IL MATERIALE ORGANICO
"Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior", recita il testo di una celebre canzone di Fabrizio De André.
DAI DIAMANTI NON NASCE NIENTE...
di Mauro Bassignana
Il riciclo della sostanza organica in agricoltura
Dalla sua origine, una delle basi dell'agricoltura è stata la capacità di valorizzare di tutto ciò che poteva essere riutilizzato. Il concetto di rifiuto le era estraneo: ogni sottoprodotto, anche quello più umile, trovava una sua funzione e rientrava nel ciclo di trasformazione. Questa virtù, che perdurò inviolata per millenni, cominciò ad essere insidiata, nell'800, da un gentile signore tedesco. Justus Liebig, nominato barone per meriti scientifici, era figlio di un droghiere ed è oggi più noto per l'estratto di carne che per le sue scoperte, fondamentali, nel campo della chimica organica. Rifiutando l'opinione corrente che i vegetali si nutrissero direttamente delle sostanze organiche contenute nel letame, egli fu il primo a dimostrare l'importanza degli elementi minerali (lavorò, in particolare, sull'azoto e sul fosforo) per la vita e la produzione delle piante. Oltre che un geniale scienziato, fu anche un abile divulgatore. Il suo libro "La chimica applicata all'agricoltura e alla fisiologia", uscito in originale nel 1840, fu tradotto, lo stesso anno, in inglese, mentre le edizioni francese ed italiana seguirono nel giro di pochi anni. Entusiasticamente, l'uomo che aveva aperto la strada alla concimazione minerale delle colture agrarie affermava, nella prefazione alla seconda edizione francese, del 1844: "… j'ai aussi pu fixer d'une manière simple et précise mes idées sur l'origine des excréments des animaux, et sur la cause de leur influence favorable dans la végétation; et maintenant qu'on connait les conditions qui fertilisent un sol, il me semble que désormais c'est par la chimie seule que l'agriculture fera des progrès.". In seguito, però, lo stesso Liebig ampliò le osservazioni, approfondì le sue riflessioni e giunse ad attenuare l'illimitata fiducia nei concimi minerali, rivalutando l'importanza del suolo, del suo valore intrinseco e della sua influenza.
Se osserviamo il panorama produttivo attuale, tuttavia, sembra che l'evoluzione dell'agricoltura moderna abbia seguito, quasi ciecamente, gli insegnamenti del primo Liebig, senza ascoltare i suoi successivi ripensamenti. Si sta assistendo, in molte aree ad agricoltura intensiva, ad un progressivo impoverimento della frazione organica del suolo. Questa perdita, "spesso causa e contemporaneamente conseguenza di processi di erosione, è generalmente associata agli effetti di pratiche agricole intensive, soprattutto se accompagnate dalla concomitante scomparsa dell'attività zootecnica" (fonte: Milillo M., Zarlenga F., 2001. Il suolo e il sottosuolo. In: Ministero dell'Ambiente, Relazione sullo stato dell'ambiente. Roma).
I fattori che hanno determinato questo deterioramento sono molteplici ed articolati. Le aziende agricole si sono specializzate e i loro processi produttivi si sono via via semplificati. Si è molto ridotta la presenza di aziende agricole in cui sia praticato quello che gli autori francesi definiscono polyculture?élevage, ossia la coesistenza, nella stessa azienda di diverse colture vegetali a fianco dell'allevamento del bestiame. Le aree vocate per le produzioni vegetali specializzate si sono separate ed isolate da quelle a vocazione foraggero-zootecnica, in cui si sono concentrati gli allevamenti.
In questo contesto, nelle zone a prevalente produzione vegetale (per esempio cerealicola, frutticola, orticola), la sostanza organica nel suolo tende a diminuire, a causa della scomparsa del prato pluriennale negli ordinamenti colturali e per l'arresto delle letamazioni; mentre nelle aree a forte presenza di allevamenti si ha una concentrazione delle deiezioni animali, con un aumento conseguente dei rischi di inquinamento delle falde e di eutrofizzazione delle acque. Nel primo caso, la concimazione minerale non è, evidentemente, in grado di surrogare alla carenza di restituzioni organiche. Come indicato nei manuali d'agronomia, i termini concimazione e fertilizzazione non sono sinonimi: poiché la prima riguarda esclusivamente gli aspetti chimici della nutrizione delle piante, il concime aumenta solo la disponibilità di elementi minerali disponibili per la coltura. La fertilizzazione, invece, comprende il miglioramento tanto delle caratteristiche nutrizionali del suolo, quanto di quelle fisiche (struttura, capacità di immagazzinare e conservare l'acqua, porosità ecc.) e biologiche (attiva presenza di microflora e microfauna). I concimi minerali, quindi, possono aumentare la fertilità chimica del suolo, elevandone il livello di nutrienti, ma non riescono a migliorare lo stato fisico del terreno, la sua struttura, la sua capacità di immagazzinare l'acqua, né possono favorirne (al contrario…) l'attività biologica.
In diverse aree a vocazione frutticola e orticola, nelle quali il carico animale è fortemente diminuito, se non scomparso del tutto, e che si trovano a dover affrontare un grave impoverimento della quota di sostanza organica nei suoli, il trasporto di letame, anche da molto distante, appare l'unica, seppur costosa, soluzione.
Valorizzazione dei sottoprodotti dell'allevamento
La produzione di concimi minerali segue strade diverse. L'azoto è tratto dalla fonte più ricca e facilmente disponibile in natura: l'aria stessa, che è composta per quasi l'80% da azoto gassoso. L'azoto è però, per definizione, un gas inerte, difficile da fissare se non in condizioni molto particolari. In natura, una piccola quota di questo azoto può essere soggetta a fissazione chimica, reagendo con l'ossigeno e l'idrogeno presenti nell'acqua, per dare ossidi di azoto o ammoniaca e depositarsi al suolo. La cospicua energia necessaria a permettere questo processo è fornita, perlopiù, dalle scariche elettriche dei fulmini. Per produrre industrialmente i concimi azotati, sono necessarie forti pressioni ed elevate temperature, raggiunte grazie alla combustione di derivati del petrolio. Questo processo è avido di energia: per produrre un solo chilogrammo di azoto sono necessarie 18500 chilocalorie, equivalenti al valore energetico di 2.15 litri di gasolio (fonte: Soltner D. 1995. Les grandes productions végétales. Sciences et techniques agricoles, Sainte-Gemmes-sur-Loire). La produzione del fosforo e del potassio, gli altri due macroelementi maggiormente presenti nella concimazione minerale, è più semplice, poiché si basa sull'estrazione di materiali minerali. Per questo motivo, il fabbisogno di energia per ottenere i concimi minerali fosfo-potassici è inferiore, comprendendo solo le spese di estrazione, di raffinazione e di trasporto. Per produrre 1 kg di fosforo (espresso come P2O5) e di potassio (espresso come K2O) sono necessarie, rispettivamente, 3350 e 2315 kcal, pari a 0.39 e 0.27 litri di gasolio.
L'utilizzazione dei fertilizzanti aziendali, quindi, rappresenta un notevole risparmio energetico, per l'insieme del sistema produttivo ed ambientale. Prendiamo ad esempio le pratiche abituali di concimazione dei prati valdostani, che ricevono ogni anno, mediamente, una quantità di letame variabile tra le 15 e le 35 t/ha (fonte: Roumet J.P., Pauthenet Y., Fleury Ph., 1999. Tipologia dei prati permanenti della Valle d'Aosta. Documento IAR, Aosta). Considerando i valori medi di composizione del letame (vedi tabella) si può valutare che, su un ettaro che riceva una fertilizzazione annua di 25 t di letame, siano distribuiti circa 115 kg/ha di N, 50 di P2O5 e 170 di K2O, con un risparmio energetico di circa 2700000 kcal equivalenti a oltre 300 litri di gasolio.
L'utilizzazione delle deiezioni d'allevamento, dunque, contribuisce a ridurre l'impatto, almeno in termini energetici, della produzione zootecnica. Un aspetto da valutare attentamente, però, è il bilancio aziendale degli elementi nutritivi, calcolato come differenza tra le entrate, con i prodotti comprati, e le uscite, con i prodotti venduti (fonte: Soltner D. 1985. Les bases de la production végétale. Tome I, le Sol. Sciences et techniques agricoles, Sainte-Gemmes-sur-Loire). La voce positiva (apporti) è data dagli acquisti di concimi, ma anche di paglia, di foraggi e di alimenti per il bestiame, che si trasformano in letame o liquame. La voce negativa (asporti) comprende i prodotti vegetali o animali venduti e le perdite per dilavamento, volatilizzazione e immobilizzazione.
Se il bilancio è troppo positivo, con apporti molto superiori agli asporti, il sistema è squilibrato sia sul piano agronomico, sia su quello ecologico (sia, spesso, anche sul piano economico). È questo il caso, per esempio, di allevamenti con un carico animale eccessivo, il cui eccesso di deiezioni zootecniche è distribuito su superfici troppo piccole, oppure di aziende che acquistano molti alimenti concentrati e paglia. Se il bilancio è troppo negativo (apporti molto inferiori alla somma di uscite e di perdite), il sistema può essere eccellente e sostenibile (se, per esempio, gli asporti di elementi nutritivi sono compensati da fenomeni naturali quali l'azotofissazione legata alle leguminose o l'alterazione di minerali presenti nel suolo) o, al contrario, estremamente dannoso (se le esportazioni di nutrienti avvengono a spese delle riserve nel suolo, che finisce per impoverirsi di humus e di elementi minerali). Ciò può avvenire, per esempio, nel caso delle aziende di produzione vegetale che abitualmente brucino i residui di coltivazione (la paglia, gli scarti di potatura ecc.): in tal modo tutto l'azoto contenuto nei residui vegetali si perde nell'atmosfera, mentre la sostanza organica del suolo si esaurisce poco a poco.
Nel caso specifico dei prati permanenti, quali quelli predominanti in Valle d'Aosta, la quantità di letame o di liquame da distribuire deve essere ragionata in rapporto all'intensità di utilizzazione: un prato falciato tre volte l'anno avrà, evidentemente, esigenze superiori ad un prato falciato una sola volta. In caso di eccesso, si assisterà al degrado della composizione botanica (diffusione delle ombrellifere bianche), il fieno prodotto sarà grossolano e di scarsa qualità e potrebbero crearsi, in alcuni casi, condizioni di rischio ambientale (fonte: IAR, Settore di Agronomia, 2001. Scheda tecnica "Valorizzazione dei fertilizzanti aziendali". Progetto INTERREG Italia-Francia). Al contrario, una carenza di elementi nutritivi non provoca danni all'ambiente, tende a selezionare specie erbacee che mantengono una miglior qualità foraggera ma, evidentemente, riduce le rese produttive del prato.
Ai fini del valore concimante, nel breve o nel lungo periodo, e dell'arricchimento del tenore di sostanza organica nel suolo, i fertilizzanti aziendali non sono tutti uguali. La diversa composizione del letame e del liquame, infatti, soprattutto per quanto riguarda la frazione di composti già mineralizzati e di molecole a più lenta decomposizione (vedi tabella), fa sì che il secondo sia più efficace come concime di pronto effetto, mentre il letame, più ricco in fibra, contribuisce maggiormente ad aumentare, nel tempo, l'humus nel suolo.
Il principio che deve regolare il riutilizzo delle deiezioni prodotte nell'azienda agricola è quello di valorizzarne al massimo sia il valore concimante sia quello ammendante. Dovrebbero, quindi, essere distribuite nel modo più omogeneo sull'intera superficie aziendale, evitando di creare zone troppo squilibrate, in eccesso e in difetto. Lo spandimento dei fertilizzanti organici dovrebbe essere regolato anche secondo i cicli vegetativi delle colture, in modo che le piante possano beneficiare pienamente della loro azione nutriente e che il rischio di perdite per dilavamento, soprattutto per l'azoto, sia ridotto al minimo. Anche la sostanza organica derivante dalle pratiche colturali, infine, dovrebbe essere recuperata e gli scarti di potatura, per esempio, piuttosto che essere bruciati andrebbero trinciati sul posto o compostati e ridistribuiti sul terreno.
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