I MOLTEPLICI USI DELL'ACQUA
Siccità e alluvione sono due termini che divengono sempre più familiari.
Le cronache giornalistiche sono costrette ad impiegarli con crescente frequenza per illustrare gli avvenimenti quotidiani e per commentare immagini tragiche di coltivazioni agricole danneggiate, di strutture allagate e distrutte, di interi popoli disperati, in fuga dalle loro abitazioni.
Siccità, frane, valanghe e inondazioni rischiano di divenire sempre più frequenti e i danni conseguenti sempre più onerosi, in considerazione del livello di antropizzazione del territorio e delle crescenti esigenze della società moderna.
Per questi motivi la politica in materia di acque richiede il coordinamento, oltre che con altri comparti ambientali, anche con le scelte effettuate in tema di pianificazione del territorio, industria, energia, agricoltura, pesca.
In una gestione integrata delle acque occorre considerare da un lato i fabbisogni idrici, dall'altro gli impatti generati da tutte queste attività: ad esempio l'uso di ingenti quantitativi d'acqua a scopo irriguo o idroelettrico modifica i regimi idraulici dei corsi d'acqua; così pure gli interventi spondali per assicurare la stabilità del territorio incidono in modo determinante sugli aspetti naturali di fiumi e torrenti, influenzandone gli habitat fluviali.
Perciò la politica in materia di acque deve essere intesa come uno degli elementi che contribuiscono alla più ampia ricerca di un'economia sostenibile ed ad uno sviluppo equilibrato nelle singole porzioni di territorio regionale: garantendo da un lato la rispondenza alle diverse condizioni ed esigenze ambientali ed economiche e dall'altro facendo fronte in modo adeguato alla richiesta di risorse idriche necessarie alla vita e allo sviluppo locale.
La vita civile e le attività produttive richiedono la fornitura costante di idonei quantitativi di acqua, la quale deve anche rispondere a requisiti di qualità a seconda dell'utilizzo, come stabilito da norme che ne fissano le caratteristiche in ragione dell'uso. Per soddisfare il fabbisogno idrico (cioè la somma delle richieste di acqua potabile e di acqua necessaria per i comparti produttivi garanti dello sviluppo economico e sociale, in particolare per i comparti energetico e agricolo), si tratta quindi di conciliare la fornitura di acqua in termini quantitativi con i requisiti qualitativi necessari e con la tutela degli ecosistemi e del territorio.
Anche i requisiti qualitativi sono soggetti ad una specifica normativa. Il settore del consumo umano, per la sua importanza e specificità, è quello per il quale la normativa è più dettagliata e vincolante, oltre che essere in continua evoluzione verso limiti sempre più rigorosi. La richiesta civile inoltre, oltre che essere in continua crescita, diventa sempre più esigente da un punto di vista qualitativo, con crescenti difficoltà da parte dei Comuni a soddisfare i fabbisogni richiesti.
Nel settore dell'agricoltura le esigenze idriche sono strettamente connesse con i tipi di colture e soprattutto con le modalità di irrigazione adottate - a scorrimento o superficiale.
Tra gli altri usi, la produzione di energia elettrica rappresenta sicuramente quello di massimo impatto sull'acqua, per le modifiche che introduce nel reticolo idrografico ed è anche quello di più elevato ritorno economico, quindi strategico per l'economia valdostana.
In rapida crescita risultano infine le richieste per l'innevamento artificiale delle piste di sci, altro settore importante dell'economia regionale, che si collocano temporalmente proprio in inverno, cioè nel periodo di minore disponibilità idrica.
Il primo obiettivo di un "piano delle acque" è perciò l'individuazione da un lato delle dotazioni quantitative minime per gli usi primari, e di conseguenza delle risorse rese disponibili per gli altri usi, dall'altro delle caratteristiche qualitative. Questi parametri andranno a costituire i termini di riferimento rispetto ai quali confrontare l'organizzazione attuale della distribuzione delle risorse idriche, per definire e rimodellare il quadro generale.
Uno degli assunti principali di un piano è comunque di non essere impostato solo sulla ricerca di nuove fonti di approvvigionamento, in modo da soddisfare quantitativamente i crescenti fabbisogni, ma anche su politiche di maggiore integrazione del ciclo, cioè politiche ispirate al risparmio, al riutilizzo e all'uso razionale, che globalmente possono aumentare le disponibilità teoriche.
Vanno pertanto considerati come obiettivi prioritari:
- la riduzione dei fabbisogni, intesa come la domanda di prelievo dai corpi idrici superficiali e sotterranei da porre in relazione diretta con le esigenze effettive ed irrinunciabili per ogni particolare impiego;
- il razionale utilizzo delle risorse, cioè il corretto impiego dell'acqua per ogni particolare uso a seconda delle caratteristiche di qualità e nei quantitativi effettivamente necessari; a tale fine diviene urgente la revisione del sistema di distribuzione, per garantire la minimizzazione delle perdite e l'interconnessione tra le reti;
- l'uso multiplo delle risorse, attraverso il recupero e riutilizzo delle acque nei cicli produttivi, cioè il riciclo delle risorse utilizzate ma ancora idonee dal punto di vista qualitativo per usi diversi.
L'ASSETTO DEI CORSI D'ACQUA
Lo sfruttamento intensivo che delle risorse idriche è stato fatto nel recente passato, funzionale ad una politica di sviluppo che riteneva prioritari gli obiettivi economici, ha modificato il regime naturale dei corsi d'acqua regionali, riducendolo in modo evidente.
L'uso di ingenti quantitativi di acque a scopo irriguo o idroelettrico modifica infatti i regimi idraulici dei corsi d'acqua, e con essi gli habitat fluviali: al depauperamento quantitativo è seguito quindi il degrado biologico e naturalistico dell'ecosistema fluviale, con ripercussioni sulla qualità delle acque superficiali e sul paesaggio. Ciò risulta particolarmente evidente oggi che la domanda di natura e di qualità ambientale diventano sempre maggiori. Emergono oggi infatti nuovi usi ambientali, cioè la domanda d'acqua si orienta su settori anche diversi da quelli tradizionali: il mantenimento della qualità dell'acqua, la salvaguardia e la valorizzazione del paesaggio, la conservazione di ecosistemi e biodiversità, le attività ricreative (valorizzazione turistica, pesca, sport acquatici,…) rappresentano infatti settori di domanda costantemente in crescita.
Si devono, pertanto, prevedere le iniziative necessarie per recuperare condizioni di deflusso nei corsi d'acqua il più possibile qualificate anche dal punto di vista dell'assetto naturale. Allo stato attuale l'unico strumento utilizzato è l'imposizione generalizzata di portate di minimo deflusso vitale, cioè il rilascio di portate predefinite a valle di ogni utilizzazione; questo criterio è usato non solo per recuperare le situazioni compromesse, ma anche per valutare la compatibilità del prelievo richiesto con le condizioni ambientali del corso d'acqua. La disciplina del minimo deflusso è stata introdotta con la deliberazione del Consiglio regionale n. 1193/X del 22/2/95 (e successive modificazioni di cui alla deliberazione 2333/X del18/12/96) ed ha permesso in questi ultimi anni di regolare i nuovi prelievi, ma rimane aperta la questione di tutte le autorizzazioni concesse precedentemente. Occorre cioè definire le modalità di adeguamento di tali derivazioni secondo le tempistiche e i criteri di calcolo del minimo deflusso stabiliti di recente dall'Autorità di bacino del fiume Po.
Bisogna inoltre favorire le tecniche di derivazione e di gestione che permettano il prelievo dei soli quantitativi effettivamente utili, lasciando al corso d'acqua quello che non è strettamente necessario. Sono da approfondire a questo proposito gli attuali usi agrari, da rivedere anche in relazione all'estensione delle aree irrigate e alle nuove tecniche di irrigazione, che richiedono minori quantitativi di acqua a parità di risultati.
Anche gli utilizzi idroelettrici risultano altamente impattanti, ma si ritiene che esistano buoni margini di riorganizzazione dei prelievi che tutelino i livelli produttivi esistenti pur permettendo di rivedere le situazioni di deflusso più compromesse dal punto di vista quantitativo.
L'OBIETTIVO QUALITÀ
È necessario infine definire un'apposita gerarchia degli usi da soddisfare nell'ambito di una politica di razionale utilizzo delle risorse idriche. A tale scopo le normative nazionale e regionale hanno già individuato le classi di priorità, dando il primato all'uso potabile, quindi a quello irriguo e in ultimo a quello industriale.
Il livello qualitativo minimo dei corpi idrici superficiali o sotterranei al quale tendere è fissato dalla normativa nazionale che, oltre a stabilire i limiti che non possono essere superati dagli scarichi idrici, individua anche i valori-obiettivo ai quali tendere. Ma per l'importanza che riveste l'acqua sia per la vita e la salute umana sia per l'ambiente, in una regione ad elevata vocazione turistica come la nostra bisogna perseguire politiche di utilizzo e di salvaguardia delle risorse idriche che puntino oltre la garanzia del livello di tutela minimo fissato dalla normativa, per fornire invece standards qualitativi superiori, capaci di rappresentare essi stessi un valore e un'attrattiva del territorio.
Per conseguire tali obiettivi accanto alle azioni per il ripristino del regime idrico compatibile, sono necessarie anche misure volte a ridurre i carichi inquinanti gravanti sulle acque superficiali e sotterranee.
La L.R. 27/99 stabilisce che le azioni necessarie nel settore della gestione delle risorse idriche, nonché gli obiettivi specifici per ciascun tipo di utilizzo, siano definiti attraverso i seguenti atti di pianificazione:
- Piano regionale delle acque nel quale la Regione stabilisce gli obiettivi e gli indirizzi in materia di risorse idriche. Il Piano si articola nel Piano degli acquedotti, nel Piano di tutela delle acque, e nel Piano di utilizzo delle acque.
- Piano degli interventi o piano d'ambito: è il documento generale e strategico di riferimento della gestione del servizio idrico per ciascun sottoambito, che fissa in un orizzonte temporale trentennale i livelli di servizio ed individua le azioni necessarie al loro raggiungimento, definisce gli investimenti complessivi necessari e l'articolazione tariffaria, individua il modello organizzativo e gestionale.
Per definire gli obiettivi generali di tali strumenti di pianificazione, le linee guida per la loro predisposizione, le attività conoscitive necessarie per la loro redazione, le relative tempistiche, la Giunta Regionale ha recentemente approvato un Progetto di Piano Regionale delle Acque.
GLI STRUMENTI DI PIANIFICAZIONE
Il Piano degli acquedotti definisce gli obiettivi generali a livello regionale nel settore del rifornimento idropotabile stabilendo i criteri di valutazione del servizio idrico e di intervento nel settore, nonché le priorità degli stessi; in esso sono fissate le caratteristiche minime del servizio idropotabile per quanto riguarda: qualità dell'acqua da distribuire, quantità minima da garantire, standard di qualità del servizio e modalità di definizione della domanda, sono definiti gli interventi necessari per garantire un'efficace, efficiente e razionale distribuzione delle acque agli utenti.
L'approvazione del Piano di tutela delle acque è prevista dal Decreto Legislativo 11 maggio 1999, n. 152 "Tutela delle acque dall'inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole". Esso costituisce un piano stralcio di settore del piano di bacino di cui alla legge 18 maggio 1989, n. 183. Il Piano di tutela è adottato dalle Regioni entro il 31 dicembre 2003 e deve attenersi agli obiettivi e alle priorità definiti dalle Autorità di bacino entro il 31 dicembre 2001. Il Piano, da trasmettere all'Autorità di bacino per la verifica di conformità, è approvato dalle Regioni entro il 31 dicembre 2004.
Sulla base del censimento degli scarichi e dello stato qualitativo dei corpi idrici, fissa gli obiettivi di qualità delle acque superficiali e quindi i limiti da porre agli scarichi fognari.
Il Piano di utilizzo delle acque definisce sulla base degli standard di qualità fissati nel Piano di tutela e degli usi potabili, definiti nel Piano degli acquedotti, la compatibilità di tutti gli altri usi possibili delle acque superficiali e sotterranee, privilegiando da un lato gli interventi volti al recupero dell'ecosistema acquatico e la sua fruizione pubblica e dall'altro gli usi irrigui e energetici, prima riconosciuti come prioritari.
Qualche dato sulla nostra Regione
Il numero delle sorgenti censite ammonta a 1.702 e di queste circa 500 sono attualmente utilizzate a scopo potabile, rendendo disponibile giornalmente circa 200.000 m3 di acqua.
Se si considera un consumo medio giornaliero per persona pari a 300 litri (leggermente sottostimato per Aosta e altri grandi Comuni e sovrastimato per gli altri comuni) per 120.000 abitanti residenti si può determinare in 36.000 m3 la necessità giornaliera della regione al netto delle perdite di acquedotto (stimabili tra il 15 e il 20%) che diventano 60.000 m3 al giorno nel periodo di massimo afflusso turistico (ferragosto).
Il numero complessivo delle derivazioni di acqua superficiale, da pozzo (20) e da sorgente assentite ad oggi è pari a 1.252. Questo numero comprende anche i cosiddetti antichi diritti (circa 1.088, mulini, forge, segherie ad acqua).
Gli utilizzi di tali derivazione sono: idroelettrico per circa il 10%, irriguo per l'80% e il restante 10% sono a scopo zootecnico, potabile, domestico o industriale. È da considerare che circa il 10% delle derivazioni hanno un uso multiplo.
Degli antichi diritti 993 sono esclusivamente a scopo irriguo per un volume d'acqua utilizzato nel periodo estivo che raggiunge i 3,5 milioni di m3 giornalmente. Le derivazioni a scopo industriale sono 51 per un volume d'acqua utilizzata di circa 250.000m3.
Le derivazioni a scopo idroelettrico sono 116 per un quantitativo di acqua utilizzato giornalmente che va da un valore medio di 10 milioni di m3 a 30 milioni di m3 come valore massimo. Nel bacino sono presenti numerosi serbatoi a carattere stagionale o settimanale che operano una regolazione dei deflussi per la produzione di energia idroelettrica.
Serbatoio Superficie diretta Capacità complessiva Capacità utile
sottesa allo sbarramento (kmq) (milioni di m3) (milioni di m3)
Vargno 1,1 - -
Miserin 0,7 - - Beauregard 93,6 72,0 70,0
Place Moulin 74,0 106,0 105,0
Goillet 6,3 11,8 11,0
Cignana 13,5 16,2 16,0
Gabiet 3,0 4,4 4,4
Particolare rilevanza vanno assumendo anche altri usi quali quello per l'innevamento programmato.
Circa 150 Km di piste sono dotate del sistema di innevamento programmatico che consuma 25 m3 di acqua/h, per produrre circa 55m3/h di neve. Per innevare un metro quadrato di terreno nudo (per un'altezza di cm. 30) occorrono 0,18 m3 di acqua; per innevare l'intera superficie prima indicata occorrono quindi circa 700.000 m3 di acqua, un'estensione di quasi 381 ha.
--------------------------------------------------------------------------------
La normativa regionale
A livello regionale i principi di razionalizzazione dei servizi idrici posti dalla legge nazionale 36/94, sono stabiliti dalla L.R. 27/99.
L'art. 1 comma 3 della L.R. 27/99 stabilisce che la Regione esercita funzioni di programmazione e di coordinamento, di definizione delle componenti di costo della tariffa e di finanziamento degli interventi per la riorganizzazione dei servizi idrici, essendo attribuiti ai Comuni le funzioni operative.
La legge regionale opera una chiara e netta distinzione tra le attribuzioni dei diversi livelli di funzioni relative al servizio idrico:
- Le funzioni di programmazione e di indirizzo nel settore delle risorse idriche sono attribuite alla Regione che attua sul territorio generale attraverso il Piano generale delle acque gli obiettivi e gli indirizzi generali stabiliti dalle norme comunitarie, nazionali e dall'Autorità di bacino; la Regione coordina altresì l'esercizio delle funzioni dei Comuni in materia di risorse idriche (art. 1 comma 3);
- Le funzioni di governo, cioè di organizzazione e di controllo, e di programmazione a livello locale competono ai Comuni, singolarmente o in forma associata secondo quanto stabilito dalla L.R. 54/98, e sono coordinate a livello regionale dal B.I.M.;
- Le funzioni operative di erogazione dei servizi idrici competono ai soggetti gestori che sono stati scelti secondo una qualsiasi delle procedure stabilite dalla L.R. 54/98.
Viene infatti individuato a livello regionale un unico ambito territoriale ottimale una struttura a livello sovracomunale (il BIM) che coordina e indirizza l'attività dei diversi Comuni. A loro volta ciascun Comune deve organizzare l'erogazione dei servizi singolarmente o in forma associata con altri Comuni e stabilire l'entità della tariffa da applicare quale corrispettivo del servizio erogato, sulla base delle indicazioni fissate dalla regione.
Alla Regione viene affidato il compito di definire la politica generale della gestione delle risorse idriche attraverso il piano regionale delle acque con il quale devono essere fissati i criteri e le direttive generali per garantire la corretta e razionale utilizzazione delle risorse idriche, la tutela e la salvaguardia della qualità, il rinnovo e il risparmio della risorsa, l'integrazione e la riorganizzazione delle strutture necessarie all'erogazione dei servizi idrici, l'ottimizzazione gestionale del servizio idrico integrato.
In base a quanto stabilito dall'art. 3 della legge regionale i Comuni "Organizzano il servizio idrico integrato singolarmente o in forma associata (nei modi e nelle forme previste dalla L.R. 54/98) per sottoambiti omogenei dal punto di vista territoriale o per settore specialistico". Deve cioè essere preliminarmente individuato un ambito territoriale (che coinvolge un solo Comune o più Comuni) nel quale le caratteristiche del servizio idrico (acquedotto e/o depurazione) sono omogenee.
Avendo delimitato il territorio omogeneo e quindi i servizi da erogare i Comuni singoli o associati devono (comma 2 art. 3):
- attuare gli indirizzi e gli interventi previsti nella pianificazione regionale in materia di usi delle risorse idriche, di tutela e di salvaguardia della qualità, di risparmio, di rinnovo e di riutilizzo idrico individuando la domanda di servizi, cioè la qualità e la quantità che devono essere garantite dai soggetti gestori a garanzia delle esigenze locali e a salvaguardia degli interessi degli utenti e predisponendo, sulla base dei criteri e degli indirizzi fissati dalla Regione, il programma di attuazione riguardante le infrastrutture e le altre opere necessarie per l'erogazione dei servizi e il relativo piano finanziario;
- provvedere alla gestione del servizio idrico integrato singolarmente o in forma associata per sottoambiti omogenei anche con una pluralità di soggetti esperti in materia e di forma tra quelle previste dalla L.R. 54/98 art. 4) scegliendo le modalità di gestione del servizio e il soggetto gestore e attuando i controlli tecnico-economici sulla gestione;
- determinare la tariffa da fare applicare ai soggetti gestori (art. 5) sulla base dei criteri stabiliti dalla Giunta regionale, con propria deliberazione, sentito il parere delle Commissioni consiliari competenti;
provvedere alla realizzazione degli interventi di interesse locale o di manutenzione anche straordinaria delle reti e dei manufatti connessi con il servizio idrico integrato secondo le modalità previste dalla L.R. 54/98 (art. 9).