Speciale VAS
LE “FILIERE” DI PIANI
di MARIA ROSA VITTADINI

Paolo Bagnod e Maria Rosa Vittadini.Ho trovato particolarmente interessante la scelta di concentrare l'attenzione del seminario di Aosta sul ruolo degli scenari nei processi di VAS, perché consente di mettere a fuoco uno degli aspetti più deboli delle esperienze di VAS fin qui condotte, ovvero il tema delle alternative, della loro individuazione, descrizione e valutazione. Tema che costituisce uno degli elementi centrali del processo di VAS: senza alternative la valutazione non avrebbe alcun senso. D'altra parte sia la direttiva 2001/42/CE sia la sua trasposizione nelle norme italiane1 offrono ben pochi punti fermi su questo tema, così che le esperienze di VAS ad oggi sviluppate risultano assai eterogenee e per lo più insoddisfacenti. In ogni caso largamente insufficienti anche solo per tentare una qualche classificazione degli approcci e dei metodi. Ancor più insufficienti, ovviamente, per tentare una qualche riflessione sui risultati applicativi. Piuttosto che sulle esperienze, in questa situazione appare più promettente riflettere sui possibili metodi e i possibili ruoli della elaborazione di scenari nel processo di VAS. In particolare sembra, a mio parere, rilevante esplorare le potenzialità del loro uso come strumento di coordinamento "transcalare" tra piani appartenenti ad una medesima "filiera" decisionale, come tipicamente accade nelle sequenze di piani per il governo del territorio sviluppati a diversi livelli amministrativi. Piani che si connotano, quantomeno nei tempi recenti, per essere principalmente piani di indirizzo, nei quali il raggiungimento degli obiettivi, anche ambientali, passa obbligatoriamente attraverso l’azione di altri soggetti e di altre amministrazioni. Piani che sembrano richiedere, allo stato delle cose, qualche più efficace connessione tra le intenzioni espresse attraverso gli indirizzi e le direttive e i risultati espressi attraverso gli effetti della attuazione dei piani sotto-ordinati. In queste note si sviluppano, a questo proposito, due ragionamenti. In primo luogo si ripercorrono sinteticamente le norme in materia di VAS allo scopo di mettere a fuoco le disposizioni che fissano la necessità e le caratteristiche delle alternative da prendere in considerazione nell'ambito del processo2. Scopo dell'analisi è di capire quanto sia possibile assumere come equivalenti le "ragionevoli alternative" e gli "scenari alternativi" di cui queste note propongono l'uso sistematico.
In secondo luogo si avanzano, facendo riferimento ad esperienze internazionali, considerazioni propositive a favore dell'esplicito uso di scenari di diverso tipo nelle diverse fasi del processo di VAS. L'ipotesi sottesa a tali proposte è che la tipologia degli scenari, le loro modalità di elaborazione e il ruolo loro attribuito siano potenzialmente in grado di influenzare positivamente l'efficacia del processo di piano in tutte le sue fasi, compreso il monitoraggio della sua attuazione.

1. La Direttiva VAS e il problema delle alternative

La pianificazione per scenari: lo strumento più adatto in presenza di condizioni di grande incertezza e incontrollabilità delle driving forces del cambiamento.La Direttiva 2001/42/CE non parla mai di scenari, ma piuttosto di confronto tra "ragionevoli alternative". Le "ragionevoli alternative" devono essere individuate, descritte e valutate, nel Rapporto ambientale, al fine di rendere espliciti e confrontabili gli effetti ambientali e le ragioni delle scelte di Piano (art. 5 comma 1 e All. 1 punto g). L'unico riferimento alla necessità di uno "scenario" nel senso comunemente attribuito a questo termine è contenuto nel punto b) dell'Allegato 1, laddove si dice che il Rapporto ambientale deve considerare gli "aspetti pertinenti dello stato attuale dell'ambiente e sua evoluzione probabile senza l'attuazione del piano o del programma": dunque lo scenario "zero". Sebbene l'obbligo di riferirsi alla scenario zero per misurare i possibili effetti ambientali del piano o del programma costituisca un punto fermo assai rilevante ai fini della valutazione, non appare sufficiente a chiarire la questione. Restano infatti indeterminati molti profili rilevanti: non si esplicita cosa debba intendersi per "alternativa", non si dice quali caratteri l'alternativa debba possedere per potersi considerare "ragionevole" e infine non si stabiliscono criteri di scelta tra le alternative, neppure per suggerire la scelta dell'alternativa ambientalmente più favorevole.
È appena il caso di ricordare che il termine "alternative" è il medesimo utilizzato nelle procedure di VIA dei progetti, dove però la questione si pone in termini relativamente più definiti. Nelle procedure di VIA le "alternative" sono le soluzioni prese in considerazione e scartate nella fase di elaborazione del progetto; non si richiede che esse vengano approfondite ad un livello pari a quello della soluzione prescelta, ma in compenso l'alternativa prescelta deve dimostrare di aver evitato, minimizzato e compensato gli impatti sull'ambiente meglio delle alternative scartate.
Nel processo di VAS, in assenza di maggiori indicazioni su cosa debba intendersi per alternativa e per di più ragionevole, occorre affidarsi alle intenzioni dichiarate e allo spirito della Direttiva, che è volta a "garantire un elevato livello di protezione dell'ambiente" e ad integrare considerazioni ambientali all'atto della elaborazione e della adozione dei piani e dei programmi "al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile". Agganciandosi a tali finalità, le alternative dovrebbero essere sviluppate ad un livello che consenta di stimare i loro possibili effetti ambientali e di confrontarli con gli effetti dell'alternativa di piano. Sembra dunque logico ritenere che piano e alternative debbano essere approfonditi e valutati al medesimo livello e rispetto ai medesimi obiettivi ambientali. L'aggettivo "ragionevole" può essere verosimilmente considerato sinonimo di "realistico" o "fattibile", e comunque inteso ad escludere la scelta di alternative programmaticamente peggiori al solo fine di giustificare le scelte di piano. Quale che sia la natura delle alternative (strategie generali, oppure linee d'azione specifiche, oppure ancora alternative di localizzazione, tecnologiche, ecc.) e per quanto ampia sia la loro "estensione" rispetto al complesso dei contenuti di piano, esse dovranno comunque essere fattibili (tecnologicamente, socialmente, economicamente) e, insieme, dovranno rispondere alla finalità di garantire un elevato livello di protezione dell'ambiente e concorrere alla promozione dello sviluppo sostenibile. Nessuna indicazione è fornita dalla Direttiva circa la necessità di scegliere l'alternativa più sostenibile. E forse non avrebbe neppure potuto essere fornita, data la complessità del concetto di sostenibilità, da esplorare e valutare attraverso analisi multicriteriali piuttosto che metodi di ottimizzazione di un criterio specifico, foss'anche il criterio ambientale. Dunque, da questo rapido esame, le alternative si caratterizzano per essere vie diverse e fattibili per raggiungere obiettivi orientati alla sostenibilità nelle sue diverse dimensioni garantendo un elevato livello di protezione dell'ambiente. Caratteri che dovrebbero consentire di escludere alternative di piano da cui derivino significativi peggioramenti delle condizioni ambientali. Non è gran che, ma è meglio di niente. In particolare non sembra sussistere alcun impedimento a che le alternative siano esplorate attraverso la costruzione e valutazione di scenari.

2. Scenari e processo di VAS

Vantaggi e svantaggi di scenari ad una o più scale con transcalarità debole o forte.Solo per inciso è opportuno ricordare che la tecnica di costruzione di scenari ha ricevuto recentemente un forte impulso sia attraverso l'amplissimo lavoro sotteso al Millennium Assessment sviluppato dall'UNEP sia attraverso le elaborazioni dell'Intergovernamental Panel on Climate Change (IPCC). Non è questa la sede per avanzare neppure tentativamente una definizione dei diversi tipi di scenari e dei loro usi. Partiamo dal presupposto che, proprio per loro natura, essi presentino una forte adattabilità a situazioni, attori, problemi diversi. Possiamo dunque accontentarci di considerare gli scenari come plausibili racconti su come potrà svolgersi il futuro, "visioni" che consentono di analizzare e confrontare diversi possibili sentieri di cambiamento nel tempo e di mettere a fuoco gli elementi di forza e di debolezza delle possibili politiche quando tale cambiamento si svolge in condizioni di elevata incertezza e sotto la spinta di driving forces largamente incontrollabili.3
L’uso di scenari nei processi di VAS risulta interessante, a mio parere, per due principali motivi:

1. perché la loro costruzione comporta, come primo passo, la selezione di un numero limitato di questioni rilevanti intorno alle quali immaginare andamenti futuri diversi e alternativi, facendo attenzione alle concatenazioni logiche e alle ricadute sulle decisioni da prendere. Le alternative, poche, risulterebbero così significative, comparabili e capaci di fornire motivazioni alle possibili decisioni di piano.

2. perché la costruzione di scenari permette l’effettivo coinvolgimento dei diversi attori pubblici e privati rilevanti nelle fasi iniziali del Piano, in particolare nella fase di scoping. Si evita in tal modo che le alternative, quand'anche presenti e ragionevoli, siano elaborate a posteriori al puro scopo di confrontarle con una "vincente" alternativa di piano; cosa che salva forse il dettato della Direttiva, ma fa scivolare ineluttabilmente il senso della valutazione verso l’inutile "adempimento burocratico".

L'idea di fondo è che in fasi diverse occorrano scenari diversi. Nella fase iniziale di scoping sono appropriati scenari esplorativi, qualitativi, costruiti con gli stakeholders, finalizzati a far emergere le alternative ragionevoli da analizzare nel processo di piano. Nella successiva elaborazione del piano occorrono invece scenari per quanto possibile quantitativi, scientificamente fondati e attenti alle relazioni causali, finalizzati a misurare i possibili effetti delle alternative individuate nella fase precedente e a rendere ripercorribili le decisioni. Una ulteriore caratteristica interessante dell’uso di scenari ai fini della VAS è, come si è detto, la potenziale transcalarità, ovvero la possibilità di collegare tra loro livelli di piano a scale diverse, in modo da assicurare non solo una formale coerenza ma una sostanziale e verificabile sinergia tra azioni condotte da diversi livelli di governo. È il caso, ad esempio, della "filiera" dei piani territoriali, dove i piani di coordinamento territoriale di livello regionale "inviano" indirizzi e direttive ai piani di coordinamento provinciale che a loro volta stabiliscono regole e indirizzi per i piani di livello comunale. Poiché direttive ed indirizzi mantengono a ciascun livello amministrativo ampi margini di autonomia su come interpretarli e attuarli, l'effettivo raggiungimento degli obiettivi richiede innovative forme di regia e di monitoraggio a cui l'uso di scenari transcalari potrebbe offrire qualche utile strumento. Una interessante discussione sul tema degli scenari "transcalari" è contenuta nel numero speciale di Ecology and Society v.12, 2007 Linking Futures across scales: a Dialog on multiscale scenarios a cui queste note devono molto e da cui sono tratti gli schemi nel seguito riportati. Lo schema 1 colloca la tecnica della pianificazione attraverso scenari rispetto ad altri possibili approcci di previsione del futuro in relazione ai livelli di incertezza e di controllabilità.
Gli scenari transcalari dovrebbero essere individuati con attori (pubblici e privati) interessati alle diverse scale e dovrebbero poter tenere conto dei feedback sia nel passaggio dalla grande scala alla piccola che viceversa. La transcalarità appare particolarmente necessaria proprio in relazione agli obiettivi di tutela ambientale che tendono a farsi sempre più inconsistenti mano a mano che i piani interessano territori più limitati e tempi più brevi, nonostante proprio il cumulo delle trasformazioni locali minute sia all'origine di profonde e irreversibili modificazioni delle condizioni ambientali. Nello schema 2 si confrontano caratteri, vantaggi e svantaggi di scenari costruiti a scala unica o a scale multiple. Lo schema mette giustamente sull’avviso: il coinvolgimento di molti soggetti, il mantenimento della coerenza attraverso le diverse scale, l’attenzione alla confrontabilità e la valutazione di effetti complessi richiedono notevoli risorse scientifiche, umane ed economiche. Occorre avere davvero buone ragioni per affrontare la sfida ed è difficile ritenere che ciò sia possibile in maniera generalizzata da parte delle molteplici amministrazioni, anche piccole, titolari di piani e programmi sottoposti a VAS.
Se si condivide l’idea che gli scenari costituiscano uno strumento promettente per migliorare i processi di VAS, allora è possibile individuare proposte per facilitarne l’utilizzo. Ad esempio in occasione della elaborazione delle Strategie di sviluppo sostenibile nazionale e regionali promesse dal Dlgs 4/2008 potrebbero essere sviluppati a livello nazionale e a livello regionali scenari di possibile evoluzione delle variabili “esogene”, che costituiscono la gran parte delle variabili di scenario. ma che risultano assai difficilmente “trattabili” dagli enti locali. Al sistema delle agenzie ambientali (ISPRA+ARPA) potrebbe essere affidato il compito di mettere a punto, con la collaborazione di Amministrazioni, Università, Enti di ricerca, ecc. scenari sistematici circa i sentieri di sviluppo, le dinamiche demografiche e sociali, il cambiamento climatico. I quadri di riferimento così costruiti dovrebbero poi essere contestualizzati da ciascuna amministrazione nel processo di VAS e declinati a livello locale dando luogo a scenari alternativi. La disponibilità di tali quadri di riferimento faciliterebbe moltissimo sia lo sviluppo di processi di VAS sia la coerenza tra i diversi piani. Coerenza che dovrebbe in ultima analisi essere riscontrata non solo attraverso il monitoraggio di ogni piano rispetto alle sue azioni e ai suoi obiettivi, ma anche attraverso un monitoraggio “di filiera” nel quale l’attuazione degli indirizzi e delle direttive presenti nel piano dell’Amministrazione sovraordinata possa essere misurata, con un processo di feedback, attraverso il monitoraggio delle azioni concrete delle amministrazioni sotto-ordinate.



Note:

1 Si fa riferimento al Dlgs 4/2008.

2 Data l'assoluta identità tra Direttiva 2001/42/CE e Dlgs 4/2008 a proposito del tema qui considerato l'analisi viene effettuata solo sul testo della Direttiva.

3 Per una interessante trattazione delle diverse tipologie di scenari si veda il recente Tecnical Report 3/2009 della European Environment Agency Looking back on looking forward: a review of evaluative scenario literature.

   
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