Walser
Un breve excursus sull’opera di colonizzazione dei Walser, insediatisi nell’alta valle del Lys nel tardo medioevo.
I CARATTERI DEL TERRITORIO WALSER
di DANILO MARCO
Architetto, collaboratore dell’Assessorato Istruzione e Cultura per la catalogazione dell’architettura storica minore.
Disboscare e dissodare
La leggenda del drago di Lòò narra di come i Gressonari di Loomattò e Tschòssil, sconfitto il mostro che terrorizzava il vallone, poterono spartirsi le terre ed abbattere la foresta per creare nuovi pascoli1. Tra le parole del racconto traspare il ricordo dell’opera colonizzatrice dei Walser, insediatisi nell’alta valle del Lys nel tardo Medioevo. Stretta tra ripidi fianchi a V fino alla gola di Guillemore, al di sopra di essa la valle si apre in vasti tratti di piana alluvionale, talvolta sovrastati da terrazzamenti sospesi sopra vertiginose pareti rocciose. Da Guillemore a Gaby, da Tschòssil a Steinò, da Bieltschòcke a Perletoa, da Léŝchelbalmò a Eselbode, la forma a U rivela marcatamente il lento lavoro di erosione del ghiacciaio. Lateralmente i torrenti tributari hanno inciso numerosi valloni, a volte ampi e abitati, come San Grato, Bourinnes, Niel, Lòò, Netschò. Lungo questi corridoi si snodavano i collegamenti intervallivi, verso la Val d’Ayas, la Valle Cervo e la Valsesia. L’orientamento nord-sud determina l’insoleggiamento di entrambi i versanti, evitando la dicotomia, ricorrente in altre vallate, fra Adret, coltivato ed abitato, e Envers coperto da foreste. È in questo territorio di alta montagna che si formarono in epoca medievale comunità di lingua alemanna, frutto dell’immigrazione di popolazione dal Vallese verso gli alti pascoli del versante a sud del Monte Rosa. Diversi autori hanno evidenziato come questo fenomeno migratorio si inserisca in un più generale contesto di crescita economica e demografica che investì l’Europa nel tardo Medioevo2. A Gressoney ed Issime i più antichi documenti che attestano la presenza di teutonici risalgono alla prima metà del 1200; si tratta di infeudazioni, cioè concessioni fondiarie in affitto perpetuo. I coloni si insediarono in zone poco sfruttate, soprattutto ad alte quote. Non si trattava di luoghi del tutto disabitati: la presenza di toponimi romanzi, successivamente germanizzati, rivela spesso un’antropizzazione pregressa, fatta probabilmente di insediamenti temporanei di alpeggio3. I Walser resero permanenti questi abitati, facendone il punto di partenza per una progressiva conquista del territorio fatta di abbattimento delle foreste, spietramento delle conoidi, regimazione delle anse del Lys. Il ricordo di questa colossale opera affiora nel diffuso toponimo Rong, dal latino runcare, dissodare, che ricorre per terreni o nuclei abitati4. Non furono però solo le alte quote il luogo di stanziamento dei coloni. Anche siti meno marginali, ma scarsamente antropizzati in quanto poco fertili o insicuri, furono concessi ai nuovi arrivati. A Issime i Walser si insediarono nel Tiers de la montagne, la parte alta del territorio, corrispondente ai valloni di San Grato e di Bourinnes, ma dal XIV secolo diversi atti citano il toponimo pratum teotonicorum per una zona a monte del capoluogo, verosimilmente data in concessione a coloni alemanni5. Quella che oggi appare come una verde conoide, dovette essere al momento dell’insediamento un terreno magro, sassoso (il toponimo Csann, terreno sabbioso, compare nel catasto del 1645), soggetto alle piene dello Stolenbach, che portavano ciclicamente inondazioni e colate detritiche fino al capoluogo6. Alcuni stoadal, edifici rurali di tipo arcaico, uno dei quali risalente all’inizio del ‘4007, rimangono a testimoniare materialmente l’antichità dell’insediamento

Un habitat rado
I nuclei abitati si avvicendano lungo l’antica viabilità di fondovalle o verso i colli. Si tratta, se si eccettua il Duarf - capoluogo - di Issime, di un tessuto rado, formato da piccoli insediamenti, la cui dimensione familiare traspare dai dati del catasto del Regno di Sardegna del 1770 ed ancora dal catasto d’impianto di fine ‘800. Questa dispersione dell’abitato si ritrova in altre zone ad alta quota della valle del Lys; si possono citare ad esempio i nuclei sulla destra orografica del torrente Verney, a valle del Plan de Coumarial a Fontainemore, oppure quelli a monte di Santa Margherita di Lillianes, compresi tra i 1200 ed 1400 metri di altitudine. I caratteri dell’insediamento furono verosimilmente influenzati dal sistema di organizzazione dell’economia agropastorale, frutto di antichissime consuetudini della signoria della Vallaise. Predominò qui il sistema di gestione degli alpeggi delle Montagnette, fatto di stanziamenti di piccole dimensioni, a gestione famigliare, con produzione di piccoli formaggi e burro, in opposizione dalla Grande Montagne diffusa nella media e alta Valle d’Aosta, con alpeggi di grandi dimensioni dove si gestiva con personale salariato il bestiame di diversi allevatori, producendo formaggio da latte intero in grandi forme8. I villaggi sorgono ai margini della piana alluvionale, per esempio Rickard di Issime oppure Drésal o Tschemonal di Gressoney-Saint-Jean. Altre volte sono posti sulle conoidi, come Rollji, Rickurt, Proasch (Issime) o Bòsmattò (Saint-Jean), oppure sulle rocce montonate al centro della valle, come Obre Chaschtal (Saint-Jean) o Bòrrete Biel (La-Trinité). Delle terrazze si aprono per lo più ad alta quota, ai margini tra abitato temporaneo o permanente; sorgono su queste spalle Leckò e Grossò Albezò (Saint-Jean), la cui radice toponimica suggerisce la passata funzione di insediamento stagionale, oppure Bätt a Gressoney-La-Trinité. A quote elevate l’habitat si fa ancora più disperso, come ad Òrsiò (La-Trinité) o nel vallone di San Grato di Issime. È probabilmente qui più evidente l’effetto della trasformazione di piccoli alpeggi privati circondati da pascoli in strutture di vita permanente. I principali nodi viari sono presidiati da centri abitati. Si pensi a òndrò Verdebiò (Saint-Jean), che porta significativamente lo stesso toponimo del colle che nel Medioevo segnava il confine tra i ducati di Savoia e di Milano. Il nucleo è posto all’incrocio tra la via di fondovalle ed il percorso che, provenendo dalla Valsesia, prosegue per l’alta Valle attraverso il colle della Ranzola. Oppure a Nofersch, che sorge nel punto in cui il cinquecentesco ponte in pietra supera il Lys, controllato, sulla riva destra, dalle feritoie di una torre scalare. I disboscamenti misero a disposizione una grande quantità di legname d’opera e questa abbondanza di materiale si rispecchia nell’architettura. Nella parte alta di Issime, così come a Gressoney, i nuclei abitati sono caratterizzati dal colore scuro delle costruzioni in legno. Gli stadel o stoadal9, i granai-fienili di tipo arcaico, sono delle architetture pioniere, costruite con tronchi tondeggianti di grande sezione.la conoide di Rollji, Issime La costruzione in legno sormonta la stalla in muratura, separata da essa da un’intercapedine ventilata. Non si tratta di un modello specifico del gruppo etnico alemanno; analoghi edifici si ritrovano in Valsesia, ma anche nei nuclei di alta quota a Perloz, Lillianes, Fontainemore. Nel vallone di San Grato le più antiche strutture di cui oggi si conosca l’epoca di costruzione risalgono al XV secolo10. Si tratta appunto di stoadal, oppure di case di abitazione in legno, caratterizzate da due porte gemelle che si aprono sulla facciata principale. Nelle infeudazioni e reconnaissances dei secoli XIV e XV di Issime si citano in questa zona numerosi nuclei abitati, composti di case e granai. A Gressoney il modello arcaico lascia il posto nei secoli XVII e XVIII a costruzioni dalle dimensioni maggiori, con uno o due livelli in legno dove, accanto ai locali rurali, se ne trovano altri specificamente dedicati alla famiglia: la cucina, z’fi rhus, ed il locale riscaldato di soggiorno, d’’wohnstòbò11. Incorniciate dalle falde del tetto e rivestite dai diaframmi grigliati dei balconi, le facciate lignee di queste grandi case si aprono a valle, caratterizzando in modo inconfondibile i nuclei abitati. Per contro a Issime la tecnica costruttiva in legno sopravvive, dopo l’inizio del Seicento, solo nella parte alta del comune, mentre nel fondovalle predomina la muratura di pietra. Il comune è in effetti la culla di una tradizione di mâitres-macons che prestano la loro opera emigrando stagionalmente.

Tschòssil, un insediamento di fondovalle
Meno frequentemente gli insediamenti sono posti nella piana alluvionale, soggetta alle frequenti esondazioni del Lys. A Tschòssil il fondovalle impostazione familiare traspare nella toponimia: Lateltensch-hus12, Petersch-hus, Fenzer-hus, Trébélschhus, Eischtersch-hus.utilizzo del suolo nel bacino di Tschossil (Gressoney-Saint-Jean) nel catasto di fine '800 Il toponimo franco-provenzale Champsil, successivamente germanizzato, lascia presupporre un’antropizzazione anteriore allo stanziamento Walser. A fine ‘800 i registri del catasto di impianto dello stato italiano segnalano che qui sono insediate le famiglie Laurent, Lateltin, Thedy, De la Pierre, Cyprian. A quell’epoca il bacino è perlopiù occupato da prati da sfalcio, inframmezzati da campi coltivati; alcunipascoli sono posti al limite del bosco. I nuclei si susseguono lungo la strada del fondovalle, con l’eccezione di Trébélsch-hus, posto lungo la Lambertschgasso, la cosiddetta strada lombarda che percorre la sinistra orografica e sulla quale circolavano le greggi dei pastori provenienti dal Biellese. Il disegno delle particelle evoca in questo bacino l’opera di conquista del territorio compiuta in epoca medievale. Qui, così come negli alpeggi del soprastante vallone di Lòò, lotti stretti e lunghi tagliano trasversalmente la valle, comprendendo una zona a prato nel piano e, salendo lungo il versante, campi, una parte di bosco e, a volte, un gafeno, una radura disboscata e adibita a pascolo. Si tratta di un disegno ricorrente per le aree di dissodamento, funzionale ad una progressiva conquista della foresta che, partendo dalla fondovalle, sale lungo i fianchi vallivi13.

Le trasformazioni del XIX secolo
Il disegno sul territorio antropizzato subì a Gressoney una importante modifica dal XVIII secolo, sulla scia di un processo di concentrazione fondiaria. Alcune delle famiglie gressonare che, sin dal XV secolo, svolgevano l’attività di Krämer, mercanti, al di là delle Alpi, in Svizzera ed in Baviera14, accumularono nei secoli XVIII e XIX ingenti capitali, che investirono nel paese d’origine con la creazione di consistenti patrimoni fondiari. L’inchiesta agraria Jacini del 188415 documenta la presenza a Gressoney di queste abbienti dinastie, che dal XIX secolo costruirono grandi case in muratura a funzioni civili, utilizzate per la propria residenza nel paese e separate dagli edifi ci rurali dei conduttori. Nel primo quarto dell’800 le case spiccano per l’abbondante utilizzo della muratura intonacata, ma mantengono un’impostazione tradizionale, con la facciata principale attraversata dai loggiati in legno e chiusa tra due ampie falde del tetto. Con il passare del tempo prevale sempre di più la ricerca di particolari raffinati e di un disegno architettonico di gusto neoclassico o eclettico, completamente affrancato dal mondo rurale. Le dimore sorgono isolate rispetto ai nuclei abitati; spesso sono poste nei prati del fondovalle, al centro delle vaste proprietà, come le ville Liscoz-Alliod e Marisa (famiglia De la Pierre), a Drésal, le ville Sendre e Einskamet, di proprietà a fine ‘800 della famiglia Liscoz. Altre volte si ergono in posizione più rilevata, su piccole alture o lungo il fi anco vallivo, come le ville Zimmermann a Rong e De la Pierre a Perletoa16. I primi alberghi di fine ‘800 e le facoltose residenze degli esordi del turismo, tra cui spicca il castello della Regina Margherita di Savoia, coronano il capoluogo di Gressoney-Saint-Jean. Sono mondi, quello agropastorale e quello della borghesia mercantile e dei primi facoltosi turisti, che si affiancano e si sovrappongono, conferendo una ricchezza ed un carattere unici a questo territorio di alta montagna.

Note:
1 AA.VV., Nell’alta Valle del Lys si racconta…, Aosta 2010, pp. 80-82; C. Remacle, Hie de chésch, Gressoney- Saint-Jean 2004, p. 15.
2 G. Thumiger, Notes sur l’établissement des Walsers en Vallée d’Aoste, in Pagine della Valle d’Aosta 5-1996, p. 26; A. Barbero, I Walser della Valle d’Aosta nei grandi movimenti migratori europei, in atti del convegno Hommines dicti Walser, Bard 2010, pp. 17-22.
3 Bellosta R., Le trasformazioni di un insediamento alpino. La val d’Otro tra Medioevo e nuovo millennio, in Di legno e di pietra. La casa nella montagna valsesiana, atti del convegno di Carcoforo, 27 e 28 settembre 2008, p. 52; S. Favre, Toponimi galloromanzi in area germanofona: il caso di Issime, in Augusta 2009, p. 13.
4 ll toponimo Ronc è anche diffuso nelle zone francoprovenzali; G. Thumiger, Notes sur l’établissement des Walsers en Vallée d’Aoste, cit., p. 27.
5 G. Thumiger, Notices historiques sur le vieil Issime, in Eischeme Issime, Aosta 1992, pp. 79-80; M. Bodo, M. Musso, Alcune osservazioni su un toponimo perduto: “Le pré des Allemands”, in Augusta 1992, pp. 12-15.
6 C. Remacle, La reconstructions des rus et des chemins après la catastrophe de 1755 dans la Vallée du Lys et à Donnas, in R. Favier, C. Remacle (a cura di), Gestione sociale dei rischi naturali, Aosta 2007, pp. 175-203, G. Thumiger, La communauté d’Issime et l’inondation de 1755, in in R. Favier, C. Remacle (a cura di), cit. pp. 205-229.
7 L’edifi cio, in rovina, si trova nei prati a lato del nucleo di Proasch. Le analisi dendrocronologiche, hanno rivelato per sei campioni di legname l’abbattimento negli anni 1423/27. Rif. LRD08/R6042. Si veda anche C. Remacle, Da stoadal im Proa, in Augusta 2009, pp. 2-8.
8 B. Janin, Le Val d’Aoste Tradition et renouveau, Aosta 1991, pp. 144-146; 260-262.
9 I termini sono al singolare; il primo è quello di Gressoney, il secondo di Issime.
10 M. Zucca Paul, L’architettura di Issime, in Walserhous, Aosta 2006, p. 121.
11 D. Marco, L’architettura di Gressoney, in Walserhous, Aosta 2006, pp. 63-69.
12 Il toponimo compare nel catasto del Regno di Sardegna del 1770.
13 C. Remacle, Walserhous, Aosta 2006, p. 32; C. Remacle, Hie de chésch, cit., pp. 24-27.
14 Thumiger G., Die Krämer, Saint-Christophe 2002.
15 P. Careggio, L’inchiesta agraria sulle condizioni della classe agricola 1878-1875, Aosta 2004.
16 A. Maiocco, Ville e dimore a Gressoney tra Ottocento e Novecento, Gressoney 2001.
   
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