BIODIVERSITÀ
La Valle d'Aosta è ricca di ambienti palustri che si prestano allo studio dei complessi pollinici, utili per tracciare un quadro del paesaggio vegetale in epoche diverse.
LA STORIA IN UNA TORBIERA
di Bruna Ilde Menozzi e Carlo Montanari
L'area palustre di Palud (Col de Joux) come si presentava nel 1997, prima degli ultimi interventi. La superficie era già ridotta alla metà di quella originaria.Il paesaggio vegetale della Val d'Aosta è facilmente percepibile oggi da chiunque vi si trovi immerso: naturalmente, a seconda della propria formazione culturale, ciascuno ne coglierà aspetti e valori diversi. Il concetto stesso di paesaggio è abbastanza controverso e cambia a seconda dell'angolazione dalla quale lo si considera. A nessuno, comunque, sfugge la varietà degli aspetti vegetazionali e molti sono in grado di riconoscere quelli dipendenti da fattori naturali (clima, substrato geologico, quantità di acqua nel suolo, ecc.) o umani (taglio del bosco, pascolo, coltivazione, insediamenti, ecc.). Sappiamo anche che un uso non troppo intenso delle risorse ambientali aumenta la biodiversità, frammentando la copertura vegetale, creando mosaici di vegetazione, moltiplicando gli ambienti di transizione tra un tipo e l'altro, introducendo specie nuove, selezionando alcune di quelle spontanee e così via. Il paesaggio è costituito generalmente da un insieme di ambienti diversi che sono tra loro in contatto spaziale e temporale: se è perfettamente in equilibrio con i fattori ambientali, si compone di un certo numero di biocenosi che rappresentano il massimo della complessità possibile in quelle condizioni ambientali e che tendono a mantenersi fino a che queste non cambino. Più comunemente, almeno negli ambienti non estremi, molte biocenosi costituiscono invece delle tappe transitorie di una serie dinamica che tende a raggiungere, in tempi più o meno lunghi, lo stadio finale di equilibrio. Fino a che i fattori ecologici dominanti sono stati quelli che chiamiamo naturali (es. clima, substrato geologico, suolo, attività biologica), solo il mutare di questi ha determinato variazioni nell'assetto territoriale. Macroscopicamente questi cambiamenti si possono cogliere come variazioni della copertura vegetale, essendone questa l'espressione più appariscente. Da alcune migliaia di anni, però, anche le grandi modificazioni del paesaggio sono soprattutto conseguenza diretta o indiretta dell'attività dell'uomo, che sempre più pesantemente ha condizionato gli equilibri ambientali.
Un aspetto molto interessante della diversità ambientale è quindi quello relativo alle sue modificazioni nel tempo, a scala diversa di spazio e di tempo. Le ricerche di carattere paleobotanico forniscono uno strumento fondamentale per la conoscenza degli assetti territoriali del passato e permettono anche di valutare a distanza le conseguenze dell'attività dell'uomo. In particolare, lo studio dei complessi pollinici che si sono depositati in sedimenti di laghetti o torbiere permette di tracciare un quadro del paesaggio vegetale in epoche diverse e di seguirne le modificazioni nel tempo, anche nell'arco di molte migliaia di anni. La Valle d'Aosta è relativamente ricca di ambienti palustri che si prestano a questo tipo di studi e ne ha riconosciuto l'importanza anche da questo punto di vista, considerandoli in buona parte aree da proteggere. Questo, purtroppo, non è avvenuto nel caso della torbiera di Palud presso il Col de Joux (1600 m), che è stata sacrificata prima per creare un parcheggio per l' impianto di risalita e più recentemente per realizzare una vasca per la produzione di neve artificiale. Si perde così un interessante biotopo che conservava fitocenosi palustri tipiche delle torbiere basse acide e anche due specie carnivore (Drosera rotundifolia e Utricularia minor), la seconda delle quali è molto rara in Valle. Tuttavia, grazie alla disponibilità ed interessamento del direttore dei lavori, ing. Augusto Fosson, si spera di poter approfittare degli scavi per ricavare ulteriori dati paleobiologici, in particolare riguardo alla presenza di resti macroscopici (es. legni, foglie, coni, frutti, semi, ecc.).

La torbiera di Palud come archivio della storia ambientale
Vista dal Col di Joux verso Estoul (Val d'Ayas).Sono stati studiati stratigraficamente circa 3 metri di sedimenti torbosi e argillosi, per un totale di 70 campioni; l'analisi pollinica di ciascun livello ha fornito altrettanti spettri pollinici che, disposti in una serie stratigrafico-cronologica, costituiscono il diagramma pollinico (Menozzi, 1997, modif.; Fig.2). Per questa illustrazione sintetica, sono riportate solo alcune curve utili per delineare la storia tardiglaciale e postglaciale della vegetazione locale e dell'area circostante. Si sono riconosciuti in tutto circa 130 tipi pollinici diversi, di cui una ventina appartengono a specie arboree. Una serie di datazioni al radiocarbonio (Calderoni, 1996) ha fornito una cronologia di riferimento, compresa tra 10.155 ± 100 BP (anni da oggi) e 3525 ± 60 BP. Sulla base di combinazioni significative di presenze polliniche si possono individuare numerose zone polliniche diverse, corrispondenti ad altrettante fasi vegetazionali, correlate a loro volta a periodi climatici o a fasi di attività umana. Lo studio dettagliato ha individuato 14 diverse zone polliniche locali che, semplificando molto, si possono ridurre a 4 fasi principali.
A) La parte più antica del diagramma (fino a circa 11.000 anni fa) presenta un quadro di ambiente freddo e asciutto, con netta prevalenza di specie erbacee e arbustive, mentre polline di Pini e Betulle giunge da altitudini minori: è una fase di tundra alpina con Salici nani, Ginepri, Efedra, Olivello spinoso, Graminacee, Chenopodiaceee, Artemisia, altre Composite, ecc. La bassa concentrazione del polline di specie arboree nei sedimenti e la presenza significativa di specie arbustive pioniere e di specie erbacee di prateria alpina conferma che l'area è priva di copertura forestale. Siamo nel Tardiglaciale.

B) A partire da circa 11.000 anni fa la pineta si insedia nei dintorni del Col de Joux, accompagnata soprattutto da Betulla. Bisogna ricordare che il sito di Palud si trova sullo spartiacque tra la Val d'Ayas, a clima più fresco-umido, e la valle principale, molto più continentale e arida, e in esposizione Sud-Ovest; è quindi probabile che il polline di specie arboree anemofile rifletta situazioni forestali diverse, anche oggi ben evidenti, con le formazioni a Pino silvestre del versante arido di Saint Vincent e quelle a Larice ed Abete rosso della Val d'Ayas. Siamo ormai nel periodo Postglaciale.
C) Intorno a 9000 anni fa si diffonde l'Abete bianco, che è una conifera più mesofila delle altre (richiede cioè un clima relativamente fresco-umido); contemporaneamente, ha un forte incremento anche l'Ontano che, sebbene legato più all'umidità del suolo che a quella del clima, indica comunque una maggiore disponibilità idrica dell'area, così come l'inizio della sedimentazione di torba. È costantemente presente anche polline di Querce e di altre latifoglie. Oggi l'Abete bianco è raro in Valle, così come il Faggio, a causa della condizioni climatiche continentali, poco adatte a specie mesofile. Questa fase corrisponde al cosiddetto periodo Atlantico, in cui l'Abete bianco è una delle specie forestali dominanti anche sugli Appennini.
D) Infine, intorno a 3500 anni fa, l'Abete rosso prende improvvisamente il sopravvento accompagnato dal Larice, mentre l'Ontano riduce molto la sua presenza e l'Abete bianco scompare. Attorno a questa data deve essere successo qualche cosa di determinante che ha lasciato tracce anche nel tipo di sedimento, sotto forma di uno strato di 7 cm di argilla, intercalato alla torba. Probabilmente l'attività dell'uomo dell'età del Bronzo ha contribuito a questi improvvisi cambiamenti del paesaggio vegetale; la diffusione di specie legate alle pratiche agro-silvo-pastorali quali Castagno, Noce, Cereali, specie prative, ecc. confermerebbe questa ipotesi, ma la concordanza di questi eventi in diverse parti della valle, a quote simili, costringerebbe a ipotizzare un impatto antropico omogeneo e diffuso. Un'analisi più dettagliata della storia ambientale della Valle d'Aosta è stata delineata alcuni anni fa da un approfondito studio pollinico riguardante numerosi siti a varie altitudini e in vallate diverse (Brugiapaglia, 1996).

Per quanto non si possa fornire qui altro che un quadro sintetico ed esemplificativo, appaiono tuttavia chiare l'importanza e le potenzialità che queste metodologie di ricerca rivestono per la conoscenza dell'ambiente nel passato. Ad esempio, dal diagramma illustrato si possono ricavare indicazioni sulla biodiversità delle formazioni vegetali succedutesi nel tempo: la varietà floristica (numero di taxa identificati) risulta nettamente inferiore in corrispondenza del bosco di Pino e di quello di Abete bianco, come si può riscontrare anche oggi in questo tipo di comunità forestali.
Oltre al polline, anche altri micro e macroresti (es. carboni, legni, semi, ecc.) sono utili per le ricostruzioni paleoambientali; inoltre, applicando gli stessi criteri di ricerca a tempi storici recenti ed a contesti precisi, si possono ottenere informazioni su fasi e modalità dello sfruttamento delle risorse ambientali e sulle conseguenze che questo ha avuto sugli assetti preesistenti (cfr. l'articolo di Moreno e Scipioni in questo stesso numero).

Bibliografia
Brugiapaglia E. 1996, Dinamique de la vegetation Tardiglaciaire et Holocene dans les Alpes Italiennes Nord-Occidentales. These Université de Aix-Marseille III.
Calderoni G. 1996, Datazioni radiocarboniche dei sedimenti delle torbiera di Pallù: Rome 842,843,844,845, 993.
Menozzi B. 1997, Storia delle vegetazione tardiglaciale ed olocenica in Valle d'Aosta, sulla base di spettri pollinici. Tesi di Laurea, Università di Genova.
   
Pagina a cura dell'Assessorato territorio, ambiente e opere pubbliche © 2024 Regione Autonoma Valle d'Aosta
Condizioni di utilizzo | Crediti | Contatti | Segnala un errore