Dorino Ouvrier ha sempre vissuto e continua a vivere in simbiosi con la terra valdostana del suo villaggio di Epinel, a Cogne, nel cuore del Gran Paradiso. «Sono nato a Cogne– racconta - nel maggio del 1948. In alpeggio, nel corso delle estati, ho incominciato a usare il coltellino per incidere i primi rami e radici, trasformandoli in “cornailles”. In inverno, a scuola, le mie materie preferite erano il disegno e le attività manuali. Amavo sentire i racconti di storie e leggende di bracconieri, cacciatori, balli e feste. Dopo tanti anni le ho riprodotte nelle mie sculture».
Ouvrier è un personaggio di primo piano nel panorama dell’arte e dell’artigianato di tradizione. Si definisce autodidatta, non ha frequentato una scuola, non ha la pretesa di appartenere ad alcuna corrente artistica. Ha uno stile particolare e personale. Nell’epoca del digitale è rimasto immerso nella poesia d’altri tempi. Nel legno riesce a esprimere i sentimenti più profondi legati alla tradizione valdostana e a estrarne forme rappresentative dei momenti più significativi della vita. Nella sua esperienza si percepisce il fluire continuo e incessante della vita alpina. I suoi personaggi partecipano alle feste, si uniscono per cuocere il pane nel forno e trasportano le gerle. Le sue opere rivelano una singolare capacità di trasmettere emozioni profonde. «Mi piace creare il movimento– precisa. Ci sono riuscito, per esempio,con il fisarmonicista,che ho sempre amato riprodurre ». Negli ultimi anni ha iniziato a scolpire dei Cristi. Cristi “particolari” (come ama definirli) che lo affascinano e che forse evidenziano una religiosità istintiva.
Dorino riesce a cogliere dal legno, come è stato detto, il suono della materia, le vibrazioni e vi incide figure senza tempo, primitive e contemporaneamente attuali. Non rincorre la precisione, ma nelle sue mani il legno torna alla vita.
I suoi personaggi raccontano ad ognuno di noi la storia delle nostre radici, così diverse e così simili. Le storie di uomini piegati sotto il peso delle fatiche imposte dalla montagna (uomini e animali allungano il collo e piegano la schiena sotto il peso dei fardelli) e che riescono però ad alzarsi, al suono della festa, quando l’armonia delle fisarmoniche racconta la felicità della vita . Sono universi di personaggi che guardandoti sempre dritto in viso, senza mai abbassare lo sguardo, riassumono bene la fierezza del popolo della montagna.
La sua scultura rappresenta un manifesto d’amore per la sua gente, per la cultura e per le tradizioni valdostane.
«Il mio lavoro mi ha sempre dato grandi soddisfazioni: ho partecipato per quindici anni, dal 1975, alle manifestazioni estive di artigianato di tradizione; la Fiera di Sant’Orso, in particolare, mi ha dato tanto, è stata una bella vetrina; dal 1983 ho aperto, insieme a mia moglie, uno spazio a Cogne dove, oltre a esporre le mie opere, organizzo mostre di amici pittori e artigiani valdostani; dal 1990 organizzo periodicamente delle “personali” in Italia e all’estero».La prossima è in programma dal 5 di maggio a metà settembre ad Aosta, nella Chiesa di San Lorenzo, organizzata dall’Assessorato istruzione e cultura della Regione. Considerato il valore dell’artista nel panorama dell’artigianato valdostano, l’Assessorato attività produttive, cogliendo l’occasione della mostra organizzata, nel periodo delle manifestazioni estive, inviterà lo scultore a partecipare negli eventi di maggiore rilievo.
Ufficio artigianato di tradizione - Foto di Maurizio Marthyn