BIODIVERSITÀ
"La biodiversità, anche quella culturale, è comunque un valore, un patrimonio che merita rispetto e protezione, perchè la grande forza, il successo della nostra specie, si è sempre basato sulla diversità tra gli uomini." Danilo Mainardi
PARCHI NATURALI ED AREE PROTETTE
di Santa Tutino
CENNI STORICI
Uno degli obiettivi principali della protezione della natura è la conservazione della biodiversità intesa come insieme delle forme di vita che popolano la terra.
Fin dall'antichità l'uomo ha destinato parti di territorio alla tutela per finalità e scopi non direttamente riconducibili alla salvaguardia della biodiversità. È il caso dei boschi sacri della civiltà mediterranea o della cinta di Roma o ancora delle foreste appenniniche dell'Abetone e del Parco nazionale delle Foreste Casentinesi, conservatesi anche grazie alla presenza di eremi e monasteri che ne scoraggiavano lo sfruttamento pesante.
L'istituzione di riserve di caccia ad opera di famiglie nobili ha spesso permesso il mantenimento in condizioni di elevata naturalità di interi territori e la sopravvivenza di specie altrimenti estinte; basti ricordare la storia del primo parco nazionale italiano, il Gran Paradiso.
Sono statunitensi i primi parchi naturali nazionali, nel 1872 viene istituito Yellowstone, nel Wyoming, e poco tempo dopo, nel 1880, Yosemite, in California; le note a commento dell'atto legislativo istitutivo dello Yellowstone sottolineano l'ampia approvazione in seno al Congresso e la massiccia mobilitazione dell'opinione pubblica sensibilizzata verso la necessità di preservare le bellezze naturali a beneficio dell'intera collettività nazionale, senza distinzione di rango.
In Europa nel corso del XIX secolo vi sono iniziative a favore di singole specie pesantemente sfruttate; le prime leggi di protezione della natura risalgono agli inizi del novecento, ma è la Svizzera, nel 1914, la prima nazione europea a realizzare un parco nazionale con criteri e finalità di salvaguardia scientifica, l'Engadina. Negli anni successivi si susseguono altre istituzioni in tutta l'Europa, in Italia il Gran Paradiso nel 1922, il Parco d'Abruzzo nel 1923, il Circeo nel 1934 e lo Stelvio nel 1935 per citare solo quelli definiti storici.
LE FINALITÀ
I criteri istitutivi dei parchi non sono uniformi, accanto a impostazioni quasi esclusivamente protezionistiche quali quella dell'Engadina, ci sono quelle di tipo paesaggistico-ricreative, negli Stati Uniti, o di tipo misto in Inghilterra, Germania o Olanda.
I primi tentativi di uniformare i criteri di classificazione e giungere a una definizione universalmente accettabile di parco nazionale risalgono alle conferenze di Londra del 1933 e di Washington del 1940 ma, malgrado gli sforzi, il panorama rimane estremamente diversificato perché condizionato dalle politiche dei diversi paesi ispirate a principi autonomi.
Nel 1948 nasce l'Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN), organismo sovranazionale di riferimento, cui viene affidato un programma per la classificazione delle aree protette. L'impostazione che ne scaturisce, basata sulla contrapposizione uomo - natura permarrà a lungo, fino alla Conferenza mondiale sull'Ambiente di Stoccolma del 1972 quando si arriva finalmente ad associare i problemi della conservazione a quelli dello sviluppo.
L'ultimo trentennio del secolo scorso pone in primo piano la questione ambientale, l'aumento demografico, l'esaurirsi delle risorse naturali, l'inquinamento e i limiti di uno sviluppo incontrollato. Risalgono a quel periodo numerose convenzioni internazionali per la protezione di specie animali; ma l'atto più significativo rimane la Convenzione di Rio de Janeiro sulla diversità biologica, sottoscritta da 153 paesi.
In quegli anni cominciano ad emergere i primi dubbi sul concetto di protezione della natura basata esclusivamente sull'individuazione di isole di naturalità nettamente separate dal resto del territorio e precluse all'intervento umano.
I paesaggi naturali originari infatti hanno subito, nel tempo, modificazioni tali da non permettere una separazione delle componenti naturali da quelle antropiche e un insieme di zone protette perfettamente isolate in un paesaggio profondamente alterato non assicura affatto la conservazione della biodiversità.
Comincia anche a farsi strada la consapevolezza che la creazione di un'area protetta necessiti di confini basati su criteri ecologici e di studi più complessi e approfonditi che non la semplice definizione dei punti di interesse.
UN NUOVO APPROCCIO ALLA CONSERVAZIONE
Solide basi scientifiche e la consapevolezza che proteggere la natura significa anche tutelare l'ambiente di vita dell'essere umano divengono i nuovi principi ispiratori della protezione della natura e di un modello di sviluppo sostenibile che sappia farsi carico tanto delle componenti antropiche che naturali.
La conservazione degli ecosistemi naturali rimane una delle finalità principali di un'area protetta. Soulè e Simberloff (1986) hanno così definito le finalità biologiche:
- conservazione di ecosistemi o paesaggi, dove si protegge un'unità paesistica nella sua totalità;
- conservazione della biodiversità, è il caso di aree ad elevata biodiversità come il Costa Rica o il Madagascar;
- protezione di specie di particolare interesse, ne sono esempio le riserve create sulle spiagge di Lampedusa dove depone le uova la tartaruga marina.
Le interazioni tra questi obiettivi sono tali da poter sostenere che un'area protetta preservi la biodiversità a tutti i livelli, da quella genetica a quella paesistica.
Le aree protette sono formate da ecosistemi e paesaggi, sistemi biologici complessi dotati di autotrasformazione e in grado di coevolvere sulla base degli stimoli provenienti dalle popolazioni presenti, comprese quelle umane. Questa caratteristica permette il passaggio da una concezione di parco
sotto vetro
a quella di parco
aperto
, inteso come sistema in continua evoluzione .
Il progetto di creazione di un'area protetta deve quindi essere accompagnato da una attenta pianificazione che tenga conto di aspetti quali le dimensioni e l'eterogeneità dell'area, i processi dinamici in atto, la possibilità di connessione tra territori frammentati, il contesto territoriale, la presenza di zone tampone e la coesistenza di sistemi paesistici naturali e modificati dall'uomo.
Il problema della salvaguardia della biodiversità richiede quindi un'impostazione logica differente, basata non solo sulle aree protette ma sull'intero territorio. Le aree protette sono i luoghi privilegiati, i nuclei di un sistema che per assicurare risultati certi deve prendere in considerazione il territorio circostante, le zone limitrofe e i corridoi di collegamento tra i centri: l'intero sistema, più comunemente definito rete ecologica, attraverso le interazioni tra le varie parti assicurerà l'equilibrio complessivo e il funzionamento anche degli ecosistemi più complessi.
La politica comunitaria a tutela della biodiversità è basata proprio sulla creazione di una rete ecologica europea di zone speciali di conservazione, la rete Natura 2000.
La direttiva di riferimento, detta direttiva "Habitat", relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, della flora e della fauna selvatiche, definisce i criteri per la creazione della rete, individuando un insieme di habitat e di specie animali e vegetali ritenuti di interesse prioritario.
Un habitat è ritenuto tale se rischia di scomparire nell'area di distribuzione naturale o rappresenta un esempio caratteristico della regione biogeografica di riferimento; nel caso delle specie l'attenzione è rivolta verso quelle in pericolo o vulnerabili, quelle rare, con popolazioni di ridotte dimensioni, e quelle endemiche.
In Valle d'Aosta sono stati individuati 26 Siti di Importanza Comunitaria che andranno a far parte della rete europea Natura 2000; l'elenco contiene sia aree protette che zone attualmente non tutelate come tali. L'individuazione dei siti, avvenuta in un primo tempo su basi bibliografiche, ha trovato conferma in riscontri e verifiche sul terreno e nei risultati ottenuti nell'ambito di due progetti Interreg ormai conclusi.
La sfida è appena avviata: prossimi traguardi saranno la definizione delle azioni di monitoraggio e di gestione dei siti e l'acquisizione di nuove informazioni perché ciò che oggi conosciamo rappresenta solo una piccola parte del mondo naturale.
Essenziale per la salvaguardia della biodiversità rimane la condivisione delle conoscenze a livello di pianificazione territoriale.
Bibliografia
Ceruti G. 1996;
Aree naturali protette, Editoriale Domus.
Giacomini V., Romani V. 1992;
Uomini e Parchi, Franco Angeli.
Massa R., Ingegnoli V. 1999;
Biodiversità, Estinzione e Conservazione, Utet.
Moschini R. 2002;
Parchi alla prova, Parchi, suppl. al n. 35.
20
ÉDITORIAL
INIZIATIVE AMBIENTALI 2002: UN PRIMO BILANCIO
SVILUPPO SOSTENIBILE IN ALTA MONTAGNA: INTERVENTI AMBIENTALI E PROSPETTIVE
BIODIVERSITÀ
I SITI DELLE FARFALLE
RICCHEZZA DELLA FLORA VALDOSTANA
AGRICOLTURA E DIVERSITÀ BIOLOGICA
COLTIVARE LA VARIETÀ
PARCHI NATURALI ED AREE PROTETTE
RETI ECOLOGICHE E TERRITORIO
PIANTE E ANIMALI NELL'ANTICHITÀ
DEL "PIO CASTAGNO"
LA STORIA IN UNA TORBIERA
ECOLOGIA STORIA E MONDO RURALE
...MONTAGNA CHE TROVI: DAL PINDOS AL MONTE OLIMPO
I CALANCHI DI SAINT-NICOLAS
RECENSIONI
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