Il clima terrestre sta modificandosi ad una velocità senza precedenti per cause non solo naturali, bensì, come dimostra la straordinaria quantità di dati scientifici pubblicati, principalmente antropiche. L’aumento della temperatura superficiale media del globo registrato nell’ultimo secolo (1906-2005) è, secondo le più recenti misure, di 0,74°C. Dal 1950 in poi, ogni dieci anni la temperatura è aumentata in media di 0,13°C assumendo un trend lineare. Paradossalmente, a fronte di un così rapido e colpevole mutamento climatico, le risposte delle più importanti Nazioni industrializzate e degli organismi soprannazionali non si sono dimostrate altrettanto tempestive. La prima vera presa di coscienza mondiale del “problema clima”, come già ricordato in molti articoli apparsi su Environnement, è stata la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (United Nations Framework Convention on Climate Change, UNFCCC), che fu aperta alle firme nella Conferenza delle Nazioni Unite sull'Ambiente e lo Sviluppo del 1992, a Rio de Janeiro. In particolare, l’obiettivo della Convenzione è quello di (art. 2) “stabilizzare le concentrazioni nell’atmosfera dei gas ad effetto serra ad un livello tale da impedire pericolose interferenze di origine umana con il sistema climatico”. A partire dal 1994, anno dell’entrata in vigore del Trattato di Rio, si sono
succedute con cadenza annuale le Conferenze delle Parti, aventi lo scopo di adeguare le strategie comuni ai principi ispiratori della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite. La più famosa di queste Conferenze è senza alcun dubbio quella del 1997 svoltasi a Kyoto, in Giappone, dove per la prima volta molte Nazioni industrializzate e alcune economie centroeuropee concordarono su riduzioni legalmente vincolanti delle emissioni di gas serra, in media di 6%-8%, entro il 2012. Il Protocollo di Kyoto prevede che le misure nazionali siano integrate da strumenti di cooperazione tra Paesi, secondo il principio delle responsabilità comuni, ma differenziate in modo da ottenere il massimo risultato con il minimo costo. Gli strumenti di cooperazione tra Paesi vengono chiamati “meccanismi flessibili”:
• Joint implementation, per la realizzazione, tra paesi industrializzati, di programmi comuni in qualsiasi settore dell’economia, finalizzati alla riduzione delle emissioni mediante la diffusione e l’impiego di tecnologie più efficienti, con accreditamento ad entrambe le parti dei risultati ottenuti;
• Clean Development Mechanism, per la realizzazione di programmi finalizzati a progetti di sviluppo sostenibile nei paesi in via di sviluppo, che prevedano anche industrializzazione ad alta efficienza tecnologica e energetica, attuati dai paesi industrializzati in cambio di quote certificate di riduzione delle emissioni;
• Emission Trading, che permette ad ogni Paese, nell’esecuzione dei propri obblighi, di trasferire i propri diritti di emissione o acquisire i diritti di emissione di un altro Paese.
Non tutti questi meccanismi sono ancora operativi e le prossime “Conferenze delle Parti” dovranno definire le linee-guida, i regolamenti, le modalità di accesso e di utilizzazione necessari ad un corretto utilizzo di tali strumenti. A questo proposito è singolare sottolineare come il meccanismo flessibile delle Emission Trading sia stato facilmente recepito dai Paesi industrializzati, che ne hanno immediatamente compresi i vantaggi economici, soprattutto in rapporto ai Paesi in via di sviluppo ai quali, per non comprometterne lo sviluppo economico, non è stato fissato alcun limite delle emissioni. Nella tabella della pagina seguente vengono elencati i contributi degli Stati dell’Unione Europea per il raggiungimento dell’obiettivo globale di
riduzione dell’8% delle emissioni; paradossalmente, ai Paesi che al momento non hanno un elevato livello di emissioni viene attribuito un coefficiente positivo, viene in pratica loro concesso di aumentare le emissioni inquinanti. In realtà questo meccanismo permette alle Nazioni che non sono in grado di abbattere le proprie emissioni di acquistare le “quote di inquinamento” dei Paesi più virtuosi, o semplicemente meno industrializzati.
Oltre all’utilizzo dei meccanismi flessibili i Paesi aderenti al Protocollo di Kyoto hanno assunto l’impegno di elaborare politiche e misure, quali:
• il miglioramento dell’efficienza energetica in settori rilevanti dell’economia nazionale;
• la protezione e il miglioramento dei meccanismi di rimozione e di raccolta dei gas ad effetto serra;
• la promozione di metodi sostenibili di gestione forestale, di imboschimento e di rimboschimento;
• la promozione di forme sostenibili di agricoltura;
• la ricerca, promozione, sviluppo e maggiore utilizzazione di energia rinnovabile, di tecnologie per la cattura
e l’isolamento del biossido di carbonio e di tecnologie avanzate ed innovative compatibili con l’ambiente;
• la riduzione progressiva, o eliminazione graduale, delle imperfezioni del mercato, degli incentivi fiscali,
delle esenzioni tributarie e di sussidi in tutti i settori responsabili di emissioni di gas ad effetto serra, ed applicazione di strumenti di mercato;
• l’adozione di misure volte a limitare e/o ridurre le emissioni di gas ad effetto serra nel settore dei trasporti;
• la limitazione e/o riduzione delle emissioni di metano attraverso il recupero e utilizzazione del gas nel settore della gestione dei rifiuti, nonché nella produzione, il trasporto e la distribuzione di energia.
Nell’ottica degli impegni assunti a livello internazionale anche il nostro Paese ha cercato di elaborare delle
politiche attuative quali le “misure nazionali di riduzione dei gas serra”, che attraverso la delibera del CIPE
(Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica) del 19/11/1998 ha adottato le “Linee Guida per le politiche e le misure nazionali di riduzione delle emissioni dei gas serra” che individuano gli obiettivi e le misure settoriali per la riduzione entro il 2008-2012 e rispetto ai livelli del 1990, del 6% delle emissioni.
Le “Linee Guida” prevedono la realizzazione di sei azioni nazionali:
Azione 1 - Aumento dell’efficienza nelle centrali termoelettriche.
Azione 2 - Riduzione dei consumi energetici nel settore dei trasporti.
Azione 3 - Produzione di energia da fonti rinnovabili.
Azione 4 - Riduzione dei consumi energetici nei settori abitativo/terziario ed industriale.
Azione 5 - Riduzione delle emissioni nei settori non energetici.
Azione 6 - Assorbimento delle emissioni di carbonio da parte delle foreste.
Nel dicembre del 2007 il Ministero dell’Ambiente ha provveduto a far aggiornare le linee guida per poter meglio ottemperare ai dettami imposti dall’Unione Europea e per implementare e migliorare le azioni già
intraprese. Sono inoltre previsti programmi di riduzione delle emissioni da promuovere nell’ambito dei meccanismi di “Joint Implementation” e “Clean Development Mechanism”, che dovranno coprire circa il 25-30% dell’impegno di riduzione nazionale previsto nel Protocollo di Kyoto.
Infine è stato approvato il Programma Nazionale di Ricerca sul clima con la finalità di coordinare e sviluppare le iniziative di ricerca in collegamento con gli organismi di ricerca internazionali. L’impegno nazionale non può chiaramente prescindere dall’impegno coeso e condiviso delle realtà territoriali più piccole quali le Regioni; a questo proposito è di sicuro interesse conoscere, attraverso la sintesi qui riportata, quanto la Regione Valle d’Aosta stia facendo in questo importante settore ambientale.
Cosa sta facendo l'UE?
In un quadro internazionale come quello del Protocollo di Kyoto è evidente come per noi abitanti del “vecchio Continente” rappresenti fondamentale l’apporto normativo ed il sostegno idealista di una Unione Europea che si è sempre posta come obiettivi di primaria importanza l’ambiente e la sua salvaguardia. Risulta dunque legittima la domanda: “Cosa sta facendo l’UE?” Numerose iniziative sono già state attuate sia a livello europeo sia a livello nazionale. Per rispettare gli obiettivi del Protocollo di Kyoto, nel marzo 2000 la Commissione europea ha lanciato il Programma europeo sul cambiamento climatico (PECC). Nel quadro del programma, i funzionari della Commissione lavorano insieme ai rappresentanti dell'industria, alle organizzazioni ambientali e ad altre parti interessate per identificare le misure più efficaci ed economicamente vantaggiose per la riduzione delle emissioni. Da allora sono già state adottate oltre 30 di queste misure.
Una delle chiavi di volta delle politiche europee sul cambiamento climatico è il programma di scambio delle quote di emissione lanciato il 1° gennaio 2005. I governi europei hanno assegnato quote annue di emissione di CO2 a circa 10.500 impianti e stabilimenti ad elevato consumo, responsabili di circa la metà delle emissioni di CO2 in Europa. Gli stabilimenti che emettono meno CO2 possono vendere le loro quote in eccedenza ad altri impianti meno efficienti. Il sistema, oltre a costituire un incentivo finanziario a ridurre le emissioni, assicura che vi siano acquirenti per le quote di emissione, in quanto le società che eccedono i loro limiti di emissione senza coprirli con quote acquistate da altre società sono soggette a penali salate. Il programma di scambio delle quote fa in modo che le emissioni siano ridotte dove è più conveniente e abbassa il costo globale della riduzione delle emissioni per l'industria.
Altre misure del PECC sono volte a ridurre i consumi delle automobili e ad aumentare il rendimento energetico degli edifici (un buon isolamento può ridurre i costi di riscaldamento fino al 90%!), ad aumentare l'impiego di fonti di energia rinnovabili quali il vento, il sole, le maree, la biomassa (materiali organici come legno, trucioli, piante, deiezioni animali ecc.) e l’energia geotermica (acque termali e vulcani), e a ridurre le emissioni di metano dalle discariche. A ottobre 2005 è stata avviata una nuova fase del PECC volta allo sviluppo di misure di riduzione delle emissioni a basso costo e incentrata sulla definizione di proposte tese a rafforzare il programma di scambio delle quote di emissione, ad affrontare la questione delle emissioni dei trasporti su strada e per via aerea, a sviluppare tecnologie di cattura e stoccaggio del carbonio e a identificare le strategie di adattamento agli effetti inevitabili del cambiamento climatico. In base a questo lavoro, la Commissione ha proposto di recente leggi che inseriscono le compagnie aeree nel programma di scambio delle quote di emissione e che obbligano a ridurre le emissioni dei carburanti stradali, mentre ha già annunciato che proporrà una nuova legge volta a ridurre le emissioni di CO2 delle nuove autovetture. Gli obiettivi del Protocollo di Kyoto dovranno essere raggiunti entro il 2012, ma l’Unione europea sta premendo per la definizione di un nuovo accordo internazionale volto ad assicurare l’arresto del cambiamento climatico prima che superi di oltre 2°C la temperatura media globale dei livelli preindustriali. Gli scienziati ritengono infatti che questi 2°C di aumento siano la soglia limite oltre la quale il cambiamento climatico potrebbe scatenare su scala planetaria fenomeni irreversibili e molto probabilmente catastrofici. Tenendo bene in mente questa soglia, nel gennaio 2007 la Commissione europea ha proposto una strategia sul clima e sull’energia che comprende un insieme di misure e obiettivi ambiziosi, avallati dai leader UE due mesi più tardi. Attualmente, l’impegno preso dall’UE consiste nella riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra del 20% (rispetto ai livelli del 1990) entro il 2020, un obiettivo che verrà portato al 30% qualora gli altri paesi industrializzati facessero lo stesso e i paesi in via di sviluppo accettassero di attuare provvedimenti. Per conseguire l’obiettivo del 20%, le iniziative esistenti, quali il programma di scambio delle quote di emissione, verranno integrate da nuove misure volte, in particolare, a incrementare l’efficienza energetica del 20% entro il 2020, a portare la quota di fonti rinnovabili al 20% entro il 2020 e a dotare le nuove centrali energetiche della tecnologia di cattura e stoccaggio di anidride carbonica. L’impegno dell’Unione Europea si traduce ovviamente anche nelle sue Istituzioni ed in special modo nella Commissione europea, che ha assunto un ruolo sempre più da protagonista sulle questioni relative ai cambiamenti climatici. La direzione generale per l'Ambiente della Commissione europea (DG Ambiente) di Bruxelles, con circa 600 funzionari, è responsabile dell'attività della Commissione europea sul cambiamento climatico. Da qui parte l'iter delle legislazioni ambientali europee e delle nuove iniziative. Una volta proposta dalla Commissione europea, la maggior parte delle misure deve essere adottata dal Parlamento europeo, composto da 785 deputati eletti direttamente dai cittadini europei, e dal Consiglio dei ministri, in rappresentanza dei 27 governi degli Stati membri. La Commissione europea assicura che le misure adottate siano tradotte in pratica negli Stati membri e ne verifica l'attuazione. Inoltre, ha il mandato di rappresentare l'Unione europea in sede di negoziati internazionali, mantenendola in prima linea negli sforzi internazionali di lotta al cambiamento climatico. La campagna "Sei tu che controlli i cambiamenti climatici" La Commissione europea è convinta che per avere successo la lotta al cambiamento climatico richieda il contributo di tutti i settori della società e di tutti i cittadini. Con la campagna "Sei tu che controlli i cambiamenti climatici" la Commissione intende sensibilizzare i cittadini sul cambiamento climatico, una delle maggiori minacce ambientali del nostro tempo, e aiutare le persone che desiderano contribuire a limitarlo. Se tutti modificassimo lievemente i nostri comportamenti quotidiani, potremmo ottenere significative riduzioni delle emissioni di gas ad effetto serra riducendone l'impatto sul sistema climatico del pianeta. In molti casi queste modifiche ci farebbero anche risparmiare. La campagna è stata varata nell’estate 2006. In molte città dell'Unione europea sono apparsi striscioni giganti sugli edifici pubblici, statue famose sono state abbigliate con la t-shirt della campagna e numerosi altri eventi hanno sottolineato il lancio. Per richiamare l'attenzione, la campagna fa uso di spot TV, cartelloni stradali e inserzioni sui giornali, avvalendosi anche di una serie di strumenti elettronici quali banner online ed invio di e-mail. È prevista anche un'azione presso gli studenti attraverso l'edizione 2007/2008 del Diario Europa, del quale vengono distribuite oltre 2,3 milioni di copie in tutto il continente. Il Diario include una sezione sul cambiamento climatico in cui si invitano gli studenti a sottoscrivere un impegno a ridurre le loro emissioni di CO2, corredata di una tabella nella quale annotare i mutamenti introdotti nella routine quotidiana.
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Cosa si fa in Valle d'Aosta?
Nell’ambito dell’Amministrazione regionale valdostana, già oggi sono molte le attività — promosse e sostenute da svariate strutture regionali — volte a comprendere l’evoluzione dell’attuale cambiamento climatico e a valutarne gli effetti sull’ambiente e il territorio. Ecco una sintesi schematica delle attività sviluppate.
1) ARPA Valle d’Aosta/Direzione ambiente.
a) Distribuzione potenziale del permafrost sul territorio regionale e suo monitoraggio come indicatore del cambiamento climatico. Installazione di un sito di osservazione al Colle Nord di Cime Bianche (Cervinia); in collaborazione con l’Università degli Studi dell’Insubria di Varese e con la società Cervino S.p.A.
b) Progetto PERMADATAROC, nell’ambito del Programma Interreg III A ALCOTRA Italia- Francia: caratterizzazione termica di pareti rocciose per lo studio delle instabilità (Cervino, Monte Bianco). In collaborazione con Fondazione Montagna Sicura, Università de Savoie- Laboratoire Edytem e CNR-IRPI di Torino.
c) Analisi morfo-strutturale e caratterizzazione termica di pareti rocciose per lo studio delle instabilità di versanti recentemente deglaciati in Valle d’Aosta.
d) Monitoraggio del profilo termico di un sito d’alta quota (Punta Helbronner).
e) Bilancio di massa del ghiacciaio Timorion come indicatore del cambiamento climatico.
f) Stima della risorsa idrica nivo-glaciale in alta Valpelline.
g) Progetto Interreg III A ALCOTRA «COGEVA-VAHSA» (monitoraggio degli habitat caratteristici degli ambienti glaciali del M. Bianco).
h) Autorità di Bacino del Po: sistemi informativi e monitoraggio risorsa idrica.
i) Progetto AWARE (A tool for monitoring and forecasting available water resource in mountain environment): stima delle risorse idriche nivali.
l) Progetto REPHLEX: immagini satellitari per l’analisi del ciclo fenologico della vegetazione.
m) Progetto GLORIA (Global Observations Research Iniziative in Alpine Environments): effetto dei cambiamenti climatici sulla vegetazione d’alta quota.
n) Monitoraggio della radiazione solare UV.
o) Progetto Interreg III MEDOCCMercurio: gestione sostenibile delle opere in pietra a secco.
2) Fondazione Montagna Sicura - Direzione ambiente Attività della Cabina di Regia dei Ghiacciai Valdostani (CRGV), ente che riunisce i responsabili del Soccorso Alpino e delle Guide d’Alta Montagna, nonché referenti istituzionali quali il CGI (Comitato Glaciologico Italiano, il CNR e l’ARPA Valle d’Aosta).
a) Monitoraggio dei ghiacciai valdostani.
b) Costituzione di un centro di documentazione sui ghiacciai regionali presso la sede di Villa Cameron a Courmayeur.
c) Iniziative di aggiornamento e ricerca sulle dinamiche glaciali e periglaciali.
3) Progetti Interreg che coinvolgono la Direzione Ambiente.
a) Progetto Interreg III B Spazio Alpino «Climate change, impacts and adaptations strategies in the Alpine space», 2006-07. Obiettivo è la stima delle conseguenze del cambiamento climatico sui rischi naturali, per poter fondare efficaci decisioni a livello politico e amministrativo.
b) Progetti Interreg III A in corso: PRINAT, ROCKSLIDEDETECT, RISKHYDROGEO (in collaborazione con ARPA e Fondazione Montagna Sicura).
4) Servizio Operativo Protezione Civile - UfficioMeteorologico.
a) Progetto Interreg III B «METEORISK» - ZAMG Austria (Programma Spazio Alpino): collaborazione tra centri meteorologici delle regioni alpine; fornitura a ZAMG di alcune serie climatologiche valdostane rappresentative. Previsione del rischio meteo a breve termine, compilazione di una pagina internet per la segnalazione dello stato di rischio. www.meteorisk.info.
b) Progetto FORALPS / Politecnico Torino (Programma Spazio Alpino): sviluppo e test di miniradar portatile in banda X per monitoraggio delle precipitazioni in montagna. http://www.unitn.it/foralps
c) Installazione di «Synergie», sistema evoluto di ricezione e visualizzazione di dati meteorologici.
d) Emissione del bollettino meteorologico tradizionale e, dal febbraio 2005, anche del «Bollettino Vigilanza», prodotto destinato al Centro Funzionale della Regione per la stima delle precipitazioni nelle diverse aree di allertamento.
e) Bollettino speciale durante le ondate di calore, in collaborazione con l’AUSL.
5) Consolidato sistema di prevenzione degli incendi boschivi nell’ambito dell’Assessorato Agricoltura e Risorse Naturali (CESTI, 1996, 1999).
Tratto dal volume “Cambiamenti Climatici in Valle d’Aosta - opportunità e strategie di risposta”, Società Meteorologica Subalpina, 2006.