VERTA VALLAYE
Alberi, arbusti, erbe e fiori del patrimonio verde valdostano sono all'origine di molti dei nomi di luogo della nostra regione, dove evidentemente la loro presenza era abbondante o significativa.
DI ALCUNI FITONIMI
di Saverio Favre
Mai come ai giorni nostri il colore verde, inteso sia in senso proprio che in senso traslato, ha goduto di tanta notorietà, forse perché, come simbolo della natura rigogliosa, sta diventando un'esigenza via via più pressante, più vitale, nella misura in cui lo si distrugge, spesso in maniera indiscriminata, nel nome di un presunto progresso. Usato e abusato, osannato a parole e vilipeso nei fatti, lo si rimpiange sovente come la giovinezza alla quale viene accostato con metafore quali anni verdi, verde età; verde è anche il colore della speranza, e sempre più verde è l'erba del vicino. In centri soffocati dalla cementificazione, si parla di aree verdi, polmone verde, verde pubblico, verde attrezzato, bollino verde; in agricoltura sono invece noti i piani verdi e il verde agricolo. Verde è anche sinonimo di ecologico, dalla benzina verde, all'energia verde. Ce n'è insomma per tutti e per tutti i gusti: chi ha il pollice verde, chi è verde per la rabbia, chi a causa del tappeto verde è rimasto al verde. Il verde ha pure ispirato grandi poeti: per limitarsi a versi noti, si pensi all'Adriatico selvaggio di D'Annunzio che "verde è come i pascoli dei monti", o all'occhio glauco del bove di Carducci nel quale si rispecchia "il divino del pian silenzio verde", famosa ipallage, sinestesia di grande effetto.
Anche in toponomastica la vegetazione è molto ben rappresentata e i fitonimi, ossia i nomi di piante, sono significativamente numerosi.
Gli alberi che costituiscono il nostro patrimonio boschivo, dalle aghifoglie alle latifoglie, hanno dato vita ad una lunga serie di nomi di luogo, in modo particolare quelli terminanti con il suffisso -ey, dal latino -ETUM, con valore collettivo. Arberey dal latino ALBARUS; Arolley (da una forma *ARUA che sarebbe di origine prelatina); Bioley; Brenvey (da *BRENVA, voce di origine preceltica); Cheyney (dal latino popolare *CASSANUS, parola di origine celtica); Dailley (da *DALEA, voce di origine preceltica); Freyney; Genevrey; Gorrey (dal latino medievale GURRA); Pessey; Pleyney; Tumeley (dal latino *TEMELLUS); Verney (da *VERNO, voce di origine celtica) sono rispettivamente boschi di pioppi, pini cembri, betulle, larici, querce, pini silvestri, frassini, ginepri, salici, abeti, aceri, sorbi dell'uccellatore, ontani. L'Abbé Henry, nel suo studio sui vecchi nomi patois di località valdostane, cita anche Larzey dal latino LARIX, variante di Brenvey, per indicare un bosco di larici; Lantaney, luogo pieno di viburni, il Viburnum lantana L., piccolo arbusto molto comune; Saviney, luogo pieno di sabine (Juniperus Sabina L.); Darbelley, luogo pieno di darbé, voce di origine prelatina, forse celtica, con il significato di piccolo abete o piccolo larice. E ancora, Vargno, abete bianco; Vourmo, olmo; Beubblo, pioppo; Trèmbio, pioppo tremulo; Fayéra, bosco di faggi; Drozéi, bosco di drouze, dal preromano *DRAUSA, alno di montagna; Epiney, luogo ricco di arbusti spinosi; Frameclley, Framihquéa, luogo ricco di rododendri. E, per finire, un toponimo dal significato generico, Servaz, dal latino SILVA, foresta.
Anche diverse varietà di erbe o di fiori hanno avuto il privilegio di dare il nome a luoghi dove evidentemente la loro presenza era abbondante o significativa. Un toponimo generico è Teppe, con il significato di zolle erbose, dal preromano *TIPPA, zolla; Léchéra, Léchère, Léhtse, Litse indica un terreno paludoso, ma anche l'erba che cresce nelle zone umide, in modo particolare il carice, da una voce prelatina *LISCA che vuol dire appunto carice; Chardonney è un luogo ricco di cardi, Lavassey, Lavatséi di rabarbaro alpino, così come la variante Bardonney; Gressoney sarebbe da collegarsi al crescione, anche se questa tesi non è unanimemente condivisa.
Nella bassa Valle troviamo Lizerna, Luzerna, erba medica; Pra di Pariette, prato della serpentaria; la Pouza di Brouaco, il luogo di sosta dei mirtilli, chiamati in quest'area brouaco, brevaco, bréahco (ambrocalle nella media Valle e loufie nell'alta Valle), probabilmente dal celtico BRUCUS, brughiera, erica.
Anche toponimi riferiti a centri abitati o a luoghi noti e frequentati hanno spesso come base un fitonimo: Brusson deriverebbe secondo alcuni dal prelatino *BRUSCIA, cespuglio, più un suffisso; per Tilly, frazione di Challand-Saint-Anselme, si potrebbe ipotizzare una base latina *TILIUM, tiglio; Follias di Arnad è verosimilmente un fitonimo da associarsi alle foglie, al fogliame; Joux, secondo un'interpretazione, sarebbe da ricollegarsi ad una voce prelatina con il significato di altura boscosa; il nome del monte Dzerbion potrebbe essere riallacciato al termine dialettale djerbión, nel senso di terreno arido ricoperto di vegetazione rada e selvatica, descrizione pertinente se riferita ai brulli versanti di questa montagna (vedasi a tal proposito l'italiano gerbido, o il patois djierbe, djeurbe, terreno povero, magro, sterile o adibito a pascolo, e il derivato èndjerbì che si dice di un terreno non più coltivato e divenuto pascolo).
In diverse zone della regione si possono attestare toponimi nel cui campo semantico è facile ravvisare anche il significato di piccola superficie erbosa. È il caso di Sènlla (e mi limito a citare una sola delle numerose varianti fonetiche), dal latino CINGULA, cinghia, correggia, che oltre ad una zona scoscesa, o una cengia, indica anche una striscia erbosa tra le rocce e i precipizi. Palón è un pendio liscio, pascolo scosceso, dal latino PALA, pala. Fasse, che si ritrova in nomi composti come Fassebelle, sarebbe una striscia erbosa tra i precipizi, da latino FASCIA, striscia. Platta, dal latino PLATTUS, piano, piatto, significa tra l'altro pascolo su un pendio, destinato alle capre. Raye, dal celtico *RICA, solco, per certi versi sinonimo del precedente, è un toponimo riferito a strisce erbose sospese sui fianchi delle montagne, di difficile accesso, e quindi destinate a capre, pecore, camosci.
Vaco, Vacollo, dal latino VACUUS, vuoto, non occupato, è un nome riferito a terreni incolti, in cui le colture sono state abbandonate. Banal invece, toponimo anch'esso diffuso, riferito ad una foresta significa riserva, bosco dove è proibito pascolare animali domestici, zona dove il taglio del bosco è vietato. Generalmente queste interdizioni, oltre che da retaggi di diritto feudale, derivano anche da rischi di frane o di valanghe a cui sono soggette certe aree. I dizionari etimologici fanno risalire la voce banal all'antico francone *BAN, nel senso di "ordre ou défense proclamée sous peine d'amende". Un'altra accezione di questo termine è quella di "comune agli abitanti di un villaggio", come nel caso del four banal.
Bibliografia
Favre S., Toponomastica; in: "La Terra degli Challant. Genti e Paesi della Comunità Montana dell'Evançon", Quart, Musumeci, 1998.
Henry J.M., Vieux noms patois de localités valdôtaines ; in: " Noutro Dzèn Patoué ", n° 2, 1964; n° 3, 1965; n° 4, 1966.

   
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