Speciale VAS
STRUMENTI DI VALUTAZIONE DEGLI SCENARI
di ELIOT LANIADO
“Visioni del futuro” e partecipazione

Per mostrare il legame tra scenari alternativi e partecipazione, vi porto l’esempio di un comune in cui abbiamo cercato di costruire una visione condivisa del futuro, preliminare all’elaborazione del piano urbanistico: il comune di Pozzolengo, nell’immediato entroterra del lago di Garda. Si tratta di una realtà agricola, caratterizzata da ambiti di pregio paesaggistico e produzione di prodotti tipici. Pozzolengo confina con Sirmione, comune affacciato sul lago e con forte pressione turistica, tanto che oggi mancano spazi per parcheggi, alberghi e servizi. Nell’ambito del progetto europeo Sfida il comune di Pozzolengo ha attivato la partecipazione del pubblico per scegliere tra scenari alternativi di sviluppo. Gli scenari individuati erano quattro (fig. 1):

A. conservazione dell’identità e dell’ambiente, con valorizzazione della realtà imprenditoriale esistente e tutela del patrimonio culturale e ambientale;

B. sviluppo del turismo rurale e valorizzazione del paesaggio agricolo, legato alla riqualificazione di cascine e allo sviluppo di attività agrituristiche, poco invasivo del territorio;

C. sviluppo di un turismo legato al lago, che sfrutti la mancanza di spazi a Sirmione, con un significativo consumo del territorio;

D. incremento della capacità insediativa, con crescita significativa del numero di residenti, legata al pendolarismo rispetto a Verona.

Data la difficoltà di far partecipare la popolazione a riunioni o eventi ad hoc, è stato predisposto uno stand nella sagra locale, molto frequentata, e sono stati utilizzati strumenti posti sotto forma di "gioco". Lo stand (fig. 2) era dotato di quattro grandi mappe di Pozzolengo, ognuna delle quali associata a una delle visioni. I cittadini che hanno accettato di giocare potevano esprimere il proprio punto di vista utilizzando dei bollini colorati: un bollino di colore rosso, con cui indicare il tipo di sviluppo che più avversavano e che non volevano vedere realizzato; quattro bollini di colore verde, da distribuire liberamente sulle altre tre proposte, in modo da costruire una combinazione in grado di rispecchiare più da vicino la loro visione. Hanno partecipato in tutto circa 90 persone. Lo scenario B è risultato il più votato, 212 bollini verdi e un solo bollino rosso (fig. 3). Anche lo scenario A è stato apprezzato, ma in misura minore, poiché in esso si prevedeva una quasi totale assenza di sviluppo economico. Gli scenari su cui si è raccolto meno consenso sono risultati il C e il D, nei quali alcuni hanno individuato comunque qualche aspetto positivo, come l’incremento dei servizi e dell’offerta di attività culturali e ricreative, ma in misura non sufficiente a compensare gli aspetti più critici, ovvero la forte urbanizzazione e il conseguente consumo di suolo. Occorre sottolineare che, affinché la partecipazione sia effettiva, le domande non possono essere astratte e generiche. Nel caso in esame gli intervenuti sono stati invitati a segnalare azioni che ritenevano prioritarie per realizzare la visione desiderata. A questo scopo erano state messe a disposizione alcune “carte-azione” che riportavano in modo sintetico le principali proposte emerse durante i precedenti studi e incontri di partecipazione. A ciascuno è stato chiesto di scegliere alcune tra le azioni disponibili, o eventualmente di indicarne di nuove, scrivendole su apposite carte-azione da compilare, e, se possibile, di localizzarle sulla mappa associata alla visione preferita. Per sistematizzare, organizzare e rendere facilmente consultabili le proposte d’azione che via via emergono dalla partecipazione, può essere utile disporre di un catalogo informatizzato. Ogni scheda contiene una descrizione dell’azione con il riferimento alla o alle visioni cui è associata, agli obiettivi perseguiti, alla localizzazione, ai potenziali effetti positivi (in blu) e negativi (in rosso), suddivisi per settori; la scheda viene continuamente aggiornata, man mano che le azioni vengono dettagliate e i loro effetti stimati in modo più accurato. È così possibile costruire un’alternativa di piano, ottenuta come combinazione di diverse azioni, verificandone in modo qualitativo la coerenza complessiva rispetto a una visione, le sinergie e i conflitti tra le azioni che la compongono, l’insieme degli effetti positivi e negativi sulle diverse componenti ambientali e socioeconomiche.
Scenari e visioni del futuro si incontrano all’avvio del processo decisionale: è importante che la partecipazione, e insieme la generazione e il confronto tra alternative, siano attivati sin da questa fase, altrimenti arrivano troppo tardi, quando la direzione verso cui andare è già stata presa, facendo perdere di credibilità all’intero processo partecipativo. È evidente che in questa fase non si dispone di stime quantitative e gli strumenti possono essere solo qualitativi; nelle fasi successive, a un livello diverso di approfondimento, è possibile passare a strumenti più formalizzati.

Metodi e strumenti per la valutazione delle alternative

In Italia i metodi di analisi a molti obiettivi per il confronto e la scelta tra alternative, comunemente utilizzati in altri paesi, sono poco diffusi e guardati con diffidenza: a volte infatti chi li applica li banalizza o ne fa strumento di manipolazione. Occorre quindi conoscerli, sapere che cosa sono e come funzionano.Un primo metodo, l’analisi a molti attributi classica, sviluppato negli Stati Uniti, mira a costruire un ordinamento tra le alternative: per farlo, attribuisce ad ogni alternativa un punteggio che ne rappresenta il comportamento complessivo. I passi principali del metodo sono i seguenti.
Si parte dalla definizione di un insieme di indicatori, che rappresentano i punti di vista (gli obiettivi) su cui si vogliono valutare le alternative; quindi si stimano (qualitativamente o quantitativamente) gli effetti di ogni alternativa sui singoli indicatori. Ad esempio per ciascuna delle alternative si dovrà stimare quante emissioni climalteranti produce, quanto suolo consuma e così via. Si noti che ogni indicatore si misura in unità diverse, ad esempio il costo in milioni di Euro, le emissioni climalteranti in tonnellate di CO2, il paesaggio con giudizi qualitativi. Il passo successivo consiste nel definire il gradimento, la soddisfazione del decisore (in gergo tecnico si chiama l’utilità) in funzione dell’andamento di ciascun indicatore. Ad esempio, per il costo o le emissioni di sostanze inquinanti, il decisore preferirà valori più bassi rispetto a valori elevati, mentre per un beneficio o un indicatore di qualità sarà il contrario. Dal punto di vista tecnico, si tratta di identificare una funzione utilità, in genere non lineare, per ogni indicatore. In questo modo gli impatti misurati in unità fisiche e quindi non omogenei tra loro vengono trasformati in “indici di soddisfazione”, misurati in una scala convenzionale, ad esempio fissata tra 0 e 100, dove un valore vicino a 0 significa che l’alternativa che ha quel punteggio si comporta in modo insoddisfacente su quell’indicatore, mentre un punteggio vicino a 100 vuol dire che si comporta in modo soddisfacente. Il percorso sin qui descritto è schematizzato in fig. 4.
Occorre poi definire le importanze relative dei diversi indici così definiti, attribuendo loro dei pesi. Infatti non è detto, ad esempio, che un valore di soddisfazione 100 sul costo abbia la stessa importanza di un 100 sulle emissioni climalteranti dal punto di vista della decisione. A questo punto per ogni alternativa è possibile calcolare la somma pesata dei valori che assume in corrispondenza ai diversi indici. Si ottiene così un punteggio, che rappresenta la prestazione complessiva dell’alternativa.
Il metodo è rigoroso e richiede che siano verificate una serie di ipotesi logico-matematiche (non introdotte qui): risulta perciò di difficile comprensione per il decisore e per i soggetti, che spesso non sanno rispondere alle domande con certezza. Inoltre un metodo di questo tipo presenta forti elementi di soggettività, sia nella stima delle utilità che dei pesi. Decisori o attori diversi ovviamente esprimono preferenze diverse, che esplicitano, sia pure in modo incerto, la loro scala di valori. Per trattare l’incertezza e la soggettività vengono utilizzati due strumenti: l’analisi di sensitività e l’analisi del conflitto. L’analisi di sensitività cerca di capire come varia l’ordinamento finale delle alternative al variare dei parametri più critici, in particolare al variare dei pesi. Si ottiene un’indicazione sulla solidità dell’ordinamento trovato: ad esempio si può calcolare l’intervallo di variazione di un peso all’interno del quale l’ordinamento non cambia, almeno per quanto riguarda l’alternativa prima in classifica, e individuare le alternative che emergono come prime imme - diatamente a destra o a sinistra dell’intervallo.
L’altro strumento è l’analisi del conflitto. Il conflitto non è risolvibile dal punto di vista tecnico, ma è possibile fornire un supporto al confronto e alla negoziazione, ad esempio calcolando la distanza tra gli ordinamenti risultanti per soggetti diversi, individuando i pesi critici e indicando in che direzione e di quanto ognuno si deve muovere per arrivare a una soluzione condivisa. Il metodo si basa, come si è visto, sulla partecipazione; il risultato è uno o più ordinamenti tra le alternative, accompagnati da un insieme di informazioni che hanno lo scopo di essere di supporto alla decisione finale e di rendere trasparente l’intero processo. A volte in Italia il metodo viene banalizzato. È evidente che, se il proponente del piano o dell’opera, attraverso i suoi consulenti, stabilisce le proprie funzioni di utilità e inserisce i propri pesi senza un processo partecipativo, e magari pubblica solo il risultato finale, senza analisi di sensitività e di conflitto e senza rendere trasparente il percorso, questo diventa un metodo che serve a giustificare le proprie scelte privo di qualsiasi credibilità.

Secondo metodo, molto utilizzato anche questo nei paesi di lingua anglosassone, è l’analisi gerarchica, che tenta di semplificare l’interazione con il decisore e con i soggetti coinvolti, ponendo domande facilmente comprensibili e a cui è possibile dare un risposta qualitativa. Il problema decisionale viene strutturato secondo una gerarchia. Nell’esempio di fig. 5 per la scelta tra tre alternative si prendono in considerazione gli effetti su aria (qualità locale), acqua, suolo, occupazione, … Per quanto riguarda l’aria si prendono in considerazione NOx, PM10, SO2, la cui importanza relativa per quanto riguarda gli effetti sulla salute viene valutata da un gruppo di tossicologi. Le domande che vengono fatte sono del tipo:
- Com’è la prestazione relativa all’alternativa 1 rispetto all’alternativa 2 per quanto riguarda il PM10?
- Qual è l’importanza relativa per la salute del PM10 rispetto agli NOx dal punto di vista del tossicologo A?
- Qual è l’affidabilità del tossicologo A rispetto al tossicologo B ai fini della valutazione della qualità dell’aria?
- Qual è l’importanza relativa della qualità dell’aria rispetto all’occupazione dal punto di vista della scelta complessiva?

Per le risposte si utilizzano dei vocaboli con cui è possibile esprimere un’indifferenza o una prevalenza (in un senso o nell’altro) debole, significativa, forte… I vocaboli espressi dai soggetti intervistati vengono trasformati in valori numerici attraverso un’apposita scala di conversione; i numeri vengono poi elaborati per risolvere le inconsistenze che nascono dal passaggio dalle risposte qualitative all’interpretazione numerica e per generare l’ordinamento tra le alternative. Il metodo presenta alcuni problemi, a causa dei quali va usato con grande attenzione: il procedimento matematico con cui si elabora l’ordinamento è complesso e non facilmente comprensibile dal decisore e dai soggetti coinvolti; a seconda delle scale che si utilizzano per interpretare le risposte qualitative si possono avere incongruenze e risultati diversi; nella versione originale del metodo, la presenza o meno di un’alternativa, a parità di tutto il resto, può far cambiare l’ordinamento tra le altre alternative: questo rende reale il rischio di manipolazione, con l’introduzione nel problema decisionale di alternative costruite ad hoc, non per essere scelte ma per far risultare prima una particolare alternativa decisa a priori.

Esiste infine una famiglia di metodi, i metodi Electre, diffusi in Francia e in Belgio. I metodi Electre, diversamente da quelli visti finora, rifiutano il principio di compensazione, in base al quale qualunque differenza di prestazioni tra due alternative su qualunque obiettivo può sempre essere compensata su qualche altro obiettivo. Ne consegue la necessità di prevedere l’incomparabilità tra alternative, e questo porta a contraddire alcuni assiomi della logica e della matematica. Questi metodi rinunciano perciò volutamente a essere rigorosi dal punto di vista logico-matematico e preferiscono basarsi su regole di buon senso, confrontando le alternative a coppie attraverso la costruzione di indici che tengono conto simultaneamente della concordanza (l’insieme degli obiettivi o punti di vista che giocano a favore di un’alternativa) e della discordanza (il rammarico o addirittura il veto che può scattare su un particolare obiettivo). Non esiste una razionalità sostanziale, in quanto gli assiomi della logica e della matematica sono astratti e lontani dalla realtà: ciò che conta è la razionalità procedurale, il condividere un percorso da seguire e un insieme di regole da rispettare. Il risultato dell’applicazione di un metodo Electre è un ordinamento “parziale” tra le alternative, che tiene conto dell’incomparabilità. Un esempio di ordinamento parziale è mostrato in fig. 6.

Si può fare qualcosa anche in Italia?

Vi cito un caso recente in cui l’analisi a molti attributi classica è stato utilizzata: la Valutazione Ambientale Strategica (VAS) della variante del piano di governo del territorio di Trezzo d’Adda, processo attivato dalla proposta di insediare sul territorio alcune attività produttive e commerciali. Le aree potenzialmente interessate dalle decisioni della variante erano quattro: un’area agricola, due aree miste agricole e produttive e una cava dismessa da rinaturalizzare in compensazione. Le alternative prese in considerazione nella VAS erano combinazioni di proposte di intervento sulle singole aree, generate attraverso un processo partecipativo che ha coinvolto (oltre ai proponenti) tecnici, esponenti politici, associazioni e cittadini. Si vede qui il salto culturale che viene richiesto alla VAS: non partire da una soluzione preconfezionata, sulla quale ricostruire “a posteriori” le alternative, ma generare le alternative in modo partecipato e valutarle attraverso metodi trasparenti e ripercorribili.
Gli strumenti disponibili sono lontani dalla nostra cultura, e quindi difficili da introdurre nella pratica quotidiana. Credo però che uno dei motivi per cui le VAS fanno così fatica a trovarsi uno spazio di credibilità, stia proprio nel fatto spesso si riducono a corpose analisi ambientali che si traducono in raccomandazioni più o meno generiche: così non suscitano neanche una reale spinta a partecipare, perché non danno l’impressione di poter incidere realmente sul processo decisionale.
Un’ultima considerazione, che è anche un’autocritica da parte di chi è impegnato nelle VAS. Ci siamo abituati a VAS di tipo difensivo: siccome dobbiamo scontrarci con mille difficoltà ci siamo abituati a difendere i nostri obiettivi di sostenibilità, a cercare di porre dei limiti, a “fare le pulci” dal punto di vista ambientale alle proposte dei pianificatori. Ma questo approccio è perdente, la VAS viene vista soltanto come il “nemico” che mette i bastoni tra le ruote e intralcia il processo decisionale. Sicuramente porre limiti è importante, ma è essenziale avere anche l’altra gamba, quella propositiva. È essenziale riuscire a generare, anche attraverso la partecipazione, azioni, progetti, alternative, e a valutarli. È necessario riuscire a colloquiare con il pianificatore sul suo stesso piano, proponendo dal punto di vista ambientale qualche cosa che arricchisca la sua progettualità; non lasciare semplicemente a lui il compito di elaborare le proposte e a noi il ruolo di criticarle.
   
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