SISTEMA URBANO
Le piccole città, da sempre considerate isole felici per il traffico, si sono trovate negli ultimi due decenni a dover affrontare problemi simili a quelli delle città più grandi.
PROBLEMI DI TRASPORTO NELLE CITTA' MEDIO-PICCOLE
di Maria Rosa Vittadini
Non più isole felici
Per molto tempo le città di piccola e media dimensione sono sembrate strutturalmente esenti dai problemi di trasporto che affliggono la mobilità dei grandi agglomerati. Meno inquinamento, meno congestione, una migliore qualità degli spazi pubblici e dei servizi ai cittadini sembravano aver consolidato uno "statuto speciale" della qualità del vivere. Negli ultimi due decenni tuttavia anche queste isole felici si sono trovate ad affrontare problemi non troppo dissimili, fatte le debite proporzioni, da quelli delle città più grandi. L'effetto combinato dell'uso generalizzato dell'auto privata e della dispersione delle attività urbane ha ormai coinvolto anche le piccole città nei ben noti problemi di inquinamento dell'aria, di "sequestro" dello spazio collettivo per le auto in circolazione e in sosta, di aumento della pericolosità per gli utenti non motorizzati della strada, di inquinamento acustico e più in generale di degrado dell'ambiente urbano.
In altri paesi europei la rilevanza del problema ha condotto a tentativi di sistematizzare la gamma dei possibili interventi, a scambiare e diffondere raccolte di "buone pratiche", a sperimentare soluzioni innovative di organizzazione non solo della mobilità urbana, ma della struttura stessa delle città. Ne sono esempi efficaci i nuovi quartieri tedeschi pensati per famiglie che rinunciano all'auto in proprietà grazie all'ottimo servizio di trasporto pubblico e al ricorso generalizzato alle formule del car sharing oppure il movimento delle car free city, che associa ormai numerosissime città di diversa dimensione accomunate dalla ricerca e dalla applicazione di misure per diminuire la dipendenza dall'automobile. In Italia tali politiche si vanno affermando con maggiore lentezza, per via delle difficoltà strutturali di programmazione e di finanziamento dei trasporti nelle aree urbane e anche, oggettivamente, per un certo ritardo culturale sui temi dell'inquinamento, della sicurezza e della qualità dell'ambiente urbano.
1. Trasporti e urbanistica
Anche le città medio-piccole hanno conosciuto in epoca relativamente recente la diffusione nelle aree esterne di grandi polarità commerciali, di centri di servizi sportivi e ricreativi, di attività terziarie e direzionali. La localizzazione di tali attività è stata determinata dalla ricerca della massima accessibilità automobilistica e della disponibilità di ampi spazi per il parcheggio. E naturalmente dalla ricerca di aree a basso tenore di rendita urbana: dunque lontane. Per sottrarsi alla rendita urbana e per cercare migliori condizioni ambientali anche molte residenze e attività hanno seguito criteri di diffusione territoriale sostanzialmente analoghi. Ne è derivato un uso obbligato e sistematico dell'automobile che ha progressivamente coinvolto tutta la mobilità urbana e che oggi costituisce il cuore del problema. Occorre dunque interrompere il circolo vizioso che lega degrado urbano "da eccesso di automobili", dispersione extraurbana delle attività e dipendenza obbligata dall'automobile In primo luogo occorre governare con criteri nuovi l'organizzazione territoriale e urbana delle attività: contrastare la rendita urbana, evitare la dispersione, tendere alla compattezza e alla densità, evitare le zone monofunzionali e promuovere la compresenza di attività diverse e complementari, elaborare forme sovracomunali di governo che evitino inutili proliferazioni di infrastrutture e di servizi. Le difficoltà per procedere in questa direzione sono molte e implicano una profonda revisione degli strumenti dell'urbanistica: in primo luogo con l'introduzione di standard di parcheggio decrescenti in ragione della presenza e della qualità del trasporto pubblico.
2. Un nuovo ruolo per il trasporto pubblico
Tutte le misure di governo del territorio ora ricordate hanno senso solo se attraverso di esse è possibile spostare la domanda di trasporto dall'auto privata a due modalità alternative: i trasporti pubblici e la mobilità non motorizzata.
Il grafo qui sotto riportato, tratto dal rapporto ASSTRA-ISFORT 2005 mostra con molta crudezza il ruolo assolutamente marginale del trasporto pubblico per le città (i comuni) con meno di 100.000 abitanti: meno di 9% della mobilità urbana motorizzata si sposta in questo contesto con i mezzi pubblici.
Se si considerasse anche la mobilità non motorizzata tale quota si assesterebbe intorno a quel 4-5% che caratterizza, non solo in Italia, la presenza del trasporto pubblico nelle città di piccole medie-dimensioni . Dunque una frazione così marginale da essere necessaria solo per alcune fasce orarie (le ore di punta) o per alcune componenti sociali (ad esempio gli studenti), ma nel complesso sostanzialmente irrilevante? Non è detto. Alcuni esempi mostrano che è possibile far molto meglio se si ha il coraggio di trasformare il trasporto pubblico in una componete strutturale dell'organizzazione urbana. Cito per tutti l'esempio dello Stadt bus di Lemgo, piccola città tedesca dove è stato introdotto un sistema di linee radiali corte (e dunque facili da gestire in termini di frequenza e regolarità del servizio) interconnesse in prossimità del centro della città con la formula del rendez-vous, ovvero la compresenza di un bus per ciascuna linea nello stesso luogo e alla stessa ora, in modo da offrire la massima copertura territoriale del servizio e da comprimere al massimo i tempi di attesa legati all'interscambio. Certo è stato necessario trovare il luogo centrale adatto, progettarlo in maniera piacevole e capace di contribuire alla qualità urbana; investire in autobus moderni, a basso impatto e ad alto comfort; curare la leggibilità del servizio e l'immagine (i colori, la grafica, l'attrezzatura delle fermate), innovare la tariffazione (tariffe decrescenti con l'uso), privilegiare i percorsi per assicurare velocità e regolarità (percorsi diretti, semafori a chiamata, ecc.). Ma il risultato è stato davvero apprezzabile: in termini di frequentazione e ruolo, ma anche di orgoglio da parte dei cittadini.
3. Il traffico lento
"Traffico lento" è la formula con la quale in Svizzera vengono indicati tutti i modi di muoversi non motorizzati . Ne fanno parte pedoni e ciclisti, ovviamente, ma anche una congerie assai varia di "altri" soggetti come i pattinatori, i rollers, gli skate boarders, e così via. Il traffico lento nelle città di piccola dimensione, seppure in forte contrazione, costituisce ancora oggi la forma prevalente del movimento, ed é anche la più adatta: per via della brevità delle distanze, delle consuetudini quotidiane e della struttura sociale. Mantenere la possibilità di spostarsi a piedi e in bicicletta negli ambiti urbani è una delle grandi sfide dei trasporti del futuro: nelle città di ogni dimensione, ma in particolare in quelle medio-piccole. E' una sfida non facile da vincere, che richiede politiche complesse e strategie di uso dello spazio urbano tutt'altro che scontate. Ne fanno parte la percorribilità pedonale mediante una rete capillare di itinerari di elevata qualità, magari alberati, la continuità e la sicurezza dei percorsi ciclabili e la loro connessione diretta con i poli attrattori delle scena urbana, gli interventi di moderazione del traffico in grado di favorire la convivenza di pedoni, biciclette e automobili, la connessione pedonale ai servizi e alle reti del trasporto pubblico.
Le reti per il traffico lento e la valorizzazione del ruolo del trasporto pubblico sono aspetti diversi di una medesima politica la qualità dello spazio urbano che nelle città di piccola e media dimensione possono trovare un ambito di applicazione particolarmente efficace e ricco di esiti positivi.
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