L'inquinamento dell'aria si verifica quando sono immesse nell'atmosfera sostanze che alterano la composizione naturale dell'aria.
L'aria, che costituisce l'atmosfera terrestre, è una miscela di gas. La composizione percentuale in volume dell'aria secca è, approssimativamente, la seguente:
N2 (azoto) 78%
02 (ossigeno) 21%
Ar (argon) 1%
Altre sostanze sono presenti in concentrazioni molto inferiori. Tra queste è da considerare, per la sua importanza per la biosfera (fotosintesi clorofilliana) e per il suo doppio ruolo di componente naturale/prodotto di attività umane, l'anidride carbonica (CO2), presente in percentuali dell'ordine dello 0.03 - 0.04%.
La composizione dell'atmosfera terrestre si mantiene costante fino a circa 100 Km di altezza.
L'inquinamento dell'aria può essere di origine naturale (ad es. dovuto alle eruzioni vulcaniche o agli incendi boschivi), oppure provocato dalle attività umane (origine antropica).
Gli inquinanti immessi in atmosfera si possono, a loro volta, classificare in:
macroinquinanti: sostanze le cui concentrazioni nell'atmosfera sono, per metro cubo, dell'ordine dei millesimi di grammo (milligrammi -mg) o dei milionesimi di grammo (microgrammi µg) come, ad es., CO, (CO2 immesso dai processi di combustione), NO, NO2, SO2, 03, polveri sospese; microinquinanti: sostanze le cui concentrazioni in atmosfera sono dell'ordine dei miliardesimi di grammo (nanogrammi ng) al metro cubo, come gli idrocarburi policiclici aromatici e le diossine.
Questa distinzione non si riferisce al grado di nocività dell'inquinante, in quanto un microinquinante può essere più nocivo per la salute umana di un macroinquinante anche se quest'ultimo è presente nell'aria in concentrazioni molto maggiori.
Rispetto alla loro origine gli inquinanti si possono classificare in: primari: si trovano in atmosfera nella forma e nello stato in cui sono emessi dalle sorgenti di inquinamento; esempi sono l'anidride solforosa (SO2) e il monossido di carbonio (CO);
secondari: derivano da trasformazioni che gli inquinanti primari possono subire in atmosfera per effetto di reazioni chimiche e di agenti fisici quali, per esempio la radiazione solare; esempi di questa seconda categoria di inquinanti sono l'ozono (03) e molecole complesse quali il perossiace tilnitrato (CH3-CO-O-O-N02 ), costituenti dello "smog fotochimico"). L'origine antropica dell'inquinamento dell'aria è dovuto essenzialmente a:
stabilimenti industriali, impianti di riscaldamento, traffico autoveicolare. In base alle loro caratteristiche spaziali, le sorgenti di inquinamento sono abitualmente distinte in:
puntiformi (o localizzate) come, ad es., le ciminiere degli stabilimenti industriali; lineari, in genere connesse al traffico autoveicolare su tratti stradali ad alta percorrenza tipicamente in area extraurbana;
di area, come nel caso delle aree urbane o delle zone industriali. Le caratteristiche delle sorgenti determinano la quantità totale di sostanze inquinanti emesse in atmosfera. La concentrazione di queste sostanze che si rileva in atmosfera dipende in modo critico dalle condizioni atmosferiche.
Le condizioni dei bassi strati dell'atmosfera (troposfera) giocano un ruolo di primaria importanza relativamente al trasporto, alla dispersione e alla ricaduta al suolo degli inquinanti.
In situazioni normali nella troposfera si verificano rimescolamenti verticali di masse d'aria, determinati dal maggior riscaldamento degli strati d'aria a contatto col suolo rispetto a quelli superiori (la temperatura diminuisce di circa 6.5°C ogni Km di quota). Le masse d'aria più calde, più leggere, tendono a salire mentre l'aria più fredda e densa in quota tende a scendere. Questi moti producono una dispersione e diluizione delle sostanze inquinanti.
Può capitare però che, in particolari circostanze, masse d'aria fredda e densa si stratifichino in prossimità del suolo. Questo fenomeno è frequente in inverno, quando i deboli raggi del sole non riescono a riscaldare il suolo e le masse d'aria a contatto con esso. E anche necessario che le condizioni meteorologiche generali siano calme, in assenza di venti legati al passaggio di perturbazioni.
In tali condizioni, dette di inversione termica, l'aria densa e fredda si trova sotto quella più calda e il rimescolamento verticale spontaneo non è più possibile. Questi strati costituiscono quindi come un "coperchio" in grado di confinare le sostanze inquinanti emesse nei bassi strati a contatto del suolo, provocando un aumento progressivo delle concentrazioni.
Tra le conseguenze dell'inquinamento dell'aria possiamo annoverare:
alterazione degli ecoequilibri; danni alla salute umana; fenomeni di corrosione a strutture edilizie; danni al patrimonio artistico.
Le prime percezioni dell'inquinamento furono legate a fenomeni osservativi quali la diminuzione della visibilità dovuta alla grande concentrazione di particelle in sospensione (smog nelle città industriali inglesi). Un altro effetto da lungo tempo conosciuto è quello delle "piogge acide", termine introdotto per la prima volta nel 1852 dal chimico inglese Smith il quale aveva scoperto una correlazione tra la presenza di inquinanti atmosferici nell'area di Manchester e l'acidità delle precipitazioni.
Oggi l'inquinamento viene studiato attraverso metodi di indagine strumentale sistematici che permettono di caratterizzare in modo quantitativo la concentrazione di sostanze inquinanti al di là degli aspetti osservativi direttamente rilevabili, che non sempre sono connessi alla effettiva nocività.
EMISSIONI IN ATMOSFERA DEGLI STABILIMENTI INDUSTRIALI
Per quanto concerne l'ambiente esterno il titolare di un'azienda deve garantire la liceità dell'insediamento produttivo e la non nocività per il vicinato. In tale ambito i problemi più frequentemente chiamati in causa sono l'emissione di fumi, polveri, gas o vapori, odori (derivanti da impianti termici, impianti di aspirazione, forni, ecc.) o le emissioni rumorose (derivanti da macchine operatrici, molini di macinazione, elettroventilatori, ecc.). L'insediamento produttivo dovrebbe essere, inoltre, ubicato correttamente da un punto di vista urbanistico, vale a dire in una apposita zona artigianale o industriale. Nel caso delle emissioni in atmosfera di sostanze inquinanti il problema è estremamente complesso in quanto l'orografia della zona, la presenza contemporanea di più sorgenti inquinanti e le caratteristiche microclimatiche del sito influenzano notevolmente la dinamica dell'inquinamento atmosferico. Allo scopo di fare previsioni sulla dispersione e la concentrazione al suolo degli inquinanti sono stati messi a punto diversi modelli matematici in grado di simulare diversi scenari (modelli diffusionali) i quali richiedono la conoscenza di numerosi parametri come i fattori meteorologici, il tipo e la concentrazione dell'inquinante, l'altezza del camino, la temperatura e la portata dell'emissione, ecc. Tuttavia anche ricorrendo a questi modelli la variabilità delle condizioni atmosferiche rende difficile la correlazione tra i valori medi, calcolati su un lungo periodo, e i picchi di breve durata. Pertanto il quadro non è semplice ed è difficile immaginare una relazione certa tra emissioni inquinanti ed effetti sulla salute dell'uomo e sull'ambiente. Anche le piante (recettori) rispondono ad una determinata emissione in base a fattori biologici (specie, stato fisiologico, età, ecc.) e ambientali (temperatura, presenza di altri inquinanti, ecc.). Si può avere, inoltre, trasmissione dell'inquinante nella catena alimentare, anche in situazioni in cui l'impatto diretto sulle piante può essere modesto (è il caso del piombo e dei fluoruri).
I principali inquinanti emessi in atmosfera sono gli aerosol, i gas e i vapori.
Un aerosol è un sistema di piccolissime particelle disperse nell'aria. Le particelle possono essere solide, liquide o formate da fasi diverse. Sulla loro superficie possono venire adsorbiti gas o vapori. L'origine di un aerosol è dovuta alla suddivisione molto fine di solidi o liquidi (come, ad es., durante la molatura o la macinazione) o alla condensazione di vapori. Le particelle più grossolane tendono a cadere. Quelle più fini rimangono invece in sospensione e si spostano con le correnti d'aria. I fumi si generano a seguito di processi chimico-fisici come le combustioni. In questo caso le dimensioni delle particelle sono molto piccole (generalmente inferiori a 1 mm). Le combustioni incomplete danno luogo all'emissione di fumi. Il primo metodo usato per misurare questa emissione si deve all'ingegnere francese M. Ringelman (1898) il quale pensò di osservare i pennacchi di fumo nero dalla stessa parte del Sole e di confrontare la loro luminosità con quella di quattro campioni di carta stampata in bianco e nero. Questi campioni furono usati, da allora in poi, come base per la legislazione sui fumi. Questo metodo, estremamente grossolano, è stato successivamente perfezionato. Le nebbie sono aerosol prodotti per disintegrazione di liquidi o condensazione di vapori. Un gas è una sostanza che alle condizioni ordinarie di temperatura e pressione esiste allo stato gassoso. Un vapore è costituito, invece, dalla fase gassosa di una sostanza che normalmente esiste allo stato liquido alle condizioni normali di pressione e temperatura. Un esempio familiare di emissione in atmosfera di vapori è quello di una carrozzeria. Durante la verniciatura di un automezzo, in una apposita cabina, vengono utilizzate vernici (applicate a spruzzo) le quali contengono una frazione volatile costituita da una miscela di solventi organici.
Per rimuovere gli inquinanti dall'ambiente di lavoro (o ridurne la concentrazione) sono possibili diversi interventi: eliminazione delle sostanze nocive, modifiche al processo produttivo, modifiche impiantistiche, aspirazione localizzata, ecc. In particolare l'aspirazione localizzata consiste nel catturare, tramite bocchette aspiranti (o cappe) gli inquinanti vicinissimo al loro punto di sviluppo, prima che questi si diffondano nell'ambiente. Un impianto di aspirazione localizzata è generalmente composto da una o più cappe (fisse o mobili) collocate vicino alle sorgenti inquinanti e collegate, tramite tubazioni di raccordo e un condotto principale, ad un elettroventilatore, ad un sistema di abbattimento e al camino. L'aria inquinata, infatti, deve essere in molti casi depurata prima della sua emissione in atmosfera. I sistemi di depurazione sono svariati e vengono scelti in funzione del tipo e della concentrazione dell'inquinante, della portata e della temperatura dell'aria, ecc. La scelta e la progettazione del sistema di abbattimento è, pertanto, un problema complesso. Nello schema a lato sono riportati i principali sistemi di abbattimento degli inquinanti.
Il controllo delle emissioni è un lavoro decisamente impegnativo. Può essere effettuato, in alcuni casi, con metodi strumentali ma generalmente richiede due fasi distinte: quella di prelievo e quella di analisi. Il prelievo è una fase molto delicata dell'intera indagine. Un campionamento eseguito in maniera sbagliata, infatti, compromette il risultato dell'analisi, anche se questa è stata condotta accuratamente. I metodi di prelievo e di analisi sono molteplici, in funzione del tipo di inquinante (e della sua concentrazione) da ricercare.
INQUINAMENTO DELL'ARIA DA FIBRE DI AMIANTO
L'amianto o asbesto rappresenta un gruppo di minerali costituiti da silicati dall'aspetto fibroso. Sono note centinaia di minerali dall'abito fibroso ma la normativa italiana definisce come amianto le seguenti specie:
crisotilo o amianto di serpentino; e gli anfiboli: amosite, antofillite, tremolite, actinolite, crocidolite.
La presenza di fibre di amianto nell'aria (fibre aerodisperse) può avere un'origine sia naturale (dovuta all'erosione delle rocce che lo contengono da parte degli agenti atmosferici) che antropica.
Le cause del notevole sviluppo dell'industria dei manufatti contenenti amianto sono state molteplici ed in particolare la resistenza al fuoco e agli agenti chimici delle fibre, l'elevata resistenza meccanica dei materiali contenenti fibre di amianto, le proprietà isolanti dei manufatti, la presenza in Italia della più grande miniera a cielo aperto di crisotilo dell'Europa Occidentale (Miniera di Balangero), il costo relativamente basso. Per questi motivi l'amianto è stato comunemente utilizzato, in particolare nei materiali da costruzione e nei rivestimenti isolanti, per molti decenni. L'amianto è stato impiegato in edilizia soprattutto nel periodo 1965-1983. Successivamente molte indagini hanno dimostrato la sua pericolosità per la salute umana e, di conseguenza, le legislazioni di vari Paesi (tra cui l'Italia) hanno messo al bando la sua estrazione, nonché la produzione e la commercializzazione di manufatti contenenti amianto.
La via più importante di esposizione è quella attraverso l'apparato respiratorio. Le malattie causate dall'inalazione delle fibre sono principalmente: l'asbestosi, il tumore polmonare e il mesotelioma. La prima è di tipo non neoplastico a differenza delle altre due. È stato dunque accertato che l'amianto è un cancerogeno per l'uomo e come tale non è possibile individuare una dose minima al di sotto della quale non vi sia rischio per la salute. La formazione e lo sviluppo della neoplasia sono, infatti, il risultato di un processo che passa attraverso fasi successive e sul quale intervengono fattori relativi sia all'individuo (corredo genetico, stato delle difese immunitarie, età, abitudini di vita, ecc.), che all'ambiente. Nell'ambiente l'uomo può venire a contatto con numerosi fattori che, direttamente o indirettamente, singolarmente o per effetto combinato, possono indurre la trasformazione neoplastica della cellula. Nel caso del mesotelioma è più facile la correlazione causa/effetto in quanto si tratta di una malattia molto rara nella popolazione non esposta. Inoltre il suo periodo di latenza (tempo che intercorre tra la prima esposizione e l'insorgenza della malattia) è lungo, pari a 30-40 anni. Casi di mesotelioma evidenziano, quindi, esposizioni pregresse e per questo motivo la popolazione più giovane (come i bambini) deve essere particolarmente tutelata.
Anche se oggi in Italia l'amianto è stato messo al bando esistono ancora moltissimi edifici in cui esso è presente. La pericolosità delle fibre, come abbiamo detto, è da mettere in relazione alla facilità con cui queste sono rilasciate dal manufatto, si diffondono nell'aria e hanno probabilità di essere respirate. Da questo punto di vista i materiali friabili (che si sbriciolano con la sola pressione delle dita di una mano) sono quelli più pericolosi. Le coperture piane o ondulate in cemento/amianto (tipo Eternit) sono, da questo punto di vista, materiali non friabili, cioè compatti, che se in buono stato di conservazione non rilasciano facilmente fibre nell'aria. Altri fattori di cui occorre tener conto sono, ad es., l'accessibilità del manufatto e la destinazione d'uso dei locali (aule scolastiche, palestre, teatri, ecc.) dove è stato rinvenuto.
Al giorno d'oggi sono rare le elevate esposizioni professionali che si verificavano in passato. Il problema di maggiore attualità è, invece, quello delle basse esposizioni. Queste esposizioni (non professionali) sono dovute a dispersioni di fibre in ambienti di vita e la stima del rischio per la salute è in questo caso ancora più difficile rispetto alle medie ed alte esposizioni. La più importante sorgente di esposizione (generalmente a bassi livelli e per lungo tempo) si verifica all'interno degli edifici. L'inquinamento dell'aria all'esterno è, invece, quasi sempre trascurabile. L'amianto in matrice friabile può essere presente, con maggiore probabilità, in edifici con struttura portante metallica o prefabbricati e in locali adibiti a auditorium, biblioteca, centrale termica, cinema, palestra, piscina, sala da ballo, ecc.
A differenza delle fibre aerodisperse all'esterno quelle presenti nell'aria di ambienti confinati possono essere messe in relazione con la sorgente: ciò permette di modificare o rimuovere la sorgente di emissione mediante interventi di bonifica. Questi ultimi possono consistere, a seconda dei casi, nella riparazione delle parti danneggiate (se di piccola estensione), nell'incapsulamento, nella segregazione o nella rimozione. L'incapsulamento consiste nell'applicare una speciale vernice sulla superficie del manufatto tale da formare una pellicola impermeabile e resistente che impedisce il rilascio delle fibre nell'aria. La segregazione consiste nel realizzare una barriera fisica che separa l'amianto dalle aree occupate del locale. La rimozione consiste nella sostituzione del materiale contenente amianto. Nel caso dell'incapsulamento e della segregazione i costi di intervento sono più contenuti ma occorre predisporre un programma di monitoraggio dell'aria periodico in quanto la sorgente inquinante non viene rimossa. Nel caso della rimozione il problema viene definitivamente risolto ma i costi di intervento sono molto maggiori e si può produrre una notevole quantità di rifiuti che devono essere smaltiti correttamente.
In ogni caso l'intervento di bonifica deve essere effettuato da una ditta specializzata la quale dovrà mettere in atto tutti quegli accorgimenti tecnici previsti dalla normativa al fine di non contaminare l'ambiente circostante e proteggere i lavoratori durante l'attività di bonifica stessa. I criteri tecnici per la scelta della Ditta che eseguirà le bonifiche sono: le referenze (cioè i precedenti interventi che la Ditta può documentare), il progetto presentato relativo all'intervento da effettuare e l'appartenenza ad un Albo delle Imprese del settore.
Per quanto concerne l'attività analitica sull'amianto, due sono le analisi tipiche: determinazione delle concentrazioni di fibre aerodisperse e determinazione del contenuto di amianto nei materiali. Le tecniche analitiche previste dalla legislazione vigente sono quelle microscopiche (ottiche ed elettroniche) e quelle strumentali (diffrattometria a raggi X e spettrofotometria infrarossa in trasformata di Fourier).
Per concludere, se da un lato non occorre sottovalutare il problema amianto, dall'altro non bisogna nemmeno amplificarlo creando allarmismi ingiustificati. Inoltre con l'abolizione dell'uso degli amianti e l'impiego di materiali sostitutivi fibrosi di sintesi si rendono necessarie ulteriori informazioni sulla nocività di questi materiali alternativi alcuni dei quali sono considerati "sospetti".
CONTINUA L'OPERAZIONE BOLLINO BLU
Quattro anni consecutivi di monitoraggio nella città di Aosta hanno evidenziato un'alta concentrazione di sostanze inquinanti, dovuta essenzialmente al traffico autoveicolare, che nel periodo invernale si somma al problema degli impianti di riscaldamento. Vista la pericolosità di dette sostanze per la salute dei cittadini e per l'ambiente, la Regione, con deliberazione del Consiglio n. 1627 dell'8 novembre 1995, ha individuato l'area urbana della Città di Aosta, corrispondente al territorio comunale posto ad altitudine inferiore ai 630 metri quale "zona a rischio di episodi acuti di inquinamento atmosferico", ai sensi dell'art. 9 del decreto del Ministero dell'Ambiente 20 maggio 1991.
Sono ormai tre anni che, in collaborazione con il Comune di Aosta, viene effettuata l'Operazione Bollino Blu, che prevede il controllo annuale dei gas di scarico su gran parte degli autoveicoli, con esclusione, per quest'anno, delle auto catalizzate, elettriche, a GPL, a metano dotate di retrofit e degli ecodiesel.
Tale bollino è indispensabile per poter circolare entro l'area urbana di Aosta e lo si ottiene recandosi presso delle officine convenzionate, dotate di apposite apparecchiature per il controllo dei gas di scarico.
di Nicola Tartaglione
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INFORMAZIONE POLLINICA PRESSO L'ARPA VALLE D'AOSTA
L'aerobiologia è la scienza che si occupa di tutte le particelle biologiche presenti nell'aria per lo più invisibili ad occhio nudo e cioè virus, batteri, microalghe, spore, pollini, semi, piccoli insetti le cui dimensioni vanno da 0,01 m a più di 100 lim. È estremamente importante approfondire la conoscenza di queste particelle studiandone la provenienza, la liberazione, le modalità di trasporto, la deposizione ed il tipo di effetto che esse hanno sui vari substrati. Questo ci permette infatti di dare una valutazione sempre più precisa della qualità dell'aria anche dal punto di vista biologico oltre che da quello chimico e fisico.
Tra le particelle sopra menzionate i pollini sono senz'altro le più conosciute da tutti, soprattutto da chi, ahimè, ne deve subire gli effetti più devastanti: asma, rinite, congiuntivite. Da anni si sta registrando un notevole incremento delle allergie in genere: esistono soggetti sensibili alle più svariate sostanze. Il tipo di allergia più diffuso rimane però ancora l'allergia da pollini.
L'ARPA Valle d'Aosta è impegnata ormai da mesi in un progetto di Monitoraggio Aeropollinico che dovrà portare nel prossimo
futuro all'istituzione di un Servizio di informazione pollinica. Esso avrà il compito di raccogliere ed elaborare i dati relativi alle concentrazioni dei vari pollini nei vari periodi dell'anno e di diffonderli tramite stampa, radio, televisione o servizi telefonici registrati.
I fruitori di questo Servizio potranno essere non solo i medici allergologi (alcuni di essi già da tempo svolgono privatamente questa attività), ma anche gli stessi cittadini (residenti o turisti) che, se allergopatici, potranno utilizzare questi dati in modo da interpretare correttamente i propri sintomi, limitare la permanenza all'aperto durante i periodi di fioritura per loro critici, programmare vacanze e viaggi nei periodi e nelle località per loro più indicati.
Il monitoraggio aeropollinico può trovare applicazioni anche al di fuori del campo medico. I pollini possono essere infatti utilizzati come indicatori biologici, valutandone la vitalità e ottenendo quindi informazioni interessanti sulla qualità dell'aria. Ancora, attraverso i pollini si può studiare ed approfondire l'evoluzione della vegetazione urbana ed extraurbana in funzione dell'influenza dell'uomo.
In futuro il Servizio di informazione pollinica potrebbe ampliare la sua attività, dando informazioni anche su altre particelle aerodiffuse, in particolare le spore fungine. Ciò con-sentirebbe di porre sotto controllo anche ambienti confinati come uffici, scuole, laboratori artigianali, industrie ambienti bonificati
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I PRINCIPALI RIFERIMENTI NORMATIVI
EMISSIONI IN ATMOSFERA
· D.P.R. 24 maggio 1988 n. 203 "Attuazione delle Direttive CEE numeri 80/779, 827/884, 84/360 e 85/203 concernenti norme in materia di qualità dell'aria, relativamente a specifici agenti inquinanti, e di inquinamento prodotto dagli impianti industriali ai sensi dell'art. 15 della l. 16 aprile 1987, n. 183.
Detta norme per la tutela della qualità dell'aria al fine di tutelare la salute e l'ambiente su tutto il territorio nazionale. Sono sottoposti alla sua disciplina tutti gli impianti che possono dar luogo ad emissioni in atmosfera. La tutela dell'ambiente spetta alle Regioni. Istituisce una procedura tecnico-amministrativa per la concessione delle autorizzazioni alle emissioni in atmosfera che si differenzia a seconda che si tratti di un nuovo impianto, di un impianto esistente all'entrata in vigore del decreto o di modifica o trasferimento di impianto.
· D.M. 12 luglio 1990 "Linee guida per il contenimento delle emissioni inquinanti degli impianti industriali e la fissazione dei valori minimi di emissione".
Fissa le linee guida per il contenimento delle emissioni inquinanti degli impianti industriali. Riporta, nei vari allegati, i limiti per numerose sostanze chimiche in funzione del loro flusso di massa (espressa in g/h); i valori limite di emissione per specifici impianti e per i grandi impianti di combustione; i metodi di campionamento, analisi e valutazione delle emissioni; indicazioni sulle tecnologie di abbattimento; criteri per il contenimento delle emissioni diffuse di polveri e vapori.
· D.P.R. 25 Luglio 1991 "Modifiche dell'atto di indirizzo e coordinamento in materia di emissioni poco significative e di attività a ridotto inquinamento atmosferico, emanato con D.P.C.M. in data 21 luglio 1989":
Modifica in parte un precedente decreto ed individua le "emissioni poco significative" e le "attività a ridotto inquinamento atmosferico". La Regione Autonoma Valle d'Aosta con Deliberazione n. 5796 del 15 luglio 1994, ha adottato la direttiva in materia di emissioni poco significative e per il rilascio delle autorizzazioni per le attività a ridotto inquinamento atmosferico. Nel primo caso (ad es. una carrozzeria che utilizza una quantità di prodotti vernicianti inferiore a 20 kg al giorno) è invece previsto il rilascio dell'autorizzazione secondo una procedura semplificata.
AMIANTO
· Decreto legislativo 15 agosto 1991 n 277 "Attuazione delle Direttive n. 80/1107/CEE, n. 82/605/CEE, n 83/477/CEE e n. 88/642/CEE, in materia di protezione dei lavori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici durante il lavoro, a norma dell'art. 7 della l. 30 Luglio 1990 n. 212":
Prescrive al capo III misure per la tutela della salute e per la sicurezza dei lavoratori contro i rischi derivanti dall'esposizione dell'amianto durante il lavoro. Il datore di lavoro deve effettuare una valutazione del rischio attraverso la misurazione della concentrazione di fibre aerodisperse usando i metodi di prelievo e di analisi (microscopica ottica in contrasto di fase) riportati in uno specifico allegato.
· Legge 27 marzo 1992 n. 257 "Norme relative alla cessazione dell'impiego di amianto". Vieta, tra l'altro, l'importazione, l'esportazione, la commercializzazione e la produzione di amianto, di prodotti di amianto o di prodotti contenenti amianto; prevede l'istituzione di una commissione per la valutazione dei beni ambientali e dei rischi sanitari connessi all'impiego dell'amianto; dispone che ai fini della tutela dell'ambiente e della salute le Regioni adottino appositi piani regionali.
· Decreto 6 settembre 1994 "Normative e metodologie tecniche di applicazione dell'art. 6, comma 3, e dell'art. 12, comma 2, della l. 27 marzo 1992, n. 257, relativa alla cessazione dell'impiego dell'amianto.
La normativa si applica a strutture edilizie (ad uso civile, commerciale o industriale) in cui sono presenti manufatti contenenti amianto dai quali può derivare una esposizione alle fibre aerodisperse. Riporta i metodi di campionamento e di analisi dei materiali, la valutazione del rischio, i criteri decisionali, i metodi di bonifica, le misure di sicurezza da rispettare durante gli interventi di bonifica, i criteri per la certificazione della restituibilità degli ambienti bonificati.