BENI CULTURALI
Nei pressi della chiesa medievale di Saint-Martin-de-Corléans la testimonanza di un'importante area di culto e sepoltura risalente a 5000 anni fa.
L'AREA MEGALITICA DI AOSTA
di Franco Mezzena
Stele antropomorfa n.3 sud di stile evoluto.La storia di molte città del vecchio continente, grandi o piccole, vanta origini remote o remotissime: ma tali origini, proprio perché si perdono nella notte dei tempi senza che esistano riscontri reali, si debbono comunque considerare leggendarie e non storicamente comprovate. Il caso di Aosta è diverso. Si può davvero considerare più unico che raro, infatti, il caso di una città che possa esibire la presenza, nell'ambito del proprio contesto urbano, di monumenti risalenti ad epoche preistoriche. Di monumenti datati con certezza che bastano da soli a documentare l'esistenza di un insediamento stabile, risalente nel caso di Aosta attorno all'anno 3000 avanti Cristo. Il complesso delle costruzioni megalitiche che un ventennio di scavi archeologici hanno messo in luce, a partire dal 1969, presso l'antica chiesa di Saint-Martin-de-Corléans non rappresenta, in verità, la testimonianza diretta dell'abitato: ma quella, ancor più rara e difficile a trovarsi, di un'area di culto e di sepoltura strettamente ed urbanisticamente connessa con l'adiacente abitato. Il termine "area megalitica" è stato coniato proprio per definire sinteticamente tale tipo di ritrovamenti. L'abitato, questa primitiva capitale della Valle d'Aosta, giace probabilmente, sepolto anch'esso sotto parecchi metri di terra, nell'area compresa tra la chiesa di Saint-Martin-de-Corléans ed il pendio che sale verso Pont d'Avisod. A conferma di questa presenza, e dell'importanza che agli albori del terzo millennio avanti Cristo andava assumendo la conca di Aosta, un altro insediamento che risale a quest'epoca, ed è a sua volta associato a tombe megalitiche, è stato da tempo individuato sul colle allungato che domina da nordest la città di Aosta, presso la frazione di Porossan.
Area megalitica di Aosta. Panorama dall'alto durante gli scavi.Assodata la consistenza e l'importanza dei reperti preistorici che si andavano mettendo in luce, l'Amministrazione regionale della Valle d'Aosta provvedeva a suo tempo all'acquisizione dell'intera area interessata, allo scopo di conservare perennemente in sito le testimonianze mediante la configurazione di un adeguato parco archeologico. Si deve oggi, con rammarico, constatare che a partire dalla conclusione degli scavi, avvenuta nel 1990, un grave ritardo sì è venuto accumulando nella realizzazione di tale parco, in relazione alle scelte progettuali connesse. Si rischia ormai dì compromettere irrimediabilmente la conservazione materiale delle testimonianze, nonché di degradarne la grande nobiltà storica mediante l'imposizione di opere moderne non adeguate. I monumenti preistorici appaiono distribuiti su un'area estesa oltre un ettaro e vennero innalzati a partire da un piano basale del giacimento, situato ad una profondità di 5 metri circa rispetto al piano di campagna attuale. L'area di culto e di sepoltura rimase in funzione per quasi un millennio, tra il 3000 e il 2000 avanti Cristo, attraverso un periodo storicamente molto importante e significativo, che vide concludersi il Neolitico, cioè la fase più recente della cosiddetta "età della pietra", in seguito all'introduzione delle prime e più arcaiche forme di attività metallurgica (Età del Rame). Durante quest'arco di tempo nell'area megalitica di Aosta si passa da una prima fase, che potremmo definire "pioniera", a quattro successive e strettamente concatenate, durante le quali questa specie di vasto santuario all'aperto, frequentato quotidianamente, viene ad estendersi, ad arricchirsi di nuove manifestazioni religiose e culturali rivelate da strutture monumentali di vario tipo. È facile intuire che la consistenza sempre maggiore via via assunta dal sito non è che il riflesso diretto dell'importanza che per primo l'abitato adiacente doveva aver acquisito, divenendo in breve il punto di riferimento per un territorio che possiamo stimare corrispondente almeno al bacino della Dora Baltea. Ma per quale motivo questo abitato doveva essersi sviluppato in modo così rapido e rilevante? L'ipotesi più probabile è che l'impulso fondamentale sia stato costituito da due fattori combinati, di natura essenzialmente economica: l'incremento della produzione metallurgica locale (rame, argento, oro) e l'apertura delle due grandi vie transalpine, attraverso le quali una parte consistente di queste produzioni poteva essere inviata anche a lunga distanza, sia in direzione del Mediterraneo che dei tenitori transalpini. La fase più antica dell'area megalitica è costituita da un allineamento di 22 grossi pali di legno orientati all'incirca da nordovest a sudest. Doveva trattarsi probabilmente di sculture lignee il cui impianto nel terreno era preceduto dal sacrificio di un bue: i resti del cranio bruciato di questo animale venivano infatti deposti sistematicamente in fondo alla fossa circolare di impianto del palo stesso, come rito di fondazione. Le datazioni con il metodo del radio-carbonio di frammenti di legno carbonizzato dei pali forniscono per questa fase iniziale un'epoca attorno al 3000-2800 avanti Cristo. Poco dopo, verso il 2750, subentra una seconda fase costruttiva, con la quale l'area di culto viene ad acquistare una monumentalità ed un'importanza ben maggiori. Si viene a costituire una specie di "santuario" all'aperto, caratterizzato da due allineamenti ortogonali di stele antropomorfe di pietra. A queste stele si associano inoltre alcune piattaforme costituite di blocchi e ciottoli, sulle quali salivano forse i sacerdoti dell'epoca per svolgere le attività di culto. Anche l'impianto degli allineamenti di stele è preceduto da un importante rito di fondazione: l'area rettangolare di circa 80 x 60 metri entro la quale era stato previsto l'impianto delle stele venne infatti preliminarmente arata; in una ristretta zona di circa 25 metri quadrati, corrispondente all'inizio di uno degli allineamenti di stele, venne inoltre seminata una miriade di denti umani. Uno degli interrogativi più appassionanti che si pongono in relazione a questo santuario delle stele antropomorfe, di queste primitive e monumentali strutture che raffigurano personaggi maschili e femminili riuniti a comporre un grande consesso (le stele sono oltre 45), è proprio quello della loro essenza, del loro significato: rappresentano importanti personaggi viventi, od antenati/eroi oppure, infine, non si dovranno riconoscere in esse i simulacri di vere e proprie divinità, riunite a costituire un pantheon primitivo, che poteva anche riflettere quelli esistenti nelle contemporanee civiltà sumerica ed egiziana? Il santuario delle stele svolse la sua funzione per tre o quattro secoli, tra il 2700 ed il 2300. Pianta generale dell'area megalitica.Durante questo arco di tempo si assiste ad una significativa evoluzione artistica nello stile delle raffigurazioni: si passa da uno stile più arcaico e grossolano ad uno molto raffinato e preciso, che riproduce fin nei minimi particolari i vestimenti, le armi e gli attributi dei personaggi. Agli allineamenti di stele si viene ad aggiungere un altro rituale di grande interesse: l'offerta di semi di frumento e delle macine di pietra allora usate per ottenere la farina, che venivano deposti entro grandi pozzi circolari, profondi circa 2 metri. È probabile che queste offerte fossero destinate a divinità sotterranee dell'agricoltura. Attorno al 2300 avanti Cristo un'altra importante fase costruttiva viene ad arricchire e a monumentalizzare ulteriormente l'area di culto. Si cominciò allora ad edificare alcune tombe di grandi dimensioni, chiamate per questo "megalitiche". Tali tombe erano in realtà, di regola, destinate ad accogliere per più secoli i defunti di una stessa famiglia: evidentemente di famiglie importanti, che dovevano rivestire funzioni di comando o, comunque, di rilievo nell'ambito della società locale. Solo a questi personaggi quindi fu da allora riservato il privilegio di essere sepolti nell'area di culto. È un fatto di estremo interesse osservare come le sette tombe megalitiche erette tra il 2300 e il 2000 avanti Cristo, nelle fasi più recenti dell'Età del Rame, siano di tipo differenziato dal punto di vista architettonico, quasi a rappresentare simbologie funerarie diverse, forse in relazione a differenze di censo o di dignità dei personaggi sepolti. In due tombe la camera tombale vera è propria, costituita da grandi lastre di pietra (dolmen), è circondata rispettivamente da una piattaforma che riproduce la figura di un triangolo isoscele (tomba II), oppure quella di un semicerchio (tomba V). Un'altra tomba (tomba VII) rispecchia un canone molto frequente nel mondo megalitico europeo: si tratta di un dolmen a pianta allungata denominato allée couverte. Un altro monumento di tipologia più unica che rara in Italia è rappresentato dalla tomba IV, a pianta circolare e costruita questa volta in muratura a secco. Doveva trattarsi di una torre cilindrica, o forse tronco conica: la sua originalità architettonica è sottolineata dal fatto che in questo caso un solo personaggio, indubbiamente di grande rilievo nell'ambito della comunità, era stato sepolto dentro di essa. Altre tre tombe, di dimensioni minori, costruite utilizzando anche alcune stele antropomorfe, vennero edificate in vari punti dell'area prima che si giungesse alla fine del terzo millennio avanti Cristo. Attorno al 2000-1900, in un momento che storicamente viene a coincidere con la fine dell'Età del Rame e l'inizio della successiva Età del Bronzo, l'area di culto e di sepoltura venne del tutto abbandonata. Riprese allora la naturale sedimentazione degli strati terrosi, che giunsero via via a seppellire, e a conservare per il futuro, tutti i monumenti e le testimonianze presenti nell'area. Anche entro questi strati sono stati raccolti reperti delle successive epoche storiche, le età del Bronzo e del Ferro, l'epoca romana, testimoniate dai resti di una villa suburbana, ed il Medioevo, rappresentato dalla chiesa di Saint-Martin-de-Corléans. L'area megalitica di Aosta rappresenta in sintesi, per la sua lunga durata, per la ricchezza e la varietà delle manifestazioni religiose ivi svoltesi, e materialmente rappresentate soprattutto dagli allineamenti di stele antropomorfe e dalle tombe megalitiche, una testimonianza finora più unica che rara nell'ambito dell'archeologia mediterranea ed europea. Essa fornisce spunti e chiavi di lettura nuovi, e forse determinanti, per una serie di fenomeni storici e religiosi ancora poco chiari, considerando la loro alta antichità e la mancanza di fonti scritte per quelle epoche così remote. Ricordiamo innanzitutto il problema della funzione delle tombe megalitiche nonché quello dell'origine del megalitismo stesso. Il problema religioso circa l'origine delle divinità antropomorfe, quali si riscontrano nella religione delle civiltà classiche. Il problema linguistico, tuttora assai controverso e dibattuto a livello scientifico, riguardante l'arrivo nei territori europei del linguaggio indeuropeo (o, più propriamente, indoiranico) e le dinamiche storiche che a tale arrivo hanno presieduto. A tali interrogativi appare direttamente collegabile quello connesso con la presenza dei più antichi gruppi umani individuati da un nome etnico specifico sul territorio europeo (Liguri, Etruschi, Sicarii, Iberi). È in tal senso probabile che i costruttori dell'area megalitica di Aosta appartenessero in effetti, come tribù dei Salassi, al grande ceppo Ligure, insediato nelle Alpi occidentali, come vi appartenevano sicuramente anche i finitimi Taurini, abitanti della pianura torinese. Altri appassionanti interrogativi ha posto il rito di consacrazione mediante l'aratura e la semina dei denti: rito che costituisce il riscontro archeologico reale e tangibile di un'antichissima tradizione mitica: quella di Giasone e degli Argonauti e del loro itinerario verso l'Europa. I ritrovamenti di Aosta consentirebbero quindi di sostenere che dietro queste tradizioni si debba scorgere non una serie di creazioni della fantasia umana, ma l'eco remota di grandi avvenimenti storici: soprattutto di movimenti migratori da oriente verso l'occidente europeo, trasfigurati in chiave mitica già ai tempi di Omero. Vengono a confermare queste prospettive di interpretazione storica di alcune tradizioni mitiche anche una serie di elementi che gli scavi hanno permesso di acquisire riguardo agli aspetti tecnologici ed artistici presenti nell'area megalitica di Aosta. Si ricordano innanzitutto le avanzate conoscenze in campo astronomico, che hanno consentito di orientare sistematicamente i vari monumenti secondo precisi avvenimenti celesti; si sono riscontrati poi la presenza e l'uso sistematico di una costante unità di misura nella costruzione dei monumenti, ed anche nelle raffigurazioni delle stele antropomorfe: unità pari ad un piede di 31 centimetri; la presenza dell'aratura di consacrazione ci testimonia il momento dell'introduzione dell'aratro in Europa, così come l'utilizzazione di grandi e pesantissimi elementi in pietra ci conferma il loro trasporto mediante robusti carri. Le stesse architetture tombali presentano in alcuni casi precisi richiami alle regioni caucasiche (tomba II ad esempio, con piattaforma triangolare ed oblò d'ingresso), e così anche le stele antropomorfe. La metallurgia stessa, infine, così come tutti gli elementi ora ricordati, ha un'origine nelle regioni che vanno dalla Mesopotamia all'Armenia ed al Caucaso. L'area megalitica di Aosta pertanto, anche se localizzata in un angolo appartato delle Alpi Occidentali, ci parla di in mondo affascinante, caratterizzato da connessioni economiche e grandi aperture culturali con plaghe diverse e lontane: da quelle del Vicino Oriente, giunte ormai alla civiltà, a quelle dell'Egitto, ove si stavano costruendo le grandi piramidi, e a quelle del Mediterraneo e dell'Europa continentale, dove la civiltà aveva cominciato proprio allora, faticosamente ma con tenacia e progressività, ad aprirsi un varco e a diffondersi.
   
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