TERRITORIO
Tutelare la salute dei cittadini, della flora, della fauna รจ l'obiettivo principale delle normative in materia di inquinamento.
PREVENIRE L'INQUINAMENTO
di Ines Mancuso
La tutela dell'ambiente dagli inquinamenti comporta un'azione coordinata fra i diversi soggetti interessati, a qualunque titolo, all'applicazione delle diverse disposizioni, statali e regionali, emanate a tale scopo. Le attività umane, siano esse di consumo che di produzione di beni e di servizi, infatti, incidono in modo polivalente sulla qualità dell'ambiente. Una corretta gestione dei rifiuti non riduce, ad esempio, solamente i possibili effetti negativi sul suolo ma anche sulle acque superficiali e sulle falde acquifere; l'utilizzo di un adeguato sistema di abbattimento dei fumi in un'industria non incide solamente sulla qualità dell'aria, ma anche sulla qualità dei terreni circostanti allo stabilimento, attraverso il deposito sul suolo degli elementi più pesanti, e di conseguenza sulle acque superficiali e sulle falde, e così via.
La lettura integrata delle diverse normative che disciplinano la tutela dell'ambiente dagli inquinamenti consente, pertanto, l'adozione delle misure di prevenzione il più possibile adeguate alle diverse situazioni.
Tutta la materia della tutela dell'ambiente dagli inquinamenti è disciplinata da direttive dell'Unione Europea. Per tutti i settori il recepimento da parte dello Stato italiano ditali direttive è avvenuto almeno parzialmente.
Le diverse disposizioni che attualmente disciplinano la tutela dell'ambiente dagli inquinamenti risultano essere strettamente correlate le une alle altre e nel complesso mirano tutte al raggiungimento di obiettivi comuni:
- la tutela della salute delle persone, della flora e della fauna;
- la prevenzione degli inquinamenti.
In tutte le disposizioni vigenti, per il raggiungimento degli obiettivi sono previste azioni di prevenzione, di protezione e di controllo.
Le azioni di prevenzione sono rappresentate principalmente dalle attività volte all'accertamento preventivo degli effetti che una determinata attività o comportamento possono avere sull'ambiente in senso lato. L'accertamento preventivo è rappresentato generalmente da una fase di controllo amministrativo di richieste di autorizzazioni o di valutazioni di progetti.
Una cascatella in Valle di Champorcher.Le azioni di protezione sono rappresentante dall'adozione, da parte dei soggetti interessati (amministrazioni locali, titolari di impresa, ecc.) di tutte le misure necessarie atte ad evitare inconvenienti, anche accidentali, che possono creare pregiudizio alla salute delle persone e per la tutela dell'ambiente. Tali misure consistono ad esempio nella realizzazione di idonei impianti per la depurazione delle acque reflue ai fini dello scarico, dei sistemi di abbattimento dei fumi per le emissioni in atmosfera di agenti inquinanti, nella delimitazione delle aree di salvaguardia per la protezione dei punti di captazione delle acque destinate al consumo umano, nella effettuazione, in conformità alle normative tecniche vigenti, delle operazioni finalizzate al recupero e allo smaltimento dei rifiuti, ecc.
Le azioni di controllo consistono, infine, nella verifica della sussistenza dei requisiti che hanno consentito il rilascio di autorizzazioni, di realizzazione e di esercizio di impianti, nonché del rispetto dei limiti di accettabilità di inquinamento che ogni singola disposizione stabilisce.
Le principali normative di tutela dell'ambiente dagli inquinamenti sono: la legge 16 maggio 1976, n. 319 (cosiddetta legge "Merli"), il D.P.R. 24 maggio 1988, n. 203, il D.P.R. 24 maggio 1988, n. 236 e il decreto legislativo 5 febbralo 1997, n. 22 (cosiddetto decreto "Ronchi").
La legge "Merli" disciplina lo scarico delle acque reflue direttamente nell'ambiente (in acque superficiali, sul suolo, con dispersione nel sottosuolo) o in fognatura. L'applicazione di tale normativa si basa essenzialmente sul regime autorizzatorio. Infatti, indipendentemente dalla qualità di uno scarico terminale, lo scarico stesso di un refluo è consentito esclusivamente solo dopo aver ottenuto la prescritta autorizzazione, autorizzazione che contiene tutte le prescrizioni necessarie a garantire il rispetto delle disposizioni di legge di riferimento.
Come tutte le normative di tutela dell'ambiente, anche la legge "Merli", così come le conseguenti leggi regionali di attuazione, fissa, inoltre, la presenza massima di elementi inquinanti che ogni refluo può contenere in relazione all'attività che lo ha prodotto (attività civile o produttiva) ed al corpo ricettore (fognatura, acque superficiali, suolo, sottosuolo). Tali limiti, riportati in due tabelle allegate alla legge suindicata (tab. A e tab. C) sono più o meno restrittivi a seconda appunto dell'origine dello scarico e del convogliamento dello stesso.
La legge "Merli" non consente deroghe al rispetto dei limiti tabellari sopra indicati per quanto riguarda la qualità delle acque reflue di origine produttiva, mentre il legislatore ha lasciato la possibilità di adeguare alle particolari situazioni locali i limiti da rispettare per quanto riguarda la qualità delle acque reflue di origine civile. Tale adeguamento è contenuto nelle diverse leggi regionali emanate in attuazione della legge "Merli".
In Valle d'Aosta la normativa di riferimento è rappresentata dalla legge regionale 24 agosto 1982, n. 59.
Il D.P.R. 24 maggio 1988, n. 203, disciplina l'emissione di agenti inquinanti in atmosfera da parte degli insediamenti produttivi. Anche l'applicazione di tale norma si basa essenzialmente sul sistema autorizzativo, che nel caso specifico è addirittura preventivo alla realizzazione dell'impianto. La richiesta di autorizzazione, infatti, va presentata da parte dei soggetti interessati all'attivazione di un'attività produttiva, contestuale rispetto a quelli attualmente stabiliti dalle mente alla richiesta di licenza edilizia dello stabilimento. Ciò consente una valutazione globale preventiva sui possibili effetti che una nuova emissione può comportare sulla qualità dell'aria in un determinato luogo. Ed è proprio sulla base di questi possibili effetti che la Regione può o vietare la realizzazione dell'impianto o fissare limiti di accettabilità di emissioni anche più restrittivi normative statali, in considerazione delle migliori tecnologie disponibili a cui il costruttore dell'impianto può far riferimento.
Il D.P.R. 24 maggio 1988, n. 236, disciplina la tutela delle acque destinate al consumo umano. Tale normativa risulta essere innovativa rispetto alle precedenti disposizioni vigenti sul controllo delle acque potabili. Infatti, mentre la precedente disciplina si basava esclusivamente su un controllo qualitativo dell'acqua da utilizzare nelle attività umane, fissando criteri di valutazione che individuavano la buona qualità sulla base di parametri soggettivi riferiti al fatto che la stessa doveva essere "incolore, inodore, insapore", e di fatto limitando il giudizio all'acqua da bere, il nuovo decreto amplia il campo di applicazione a tutta l'acqua che viene utilizzata per le diverse attività umane (igiene personale, produzione di alimenti, utilizzazione come bevanda, ecc.). Così come precedentemente detto, anche per l'acqua destinata al consumo umano, pertanto, viene ammessa la presenza di elementi inquinanti in concentrazioni massime che non risultino, comunque, essere nocive per la salute delle persone, fermo restando l'obbligo di raggiungere valori qualitativi ottimali, che la stessa norma fissa indicandoli come "valori guida". Rispetto alla precedente disciplina, inoltre, il decreto introduce un fattore importantissimo che incide in modo rilevante proprio sulla qualità delle acque da utilizzare: la protezione delle risorse idriche. A fianco, quindi, del controllo qualitativo delle acque, che peraltro deve essere fatto costantemente da parte dei soggetti erogatori (gestori degli acquedotti), vi è l'obbligo di adottare tutte le misure necessarie per la salvaguardia delle risorse utilizzate. Tali misure prevedono l'individuazione di almeno tre stadi di protezione:
- la tutela assoluta (almeno 10 metri di raggio dalla captazione), nelle cui aree non è consentita nessuna attività;
- l'area di protezione (almeno 200 metri di raggio dal punto di captazione), nelle cui aree sono notevolmente ridotte le attività ammesse;
- l'area di salvaguardia (almeno 600 metri di raggio dal punto di captazione), nelle cui aree possono essere adottate misure particolari di salvaguardia in relazione alla vulnerabilità della risorsa idrica da proteggere.
Il decreto legislativo n. 22/97, noto come "Decreto Ronchi ", infine, disciplina la gestione dei rifiuti, degli imballaggi e dei rifiuti da imballaggio. L'applicazione di tale normativa è piuttosto complessa, sia perché riferita a tutti i soggetti, siano essi produttori che gestori in senso stretto (smaltitori e/o recuperatori) di rifiuti, sia perché rinvia la sua completa attuazione a diverse normative tecniche emanate solo in minima parte.
La normativa, comunque, si basa principalmente sulla necessità dell'adozione, da parte di tutti i soggetti interessati, di misure atte a ridurre la produzione dei rifiuti, la pericolosità dei rifiuti e la riduzione dello smaltimento in discarica degli stessi. Per il raggiungimento di tali obiettivi vengono individuate forme di incentivazione e di penalizzazione attraverso l'applicazione più o meno gravosa di tasse ecologiche, il potenziamento dei controlli e l'aggravio delle sanzioni per i soggetti che non provvedono ad adeguarsi alle nuove procedure di gestione dei rifiuti. Sono state, per contro, previste rispetto alla vecchia disciplina, semplificazioni amministrative nella gestione dei rifiuti provenienti da insediamenti produttivi e da attività di servizi, che consentono un'applicazione agevole della norma stessa.
Alla base di una corretta applicazione di qualunque normativa di tutela ambientale vi è, comunque, la formazione di una coscienza, da parte dei soggetti interessati, finalizzata a non ridurre gli effetti dell'applicazione stessa al raggiungimento di interessi particolari, ma finalizzata alla tutela, in un'ottica di solidarietà, di un patrimonio da trasmettere il meno possibile pregiudicato alle generazioni future.

   
Pagina a cura dell'Assessorato territorio, ambiente e opere pubbliche © 2024 Regione Autonoma Valle d'Aosta
Condizioni di utilizzo | Crediti | Contatti | Segnala un errore