RISCALDAMENTO GLOBALE
Il Ghiacciaio del Grand Etrèt è stato scelto quale ghiacciaio campione per la misurazione e calcolo del bilancio di massa a partire dal 1999 e già Federico Sacco (1921) lo riteneva un ottimo glaciometro del gruppo del Gran Paradiso.
EVOLUZIONE DEL GHIACCIAIO DEL GRAND ETRET
di Valerio Bertoglio e Stefano Cerise
Il Ghiacciaio del Grand Etrèt, che chiude la testata della Valsavarenche, testimone come tutti gli apparati glaciali delle alterne vicende del clima, racconta anche storie di vita animale che silenziosamente animano quest’ambiente, in apparenza così ostile. Il 18 ottobre 1987 alle ore 10,30 un piccolo branco di undici camosci, in fila indiana e preceduti da una vecchia femmina, entra nel ghiacciaio, ormai coperto da 40 centimetri di neve fresca, e lo percorre dalla fronte sino a valicare il Colle Orientale del Grand Etrèt e scomparire dietro i Denti del Broglio. Si trattava di una delle migrazioni autunnali degli ungulati verso la Valle dell’Orco. Alla fronte, femmine e piccoli di stambecco leccano i sali lasciati dal ritiro del ghiacciaio: è il 10 settembre 2000. Il giorno 8 settembre 2006, in un avvallamento del ghiaccio, a 2800 m, è morta da un giorno uno stambecco femmina di 4 anni. Poco più a valle, un anno dopo, viene ritrovato l’intero scheletro con porzioni di cute, pelo ed unghie ma senza gli astucci cornei.
Il Ghiacciaio del Grand Etrèt è stato scelto quale ghiacciaio campione per la misurazione e calcolo del bilancio di massa a partire dal 1999 e già Federico Sacco (1921) lo riteneva un ottimo glaciometro del gruppo del Gran Paradiso. È uno degli apparati glaciali più adatti all’applicazione di questo metodo in quanto ha estensione significativa ma non eccessiva (0,564 km²), esposizione (NW) e alimentazione (prevalentemente per nevicate dirette) omogenee, inclinazione moderata (20°) e crepacciatura limitata. Inoltre la sua accessibilità dal fondovalle è tale che il bilancio può essere attuato con impatto ambientale minimo, fattore molto importante nel contesto di un Parco Nazionale. Si è scelto di non usare mai l’elicottero ed effettuare la posa delle paline con perforatore manuale e non tramite trapani motorizzati o sonde a vapore.
Tutte le misurazioni relative al bilancio di massa sono state effettuate dal corpo di sorveglianza dell’Ente Parco Nazionale Gran Paradiso.
I dati del bilancio di massa rappresentano bene l’evoluzione del ghiacciaio, le serie delle oscillazioni frontali sono meno significative. La differenza tra accumulo e ablazione è funzione diretta delle condizioni climatiche locali che insistono sul ghiacciaio e ne rappresenta la risposta immediata, mentre le variazioni frontali sono un parametro condizionato dalla geometria della fronte e costituiscono un segnale delle tendenze climatiche a livello globale.
Il bilancio di massa viene eseguito per misurazione diretta dei valori di accumulo e ablazione in corrispondenza a paline ablatometriche distribuite dalla zona frontale sino alle quote più elevate. Il bilancio di massa è riferito al termine dell’anno idrologico (fine settembre).
L’accumulo è misurato prima del termine della stagione primaverile, periodo in cui normalmente cessano le precipitazioni nevose ed iniziano i fenomeni di fusione. Per ogni palina, al termine del periodo dell’accumu-lo, è stato scavato un pozzo da neve per misurare l’altezza e la densità del manto nevoso.
Gli accumuli, tranne nel 2001, quando si sono misurati 6 m alla palina 5, sono stati modesti e non hanno mai superato i 3,6 m, neanche nelle zone più alte del ghiacciaio. Il minimo innevamento è stato registrato nel 2000 con 120 cm nella zona centro frontale del ghiacciaio, a 2775 m. Gli anni 2000, 2003 e 2007 sono risultati gli anni meno nevosi della serie.
I profili di densità indicano che gli strati più densi sono generalmente superficiali per il prevalente metamorfismo di fusione. Strati ad elevata densità sono stati osservati, solo nel 2003, alla base del manto nevoso. Più sovente, in profondità compaiono orizzonti leggeri dovuti all’azione del metamorfismo costruttivo. Nel 2004 e nel 2006, specie alle quote più basse, questi strati sono alla base del manto nevoso, e talmente poco densi da poter essere causa predisponente di valanghe.
L’ablazione viene misurata in corrispondenza delle paline ablatometriche, ogni 20-30 giorni, a seconda dell’entità della fusione. Dall’inizio del mese di giugno l’ablazione cresce rapidamente e negli ultimi anni, da metà luglio, il ghiacciaio si presenta scoperto dalla neve. La fusione del ghiaccio ha valori elevati ma con ampie oscillazioni: il massimo è stato registrato nel 2003, con oltre 7 cm/giorno al culmine dell’estate.
Per completare lo studio del bilancio di massa, dal 2003 sono stati posti a 2630 e 2960 m s.l.m. due rilevatori per la misura della temperatura dell’aria, sospesi a 0.5 m da terra e opportunamente schermati dalla radiazione solare. Il più basso è collocato davanti alla fronte glaciale (palina 1bis), il più alto sul bordo del ghiacciaio in destra laterale, al di sotto della palina 5. Pertanto essi danno valori indicativi della temperatura dell’aria presso il ghiacciaio. Per confrontare i dati termici con le velocità di fusione del ghiaccio, sono stati aggregati i soli valori positivi (in cui verosimilmente si è verificata fusione) mediandoli negli intervalli di tempo corrispondenti a quelli di misurazione della fusione.
I risultati evidenziano un andamento delle temperature simile nella parte alta del ghiacciaio e presso la fronte; quando la temperatura media giornaliera supera 9 °C, la differenza fra bacino di accumulo e fronte del ghiacciaio è minima, probabilmente per la posizione più ombreggiata della fronte.
L’andamento di temperature e velocità di fusione è in buon accordo nel cuore dell’estate. All’inizio del periodo estivo ci sono invece scostamenti a diverse quote, per la presenza del manto nevoso.
La linea di equilibrio (E.L.A.) ossia del limite tra la zona di accumulo e quella di ablazione, tende a disporsi al di sopra del limite altimetrico del ghiacciaio, viene a mancare il bacino di alimentazione ed il ghiaccio rimane esposto all’azione diretta del sole.
Dal 2003 sono stati censiti anche i mulini glaciali dove viene convogliata l’acqua dei ruscelli epiglaciali. Negli anni successivi sono state osservate le loro occlusioni e gli spostamenti. Nel 2007 sono stati individuati sei mulini glaciali attivi tra quota 2720 m e 2985 m, e due di quelli formati nel 2006 si sono occlusi.
Nel maggio 2006 è stato effettuato sul Ghiacciaio del Grand Etrèt un rilievo geofisico al fine di valutare lo spessore del ghiacciaio alla varie quote.
Il metodo utilizzato è il cosiddetto ground penetrating radar (GPR) o georadar e consiste nell’inviare all’interno del ghiaccio una radiazione elettromagnetica a frequenza nota, per poi raccogliere la porzione di energia riflessa dal substrato roccioso.
Nella porzione inferiore del ghiacciaio, si osserva un incremento dello spessore della massa glaciale dai lati verso il centro. In direzione trasversale all’asse vallivo la massa glaciale aumenta molto rapidamente la potenza fino a raggiungere circa i 15-20 metri. Nella zona centrale del corpo glaciale si raggiungono talvolta spessori tra i 30 e i 43 metri.
Prendendo in esame le variazioni di spessore lungo la linea mediana longitudinale del ghiacciaio si possono definire già a 150 metri dalla fronte spessori di circa 30 metri e di circa 43 metri a 450 metri di distanza dalla fronte.
La serie del Grand Etrèt vede sette anni di bilancio negativo con una media di di -1330 mm w.e. (mm di equivalente in acqua) ed un solo anno di bilancio positivo (+1069 mm w.e.). Il bilancio più negativo è quello registrato nell’annata idrologica 2005-2006 con -1855 mm w.e. Il ghiacciaio ha perso dal 1999 al 2007 in media 9,5 m di spessore.
L’ablazione è distribuita in maniera piuttosto uniforme alle diverse quote, perché l’abbassamento della temperatura nelle parti alte è parzialmente compensato da una maggiore assolazione. Inoltre la lingua del ghiacciaio è in area di permafrost, e la formazione su essa di colate superficiali di ghiaccio sovrimposto nel 2001 ha influenzato leggermente il bilancio di massa. Le colate di ghiaccio sovrimposto si sono formate sul ghiacciaio nell’estate 2001 alle paline 2 e 3 (rispettivamente 0.26 e 0.35 m a fine stagione di ablazione) lungo la lingua principale del ghiacciaio. Il ghiaccio sovrimposto deriva da processi di fusione del manto nevoso, ruscellamento superficiale e rigelo sulle superfici di ghiaccio impermeabile, analogamente a quanto si osserva normalmente nelle cascate di ghiaccio invernali.
Influenza il bilancio di massa anche la presenza di un marcato dosso a circa 2750 m di quota, sia per le differenti condizioni di pendenza ed esposizione, sia per la presenza di crepacci. Ad esso corrisponde un minor accumulo nevoso ed una maggiore ablazione.
Il bilancio complessivo è negativo a tutte le quote, progressivamente più negativo verso la fronte, con massimo corrispondente al dosso.
L’evoluzione probabile del Grand Etrèt dovrebbe essere la progressiva riduzione di area e spessore, a partire dalla lingua e dai punti in cui il letto roccioso è più ripido.
Considerando lo spessore del ghiacciaio e la sua collocazione altimetrica, se le condizioni climatiche future non invertiranno la loro tendenza, il ghiacciaio potrebbe estinguersi in un periodo di circa 40 anni.
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