LA TERRA COME TERMOMETRO
Il paesaggio vegetale è il risultato di interazioni complesse tra l’uomo ed il clima: la paleopalinologia è uno strumento per ricostruire il paleopaesaggio e per cercare di valutare il ruolo dei fattori che hanno portato all’attuale situazione.
VARIAZIONI CLIMATICHE E UTILIZZO DEL TERRITORIO
di Elisabetta Brugiapaglia
La storia di un territorio rappresenta un valore aggiunto per il territorio stesso ancor più se si considera che può essere la chiave di interpretazione dell’attuale paesaggio e delle interazioni tra fenomeni naturali (variazioni climatiche) ed antropici (pastorizia, agricoltura, selvicoltura, ecc.). La paleopalinologia, ossia la ricerca e l’analisi del polline e delle spore presenti nei sedimenti, è un metodo di ricostruzione del paleopaesaggio che diventa ancor più preciso se lo si affronta da un punto paleoecologico, ossia con una visione olistica della realtà passata nel senso che gli ecosistemi, sia attuali che passati, devono essere studiati in quanto insiemi organizzati ed interconnessi, prendendo quindi in considerazione i diversi aspetti del paesaggio stesso (substrato, vegetazione, popolamenti animali, ecc.). Nel settore orientale della Valle d’Aosta è stata realizzata, ed è tuttora in corso, una ricerca paleoecologica attraverso la ricerca dei pollini, dei macroresti vegetali (semi, legni, carboni), delle datazioni assolute (14C) e dei sedimenti con la finalità di individuare i fattori che hanno portato all’attuale paesaggio a partire da circa 12000 BP (anni dal presente). Attualmente sono in corso le analisi paleoentomologiche e dendrocronologiche. I siti che meglio si prestano alle finalità di questa ricerca sono quelli al di sopra di 1800-1900 m di altitudine ed in particolare laghi e torbiere localizzati sullo stesso versante ad altitudini diverse. Tutte queste condizioni sono presenti nel settore orientale della Valle d’Aosta, in Valtournenche, nel comune di La Magdeleine in cui sono stati individuati alcuni siti: il lago di Lod (1400 m), la torbiera di Pilaz (1900 m), il lago e la torbiera di Champlong (2320 m e 2300 m). Dalle sequenze ottenute in questi siti, ricostruiremo la storia del paesaggio vegetale a partire dagli ultimi
12000 BP. Per inquadrare i dati ottenuti in questo settore della Valle d’Aosta in un contesto alpino ed europeo di modificazioni climatiche ed impatti antropici, è necessario far ricorso ad altri due indicatori: le fluttuazioni dei livelli lacustri e le modificazioni dei fronti glaciali lungo la catena alpina ed in Europa. Le variazioni del livello lacustre sono influenzate dai parametri climatici, evaporazione e precipitazioni, ma possono essere influenzate anche da fattori locali non climatici (drenaggi, frane...). Quando i cambiamenti sononsincroni in diversi laghi devono essere considerati eventi climatici guida. Per quel che riguarda il secondo indicatore, le modifiche dei fronti glaciali, è noto che i ghiacciai sono sensibili alle variazioni climatiche ed il ritrovamento di legni fossili o di torbe nelle aree periglaciali è un archivio di informazioni per valutare le oscillazioni della vegetazione in relazione alle avanzate e ritiri del ghiacciaio stesso.
Storia della vegetazione
Tra 12000 e 10700 BP a 2300 (figura 1) e a 1900 m (figura 3) era presente solo una vegetazione erbacea steppica, ma a Pilaz (1900 m) la presenza di frutti di betulla e quella continua di aghi e legno di larice potrebbe indicare la presenza di alcuni alberi nei pressi del sito. Le acque dovevano avere delle temperature molte basse, erano correnti, poco profonde e limpide come lo testimonia la presenza dei semi delle Ranunculaceae acquatiche. Dobbiamo immaginarci un ambiente simile all’attuale ma con pochi alberi, solo rare betulle e larici, praterie steppiche e vegetazione umida intorno al lago che però era più grande dell’attuale. Tra 10700 e 10000 BP il paesaggio in entrambi i siti era costituito da praterie steppiche fredde (Artemisia, Chenopodiaceae, Ephedra) e ambienti umidi a dominanza di carici (Cyperaceae) testimoniando quindi una recrudescenza climatica fredda denominata Dryas recente. A partire da 10000 BP cominciò il definitivo miglioramento delle condizioni climatiche evidente con l’aumento delle percentuali di betulle, larice e pino quindi il paesaggio assunse l’aspetto di una prateria con arbusti e alberi sparsi. Tra 9000 e 8000 BP si verificò un’espansione delle praterie a Cichorioideae, Apiaceae e Fabaceae che, così come nel resto delle Alpi, corrispose ad un probabile periodo arido. Per confermare questa ipotesi ci sono anche i dati relativi all’abbassamento del livello lacustre lungo tutta la catena alpina e nel Giura. In questo periodo si evidenziò la differenza tra i diversi piani di vegetazione in particolare per la vegetazione arborea: a 1900 m dominava un bosco a larice e betulla, mentre a 2300 m il pino cembro ed il larice caratterizzavano il paesaggio (figura 2). Ancora più evidenti sono le differenze tra le diverse altitudini a partire da 8000 BP quando a 1900 si sviluppò una bosco ad abete bianco e si ridusse il lariceto, mentre a 2300 m aumentò la popolazione di pino cembro. Queste modifiche della vegetazione sono un chiaro segnale dell’aumento dell’umidità che non si verificò solo a livello locale, ma per lo stesso periodo a scala europea si ebbe un aumento del livello dei laghi. Tra 5000 e 2500 BP le correlazioni tra i siti diventano assai difficoltose in conseguenza dell’inizio dello sfruttamento antropico: in particolare lo si può dedurre dall’aumento delle specie legate al pascolo (Poaceae e Cichorioideae) e dalla diminuzione dei taxa arborei.
L’utilizzo dei siti d’altitudine potrebbe essere stato favorito dalle buone condizioni climatiche, in particolare un periodo arido a cui corrispose a livello europeo un abbassamento del livello dei laghi. Il miglioramento climatico avrebbe quindi favorito l’occupazione dei siti d’altitudine sgombri da neve per lunghi periodi ed i frequentatori di questi siti avranno quindi trovato le condizioni ideali per vivere sfruttando i pascoli, i laghi, gli arbusti e gli alberi. Da 2500 BP il territorio venne fortemente utilizzato ed in particolare si possono fare delle osservazioni sull’utilizzo del territorio a partire dai diagrammi pollinici realizzati al lago di Lod (figura 4) e al lago di Champlong (figura 5). Dal diagramma pollinico ottenuto al lago di Lod si può ricostruire la storia dell’utilizzo del sito a partire dall’età del Bronzo finale (2765 BP). Le variazioni di sedimentazioni che si sono verificate in questo sito purtroppo non permettono delle conclusioni sicure sulle datazioni e quindi sui limiti posti tra un periodo e quello successivo. È tuttavia evidente che questo sito è stato utilizzato con finalità diverse nei diversi periodi individuati: nel Bronzo finale (biozona 1a) l’attività dominate era la pastorizia ed ancora persistevano degli alberi di pino cembro e abete bianco (presenza di macroresti). Durante l’età del Ferro (biozone 1b, 1c, 1d) i boschi erano a dominanza di abete rosso/larice ed ancora dovevano essere abbastanza frequenti intorno al sito vista la presenza dei legni che purtroppo anatomicamente non possono essere identificati fino a livellodi specie avendo il larice e l’abete rosso anatomie molto simili. L’attività predominante era ancora la pastorizia ma con intensità diversa: maggiore nella biozona 1c, ridotta in 1b e 1d. Il limite tra età del Ferro e periodo romano non è definibile con precisione soprattutto per l’assenza di datazioni assolute che possano confermarne la posizione; tuttavia il limite è stato posto in corrispondenza dell’inizio della presenza del castagno che marca l’avvento del periodo romano quando tale specie iniziò ad essere coltivata in maniera intensiva.
A partire dal periodo romano e per tutto il Medioevo le aree circostanti il lago di Lod diventano importanti per la coltivazione della canapa (Cannabis tp.) della segale (cereali tp. Secale), nonché la pastorizia per la presenza del polline di romice (Rumex) e delle Cichorioideae. Alla fine del periodo romano solo in questo diagramma è presente il polline di faggio (Fagus) con percentuali del 5-7%. Probabilmente la sua scarsa
diffusione in questo settore della Valle d’Aosta è da ricercarsi nelle condizioni climatiche troppo xeriche e evidentemente la sua presenza è stata favorita dall’uomo che avrà sicuramente utilizzato le foglie come foraggio e i frutti (faggiole) per ottenerne la farina. A Pilaz le attività antropiche furono legate soprattutto alla pastorizia durante il Medioevo (aumento del polline delle Cichoriodeae, Plantago e Rumex). La presenza di percentuali elevate di polline delle Rosaceae, nella maggior parte Potentilla, e delle Cyperaceae evidenzia una fase di abbassamento del livello dell’acqua della torbiera che potrebbe essere stata intensamente pascolata. Inoltre le percentuali di Cereali (2-3%) potrebbero indicare la coltivazione della segale nei pressi del sito. Al lago di Champlong, in cui il sedimento più antico risale al Neolitico/Bronzo iniziale, l’attività dominate era la pastorizia che, subì delle fasi alterne di maggiore (CL1, CL3, CL5) intensità come dimostrato dalla presenza del polline di Cichorioideae, Asteroideae, Caryophyllaceae, Rosaceae, e di minore (CL2, CL4) intensità con la riduzione dei suddetti taxa. Questa breve descrizione permette di fare alcune considerazioni sulle modifiche della vegetazione succedutesi a partire da 12000 BP in particolare per quel che riguarda le modifiche della composizione arborea, la sua estensione in altitudine e l’utilizzazione del territorio. Durante il Tardoglaciale i siti a 1900 e a 2300 erano liberi dai ghiacci e la treeline
(limite superiore degli alberi) arrivava a 1900 m ed era composta da larice e betulla. A partire da 10000 BP il limite degli alberi si spinse più in alto e si può localizzare oltre i 2300 m composto essenzialmente da larice. Tra 9000 e 5000 BP, periodo favorevole alla vegetazione, il limite del bosco (timberline) si spinse almeno fino a 2300 m mentre per il limite degli alberi non è possibile farne la stima in quanto allo stato attuale non sono state analizzate torbiere al di sopra di 2320 m. Questo intervallo temporale corrisponde all’optimum climatico favorevole allo sviluppo della vegetazione anche in altitudine vista la contestuale riduzione dei ghiacciai; sempre in questo periodo si sarebbe formata la torba sul fronte del ghiacciaio del Rutor a 2510 m. Successivamente a questo periodo di massima elevazione della vegetazione forestale, si sarebbe verificata una forte riduzione in relazione all’utilizzo dei pascoli e dei boschi da parte delle popolazioni dell’età del Bronzo.
Bibliografia:
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