Anna Malavolti ha iniziato a lavorare all’età di 18 anni, in una piccola bottega, in via Challand ad Aosta. Fin da piccola le piaceva tagliare e cucire, riusciva a farlo con la stoffa riciclata in casa. Ero attratta dalla bellezza di creare, con un pezzo di stoffa, un capo ben definito. Mi sono sempre sentita artigiana: la scelta del cuoio è stata casuale. Avrei potuto scegliere il legno, il tessuto, o altro. Mi apparteneva una certa manualità. Anna ha imparato da sola, ispirata da un movimento di giovani artigiani degli anni ‘70: chi faceva bigiotteria, chi sartoria. Si percepiva un fermento del fare.
La riparazione delle borse le è servita per imparare il mestiere. Ai tempi mi passavano sotto mano delle borse bellissime, eseguite con grande arte. Oggi non troviamo più la stessa qualità.
C’era un confronto d’idee, anche con gli artigiani di fuori valle. Anna era in contatto sia con alcuni artigiani liguri, per lo scambio di modelli, che con amici di Milano, con cui si confrontava sulle tecniche di lavorazione e sulle liste dei fornitori dei pellami, delle fodere e degli accessori.
Ho sempre puntato alla qualità dei miei oggetti, altrimenti non mi dava e non mi dà soddisfazione lavorare.
Nel 1976 ha aperto il negozio. Ho delle clienti che conservano gelosamente, da oltre 30 anni, borse e/o portafogli. La borsetta da appendere al collo con un cordino era diventata una moda in quegli anni.
Oggi sono tornate di moda e con grande soddisfazione vedo delle giovani che usano quelle delle mamme. Me le portano a vedere in negozio e mi piace ravvivarle con un po’ di crema. Ho sempre creato oggetti semplici, con il cuoio naturale, duraturi nel tempo.
Anna ha usato per anni una vecchia Singer a pedali a cui aveva adattato un ago per la pelle. Le serviva per cucire le lampo. Il resto a mano: nel cuoio fustellato con dei buchi, passava il filo. Questa è una tecnica che ancora oggi ama insegnare ai bimbi delle scuole materne.
Negli anni ‘80 il cuoio è stato inserito nelle lavorazioni tradizionali dell’artigianato valdostano. E’ stata organizzata una mostra alla Porte Pretoriane, valorizzando la presenza degli artigiani del cuoio in valle d'Aosta (il sapere antico). Siamo riusciti a dimostrare che il cuoio era sempre stato presente nella tradizione valdostana.
La sua lavorazione si è sviluppata in epoca romana, in considerazione dell’uso di manufatti negli eserciti e della vasta differenziazione raggiunta dalle imprese artigiane del settore. I reperti sono scarsi in quanto il contadino ne fruiva fino a consumarli totalmente. Quando l’oggetto d’uso, come per esempio la bisaccia, non teneva più, il cuoio di recupero serviva come suola di scarpa e infine come concime. La tradizione ha conservato fino ai nostri giorni antichi manufatti tuttora in uso, se non nella vita quotidiana, almeno nell’espressione folkloristica: si tratta di scarpe, zoccoli, cinture, indumenti in pelle, otri ecc.
Sono nata in un tempo in cui si facevano le cose, non si compravano. Adesso iniziare un’attività artigianale è molto complicato. Mi riferisco per esempio a tutta la parte amministrativa – burocratica. Io mi sono iscritta all’albo degli artigiani, mi sono appoggiata all’associazione. Ora chi inizia un’attività ha bisogno di un capitale da investire. Ai miei tempi c’era un fermento, una vivacità anche ideologica che ora non ritrovo. Ci sono tanti negozi vuoti nel centro storico, perché non trasformarne alcuni in botteghe artigianali? Spesso i turisti, soprattutto stranieri, quando entrano in negozio sono entusiasti di ammirare dei prodotti artigianali.
Le cose spesso prendono valore quando non ci sono più.
L’essere donna nel mondo dell’artigianato ha rappresentato per Anna la massima libertà. Ha potuto intensificare e rallentare i suoi ritmi di lavoro in funzione delle esigenze familiari. Quando i figli erano piccoli ha chiuso il negozio per alcuni periodi. La pelletteria è un campo molto affine alla moda, il fatto di essere donna mi ha avvantaggiato.
Piera Squillia