Il deperimento del pino silvestre nelle Alpi occidentali. AA.VV., Compagnia delle Foreste, 2008.
Questo volume ha come finalità la presentazione delle linee guida gestionali per le Pinete alpine colpite da fenomeni di deperimento, studiate nell’ambito del progetto INTERREG IIIA Italia-Svizzera “Le Pinete delle vallate alpine: un elemento del paesaggio in mutazione”, focalizzato sui popolamenti di pino silvestre del versante meridionale delle Alpi occidentali (Piemonte e Valle d’Aosta). Il gruppo di lavoro, formato dai partners italiani e svizzeri del progetto, ha elaborato gli indirizzi selvicolturali e fitosanitari per la prevenzione e il contenimento della sindrome in seguito all’individuazione degli agenti responsabili, all’analisi dei loro meccanismi d’azione e delle loro interazioni con i processi climatici in corso, con l’ecologia della specie e con l’uso della risorsa pino da parte dell’uomo. Gli obiettivi della ricerca sono stati:
• la valutazione del grado di deperimento attuale e delle sue conseguenze a carico di individui, popolazioni e del paesaggio;
• l’analisi del ruolo della siccità come principale fattore predisponente il deperimento;
• l’elaborazione di indicazioni selvicolturali e fitosanitarie volte a gestire, contenere e, ove possibile, limitare il processo in corso, sfruttando al meglio le condizioni locali e assicurando l’uso sostenibile della risorsa Pinete alpine.
L’interpretazione dell’evidenza sperimentale e le indicazioni gestionali elaborate sono presentate in continuità scientifica con i risultati del programma di ricerca “Die Waldföhrenwälder imWallis - Ein Landschaftselement im Umbruch”, promosso nel periodo 2001-2006 dallo Swiss Federal Research Institute for Forest, Snow and Lanscape Research (RIGLING et al., 2006). Il progetto consiste nel monitoraggio a lungo termine della dinamica delle Pinete di pino silvestre nei settori continentali a nord delle Alpi (Cantone Vallese) per analizzare le cause della loro regressione, soprattutto in rapporto all’evoluzione dell’attività selvicolturale dell’uomo e ai più recenti cambiamenti climatici. La regione a Nord delle Alpi e i territori a sud rappresentano due zone con contesti storico-gestionali differenti e caratterizzate da un’evoluzione e un’intensità dei processi associati al cambiamento climatico diversificati a seconda della posizione geografica. Entrambe le regioni hanno tuttavia in comune la presenza di insetti defogliatori e lignicoli, di patogeni fungini, vischio e di specie forestali decidue in competizione attiva nelle aree lasciate libere dal pino, tutti fattori ritenuti responsabili, almeno in parte, del processo di deperimento. Le vallate alpine interne a bassa quota nel Cantone Vallese e in Valle d’Aosta, dove negli anni recenti si sono resi evidenti i sintomi di un rapido deperimento a carico del pino silvestre, hanno rappresentato le aree obiettivo
dell’indagine, la cui ipotesi-guida è il ruolo predisponente del deficit idrico nel determinare la riduzione della vitalità del pino. In tal senso, questi comprensori sono stati utilizzati come aree sensibili dove osservare l’evoluzione che, secondo uno scenario climatico privo di cambiament, potrà interessare la composizione e la struttura delle Pinete alpine. Al contrario, i popolamenti selezionati nel nord del Piemonte (Province di Novara e del Verbano Cusio Ossola) hanno rappresentato le aree di controllo, dove la disponibilità idrica e l’alta fertilità stazionale sembrano aver contenuto efficacemente il fenomeno del deperimento. La localizzazione e le caratteristiche delle aree di studio permanenti sono esposte nel capitolo 7 del volume. L’estensione dello studio alle regioni a sud dell’arco alpino occidentale ha favorito l’interpretazione dei risultati e la spiegazione delle ipotesi già formulate riguardo al deperimento delle Pinete alpine nel loro complesso.
Il mondo senza di noi. Alain Weisman, Einaudi, 2008.
Immaginate il nostro pianeta senza la presenza dell’uomo. Il ritorno dell’Eden perduto, il trionfo della natura, la rivincita degli animali: sarebbero questi i risultati della scomparsa di tutti gli esseri umani dalla faccia della Terra? Ce lo racconta Alain Weisman in questo libro, rimasto per mesi in vetta alle classifiche di vendita americane, che nasce da un’idea originale che solletica la curiosità: un mondo senza uomini. Di fronte ai nostri occhi Weisman fa apparire visioni di città inghiottite dagli alberi, abitazioni abbandonate e diroccate, grandi opere dell’ingegno umano (come l’eurotunnel o il Canale di Panama) che svaniscono. Nel panorama di questo mondo in completa trasformazione che fine faranno i rifiuti prodotti dagli uomini, i polimeri, le scorie nucleari? Come si comporterà il mondo animale? E le opere artistiche create dalle civiltà che si sono susseguite nel tempo sopravviveranno alla nostra scomparsa? Avvalendosi della consulenza di esperti, scienziati, studiosi, e analizzando le zone del mondo in cui l’uomo è già assente, Weisman risponde a tutti questi interrogativi. E per immaginare un mondo senza uomini, indaga come fosse il nostro pianeta prima di noi e quale sia oggi il nostro impatto sulla Terra. Il suo saggio diventa dunque un’analisi delle azioni e dei comportamenti positivi e negativi che noi umani riserviamo all’ambiente che ci circonda e una riflessione sulle loro possibili conseguenze. Il risultato è un libro scritto con un linguaggio chiaro e comprensibile anche a chi non è esperto di queste tematiche, un libro che cattura e coinvolge, incuriosisce e fa riflettere sull’importanza di un rapporto attento e coscienzioso tra uomo e natura. Un libro che desterà l’interesse di chiunque abbia a cuore le tematiche legate all’ambiente e alla natura. “Il miglior libro di saggistica uscito nel 2007” lo ha definito Time. Come tutte le altre creature viventi, siamo ospiti di questo pianeta in continua trasformazione. Nessuno può prevedere il futuro con certezza ma può avanzare ipotesi affascinanti come quelle di questo libro. «Dal momento che alcune cose fatte da noi sono probabilmente irrevocabili, quello che resterebbe in nostra assenza non sarebbe lo stesso pianeta che se non ci fossimo mai evoluti – scrive Weisman. – Però potrebbe anche non essere troppo diverso. La natura ha già affrontato perdite peggiori, e ha riempito le nicchie rimaste vuote.»