SISTEM URBANO
Per garantire la funzionalità di una rete ecologica regionale e per assicurare la sua connessione con la rete del verde urbano bisogna intervenire soprattutto a livello di pianificazione territoriale.
RETE ECOLOGICA REGIONALE E VERDE URBANO
di Chantal Trèves
Il PTP nella sua articolazione del territorio in unità locali pone particolare attenzione alle connessioni ecologiche e paesistiche descrivendole come "costituite da fasce continue di componenti naturali e semi-naturali e corridoi che le collegano". Individuando gli elementi costitutivi e la necessità di tutelarli, il PTP definisce, senza citarla esplicitamente, una vera e propria rete ecologica regionale, composta appunto da aree naturali e semi-naturali e da corridoi ecologici di connessione (e quindi da superfici più o meno estese di praterie, boschi, rupi ed elementi lineari come i corsi d'acqua, le alberate, le siepi presenti in ambienti agricoli ed anche urbani).
Una rete ecologica è essenzialmente una modalità di gestione del territorio che cerca di superare il concetto di conservazione dell'ambiente naturale come conservazione delle aree protette per giungere a quello di conservazione dell'intera struttura degli ecosistemi presenti sul territorio e della loro funzionalità.
Determinante per la funzionalità della rete ecologica è il livello di frammentazione degli habitat naturali in un territorio insediato. Secondo uno studio condotto da APAT in collaborazione con INU nel 2003 sulla gestione della rete ecologica locale "la frammentazione può essere definita come il processo che genera una progressiva riduzione della superficie degli ambienti naturali e un aumento del loro isolamento: le superfici naturali vengono, così, a costituire frammenti spazialmente segregati e progressivamente isolati inseriti in una matrice territoriale di origine antropica" (NOTA 1: APAT, INU, 2003 - Gestione delle aree di collegamento ecologico funzionale. Indirizzi e modalità operative per l'adeguamento degli strumenti di pianificazione del territorio in funzione della costruzione di reti ecologiche a scala locale. APAT-Manuali e linee guida 26/2003). Gli ambienti naturali vengono quindi "erosi" dalla pressione insediativa che con nuovi edifici e strade parcellizza sempre più gli ambienti non insediati e ne riduce l'estensione.
Questo processo porta ad una graduale contrazione degli habitat ottimali per molte popolazioni animali e vegetali ed al loro conseguente indebolimento, contrazione, scomparsa.
Ma vediamo in particolare come si presenta la situazione della Vale d'Aosta.
Il territorio regionale è composto per il 90,5% della sua superficie da ambienti naturali, seminaturali e boscati, per l'8% da aree agricole e per l'1,4% di superfici artificiali (NOTA 2: APAT 2005 - Corine Land Cover (CLC) 2000). Nessuna altra regione italiana ha una analoga estensione di ambienti non utilizzati permanentemente dall'uomo e nessuna ha così poco terreno agricolo (la media italiana è del 52%, solo la Liguria si avvicina alla Valle d'Aosta con il 16,1%). L'ambiente insediato è inoltre prevalentemente caratterizzato da zone residenziali a tessuto discontinuo e rado, tipico dell'abitato diffuso della montagna e della campagna ma anche della periferia urbana e delle seconde case.
Se si guarda questo quadro da una prospettiva di rete ecologica, la situazione potrebbe essere descritta in termini di una vastissima matrice naturale dove la frammentazione degli ambienti naturali è limitata al contesto rurale ed urbano dei fondovalle. Una buona esemplificazione ci viene dalla Carta di inquadramento generale della permeabilità ecologica prodotta per lo studio sulle relazioni ecosistemiche intorno ad Aosta di cui si è già parlato nel numero 20 di Environnement (NOTA 3: Andrea Mammoliti Mochet, 2002 - Reti ecologiche e territorio. Environnement n. 20, pp 24-26.), dove la permeabilità analizzata è determinata soprattutto in riferimento ai grandi mammiferi alpini. Da questa carta risulta evidente appunto che la presenza antropica, causa di frammentazione degli habitat, si concentra essenzialmente lungo gli assi vallivi attraversati dalle strade a grande flusso di traffico, dove sono localizzati i maggiori centri abitati e alla testata delle valli secondarie dove, negli ultimi quarant'anni, il turismo ha favorito una forte infrastrutturazione, condizionando sempre più la mobilità della fauna alpina.
Tra gli ambienti a maggior pressione antropica, costituiscono un vero e proprio problema di occlusione fisica della continuità ambientale quelli caratterizzati da uno sviluppo continuo e lineare dell'insediamento (strade ad elevato traffico anche notturno, estese superfici impermeabilizzate, abitati connessi, ecc.). Queste condizioni si ritrovano soprattutto lungo il fondovalle tra Courmayeur e Pont-Saint-Martin. Nella stessa zona, inoltre, si concentrano il tracciato dell'autostrada, della Strada Statale n. 26 e della ferrovia che corrono parallelamente alla Dora; il fiume stesso rappresenta in molti tratti una barriera fisicamente invalicabile. In particolare nella zona tra gli abitati di Sarre e Quart, è presente un unico insediamento policentrico di tipo urbano in espansione più o meno caotica, di cui la città di Aosta è il fulcro.
In conclusione, non sussistono importanti problematiche di continuità ambientale su scala regionale e interregionale, se non per quanto riguarda l'attraversamento dell'asse della Dora Baltea, comunque possibile in alcuni punti. Problemi più rilevanti si hanno invece per la connessione locale a livello del corridoio insediato di fondovalle, dove, peraltro, sono situate anche due zone umide di interesse internazionale in quanto stepping stone per l'avifauna legata agli ambienti umidi: infatti, per quanto di estensione ridotta e circondate da contesti rurali e grandi infrastrutture, Les Iles de Quart e il Marais di Morgex rappresentano un punto d'appoggio cruciale per i trasferimenti migratori di numerose specie di uccelli attraverso l'asse alpino e sono un elemento essenziale dell'intera rete ecologica regionale.
E' importante infine evidenziare che, seppure i corridoi di attraversamento trasversale della Dora siano ridotti numericamente, il fiume e il suo ambiente ripario costituiscono comunque un corridoio ecologico longitudinale, spesso utilizzato dalla fauna e mantiene un importante ruolo di collegamento tra le grandi aree naturali (le core areas) e la matrice ambientale a minore biocontinuità delle zone rurali.
Se la situazione generale appare piuttosto confortante, alla scala locale la biopermeabilità è molto più condizionata, soprattutto attorno ad Aosta e proprio in relazione al contesto urbano.
Attualmente, infatti, l'area urbana e industriale di Aosta forma una barriera nei confronti del passaggio della fauna, anche di quella più minuta, sia per la più elevata presenza umana sia per l'impermeabilizzazione generalizzata dei suoli. Le vicine zone rurali offrono invece un grado di permeabilità più soddisfacente, dovuto alla riduzione del disturbo umano e alla maggior disponibilità di cibo; tuttavia anch'esse sono ricche di elementi di separazione (recinzioni in rete metallica, cordoli in muratura, muri di confine) che costituiscono vere e proprie barriere invalicabili. La zona periurbana, in particolare quella caratterizzata da insediamenti artigianali e centri di servizi (uffici, laboratori, magazzini, ipermercati, ecc.), è stata edificata, a partire da circa 20 anni, su un ambiente agricolo di fondovalle scarsamente infrastrutturato. Il risultato attuale è un mosaico destrutturato di superfici impermeabili e di aree residuali di ambiente agricolo ormai intercluse e in abbandono tra loro caoticamente collegate. Le relazioni tra ambiente urbano e ambiente agricolo sono condizionate dalla presenza di un reticolo stradale recente, fittamente illuminato. Non esistono di fatto fasce verdi tra le diverse aree e il margine con l'ambiente agricolo è netto. L'effetto complessivo è una mancanza di vie di accesso graduale dai versanti agricoli al fondovalle e una riduzione drastica della biopermeabilità. Infatti, spesso questo tipo di infrastrutturazione costituisce una vera e propria barriera che isola le popolazioni animali della fascia fluviale da quelle della base della collina.
Il PTP, consapevole del problema, nelle unità locali accanto agli elementi di connessione fondanti la rete ecologica fa riferimento anche ai "varchi liberi da costruzioni che separano le aree edificate, assicurando la continuità ecologica e paesistica delle aree verdi". Si viene a delineare così una evidente intenzione di connettere l'ambiente insediato urbano con la rete ecologica vera e propria, nella consapevolezza che la qualità della vita urbana passa anche attraverso una relazione stretta con l'ambiente "naturale" circostante. Infatti, l'ambiente urbano ospita ad un tempo gli ambienti curati dei giardini ed una sua particolare biodiversità "selvatica", non direttamente determinata dall'uomo ma da esso dipendente; basti pensare ai pipistrelli o ai piccoli rapaci sui campanili, alla presenza delle volpi vicino alle pattumiere, alle vere e proprie catene alimentari complesse nascoste dietro a una facciata ricoperta d'edera.
Questo approccio di collegamento tra rete ecologica regionale e rete urbana sembra essere particolarmente convincente in un quadro di vita come quello di Aosta, dove il rapporto con la montagna circostante è ad un tempo molto stretto e molto distante. E' un comportamento assolutamente consueto da parte dei cittadini aostani quello di raggiungere la vicinissima montagna per fare dello sport o vivere il tempo libero ma, nel farlo, essi prendono la macchina e oltrepassano la barriera dell'ambiente urbano, dove invece poco fruiscono il verde esistente, che per altro non si presenta particolarmente attraente. Il riuscire a connettersi direttamente con ambienti più naturali attraverso percorsi che dalla città si dipartono verso il mondo rurale, i parchi suburbani o anche la montagna vera e propria è un'esigenza ben presente alle amministrazioni comunali che negli anni hanno cercato di disegnare una rete di percorsi ciclabili. Non altrettanta attenzione è invece stata posta alla creazione di "vie verdi", percorsi caratterizzati da fasce più o meno ampie di ambienti vegetati, che potrebbero invece innervare efficacemente il tessuto urbano facendo entrare in città un po' di campagna. La creazione di una rete urbana del verde può aiutare a mantenere le popolazioni presenti e a sviluppare di più il potenziale ecologico della città, contribuendo anche al suo godimento estetico e alla qualità del gioco dei bambini.
A tale proposito molto interessanti sono gli esempi di alcune città svizzere come Losanna e Zurigo che ormai da alcuni anni hanno avviato un processo di reinserimento della natura in ambiente urbano oppure quello recentissimo di Lione che ha certificato ISO 14000 la gestione delle aree verdi urbane, con lo scopo di ridurre i consumi di energia, di fertilizzanti e di acqua e di riutilizzare i rifiuti vegetali per il compostaggio interno.
Per garantire la funzionalità di una rete ecologica regionale e per assicurare la sua connessione con la rete del verde urbano è tuttavia indispensabile intervenire non solo a livello di buone pratiche o di regolamento edilizio ma anche di pianificazione territoriale e di organizzazione dello sviluppo insediativo. Un approccio consapevole delle forti connessioni esistenti sul territorio ed intenzionato ad applicare i criteri dello sviluppo sostenibile dovrebbe tenere presente nella predisposizione degli strumenti programmatori ed urbanistici anche delle esigenze della strutturazione ecologica del territorio, agendo sul contenimento del consumo di suolo ed utilizzando al meglio la dotazione di risorse ambientali ed infrastrutturali disponibili. Ad esempio, dovrebbero essere rafforzati gli elementi costitutivi della rete ecologica (alberature, siepi, rive vegetate, ecc…) allo scopo di assicurarne la continuità; dovrebbe essere ridotta la dispersione dell'edificato per avere una ricaduta benefica sulla frammentazione; dovrebbe essere garantito un giusto rapporto tra verde urbano e nuova impermeabilizzazione dei suoli.
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