ALTA MONTAGNA E PASCOLI
Dagli equilibri delle zone fragili e delicate dell'alta montagna dipende in gran parte anche la sicurezza delle zone di minor quota e stabilmente antropizzate.
LABORATORIO IN ALTA QUOTA
di Paola Carrara, Michele Freppaz, Ermanno Zanini
Il connubio tra le Alpi e la ricerca scientifica in alta quota è una realtà consolidata da decenni, basti pensare alle due High Altitude Research Stations svizzere, situate allo Jungfraujoch e al Gornergrat o al Laboratorio al Weissfluhjoch dell'Istituto Federale per lo Studio della Neve e delle Valanghe di Davos (SLF). L'Italia costituisce in questo campo un esempio pionieristico, con la costruzione della Capanna Osservatorio "Regina Margherita" alla Punta Gnifetti (1893) e dei Laboratori Scientifici "Angelo Mosso "costruiti tra il 1905 ed il 1907 al Col d'Olen (2901 m s.l.m.), alle pendici del Monte Rosa sul confine tra il Piemonte e la Valle d'Aosta.
In passato l'attività di ricerca all'Istituto Mosso è stata condotta prevalentemente dall'istituzione di cui il fondatore dei Laboratori, l'energico e allora notissimo Angelo Mosso, faceva parte, e cioè dall'Istituto di Fisiologia Umana dell'Università degli Studi di Torino, ma, oltre alla fisiologia, ha riguardato anche altre discipline, tra cui la botanica e la microbiologia. Dopo l'incendio del 2000, l'Università di Torino, proprietaria degli immobili e del terreno circostante, ha lanciato un'iniziativa di recupero, chiamando a raccolta i Comuni e le Regioni limitrofe e usufruendo anche di finanziamenti europei.
La ricostruzione dell'Istituto Mosso avviene ovviamente nel solco della tradizione ma è spunto per allargare gli orizzonti delle ricerche che verranno condotte negli edifici ricostruiti. Negli ultimi decenni, infatti, ci si è resi conto che i territori montani costituiscono un ambiente particolarmente fragile e delicato, che risponde in modo sensibile e talora catastrofico agli squilibri ambientali. Ne è prova ad esempio la suscettibilità all'erosione dei suoli montani, dovuta a fattori naturali come l'inclinazione e il clima, ed economico-sociali come l'abbandono delle attività agro-pastorali e l'aumento degli insediamenti turistici.
Si potrebbe pensare che i fenomeni che intervengono a queste quote, in quanto poco abitate, siano di poca incidenza sulla nostra vita quotidiana; ma in realtà da questi delicati equilibri dipende in gran parte anche la stabilità delle zone a minor quota e stabilmente abitate. Si aprono quindi nuovi ed urgenti scenari di indagine, che comprendono appunto l'analisi e la prevenzione del degrado dei suoli montani e lo studio della neve, fonte primaria dell'acqua vitale per le popolazioni alpine e pedemontane, risorsa ineludibile del turismo montano, protagonista della complessa interazione con l'ambiente circostante.
È questo spirito di innovazione che ha spinto la Facoltà di Agraria dell'Università di Torino ad istituire il Laboratorio Neve e Suoli Alpini (LNSA) che verrà ospitato anch'esso presso il rinnovato Istituto Mosso. Il Laboratorio, con sede amministrativa e laboratori di analisi presso il Dipartimento di Valorizzazione e Protezione delle Risorse Agro-forestali (DI.VA.P.R.A., Grugliasco, TO), ha attualmente una sede operativa in Alta Valle del Lys presso la Casa Comunale di Gressoney la Trinité. Si tratta di una sistemazione temporanea, in attesa della conclusione dei lavori di restauro dell'Istituto Mosso, quando il Laboratorio d'alta quota potrà aprire i battenti.
Le attività di studio dell'LNSA, e cioè la messa a punto di standard qualitativi, il saggio di metodologie, il monitoraggio e la ricerca sulla qualità della neve e dei suoli alpini, trovano una naturale ed ideale collocazione all'interno dell'Istituto Mosso. In relazione alla quota infatti (2901 m s.l.m.), la neve è presente quasi per l'intera durata dell'anno ed è quindi possibile prevedere una continuità della ricerca sia in laboratorio, sia in pieno campo, nel corso di tutte le stagioni. Il Laboratorio è quindi il prototipo di tutti quegli ambienti in cui la neve riveste un ruolo fondamentale, non solo per la sua lunga permanenza al suolo, ma anche perché la quantità d'acqua immagazzinata nel manto nevoso è di fondamentale importanza per la disponibilità idrica nei mesi estivi, anche nel fondovalle dove maggiore è la presenza umana.
La valutazione delle caratteristiche del manto nevoso viene eseguita tradizionalmente mediante analisi di campo che prevedono l'apertura di un profilo stratigrafico per la determinazione dello spessore e della densità del manto nevoso, delle sue discontinuità e caratteristiche di coesione. Si tratta di una metodologia che l'LNSA adotta già estesamente e con continuità per valutare, nei territori di interesse, situazioni differenziate: le indagini si estendono dalla neve naturale depositata sul suolo e non toccata dall'uomo, a quella depositata su ghiacciaio, alla neve artificiale e a quella "battuta" per simulare l'attività sciistica.
Lo studio della neve presso l'LNSA non riguarda solo l'evoluzione stagionale e la previsione del quantitativo d'acqua immagazzinato nel manto nevoso, ma anche la qualità dell'acqua stessa e la sua interazione con il territorio circostante. Infatti durante il disgelo primaverile le specie chimiche immobilizzate nel corso dell'inverno vengono rilasciate nel suolo e nelle acque; in particolare si è notato come l'80% di tali sostanze venga disperso durante le prime fasi dello scioglimento, secondo un processo definito "ionic pulse". Nei primi giorni di fusione primaverile del manto nevoso, quindi, arriva al suolo una notevole quantità di elementi nutritivi che possono essere assorbiti dalle specie vegetali mettendole in grado di anticipare la ripresa vegetativa o possono essere lisciviati con possibili conseguenze sulla qualità dei suoli e delle acque superficiali e profonde.
L'altro elemento d'interesse nelle ricerche condotte dall'LNSA è il suolo, quello strato superficiale del nostro pianeta che è depositario delle sostanze che permettono la vita vegetativa e, di conseguenza, anche la vita animale. Negli ambienti d'alta quota, come quello circostante l'Istituto Mosso, i suoli sono generalmente poco evoluti e la dinamica degli elementi nutritivi è fortemente condizionata dalle basse temperature. I microrganismi del suolo riescono a rimanere attivi fino ad una temperatura di circa -6.5° C, oltre alla quale iniziano ad essere presenti fenomeni di lisi cellulare (distruzione delle cellule degli organismi con il rilascio di composti organici). Un manto nevoso di sufficiente spessore è in grado di isolare il suolo dall'ambiente circostante, mantenendo la sua temperatura prossima agli 0° C e permettendo quindi la "vita" del suolo anche nel corso dei mesi invernali. La ridotta presenza di copertura nevosa determina invece una ridotta azione isolante ed i conseguenti cicli gelo/disgelo possono fortemente condizionare l'attività dei microrganismi. Si tratta quindi di suoli estremamente fragili, in equilibrio con le condizioni ambientali che ne hanno caratterizzato la genesi, in cui si possono facilmente innescare fenomeni franosi, pericolosi per l'uomo e per le sue attività.
Di particolare interesse sono poi le aree umide d'alta quota, ambienti fondamentali per la conservazione della biodiversità e che negli ultimi anni hanno spesso conquistato l'attenzione dell'opinione pubblica per il loro ruolo fondamentale nel regolare il ciclo del carbonio. Le basse temperature e la presenza d'acqua rallentano infatti i processi di degradazione della sostanza organica, determinandone quindi l'accumulo con la nascita di suoli particolari, gli "Histosuoli". La conservazione di questi ambienti è di primaria importanza, così come il loro studio, che negli ultimi anni è rivolto in modo particolare a valutare come questi ambienti potranno reagire ai cambiamenti climatici in atto. Un aumento di temperatura, infatti, potrebbe incrementare la velocità di mineralizzazione della sostanza organica, con il rilascio di significative quantità di anidride carbonica, uno dei gas responsabili dell'effetto serra.
Altro settore di attività è rappresentato dallo studio degli eventi valanghivi che interessano numerose porzioni del territorio d'alta montagna. Le valanghe però non sono considerate soltanto come fattore di rischio per le popolazioni locali ma anche come importanti e fondamentali agenti di modificazione degli ecosistemi alpini. Nei conoidi di valanga, infatti, il ritardo nella fusione del manto nevoso ed il trasporto di materiale organico e minerale originano ambienti fondamentali per il mantenimento della biodiversità. Quindi, accanto all'attività di ricerca condotta con l'impiego di modelli di simulazione della dinamica delle valanghe ed in grado di stimare le potenziali aree di distacco, si conducono numerose ricerche in alta quota aventi come obiettivo la valutazione dell'interazione degli eventi valanghivi con le caratteristiche del suolo e delle coperture vegetali.
Le attività svolte dall'LNSA richiedono naturalmente la raccolta, l'elaborazione e l'interpretazione di dati eterogenei, ed anche in questo settore l'impegno è rivolto allo sviluppo di metodologie innovative, che coinvolgono sia i modelli sia gli strumenti per la rappresentazione e la visualizzazione delle informazioni. Come si può immaginare, le ricerche condotte hanno un carattere fortemente interdisciplinare, coinvolgendo competenze chimiche, pedologiche, nivologiche, geofisiche, glaciologiche, climatologiche, informatiche. Nel centro di ricerca confluiscono quindi profili scientifici diversi, in grado di integrarsi tra loro e con gli enti e le strutture che a vario titolo operano nel territorio montano, coordinandone e valorizzandone le attività. Un primo segnale in tal senso è l'installazione al Col d'Olen, da parte del Comando Truppe Alpine - Servizio Meteomont, di una moderna stazione meteorologica automatica, in grado quindi di continuare la paziente opera di raccolta di dati iniziata da Umberto Monterin e proseguita poi da suo figlio Willy. In un'ottica di ottimizzazione delle risorse, i dati registrati anche da sensori sperimentali relativi ad esempio alla temperatura del suolo, saranno resi disponibili oltre che al Centro Settore Meteomont ed al Laboratorio Neve e Suoli Alpini, alla Monterosa SpA, che li utilizzerà per la gestione della sicurezza delle piste.
Uno spazio unico, quindi, dove poter condurre attività di ricerca e didattica, grazie anche alla preziosa collaborazione fornita dalla Monterosa SpA e dalle Guide Alpine di Alagna e Gressoney-La-Trinité. Tali attività sono gia iniziate nel 2003 con una mostra divulgativa sul suolo ed un laboratorio didattico, il "Divertisuolo", ospitati prima presso la Villa Margherita di Gressoney-Saint-Jean e in seguito presso alcune scuole valdostane, la Fondazione Montagna Sicura e i Centri Visitatori del Parco del Mont Avic e del Parco del Mont Mars.. Nel 2004 l'esperienza si è ripetuta con una mostra sulla neve e le valanghe e con l'organizzazione al Col d'Olen di giornate di studio sulla climatologia, meteorologia e nivologia rivolte a studenti universitari, ad insegnanti delle scuole superiori, ed anche a bimbi delle scuole elementari e medie. Obiettivo comune di queste attività è quello di divulgare ed approfondire la conoscenza dei fenomeni in atto nell'ambiente d'alta quota - un ambiente estremo, dove le piante e gli animali sono caratterizzati da particolari forme di adattamento - e di accrescere la consapevolezza delle popolazioni coinvolte rispetto alle metodologie di prevenzione e mitigazione degli eventi possibili. Anche nel settore della divulgazione il Laboratorio si è aperto alla collaborazione transregionale e trasfrontaliera, lavorando in connessione con la Fondation "B.& S. Tissières" di Martigny, il Servizio dei Musei Cantonali del Vallese e l'Istituto SLF di Davos ed inserendosi così a pieno titolo in quella politica Europea per le aree montane che ha tra i suoi obiettivi principali la cooperazione territoriale.
L'attualità degli studi che vengono condotti presso il Laboratorio e l'urgenza di individuare soluzioni sono accresciute dai fenomeni sociali ed ambientali in atto sulle Alpi: da una parte l'uomo estende le proprie attività turistiche e ricreative a quote sempre più alte, mettendo alla prova equilibri secolari; dall'altra l'evidente modificazione del clima (la temperatura media sulle Alpi è aumentata di 1,1 °C dal 1890 ad oggi) richiede lo sviluppo di nuova conoscenza sulle interazioni clima/ambiente e sulle metodologie per mitigarne l'impatto. Un'evoluzione dell'emergenza scientifica che Angelo Mosso non poteva certo prevedere quando cent'anni fa promosse la costruzione dei Laboratori del Col d'Olen, ma che ci permette oggi di indagare!
Bibliografia:
- De Fano G., Politiche comunitarie e aree montane, Sopra il Livello del Mare, n.°13, gennaio-febbraio 2004, pp. 17-23;
- Fosson J.P., L'Istituto "Angelo Mosso", Environnement - Ambiente e territorio in Valle d'Aosta, Anno VII, n. 18, marzo 2002;
- Zanini E., Caimi A., Freppaz M., Carrara P., "Il Progetto "LABSOL": didattica ambientale alla scoperta del suolo", Chiron, Rivista della FEE (Foundation for Environmental Education), anno III, n. 5, sett.-ott. 2003, pp. 13-14.
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