FAQ
A PROPOSITO DEL CONCETTO DI UNITÀ ECONOMICA
Il contesto
Come viene richiamato dalla Comunicazione della Commissione sulla nozione di aiuto di Stato[1], “ai fini dell'applicazione della normativa sugli aiuti di Stato, diversi enti con personalità giuridica distinta possono essere considerati come una singola unità economica”. In questo caso è tale entità che deve essere considerata beneficiaria degli aiuti.
Il concetto di unità economica si evince dalla giurisprudenza della Corte di giustizia relativa a casistiche ed a contesti diversi e non può essere tradotto in una definizione chiara ed univoca, che ne consenta un’applicazione generalizzata, in particolare con riferimento all’individuazione del beneficiario di aiuti di Stato.
La nozione di “unità economica” cui si rifà la Comunicazione sopra menzionata rinvia, in particolare, alla sentenza relativa al caso ACEA, che riguarda il recupero di aiuti illegali e incompatibili[2]. In tale sentenza la Corte conferma la legittimità della decisione della Commissione che aveva subordinato l’erogazione di un aiuto (compatibile) concesso ad una controllata di ACEA (la società AEP) alla restituzione da parte di ACEA di precedenti aiuti dichiarati appunto illegali e incompatibili (in applicazione della cosiddetta clausola Deggendorf). Ciò in considerazione di una serie di elementi: del fatto che ad AEP era stato trasferito il ramo d’azienda di ACEA che era stato beneficiario dell’aiuto che doveva essere restituito, che AEP ha proseguito l’attività di quel ramo d’azienda, che la commercializzazione dell’energia prodotta da AEP viene effettuata da AE Trading, detenuta all’84,17% da AceaElectrabel, la quale è controllata da ACEA, che detiene un potere di veto sulle decisioni di AEP relative alle materie più importanti. In tali circostanze, la Corte ha riconosciuto che la Commissione potesse legittimamente ritenere che ACEA ed AEP appartenessero ad un gruppo coerente con riguardo all’aiuto precedente e all’aiuto nuovo.
E la Corte, richiamandosi alla sentenza Intermills[3], ha spiegato la sua decisione affermando che “a seguito di una ristrutturazione che comprenda il trasferimento di impianti di produzione da una società a società industriali di nuova costituzione, ove la vecchia società mantenga una partecipazione nelle nuove società industriali, tutte queste società possono costituire, con riguardo ad un aiuto, un gruppo unico, nonostante il fatto che le società industriali di nuova costituzione possiedano ciascuna una personalità giuridica distinta dalla vecchia società”. “La vecchia società e le nuove società di gestione possono, in particolare, formare un’unica entità economica qualora la ristrutturazione realizzata costituisca un insieme coerente, dal punto di vista industriale e finanziario”.
In sostanza, non è sufficiente un rapporto di controllo fra diverse entità giuridiche a determinare l’esistenza di un’unica unità economica (circostanza riscontrabile oggettivamente), ma occorre anche che sia verificata l’esistenza fra tali entità di altri legami funzionali, economici e organici che realizzino un insieme coerente, dal punto di vista industriale e finanziario (situazione di più difficile individuazione). Questo concetto è richiamato anche dalla Comunicazione sulla nozione di aiuto di Stato sopra citata, che si limita ad enunciare un principio di carattere generale.
Un approccio diverso al concetto di unità economica si riscontra, nella giurisprudenza della Corte, in relazione all’applicazione della disciplina antitrust (art. 101 del TFUE). In questo contesto l’ipotesi che più soggetti giuridici possano costituire un’unica entità economica riguarda la responsabilità della società controllante relativa al comportamento anticoncorrenziale di una società controllata.
Secondo la Corte, “il comportamento di una controllata può essere ascritto alla società controllante in particolare qualora, pur avendo personalità giuridica distinta, tale controllata non determini in modo autonomo la propria linea di condotta sul mercato, ma si attenga, in sostanza, alle istruzioni che le vengono impartite dalla società controllante, alla luce in particolare dei nessi economici, organizzativi e giuridici che uniscono le due entità giuridiche”[4].
A detta del Giudice europeo, esiste una presunzione juris tantum che la società controllante eserciti effettivamente un’influenza determinante sul comportamento della sua controllata, ferma restando la possibilità per la controllante di fornire prove atte a dimostrare che la controllata agisce autonomamente sul mercato. E non si può nemmeno escludere “che una holding possa essere considerata solidalmente responsabile delle infrazioni al diritto della concorrenza dell’Unione commesse da una controllata del suo gruppo di cui non detiene direttamente il capitale sociale, nei limiti in cui tale holding eserciti un’influenza determinante sulla detta controllata, anche se indirettamente mediante una società interposta”[5].
Si tratta, come si vede, di approcci diversi al concetto di unità economica, determinati dal diverso contesto nel quale il concetto stesso deve trovare applicazione. E la Corte, nella sentenza richiamata dalla Comunicazione sulla nozione di aiuto di Stato, nel rigettare interpretazioni della nozione di unità economica tratte dalla giurisprudenza in materia di intese, ha precisato che “la nozione di unica entità economica in materia di aiuti di Stato può differire da quella applicabile negli altri settori del diritto della concorrenza”, senza peraltro definirla, in quanto essa va riferita non solo al contesto, ma anche al caso specifico.
E infatti la Comunicazione della Commissione sul recupero degli aiuti di Stato illegali e incompatibili stabilisce che, nel caso di un’impresa appartenente ad un gruppo, “la Commissione può concludere nella sua decisione di recupero che le imprese appartenenti ad un gruppo, anche se considerate soggetti giuridici distinti dal diritto nazionale, costituiscono un’unità economica ai fini del diritto della concorrenza”, potendo peraltro limitare l’ambito di applicazione del recupero “a un solo beneficiario all’interno del gruppo” o “concludere che altre imprese di detto gruppo (non necessariamente tutte) hanno beneficiato dell’aiuto”[6].
In concreto, in casi specifici di recupero, la Commissione può valutare che più imprese appartenenti ad un gruppo costituiscono un’unità economica e che queste imprese hanno di fatto beneficiato dell’aiuto da recuperare, o di una parte di esso e sono dunque tenute a restituirlo[7]. Ma le due cose non sono consequenziali: non è sufficiente che le imprese facciano parte di un gruppo, ma esse devono avere di fatto beneficiato dell’aiuto, anche se questo è stato concesso formalmente ad una sola di loro.
Come comportarsi
Un’amministrazione può ritenere che per la natura dei rapporti intercorrenti tra due o più imprese queste costituiscano una unità economica e debbano pertanto essere considerate come un unico beneficiario, ai fini della verifica del massimale degli aiuti concedibili, a prescindere dal soggetto giuridico cui formalmente questi vengono concessi. Tale circostanza può emergere anche successivamente alla concessione dell’aiuto, comportando, se del caso, il ricalcolo e/o la revoca dello stesso.
Le stesse imprese, nel loro interesse, nel caso concorrano ad aiuti per i quali deve essere rispettato un massimale per impresa[8], sono invitate a segnalare situazioni che possano farle rientrare nell’ipotesi dell’unità economica, intesa come un insieme di società legate da un rapporto di controllo (anche attraverso persone fisiche) e da altri legami funzionali, economici e organici, che ne facciano un insieme coerente, dal punto di vista industriale e finanziario.
Alcune esemplificazioni
A puro titolo esemplificativo, sottolineando che ciascun caso dovrà essere valutato in sé, si riportano alcuni esempi di situazioni utili ad individuare o ad escludere, in linea di principio, l’ipotesi di unità economica.
Caso A
Può costituire un’unità economica l’insieme di più imprese controllate tutte –pro quota– dai membri di una famiglia, le quali concorrono, con una precisa ripartizione di ruoli, alla produzione di un prodotto finale oggetto di commercializzazione. Nessuna di tali imprese immette sul mercato i beni di propria produzione, ma questi costituiscono parti di uno o più prodotti che vengono commercializzati da una delle società del gruppo: non esiste nessuna impresa capofila o controllante, ma tutte sono controllate, congiuntamente, dai membri della famiglia.
Si consideri che tale situazione è rilevante ai fini della determinazione della dimensione delle società del gruppo, ma non realizza l’ipotesi dell’impresa unica ai fini dell’applicazione dei regolamenti “de minimis”.
Caso B
Due imprese, delle quali una controlla l’altra, la quale realizza una parte rilevante del suo fatturato (almeno il 50%?) alla controllante, possono essere considerate un’unità economica. E ciò a prescindere dal fatto che il controllo avvenga attraverso persone giuridiche o persone fisiche. Nel caso il gruppo sia costituito anche da altre imprese, solo le prime costituiscono un’unità economica, a meno che anch’esse non siano coinvolte nella fatturazione intra gruppo.
In un caso di questo tipo, probabilmente tutte le imprese del gruppo concorrono, in misura diversa e con effetti diversi per ciascuna, alla determinazione della rispettiva dimensione, mentre solo le imprese legate da un rapporto di controllo (a prescindere dai rapporti commerciali) compongono l’impresa unica.
Caso C
Si ipotizzi che l’impresa A, ai fini dell’applicazione del concetto di impresa unica, risulti, da visura sul RNA, collegata all’impresa B, in quanto quest’ultima esercita su A una funzione di Direzione e coordinamento ai sensi dell’articolo 2497-bis del codice civile, realizzando l’ipotesi di cui all’articolo 2 comma 2 lettere b) e/o c) del Regolamento 1407/2013. Tuttavia i due soci di A detengono una quota di minoranza (le quote sommate danno 45,5%) in B e le due imprese operano in due settori completamente diversi: A nel campo della progettazione e direzione lavori in edilizia e B nel campo della fabbricazione di mobili non metallici per uffici e negozi (codice primario) e del commercio all’ingrosso di articoli medicali e ortopedici (codice secondario).
Anche se le due imprese costituiscono un’impresa unica, ed il rapporto intercorrente tra loro è rilevante ai fini della determinazione della rispettiva dimensione, esse non paiono costituire un’unità economica, mancando fra loro un rapporto organico e funzionale.
[1]GUUE C 262 del 19.7.2016, punto 11.
[2] Sentenza della Corte di giustizia del 16 dicembre 2010, AceaElectrabel Produzione SpA/Commissione, C-480/09 P.
[3] Sentenza 14 novembre 1984, causa 323/82, Intermills/Commissione, Racc. pag. 3809.
[4] Sentenza 10 settembre 2009, causa C-97/08 P, Akzo Nobel e a./Commissione, Racc. pag. I-8237)
[5] Sentenza del 20 gennaio 2011 nella causa C-90/09 P, General Quimica SA e altre c. Commissione.
[6] Comunicazione della Commissione sul recupero degli aiuti di Stato illegali e incompatibili (GUUE C 247 del 23 luglio 2019, p. 1 ss., punto 86).
[7] L’individuazione dell’unità economica è dunque funzionale allo specifico problema del recupero, essendo potenzialmente irrilevante per altri fini.
[8] Sempre che per quello specifico aiuto la normativa applicabile non definisca il beneficiario, come è il caso dell’impresa unica di cui ai regolamenti “de minimis”.