ARMIO ENERGETICO
La richiesta di fonti fossili non potrà che continuare a crescere con la concreta possibilità di assistere ad una decisa impennata dei consumi dovuti all’ingresso sul mercato di altri paesi.
CENTO DOLLARI AL BARILE...
di Lorenzo Frassy
3 gennaio 2008: la quotazione del petrolio supera i 100 $ al barile. Sarà anche solo una soglia psicologica, ma esaminando l’andamento dei prezzi si scopre che nel non lontano gennaio 1999 il petrolio costava 10 dollari al barile... Sì: dieci dollari! Sicuramente il prezzo attuale è influenzato dalle tensioni internazionali in Iran, dai problemi della Nigeria, dalla guerra in Iraq, ma non è prevedibile una decisa inversione di tendenza dei prezzi. Anzi: le quotazioni sono previste in ulteriore crescita e le previsioni a 12 mesi indicano un prezzo di 130 $ al barile.
In effetti il consumo di prodotti petroliferi ed in generale delle fonti fossili continua a crescere e, inesorabilmente, accanto ai consumatori tradizionali (USA, Europa, Giappone) si stanno affiancando i paesi emergenti quali Cina ed India. Come si può osservare dalla tabella a lato, la Cina ha addirittura sorpassato il Giappone e ormai si appresta ad insidiare il primato degli Stati Uniti.

Consumi energetici valdostani.Ma il dato appare ancor più significativo e preoccupante se si esamina il consumo complessivo. Mentre gli USA consumano giornalmente 20.587.550 barili al giorno, in Cina ne vengono impiegati soltanto 7.273.870. Questa differenza appare ancora più marcata se si esamina il consumo rapportato alla popolazione: negli Stati Uniti vengono utilizzati 68.838 barili al giorno ogni 1000 abitanti, mentre in Cina ne sono usati 4943. Si può vedere che il margine di crescita dei consumi cinesi è elevatissimo. Se ogni abitante della Cina dovesse portare i propri consumi a livello di quelli dei cittadini americani, il colosso asiatico consumerebbe giornalmente 101.298.515 barili di petrolio, più di quanto consuma oggi l’intero pianeta (consumo giornaliero complessivo nel 2006 di 84.616.490 barili/giorno).
Da questi dati non può che derivare una semplice considerazione: la richiesta di fonti fossili non potrà che continuare a crescere con la concreta possibilità di assistere ad una decisa impennata dei consumi dovuti all’ingresso sul mercato di altri paesi. Fatte queste considerazioni se ne deduce che il costo dei prodotti petroliferi non potrà che continuare ad aumentare nel tempo.

Usi energetici italiani. Fonte ENEA, Rapporto Energia e Ambiente 2006.Visto che non possiamo che aspettarci nuovi ulteriori aumenti del costo del petrolio dobbiamo innanzi tutto sapere come impieghiamo l’energia da questo ricavata e quindi studiare dellecontromisure tecnologiche, operative ed organizzative per limitare gli effetti dei rincari e della possibile limitazione della disponibilità. In effetti sarà proprio la prima possibilità ad evidenziarsi con sempre maggiore importanza, seguendo le consuete leggi del mercato. A causa dell’aumento dei consumi si assisterà ad una crescita dei prezzi; questo limiterà gli impieghi della risorsa energetica ancor prima che sia raggiunto il limite fisico della disponibilità dei giacimenti. Molto probabilmente non assisteremo ad una fine improvvisa dell’era del petrolio, ma ad continuo aumento del costo che lo renderà di fatto un bene prezioso. Si chiuderà così l’epoca dominata dall’idea della disponibilità di energia illimitata ed a basso costo.

Per un esame più completo delle problematiche connesse all’utilizzo dei vettori energetici occorre estendere l’analisi a tutto il settore dell’energia; non si deve dimenticare che i prezzi di tutti i prodotti di origine fossile sono strettamente legati a quelli del petrolio. Nel nostro Paese inoltre la dipendenza dai prodotti fossili è molto elevata e nel 2005 si è superata la soglia dell’85% dei fabbisogni energetici soddisfatti mediante l’importazione.
A tal proposito è interessante osservare come la quota delle importazioni di energia elettrica mantenga sempre un livello tra i più elevati in ambito europeo, stabilmente da alcuni anni sopra quota 16%, con una leggera flessione nel 2004 a causa del famoso black-out del 28 settembre 2003.

In quella occasione tanto si era detto e scritto sulla dipendenza energetica, sulla necessità di non dipendere più dai capricci dei fornitori di energia; nel 1986 era stato deciso, sull’onda emotiva causata da Chernobyl di chiudere con il nucleare, ma abbiamo continuato e continuiamo ad importare energia dalle centrali nucleari francesi e slovene, molte delle quali situate a pochi chilometri dai nostri confini. Di tante parole cosa rimane dopo 4 anni? Niente… Nel 2006 sono stati importati 45.000 GWh, più di quanto, annualmente, consumano insieme Piemonte, Valle d’Aosta e Liguria (36.930 GWh), e pari a 17 volte la produzione di tutte le centrali valdostane (2600 GWh).

In Italia nel 2005 sono state utilizzate complessivamente 197.800.000 tonnellate equivalenti di petrolio pari a 4 milioni di barili al giorno. Questo significa che ogni italiano, anziani e neonati compresi, consuma all’anno l’equivalente energetico di 3367 chili di petrolio pari cioè a 24,6 barili. Ed anche per l’Italia questo consumo è in continua crescita: dal 1990 al 2005 i consumi sono aumentati del 21%.
Ma dove finiscono questi fiumi di energia? Praticamente si possono individuare tre settori quasi equivalenti dal punto di vista dei consumi: industria, trasporti, residenziale e terziario.

Il settore industriale è caratterizzato da consumi relativamente bassi e comunque al passo con i tempi, per evidenti ragioni di convenienza economica, in quanto un industriale è naturalmente spinto a migliorare i processi produttivi adottando tutte le soluzioni tecnologiche disponibili per ridurre i consumi energetici, e risulta molto complesso o oneroso ipotizzare ulteriori sensibili riduzioni dei consumi.
Esaminando i consumi del settore dei trasporti si può rilevare una crescita di quasi il 30% nel periodo dal 1990 al 2005. Questa impennata dei consumi è causata in misura limitata dall’aumento del numero dei veicoli, ed in modo più marcato dall’utilizzo sempre più ampio dei mezzi di trasporto stessi. In effetti, in questo lasso di tempo, il numero di autovetture è cresciuto del 26%, ma la distanza percorsa per passeggero è cresciuta del 31% ed i quantitativi di merci trasportate del 19%. Il miglioramento tecnologico del parco circolante risulta insufficiente a modificare la tendenza dei consumi che sono trainati verso l’alto dal maggiore uso dei mezzi di trasporto. Per il futuro, quindi, non si potrà ipotizzare una riduzione dei consumi se non a fronte di una radicale modifica dell’attuale modo di gestire la mobilità, privilegiando i sistemi di trasporto dotati di maggiore efficienza e forse anche imponendo dei limiti agli spostamenti (di persone e merci).
Nell’ultimo settore rientrano tutti i consumi delle nostre abitazioni: il riscaldamento, la climatizzazione, la produzione dell’acqua calda sanitaria, l’illuminazione, ecc. ed è proprio quello che ha le maggiori potenzialità di riduzione dei consumi. Mentre negli altri settori si possono immaginare, a fatica, contenimenti di consumi dell’ordine del 10%, soprattutto nell’ambito della climatizzazione e del riscaldamento è facilmente ipotizzabile il dimezzamento dei consumi, senza grossi problemi di fattibilità. Già applicando tecnologie note agli edifici esistenti si è in grado di ridurne i consumi, garantendo un confort abitativo uguale se non addirittura superiore con un fabbisogno finale che può arrivare ad un decimo del precedente; incredibilmente, e soprattutto per gli edifici più datati, il processo di riqualificazione fornisce i migliori risultati.
Si deve considerare infine che il patrimonio edilizio italiano è abbastanza anziano con una notevole percentuale di edifici costruiti nel periodo 1950-1970, durante il quale i problemi energetici erano semplicemente sconosciuti.
La situazione valdostana si discosta assai poco da quella nazionale se non che i settori dei trasporti e del residenziale e terziario vedono crescere la loro importanza (con frazioni dei consumi intorno al 40%) a scapito del settore industriale che riduce i consumi al 21% del totale.

Quanto già esposto in merito alla situazione italiana del comparto edilizio non può che essere riconfermata nel caso valdostano, con l’aggravante che le aree di nuova edificazione ormai sono divenute molto rare, per cui anche ipotizzando nuovi edifici con bassissimi consumi la situazione dell’intero settore ne sarà influenzata assai poco.

Ma come sono suddivisi i consumi di una casa? Sarà lapalissiano ma, nel caso della nostra regione, il consumo preponderante è da addebitare al riscaldamento.

Il consumo di 130 kWh/mq/anno, equivalenti a 13 litri di gasolio/mq/anno, è un valore abbastanza normale per le costruzioni più recenti ma nel caso di fabbricati esistenti il fabbisogno può crescere notevolmente con valori della prestazione energetica che raggiungono anche i 300 kWh/mq/anno (e talvolta valori ancora superiori).
Nel caso di edifici più antichi l’aumento dei consumi sarà da imputare all’incremento dei fabbisogni per il riscaldamento, mentre rimangano sostanzialmente invariate le esigenze degli altri settori.
Come si vede è importante esaminare non tanto il consumo totale quanto un consumo specifico, riferito cioè ad una grandezza di normalizzazione. Se per le vetture il consumo viene riferito ai chilometri percorsi, negli edifici viene rapportato invece alla superficie riscaldata. Risulta quindi possibile confrontare le prestazioni di differenti tipi di costruzioni, dalla casetta al grande condominio, per quanto il valore di consumo di un grande edificio sarà naturalmente più basso di una casa più piccola a parità di tipologia costruttiva.

La necessità di un sistema di riscaldamento nasce dalle dispersioni di calore attraverso l’involucro (il guscio della casa) e a causa della ventilazione dei locali (i ricambi di aria): gli impianti termici sono deputati a soddisfare il fabbisogno di energia determinato da queste dispersioni, rifornendo le zone riscaldate di quella quantità di energia che viene persa. Evidentemente maggiori sono le dispersioni maggiore è l’impegno richiesto all’impianto termico, con conseguente aumento dei consumi; è altrettanto evidente che i consumi aumentano all’aumentare delle dimensioni della costruzione.

La casa è un po’ come un secchio bucato e l’impianto termico è come un rubinetto aperto che cerca di mantenere costante il livello dell’acqua all’interno del secchio. Quando comincia a scarseggiare l’acqua diventa importante cercare di turare i buchi del nostro secchio…

Nei prossimi numeri, verranno esaminati in dettaglio le differenti modalità di riduzione dei consumi di una abitazione.
   
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