NEVE
Anche una stagione senza neve offre delle interessanti possibilità di osservare e godere il paesaggio circostante.
TAVOLOZZA INVERNALE
di Cristina De La Pierre e Flaminia Montanari
Pensare un paesaggio è riportare alla mente un'immagine che corrisponde alla nostra condizione di utenti del territorio. Chi viene in Valle d'Aosta a sciare pensa ad un paesaggio bianco e appiattito dalla luce, da cui i toni azzurri e violetti della sera fanno riemergere i rilievi, via via che aumenta il contrasto tra l'ombra e le vette ancora illuminate dal sole. Pensa ai tetti coperti da un cuscino debordante di neve, ai ghiaccioli scintillanti appesi alle gronde, al magico aspetto della cosa più banale - una rete metallica, una staccionata, un cespuglio secco - subito dopo una nevicata. Il fruitore estivo ha invece un'immagine caratterizzata dalle distese verdi dei prati, arginate in alto su di una linea di quota quasi netta, dove la pendenza dei versanti cambia bruscamente, dalle macchie nere dei boschi di conifere e inframmezzato da lingue di vegetazione a foglia caduca, di un verde più chiaro e soffice, che profila i corsi d'acqua, s'insinua nei valloncelli, denuncia le falde affioranti. Lo scenario cambia più volte durante l'arco di un anno, ma quando parliamo di paesaggio ci riferiamo spesso a una nostra immagine mentale fissa, che non mette in conto le variabili stagionali. Nell'attività di tutela del paesaggio si riscontra che chi si occupa di impianti sciistici o di attività prevalentemente invernali tende a proporre di realizzare strutture bianche, senza pensare all'impatto che esse avrebbero nel paesaggio estivo, mentre chi opera prevalentemente in estate tende a pensare che con una mano di vernice verde si possa mimetizzare qualunque cosa (reti, tubature, pali, e tutto quell'armamentario di impianti e strutture aggiuntive che qualunque attività antropica ormai porta con sé), non immaginandone l'evidenza in un paesaggio innevato. Tendiamo cioè a immobilizzare il paesaggio in una veduta da cartolina, a non considerarne l'elemento di variabilità. Eppure non dovremmo mai parlare di paesaggio, quanto piuttosto di paesaggi: assetti mutevoli che ci mostrano via via aspetti diversi di una stessa realtà. E dovremmo imparare a considerare questa variabilità come un elemento di particolare pregio, da valorizzare in tutta la gamma di ricchezze che essa ci offre.
Una stagione senza neve, quale quella che abbiamo vissuto nella prima parte almeno di quest'inverno, è certamente un ostacolo alla pratica dello sci; e certo i corridoi bianchi delle piste faticosamente realizzate riportando la neve artificiale, stagliati contro il grigio incolore dei prati e dei boschi, ci danno un senso di disagio e di misero surrogato. Ma una stagione secca può offrirci altre occasioni di interesse, se siamo capaci di capirne la ricchezza nascosta e di offrirla per ciò che può dare. La sottile spruzzata di neve o di brina accentua infatti i preziosi grafismi di questo paesaggio ridotto ad un acquerello monocromatico, mettendo in evidenza i segni continui, che si perdono nella molteplicità delle sfumature dei colori delle altre stagioni, facendo così risaltare e rendendo nettamente percepibili i sottili ma chiari segni lineari - muretti di terrazzamento, tagli di strade o di ruscelli, allineamenti di pali, condotte - che rendono riconoscibili nel paesaggio le opere dell'uomo. Dal delicato intrico di segni di ogni sfumatura di grigio queste linee emergono come tagli netti, costringendoci a prendere atto di come tutto il territorio sia addomesticato dalla presenza umana, che lo ha rimodellato e organizzato sulle proprie necessità. Per contro, le ombre oblique delle brevi giornate rendono più evidente il tormentato assetto orografico, denunciando in modo inequivocabile i fossi e i colatoi, possibili corridoi di discesa non tanto per gli sciatori quanto per le valanghe di neve o di fango. Chi ha costruito allo sbocco di questi valloni deve avere scelto il sito d'estate, quando tutto è verde e ameno: che cosa di più bello di una casetta in un valloncello prativo dai fianchi boscosi? Ma nel paesaggio dell'inverno il fondo prativo si rivela subito come il colatoio, là dove lo scivolamento della neve impedisce la crescita degli alberi. In molti modi l'inverno è rivelatore della geografia di un sito: le superfici piane spazzate e i deboli accumuli bianchi ci rendono conto dell'azione del vento e delle sue abitudini, le chiazze brune dove la neve o la brina si sciolgono più in fretta ci fanno valutare a colpo d'occhio le ore di insolazione sui cocuzzoli e sui versanti, o la presenza di rocce affioranti.
Se poi vogliamo guardare da vicino questo paesaggio apparentemente scialbo, ci accorgiamo che il grigio quasi uniforme della veduta da lontano è formato in realtà dall'accostamento di tutta una gamma di colori preziosi, dall'oro dell'erba secca al verde tenerissimo di qualche rosetta di vegetazione, fino al rosso o arancio vivo delle bacche che adornano ancora gli arbusti irrigiditi dal gelo. Sullo sfondo scuro delle rocce i licheni rivelano la ricchezza dei loro colori - verde chiaro, grigio-verde, grigio perla, giallo zolfo, arancio, ruggine. L'occhio che fruga, ansioso di colore, in mezzo al grigio, scopre che il fusto dei cespugli non è affatto marrone, ma ha una sua tonalità di verde o di beige, a volte anche sontuosi rosso-scuro o amaranto. E in qualche angolo riparato non è difficile imbattersi in qualche primula o violetta, risvegliata per sbaglio, ingannata dal tepore insolito per la stagione e promessa di una primavera già vicina.
Il paesaggio invernale può essere goduto per quello che ci offre, neve o non neve; una passeggiata alla scoperta di queste piccole cose, o nel fiabesco paesaggio della brina, sull'envers lungo la Dora, o una caccia fotografica possono darci gioia non meno di una giornata di sci.
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