TERRITORIO AL FUTURO
Le nuove tecnologie offrono alla montagna validi strumenti per la previsione e l’allerta dei rischi insiti nel suo territorio fragile.
VIVERE AL RIPARO DEI RISCHI
di Raffaele Rocco
Vivere al riparo dei tanti rischi che minacciano la nostra vita è l’aspirazione principale di ciascuno di noi. Aspirazione che è diventata spesso ossessione sotto l’influenza dei tanti fatti di cronaca che focalizzano la nostra attenzione su un avvenimento piuttosto che su un altro.
La percezione che ciascuno di noi ha di un pericolo è la misura dell’effettiva minaccia che noi avvertiamo e quindi di conseguenza il nostro livello di attenzione per contrastarne gli effetti. L’esempio ormai classico di questa situazione è rappresentato dalla diversa percezione di pericolo tra il trasporto automobilistico e quello aereo: il primo è probalisticamente più pericoloso del secondo, ma la paura di volare è più forte di ogni pensiero razionale.
La percezione dipende, infatti, molto dalla familiarità che si ha con l’evento che può essere pericoloso e da quante volte se ne ha avuto esperienza e con quali conseguenze. Spesso una notevole esperienza del fenomeno ci permette di sapere come esso si svilupperà e quindi quando esso diventa realmente pericoloso.
In queste poche frasi sono emersi gli elementi caratteristici da prendere in considerazione nella valutazione dei rischi: il tipo di fenomeno e le sue modalità di sviluppo, la probabilità di accadimento e le possibili conseguenze su di noi. Tutte queste caratteristiche sono filtrate dall’esperienza quotidiana che ci permette di valutarne tempi e effetti in modo quasi automatico e secondo scale di misura del tutto personali.
La tecnica ci fornisce però una definizione oggettiva del rischio, tradotta anche in una formula matematica, che per i rischi di tipo idraulico e geologico è la seguente:
R = S x E x V
R = rischio relativo a un determinato elemento, inteso come il valore atteso del danno che mediamente può subire l’elemento stesso in un prefissato periodo di tempo;
E = entità degli elementi a rischio, cioè le persone e i beni che possono subire danni quando si verifica un evento, misurata in modo diverso a seconda della loro natura;
S = pericolosità, in generale cioè la probabilità di accadimento di un determinato fenomeno potenziale in uno specifico periodo di tempo e in una data area; nel settore idraulico ad esempio il valore di S è strettamente connesso al tempo di ritorno di un evento T, che esprime l’intervallo di tempo nel quale l’evento si verifica in media una volta;
V = vulnerabilità, definita come attitudine dell’elemento a rischio a subire danni per effetto dell’evento stesso (aliquota dell’elemento a rischio che viene danneggiata); è compresa tra 0 e 1.
Il rischio è quindi il prodotto della pericolosità del territorio, intesa come probabilità che un certo fenomeno avvenga in un determinato intervallo di tempo in un territorio circoscritto e individuabile mediante studi, per la vulnerabilità e per il valore degli elementi a rischio intesi come insieme delle grandezze economiche e sociali rappresentate da popolazione, infrastrutture, attività economiche, beni culturali ed ambientali, ecc. I valori di rischio determinati tramite l’impiego dell’equazione sono aggregati in quattro classi a valore crescente (da 1 = Moderato, fino a 4 = Molto elevato).
Eventi naturali come piogge intense e piene dei corsi d’acqua
Nel campo geologico e idrogeologico, il rischio costituisce un indicatore delle interazioni tra il sistema territoriale e i fenomeni naturali di carattere idrologico e idraulico e geologico che caratterizzano i corsi d’acqua e i versanti. Il rischio non può mai essere nullo, non essendo eliminabili i fenomeni naturali di dissesto, né potendo le misure di intervento garantire il controllo di qualsiasi evento indipendentemente dalla sua gravosità. L’obiettivo di ricercare una condizione di rischio compatibile è rivolto a una riduzione consistente dello stesso, in rapporto ai costi connessi alle misure di intervento e alla fattibilità tecnica del controllo dei fenomeni di dissesto.
I rischi naturali che minacciano la vita sembrano paradossalmente aumentare di pari passo con lo sviluppo economico e sociale e quindi in diretta relazione con il benessere ed il progresso culturale raggiunti dalle comunità nazionali.
Bisogna infatti considerare che le perturbazioni intense interessano un territorio già di per sé fragile dal punto di vista idrogeologico, dove lo sviluppo economico e sociale ha esteso le aree occupate del territorio non solo con abitazioni, ma con infrastrutture viarie e produttive fondamentali per il mantenimento dell’insieme di relazioni economiche e sociali che caratterizzano l’attuale società umana.
Questa occupazione di spazi ha portato all’utilizzo di aree che tradizionalmente erano destinate ad altre attività (quali l’agricoltura) o ad altre funzioni (le aree di espansione dei corsi d’acqua in caso di piena o di accumulo di detriti in caso di frana).
Queste spinte continuano a perdurare anche oggi accanto alle sempre crescenti richieste di destinare porzioni anche rilevanti di territorio per attività sportive e di svago in generale, quali piste ciclabili o da sci, campi da calcio o da golf.
Per questo motivo l’impatto delle perturbazioni si trasforma molto frequentemente in catastrofe e conseguentemente il rischio naturale viene di norma percepito come evento anomalo ed eccezionale. Anomalo per l’eccesso di confidenza nella tecnologia che viene ritenuta in grado di eliminare ogni effetto negativo. Eccezionale per la labilità della coscienza individuale e collettiva che non riesce a percepire il rischio di frane ed inondazioni in una prospettiva storica: l’assenza o la rimozione delle informazioni sugli eventi analoghi occorsi altrove o nel passato fa sì che ogni nuovo evento sia percepito come eccezionale.
L’azione pubblica deve garantire la sicurezza del territorio regionale sulla base dei vincoli fisici che la natura del territorio valdostano pone allo sviluppo degli insediamenti (centri abitati e infrastrutture) alla luce delle attuali capacità conoscitive scientifiche e delle possibilità di intervento fornite dalla tecnica.
Gli eventi degli ultimi anni hanno dimostrato che la sicurezza assoluta e totale è però solo un’illusione, e che quindi nella protezione contro i rischi naturali l’accettazione di un certo grado di rischio è necessaria: si tratta di definire che cosa sia prioritario da proteggere e quali strategie attuare in tale senso.
La riduzione del rischio si può conseguire agendo su due fronti:
• interventi strutturali orientati alla realizzazione di opere di protezione del reticolo idrografico e dei versanti tramite sistemazioni di tipo localizzato o diffuso;
• interventi non strutturali incentrati su efficaci sistemi di previsione sorveglianza ed allarme associati ad azioni di manutenzione e di normativa urbanistica.
Per pianificare la politica contro i rischi naturali bisogna quindi puntare ad una gestione generale del rischio che tenga conto di tutte le possibili tipologie con misure appropriate di valutazione del relativo livello di magnitudo, di verifica dell’efficacia delle azioni possibili, tenendo in considerazione anche l’accettazione di un certo livello di rischio residuo e dei costi in rapporto al grado di sicurezza conseguibile.
I maggiori sforzi si sono concentrati sulle misure non stutturali con l’obiettivo di minimizzare con la previsione ed il preannuncio gli effetti del rischio naturale in termini di tutela dell’integrità della vita umana e dei beni esposti. Scelta comunque inevitabile in quanto le soluzioni strutturali presentano per la necessità di investire notevoli capitali, scale temporali di realizzazione dello stesso ordine di quelle che hanno portato all’attuale urbanizzazione delle aree esposte.
La prevedibilità di alcune tipologie di eventi calamitosi (tra cui quelli di natura idrogeologica) consente di seguire l’evoluzione di un determinato fenomeno sin dalle sue prime manifestazioni e di organizzare quindi preventivamente le attività e gli interventi volti a fronteggiare adeguatamente la risposta all’emergenza.
Negli ultimi anni la prevedibilità degli effetti al suolo degli eventi meteorologici rappresenta la nuova frontiera verso cui si è orientato il sistema nazionale e regionale di protezione civile.
I grandi disastri naturali che tutti ricordiamo degli anni settanta e ottanta mostravano un sistema che reagiva all’evento quando ormai questo era già accaduto. Negli anni novanta la capacità di reazione è sempre stata meglio organizzata, ma si è anche concretizzata l’idea di poter addirittura prevedere con un congruo anticipo gli eventi.
Le tecnologie di rilevazione sempre più raffinate e lo sviluppo dei computer hanno infatti reso sempre più affidabili le previsioni meteorologiche su periodi temporali di alcuni giorni, con la possibilità quindi di ipotizzare anche come avrebbe risposto il territorio a tali eventi meteo.
Ipotizzare gli effetti di determinate condizioni meteo significa però aver ben compreso quali sono i meccanismi fisici che partendo da una data quantità di precipitazioni, per esempio, causano un’onda di piena in un corso d’acqua: come essa si origina, che conseguenza causa sulle sponde, che cosa succede quando supera le sponde, come si comporta quando incontra un ponte e simili.
Gli eventi idrogeologici sono diversi, dalle frane alle inondazioni, ma ogni evento è caratterizzato da modalità di sviluppo simili, anche se non sempre uguali.
Un efficiente sistema di allertamento si fonda su alcuni presupposti importanti:
• gli eventi naturali sono fenomeni ineliminabili che si manifestano ciclicamente con una certa regolarità, con maggiore o minore intensità ma con meccanismi simili tra loro;
• gli effetti al suolo sono di norma confrontabili;
• il quadro meteoclimatico che genera eventi alluvionali presenta caratteri comuni;
• la variabilità spaziale degli eventi naturali è tale per cui la loro previsione puntuale e precisa (dove e quando) è del tutto impossibile: allo stato attuale bisogna accontentarsi di una previsione che indica per ambiti territoriali significativi quale categoria di evento potrebbe accadere.
Una capillare ed efficiente rete osservativa in grado di acquisire in tempo reale le informazioni necessarie agli strumenti operativi di previsione e controllo dei fenomeni e di ridistribuire con tempestività le elaborazioni prodotte costituisce l’aspetto tecnologicamente importante del sistema.
La rete meteo-idrografica regionale in teletrasmissione in tempo reale dedicata al sistema di allertamento idrogeologico nasce negli anni 1989-92 con le prime 6 stazioni telerilevate (poi implementate a 14 nei successivi cinque anni e raddoppiate a 28 dal 1997 al 2000). Dopo il 2000 l’implementazione e ottimizzazione della rete con l’installazione di nuove stazioni è proseguita senza soluzione di continuità. La rete di telemisura è composta attualmente da 66 stazioni contraddistinte da oltre 300 sensori di misura dei parametri idro-meteorologici. Il server del Centro Funzionale acquisisce ogni ora via GSM e via Radio circa 2000 dati relativi ai: 46 pluviometri, 53 termometri, 24 idrometri, 24 nivometri, 8 barometri, 84 termometri neve, 7 radiometri, 6 igrometri, 12 anemometri.
Un efficiente Ufficio meteo regionale contribuisce in maniera determinante ad un efficace servizio previsionale fornendo le previsioni meteo a breve e media scadenza che costituiscono la base di ogni sistema di previsione degli effetti al suolo. Tali previsioni meteo sono quantitativamente determinate per ambiti territoriali riconosciuti come omogenei sia dal punto di vista meteorologico che da quello della risposta del suolo alle piogge.
Negli ultimi anni è diventato operativo un sistema di allertamento che ogni qualvolta le condizioni meteorologiche facessero presagire un peggioramento della situazione (in atto o prevista), oppure qualora la situazione, per diversi motivi, facesse presumere un’evoluzione dell’evento, sia di natura meteo che di natura idro-geologica, tale da causare potenziali condizioni di disagio e di instabilità per il territorio regionale, emette un avviso di condizioni meteo avverse e un bollettino di allertamento per rischio idrogeologico se si prevedono frane, smottamenti, allagamenti..
I sistemi di allertamento si basano quindi sulla previsione per ambiti territoriali significativamente omogenei di un probabile scenario prefigurato di evento, nonché dei conseguenti effetti sulla integrità della vita, dei beni, degli insediamenti e dell’ambiente.
L’individuazione di valori di soglia costituisce l’indicatore quantitativo dell’insorgenza del rischio:
per le frane l’individuazione delle precipitazioni critiche associate all’innesco e quindi la determinazione delle curve di separazione del campo di stabilità da quello di instabilità; per i fenomeni di esondazione, la definizione della portata critica in una prefissata sezione di controllo, e della precipitazione che può generale tale portata critica.
Se vengono fissati valori troppo alti ne deriva un mancato allarme, se troppo bassi l’emissione di un falso allarme. Le conseguenze sono pesanti in entrambi i casi: più grave per il mancato allarme in termini di impatto di un ritardo nell’ attivazione delle procedure di emergenza e di riduzione dell’efficacia delle azioni di salvaguardia; pesante comunque in caso di falso allarme per gli aspetti legati ai costi organizzativi dell’ attivazione dei livelli di operatività delle strutture di protezione civile e soprattutto per la riduzione dell’ efficacia del sistema di allertamento.
È importante perciò un’azione continua di verifica delle tecniche applicate al fine di determinare gli errori sistematici, capirne le cause e trovarne i fattori di miglioramento.
Per poter quindi rispondere al meglio a tali esigenze, non esiste mai un momento in cui finalmente si conosce tutto: lo sviluppo scientifico ci permette di migliorare di anno in anno la capacità di descrizione dei fenomeni, e quindi la loro comprensione in termini di modalità di innesco e di sviluppo; strumenti informatici sempre più avanzati permettono di rappresentare il territorio con sempre maggiore dettaglio; modelli sempre più raffinati di evoluzione dei fenomeni permettono di simulare lo sviluppo di un evento sul terreno.
Risultati positivi si ottengono solamente con l’approccio multidisciplinare alle problematiche in questione. Tale multidisciplinarietà è stata raggiunta in regione mediante una forte collaborazione tra le strutture dell’Assessorato al Territorio, Ambiente e Opere Pubbliche e la Direzione regionale della Protezione civile direttamente impegnate nella definizione del sistema, o fruitrici dei servizi di meteorologia, idrologia, climatologia, nivologia, geologia.
L’intero sistema ruota intorno al Centro Funzionale per le finalità di protezione civile, operativo presso l’Assessorato al Territorio, Ambiente e Opere Pubbliche, il cui compito è quello di far confluire, concentrare ed integrare tra loro i dati qualitativi e quantitativi rilevati dalle reti meteo-idro-pluviometriche, dalle diverse piattaforme satellitari disponibili per l’osservazione della terra, i dati territoriali, geologici e geomorfologici, le modellazioni meteorologiche, idrologiche, idrogeologiche ed idrauliche, al fine di fornire un servizio continuativo e, se del caso, su tutto l’arco delle 24 ore giornaliere, per tutti i giorni dell’anno, che sia di supporto alle decisioni, sia delle autorità competenti per le allerte che degli organi territoriali competenti per la gestione dell’emergenza.
L’informazione in tempo reale è diffusa mediante i canali della protezione civile ai comuni e alle strutture regionali che possono così avvalersi di strumenti di supporto alle decisioni in fase di emergenza: i dati raccolti permettono di programmare le più adeguate politiche di mitigazione del rischio e di sviluppo e gestione del territorio.
L’enorme massa di dati a disposizione e la chiara identificazione degli obiettivi permette di orientare entro binari sicuri la ricerca scientifica verso la definizione da una parte di indicatori oggettivi del rischio e dall’altra di tecniche di aggregazione ed elaborazione mirate all’ efficacia del sistema.
Nell’immediato futuro si stanno preparando ulteriori strumenti che renderanno ancora più efficace il lavoro del Centro funzionale.
È infatti in fase di test un modello operativo di previsione in tempo reale delle piene del reticolo idrografico valdostano. Il sistema di previsione delle portate fluviali consente di prevedere in tempo reale l’instaurarsi di condizioni di pericolo nella rete idrografica principale della regione, riproducendo i processi idrologici che influenzano direttamente la trasformazione delle piogge sui versanti in portate idriche defluenti alla rete idrografica e valutando i fenomeni idraulici che determinano le modalità di propagazione idrodinamica dell’onda lungo le aste fluviali di fondovalle e pianura.
Nel settore della difesa dai rischi idrogeologici l’innovazione tecnologica e lo sviluppo delle telecomunicazioni hanno in pochi anni aumentato le possibilità di utilizzo delle rilevazioni ambientali in tempo reale con al possibilità di sviluppare anche il settore del controllo e della previsione dei fenomeni a supporto della gestione delle emergenze ambientali.
In relazione al Rischio Idrogeologico e Idraulico Regionale compete all’Ufficio Centro Funzionale la valutazione degli effetti al suolo, a partire dalle condizioni meteorologiche previste dalle competenti strutture, nonché l’emissione di bollettini e/o Avvisi. Qui sotto, viene sinteticamente illustrata la procedura seguita nella fase previsionale.
Bollettino di criticità idrogeologica ed idraulica regionale
Documento previsionale emesso dal Centro Funzionale tutti i giorni lavorativi indicativamente entro le ore 15.
Il bollettino riporta il riassunto della previsione meteorologica fornita dall’Ufficio Meteo regionale nel bollettino di meteo vigilanza, contenente gli eventuali avvisi meteo, per temporali forti e diffusi e per precipitazioni forti, differenziato per le aree di allertamento per le successive 36 ore, nonché la tendenza per le successive 24 ore e una tendenza successiva di tipo unicamente qualitativo. Per la parte di competenza del Centro Funzionale, il bollettino riporta la previsione degli effetti al suolo attesi per il rischio idrogeologico ed idraulico, il livello di criticità previsto, il tipo di rischio atteso e lo scenario relativo per le successive 36 ore, differenziato per le quattro aree di allertamento, nonché la tendenza per le successive 24 ore.
Il livello base, denominato “situazione ordinaria”, definisce o l’assenza di criticità o uno scenario di ordinaria criticità, caratterizzato da possibili criticità ritenute comunemente ed usualmente accettabili dalla popolazione, con danni puntuali a livello comunale.
Qualora sia previsto l’insorgere di un determinato livello di criticità associato ad un rischio idrogeologico e/o idraulico, il bollettino diventa “Avviso di criticità”, per il quale sono previsti due livelli di criticità denominati “moderata criticità” ed “elevata criticità”
40
EDITORIALE
NOTIZIE
TECNOLOGIE SUL TETTO D’EUROPA
UNA NUOVA POSSIBILITA: IL TELELAVORO
VIVERE AL RIPARO DEI RISCHI
CONTROLLARE IL TERRITORIO
ENERGIA DIFFUSA
TRASPORTI E TURISMO IN VALLE D’AOSTA
E-LEARNING: IMPARARE IN MONTAGNA
RISCALDAMENTO A DISTANZA
TECNOLOGIA IN VETTA
CENTO DOLLARI AL BARILE...
RECENSIONI
Pagina a cura dell'
Assessorato territorio, ambiente e opere pubbliche
© 2024
Regione Autonoma Valle d'Aosta
Condizioni di utilizzo
|
Crediti
|
Contatti
|
Segnala un errore