BIODIVERSITÀ
L'attuale avanzamento delle ricerche biotecnologiche e zootecniche è frutto di una serie di modificazioni succedutesi nel corso delle diverse epoche storiche.
PIANTE E ANIMALI NELL'ANTICHITÀ
di Rosanna Mollo
La moderna archeologia ha contribuito in maniera significativa a far conoscere la vita agricola e il ruolo svolto dagli animali nel mondo antico; dalla più remota antichità gli animali hanno costituito una risorsa alimentare ed hanno fornito materie prime, divenendo essi stessi, più tardi, forza lavoro.
I grossi mammiferi, i cosiddetti
pachidermi
costituirono la principale base nutrizionale dei cacciatori paleolitici. In un momento avanzato del paleolitico superiore (35.000-10.000 a.C. circa) i gruppi umani della penisola italiana e dell'Europa centro-occidentale iniziarono a cacciare, insieme alla macrofauna terrestre, numerose altre specie, come l'
Equus hydruntinus, il Bos primigenius, il Cervus elaphus
e il
Sus scrofa
.
Le prime forme di addomesticamento di animali selvatici come i caprovini, bovini, canidi e suini, legate a processi naturali, sembrano risalire in Occidente al Mesolitico, periodo in cui ancora vigevano la caccia e la raccolta (circa 10.000-5.000 a.C ).
Soltanto con la
rivoluzione neolitica
e la nascita delle prime comunità agricole, come ha fatto osservare Gordon Childe, l'intervento umano sui meccanismi di riproduzione animale e vegetale arriva a trasformare la fauna a proprio vantaggio; verso la fine di questo periodo (3500 a.C.) compaiono anche in Valle d'Aosta i primi villaggi e le prime manifestazioni agropastorali.
L'occupazione stabile documentata nella conca di Aosta risale agli inizi del III millennio a.C., periodo in cui si registra una progressiva e generale stabilizzazione delle colture agricole.
A partire da questo momento un rilievo sempre maggiore assumono le attività metallurgiche: le innovazioni tecnologiche e i conseguenti mutamenti socio-culturali avvenuti in ambiente egeo-anatolico fanno sentire il proprio peso anche sui meccanismi produttivi delle comunità umane insediate in Occidente, generando nuove possibilità di sviluppo legate all'affermazione delle nuove tecniche agro-pastorali.
Ad Aosta l'area megalitica di Saint-Martin-de-Corléans, nelle prime fasi d'impianto, è espressione di manifestazioni cultuali legate probabilmente a riti e credenze relativi al mondo pastorale e agricolo ricorrenti nel tempo e in molti casi interdipendenti, come dimostrano sia il primitivo allineamento di
pali
totemici con crani di bovidi combusti alla base (FASE I: 3000-2750 a.C.) che i pozzi votivi con deposizioni di macine e cereali (Fase 3, 2.750-2.700 a.C.) (Mezzena 1997).
Sacrifici di bestiame e offerte di granaglie sono testimonianza di culti propiziatori dei cicli vegetativi e della fertilità della terra e degli animali.
Accanto ai dati di scavo, lo studio paleobotanico ha contribuito a delineare la natura dell'antica copertura vegetale dell'areale di Saint-Martin-de-Corléans e a ricostruirne la fisionomia agro-pastorale.
L'environnement (via Sinaia, Corso Saint-Martin, Area megalitica) era caratterizzato da estese aree prative con presenza di erbacee (cicoriacee, graminacee, rosacee) sottoposte molto probabilmente al pascolo (strati 2A - 4A).
Nel corso dell'età del Bronzo la potenzialità produttiva della regione, basata sullo sfruttamento di agricoltura e pastorizia, era affiancata dalle risorse delle aree montane: esse costituivano un ottimo rifugio per le specie selvatiche da caccia ed offrivano ampi spazi per gli armenti.
Con il passaggio all'età del Bronzo-Ferro si attivava il processo di arroccamento e di occupazione sistematica del territorio: comunità protostoriche legate alla pratica dell'allevamento e all'economia di tipo pastorale occupavano i territori affacciati sul fondovalle a controllo della via di penetrazione lungo il solco vallivo della Dora Baltea.
In questo periodo avveniva anche la risalita nelle valli laterali, finalizzata probabilmente al pascolo d'altura e all'attività mineraria. In vari punti dominanti, in contesti isolati, sono stati ritrovati
massi a coppelle
, probabili segnalazioni con implicazioni rituali di aree o di sentieri destinati alla pratica dell'alpeggio.
Per quanto riguarda la zootecnia del mondo classico, le principali fonti di informazione sono le opere di Aristotele (Storia degli animali), di Varrone (
De rerum natura
), di Plinio il Vecchio (
Naturalis Historia
, libri VIII, IX, X, XI) e di Columella (
De re rustica
).
Normalmente gli animali erano considerati dagli antichi al servizio dell'uomo: venivano cacciati per il cibo o per la pelle, oppure sacrificati alle divinità e utilizzati per la loro carne, per la loro lana o per i lavori…
vel onera subvectando vel arando iuvarent
…(Columella, VI,
Praefactio
); "vi sono due generi di quadrupedi" scrive Columella "alcuni li alleviamo perché ci aiutino nei lavori, …
sicut bovem, mulam, equuum, asinum
,… altri li teniamo solo per la nostra utilità o per guadagno, o per custodia della casa …
ut avem, capellam, suum, canem
…".
Da questi brevi brani traspare senz'altro una conoscenza alquanto dettagliata dei concetti di specie, razza e addirittura di ibrido (mulo), fatto che denota un alto grado di evoluzione della ricerca zootecnologica, alla quale si affiancavano anche pratiche di medicina veterinaria.
I Romani hanno sicuramente contribuito a sviluppare l'allevamento nel territorio montano valdostano, ricco di pascoli e di boschi, perfezionando il sistema di canalizzazioni volte ad accrescere il rendimento delle aree prative.
Anche nelle zone più elevate, rivolte a mezzogiorno ed assai confacenti all'agricoltura e alla pastorizia si sono infatti trovate tracce della presenza romana.
Con il potenziamento dell'allevamento e il progressivo disboscamento furono, con molta probabilità, anche praticate forme di transumanza verticale - l'alpeggio - già sperimentato dalle comunità preromane.
Accanto all'allevamento dei bovini, dei suini nelle zone a querceto misto, delle pecore e delle capre, adatte ai luoghi montuosi pieni di roveti, anche la pollicoltura occupava un posto importante nell'economia di un impianto rustico o di una azienda agricola; importanti erano anche i prodotti caseari derivati, la lana e le pelli.
La cacciagione costituiva una forma d'integrazione importante; l'allevamento delle api doveva occupare una parte rilevante nello sfruttamento delle risorse naturali della regione.
Cavalli, muli e asini erano impiegati come animali da traino; i cavalli, inoltre, ricoprivano un ruolo importante nella vita militare o nelle gare di corsa, ma anche nell'
usum domesticum
. Al pari dei riscontri osteologici, bardature e finimenti documentavano la presenza del cavallo: un frammentario nasale di briglia equina in bronzo è stato ritrovato nell'area urbana di Aosta.
All'interno della città correvano lucertole e topolini; il tessuto urbano e le abitazioni di campagna si popolavano del chiassoso cinguettio dei passeri e del canto degli usignoli.
I dati archeozoologici provengono per lo più dall'area urbana e sono relativi a diverse fasi cronologiche e strutturali. I dati forniti, come normalmente accade negli scavi urbani, non offrono la testimonianza di animali macellati ed utilizzati integralmente, ma soltanto di parti di essi; i rinvenimenti più frequenti sono riferibili ad ossa bovine, normalmente di taglia più piccola rispetto a quelle odierne: predominano le ossa delle parti commestibili delle spalle, delle cosce e delle parti terminali delle zampe.
I bovini venivano macellati all'età canonica di due anni circa o in età molto avanzata, mentre la maggior parte dei suini a due anni.
L'associazione faunistica risultava quindi composta da quelle specie domestiche che da sempre hanno rappresentato il fulcro dell'alimentazione umana e che hanno rivestito nei secoli il ruolo di fonte primaria economico-alimentare della società. Se si considera la percentuale di presenze rinvenute come il campione della realtà socio-economica di
Augusta Praetoria
nel periodo medio-imperiale, possiamo dedurre la grande importanza rivestita dall'allevamento e principalmente da quello dei bovini, che dovevano costituire la fonte alimentare di base della comunità.
Non mancano zanne di cinghiali, appartenenti anche ad esemplari di grande taglia. Nell'area urbana è stato anche ritrovato un dente d'orso che testimonia la frequenza dell'animale nei boschi della Valle d'Aosta, la cui presenza è peraltro attestata nell'area lucana da Orazio (Odi III, 4); gli orsi, secondo una consuetudine romana, venivano utilizzati nelle
venationes
o esibiti nel circo e nell'arena.
Le illustrazioni dell'articolo sono tratte da:
Atti della XXXI riunione scientifica. La Valle d'Aosta nel quadro della preistoria e protostoria dell'arco alpino centro-occidentale, (Firenze 1997);
Le Valais avant l'histoire, (Sion 1986)
.
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ÉDITORIAL
INIZIATIVE AMBIENTALI 2002: UN PRIMO BILANCIO
SVILUPPO SOSTENIBILE IN ALTA MONTAGNA: INTERVENTI AMBIENTALI E PROSPETTIVE
BIODIVERSITÀ
I SITI DELLE FARFALLE
RICCHEZZA DELLA FLORA VALDOSTANA
AGRICOLTURA E DIVERSITÀ BIOLOGICA
COLTIVARE LA VARIETÀ
PARCHI NATURALI ED AREE PROTETTE
RETI ECOLOGICHE E TERRITORIO
PIANTE E ANIMALI NELL'ANTICHITÀ
DEL "PIO CASTAGNO"
LA STORIA IN UNA TORBIERA
ECOLOGIA STORIA E MONDO RURALE
...MONTAGNA CHE TROVI: DAL PINDOS AL MONTE OLIMPO
I CALANCHI DI SAINT-NICOLAS
RECENSIONI
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