosità, comprendenti settori di versante maggiormente vulnerabili durante eventi idrogeologici per potenziale franosità soprattutto dei terreni superficiali e falde detritiche sporadicamente alimentate; c) aree dissestate di piccola estensione o bassa pericolosità, caratterizzate da locali fenomeni di instabilità per franosità in occasione di eventi idrogeologici. |
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2. Nelle aree di cui al comma 1, lettera a), è vietato ogni intervento edilizio o infrastrutturale ad eccezione: a) degli interventi di demolizione senza ricostruzione; b) degli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria degli edifici e delle infrastrutture, senza aumento del carico insediativo o modifica della destinazione d'uso; i progetti relativi agli interventi di manutenzione straordinaria devono essere corredati di uno specifico studio di compatibilità dell'intervento con lo stato di dissesto esistente; c) degli interventi volti a mitigare la vulnerabilità degli edifici e degli impianti esistenti, a migliorare la tutela della pubblica incolumità, senza aumenti di superficie e volume e senza cambiamenti di destinazione d'uso che comportino aumento del carico insediativo; i relativi progetti devono essere corredati di uno specifico studio di compatibilità dell'intervento con lo stato di dissesto esistente; d) degli interventi di consolidamento, risanamento e restauro conservativo di beni di interesse storico, compatibili con la normativa di tutela, senza aumenti di superficie e volume e senza cambiamenti di destinazione d'uso che comportino aumento del carico insediativo; i relativi progetti devono essere corredati di uno specifico studio di compatibilità dell'intervento con lo stato di dissesto esistente; e) delle opere di bonifica, di sistemazione e di monitoraggio dei dissesti; f) delle opere di regimazione delle acque, superficiali e sotterranee, nonché di sistemazione agraria, comprensive di ogni intervento infrastrutturale necessario, nel rispetto degli equilibri statici e idrodinamici delle aree, della ristrutturazione e della realizzazione di infrastrutture puntuali, lineari, ad esclusione di quelle viarie, e a rete non altrimenti localizzabili; i relativi progetti devono essere corredati di uno specifico studio di compatibilità dell'intervento con lo stato di dissesto esistente valutato dalla struttura regionale competente in materia di difesa del suolo. |
Commi 2 e 2bis Definiscono in modo puntuale i soli interventi edilizi e infrastrutturali la cui realizzazione è consentita nelle aree di grande e media pericolosità, tenendo conto del principio generale descritto in premessa secondo cui in tali aree è fondamentalmente vietato ogni nuovo intervento comportante trasformazioni urbanistiche o edilizie del territorio che, implicando la permanenza di persone o cose, nell'eventualità del dissesto possano compromettere l'incolumità delle stesse. Tali commi sono, quindi, sottesi a vietare in via generale ed esemplificativa:- Interventi che comportino ampliamento volumetrico dei manufatti esistenti. Il comma 3 ammette, tuttavia, tale ampliamento, compresa la sopraelevazione, per adeguare l'edificio a specifiche leggi in materia di sicurezza o norme igienico-sanitarie, e per il raggiungimento dell'altezza minima prevista dalle vigenti leggi in materia; - Interventi ai quali consegua se non già il mutamento della destinazione d'uso, così come previsto dall'art. 74 L.R. n. 11/98, il mutamento di quelle attività cui è destinato l'immobile al momento della richiesta, tale da comportare un incremento sensibile delle persone presenti in loco in via permanente; - Interventi che implichino la trasformazione di immobili esistenti in nuove strutture turistico-ricettive, quali quelle disciplinate dalla L.R. n. 11/96, come modificata dalla L.R. n. 23/00, recante "Disciplina delle strutture ricettive extra-alberghiere", dalla L.R. n. 33/1984 e successive integrazioni e modificazioni, recante "Disciplina della classificazione delle aziende alberghiere" e dalla L.R. n. 8/02 e successive integrazioni e modificazioni recante "Disciplina dei complessi ricettivi all'aperto e norme in materia di turismo itinerante. Possono essere, invece, ammessi i mutamenti della destinazione d'uso che determinino una diminuzione delle persone presenti in loco in via permanente. Si ritengono, inoltre, ammissibili interventi che, pur qualificandosi come interventi di cambio di destinazione d'uso sotto il profilo strettamente edilizio, mantengano in modo prevalente la destinazione originaria. Fermo restando il principio generale di tutela sopra richiamato e descritto nelle premesse e nei limiti dallo stesso previsti, a titolo di esempio, ove sia consentita la realizzazione di interventi di ristrutturazione edilizia, sono da considerarsi ammissibili, alle condizioni di volta in volta specificate, gli interventi di frazionamento interno, qualora ovviamente la disciplina dello strumento urbanistico espressamente li ammetta, nonché gli interventi volti al recupero ai fini abitativi dei sottotetti esistenti, posto che gli stessi comportano il mutamento di destinazione d'uso di una parte di edifici già destinati ad un prevalente uso abitativo. Comma 2, lett. c) per impianti esistenti sono da intendersi gli impianti connessi agli edifici esistenti, ad esempio gli impianti tecnologici. Comma 2, lett. d) per le nozioni di interventi di consolidamento, risanamento e restauro conservativo di beni di interesse storico, vedasi la DGR 2515/99, come modificata dalla DGR 1180/2000 e dalla DGR 2761/2004, allegato A, paragrafo C, punto 3, lett. b), numero 1) e il paragrafo D, punto 5 e punto 6, con le limitazioni imposte dall'impossibilità di mutamento della destinazione d'uso. Per "beni di interesse storico" si intendono quei beni che contengono intrinsecamente valori storici, ovvero i fabbricati appartenenti alla classificazione degli edifici del PRGC, come individuati dal provvedimento attuativo n. 418/99, presenti sul territorio ed in particolare nelle zone di tipo A, fino alla lettera c), corrispondente ai fabbricati di pregio storico, culturale, architettonico, ambientale ed i beni culturali isolati di cui all'art. 37 delle NTA del PTP. Comma 2, lett. e) le opere di bonifica dei dissesti, di sistemazione e di monitoraggio dei dissesti comprendono tutte le opere di protezione, comprese quelle idrauliche, sia attiva sia passiva, che prevengano o che si oppongano al dissesto o che permettano il controllo dei parametri meteo-idrologici e geologici. Comma 2, lett. f) a proposito delle opere di sistemazione agraria citate, considerato che queste ultime possono essere comprensive di ogni intervento strutturale necessario, si considerano ammessi gli impianti di irrigazione a pioggia in quanto infrastrutture idriche, la viabilità di accesso e di recesso al fondo , la realizzazione di muri di contenimento, fatta comunque salva la necessità di acquisizione del parere espresso dalla struttura regionale competente in materia di difesa del suolo. Sono altresì ammesse la ristrutturazione e realizzazione di infrastrutture puntuali, lineari e a rete non altrimenti localizzabili, con esclusione delle infrastrutture viarie |
2bis. Gli interventi di cui al comma 2 devono comunque garantire la sicurezza dell'esercizio delle funzioni per cui sono destinati, compatibilmente con lo stato di dissesto in essere o potenziale. La Giunta regionale può deliberare l'esecuzione di interventi diretti alla salvaguardia di importanti interessi economici e sociali; tali progetti devono fondarsi su specifiche indagini geognostiche, sulla specifica valutazione dell'adeguatezza delle condizioni di sicurezza in atto e di quelle conseguibili con le opere di difesa necessarie. Il Comune può deliberare l'eventuale aumento del carico insediativo per gli interventi di cui al comma 2 realizzati all'interno delle zone A di cui all'articolo 22, sulla base delle indicazioni derivanti da uno specifico studio della situazione di pericolosità del bacino che individui le possibili misure di mitigazione del rischio. | Comma 2 bis Nelle zone A comprese in tutto o in parte all'interno delle aree dissestate di cui al comma 1, lett. a), il Comune può consentire, per gli interventi di cui al comma 2 da effettuarsi sugli edifici esistenti, un incremento del carico insediativo relativo alla zona interessata. Per quanto riguarda la nozione di carico insediativo si rimanda alle considerazioni espresse in merito nelle premesse alla presente circolare. |
3. Fatto salvo il rispetto di eventuali disposizioni più restrittive della pianificazione regionale o locale, nelle aree di cui al comma 1, lettera b), sono consentiti, oltre alle opere di cui al comma 2, gli interventi di risanamento conservativo, restauro e ristrutturazione edilizia degli edifici e delle infrastrutture esistenti, senza aumento di superficie, di volume e del carico insediativo. All'interno dei centri edificati, ove compatibile con il carattere architettonico delle strutture edilizie preesistenti e con le norme del piano regolatore, è ammesso l'ampliamento, compresa la sopraelevazione, per adeguare l'edificio a specifiche leggi in materia di sicurezza o norme igienico-sanitarie, ed in particolare per aumentare l'altezza netta dei piani esistenti fino al raggiungimento, per ciascun piano, di quella stabilita dalle vigenti norme in materia di altezza minima libera interna, il mutamento della destinazione d'uso senza aumento del carico insediativo, nonché la costruzione di autorimesse strettamente connesse con gli edifici esistenti. I relativi progetti devono essere corredati di uno specifico studio di compatibilità dell'intervento con lo stato di dissesto esistente. Gli interventi devono comunque garantire la sicurezza dell'esercizio delle funzioni per cui sono destinati, compatibilmente con lo stato di dissesto in essere o potenziale. La Giunta regionale può deliberare l'esecuzione di interventi diretti alla salvaguardia di importanti interessi economici e sociali; tali progetti devono fondarsi su specifiche indagini geognostiche, sulla specifica valutazione dell'adeguatezza delle condizioni di sicurezza in atto e di quelle conseguibili con le opere di difesa necessarie. | Comma 3 Per centri edificati si intendono quelli ricadenti nelle zone di tipo A, B e C edificate del PRGC. Inoltre, in considerazione del fatto che il comma 2bis fa puntuale riferimento al precedente comma 2 e che il comma 3 consente, nelle aree dissestate di media estensione e media pericolosità, interventi aggiuntivi rispetto a quelli elencati al comma 2, si considera ammissibile anche nelle zone A comprese nelle suddette aree l'incremento del carico insediativo, sia esso conseguente al recupero di edifici già destinati a civile abitazione o al mutamento di destinazione di fabbricati esistenti e con le limitazioni sopra espresse. |
4. Nelle aree di cui al comma 1, lett. c), sono consentiti, oltre agli interventi di cui ai commi 2 e 3, anche interventi che comportino la realizzazione di nuove strutture abitative e produttive, previa verifica, tramite specifica valutazione geologica e geotecnica, dell'adeguatezza delle condizioni di sicurezza in atto e di quelle conseguibili con le opere di difesa necessarie. | Comma 4 Nelle aree dissestate di piccola estensione e bassa pericolosità, in aggiunta agli interventi consentiti nelle aree dissestate di grande estensione e alta pericolosità e nelle aree dissestate di media estensione e pericolosità, è consentita la realizzazione di nuove strutture abitative e produttive. Sono ovviamente consentite, anche se non direttamente esplicitato, tutte le infrastrutture necessarie alla nuova insediabilità prevista.Il comma, rispetto alla precedente formulazione, risulta modificato solo per quanto concerne le verifiche aggiuntive da effettuarsi sugli interventi citati, consistenti in "specifiche valutazioni geologiche e geotecniche". |
Art. 36 (Disciplina d'uso dei terreni a rischio di inondazioni)1. I terreni a rischio di inondazioni prodotte dalla Dora Baltea, nel territorio posto a valle della confluenza del torrente Grand-Eyvia nella Dora stessa, si identificano con le fasce fluviali di cui al piano stralcio delle fasce fluviali del piano di bacino del fiume Po, di seguito denominato piano stralcio, ai sensi dell'art. 17, comma 6ter, della legge 18 maggio 1989, n. 183 (Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo), e successive modificazioni. |
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2. Il trasferimento dei limiti delle fasce fluviali, di cui al comma 1, dalle tavole grafiche del piano stralcio alla cartografia comunale è effettuato con le procedure di cui all'art. 38, comma 4bis. | Comma 2 il riferimento all'art 38, comma 4bis, si è reso necessario per le modificazioni sostanziali ivi introdotte relativamente alle procedure di approvazione e di revisione degli ambiti inedificabili |
3. Per i corsi d'acqua naturali dei quali il piano stralcio non delimita le fasce fluviali, i terreni a rischio di inondazioni sono delimitati, con le modalità di cui all'art. 38, dai Comuni; la Giunta regionale delibera i criteri per la delimitazione dei suddetti terreni a rischio di inondazioni, in coerenza con le prescrizioni del piano stralcio. | Comma 3 la deliberazione della Giunta regionale cui il comma in oggetto ed il successivo si riferiscono è la n. 422 del 15 febbraio 1999, in particolare la disciplina d'uso delle diverse fasce di cui al Capitolo III, paragrafo B, che, ai sensi della deliberazione della Giunta regionale n. 4268/2000, detta norme da applicarsi in tutte le aree ricomprese nel sistema fluviale del PTP, non dissestate, prive di specifica cartografia di perimetrazione e per le quali il piano stralcio non delimitata le fasce fluviali, |
4. Ai terreni a rischio di inondazioni di cui ai commi 1 e 3 si applicano le disposizioni della deliberazione della Giunta regionale che disciplinano le trasformazioni, gli interventi, gli usi e le attività, nonché quelle che regolano la pianificazione urbanistica. | Comma 4 la modificazione del comma in esame recepisce, come chiarito sino dal 2001 con nota a tutti i sindaci dei Comuni della Valle d'Aosta, quanto stabilito nell'articolo 13 della deliberazione di adozione del PAI che recita: "…Fino all'adeguamento di cui all'art.18 delle Norme di attuazione del PAI, per il territorio della Regione Autonoma Valle d'Aosta, si applicano, in luogo delle misure di cui agli articoli 2, 3, 4, 5 e 10 della presente deliberazione ed in quanto più restrittive delle stesse, le misure contenute nella deliberazione della Giunta regionale 11 dicembre 2000, n. 4268 in quanto compatibili con le Norme di attuazione del PAI stesso".In pratica, le disposizioni contenute nella deliberazione di Giunta regionale n. 422/1999 valgono alla stregua di norme di salvaguardia per quei Comuni che non hanno ancora provveduto ad adottare provvedimenti di individuazione e regolamentazione delle aree a rischio geologico, idrogeologico e valanghivo conformemente al dettato e alle finalità della L.R. 11/98 o a rivedere le suddette cartografie relativamente alle porzioni di territorio interessate dall'evento alluvionale dell'ottobre 2000. |
5. Il PRG, traducendo nel territorio del Comune i relativi indirizzi del PTP, disciplina i divieti, le limitazioni e le prescrizioni riguardanti i territori ricadenti nelle fasce C del piano stralcio, ed in quelle analoghe di cui al comma 3, con particolare riguardo alla dispersione di sostanze nocive. |
Art. 38 (Compiti dei Comuni) 1. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, i Comuni individuano, con deliberazione del Consiglio comunale, i terreni di cui agli art. 35, 36, comma 3, e 37, in conformità alle disposizioni degli articoli medesimi ed ai criteri, parametri e coefficienti individuati dalla Giunta regionale ai sensi degli art. 36, comma 3, e 37, comma 5, e ne delimitano il perimetro in apposita cartografia, sia su base catastale, sia su carta tecnica regionale in scala 1:10.000; in caso di difformità tra le due delimitazioni prevale quella a base catastale. 2. La cartografia di cui al comma 1 costituisce parte integrante del PRG ed è soggetta ad approvazione da parte della Giunta regionale, la quale vi provvede, sentite le strutture regionali competenti, riunite in una conferenza di servizi, alla quale partecipano altresì i tecnici incaricati della redazione della cartografia, entro centoventi giorni dalla ricezione dei relativi atti comunali; ove tale termine decorra inutilmente, la cartografia si intende approvata. 3. Qualora i Comuni non provvedano all'individuazione degli ambiti di cui agli art. 33, 34, 35, 36 e 37 entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale provvede all'individuazione, delimitazione ed approvazione di tali ambiti. 4. La cartografia di cui al comma 1 è sottoposta a revisione da parte del Comune interessato o della Giunta regionale, per recepire le modificazioni verificatesi a seguito: a) di eventi calamitosi o di aggiornamenti del quadro dei dissesti idrogeologici; b) di indagini e studi di dettaglio della pericolosità idrogeologica di parti del territorio; c) del mutamento sostanziale del quadro di riferimento alla base delle delimitazioni già approvate. |
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4bis. La revisione della cartografia di cui al comma 1 avviene con le procedure di cui ai commi 1 e 2 ove proposta dal Comune interessato, oppure da parte della Giunta regionale, su proposta della struttura regionale competente in materia di urbanistica, sulla base del parere espresso dalla conferenza di pianificazione di cui all'articolo 15, alla quale partecipano i responsabili delle strutture regionali competenti in materia di urbanistica, difesa del suolo, vincoli idrogeologici, il Sindaco, o suo delegato, del Comune interessato dalle perimetrazioni e altri eventualmente individuati dal responsabile del procedimento in relazione ai contenuti della modifica, entro sessanta giorni dalla richiesta, sulla base di specifiche indagini di approfondimento della situazione di dissesto, da parte della struttura regionale competente in materia di difesa del suolo. | Comma 4bis la Conferenza di pianificazione di cui al presente comma, qualora la revisione della cartografia di cui al comma 1 sia proposta dalla Giunta regionale, si distingue, in quanto unicamente deputata ad esprimere parere relativamente alla revisione delle cartografie degli ambiti in edificabili, dalle Conferenze di pianificazione di cui alla deliberazione della Giunta regionale n. 4379 del 16 dicembre 2005. |
L'ASSESSORE (Dott. Alberto CERISE) |