CENNI STORICI
Il castello deve probabilmente le sue origini ad un discendente di Ugo di Bard, Giacomo, ritornato in possesso del feudo avito intorno al 1242. Estintasi precocemente la discendenza dei Signori di Sarre (fine del XIV secolo), l'edificio venne incamerato dai Savoia ed assegnato prima ad Enrico di Quart e quindi, dopo la morte di quest'ultimo, ai signori di Montagny, proprietari del feudo per un secolo circa.
In seguito a diversi trasferimenti di proprietà, il castello venne acquistato nel 1708 da Jean-François Ferrod, cui si deve l'odierna fisionomia del fabbricato e delle sue pertinenze. L'impresa non fu per lui fortunata: Ferrod morì in stato di pazzia nel 1730 per la grave crisi finanziaria derivata dall'ingente investimento. L'edificio, completamente ristrutturato, tornò ai precedenti proprietari per effetto di un'ipoteca.
Furono l'amore incondizionato per le cacce alpine e la necessità di godere di una dimora stabile in Valle d'Aosta a condurre Vittorio Emanuele II di Savoia, primo re d'Italia, ad acquistare il castello nel 1869. Riservato a Pavillon de chasse e munito di scuderie, il fabbricato non subì particolari modifiche esterne, ad eccezione dell'elevamento della torre centrale destinata ad osservatorio. Al figlio Umberto I, anch'egli appassionato di caccia, si dovettero invece, intorno alla fine del secolo, le importanti campagne decorative degli ambienti monumentali. Abitato successivamente per la villeggiatura, negli anni '30 e '40 del nuovo secolo il castello venne eletto quale residenza di vacanza estiva dai Principi di Piemonte Umberto e Maria José, che vi soggiornarono in numerose occasioni.
Il castello fu venduto dai Savoia alla Società Moriana nel 1972 e aperto al pubblico come museo delle memorie dinastiche.
Dalla fine del 1989 il complesso immobiliare appartiene alla Regione Autonoma Valle d'Aosta, che ha provveduto a disporne l'immediato restauro conservativo. Nel corso della stagione estiva del 1998 il castello è stato aperto temporaneamente al pubblico, al fine di presentare in anteprima il progetto museografico, attuato per segmenti.
FONTI ARCHIVISTICHE
All'Archivio di Stato di Torino - fondo Real casa - sono conservati numerosi documenti che interessano il Castello Reale di Sarre, nel periodo compreso tra la seconda metà del secolo scorso e la fine della seconda guerra mondiale. Questa ricchezza di informazioni, concentrata principalmente sul XIX secolo, ha consentito di effettuare significativi studi sulle principali fasi di ammobiliamento della dimora e di determinare l'arredo dei singoli ambienti nelle diverse epoche. I1 fondo comprende, oltre ai carteggi tra i custodi del castello e gli uffici del Patrimonio Privato di Sua Maestà, numerosi fascicoli relativi alla gestione patrimoniale della tenuta e diversi progetti riguardanti le più importanti campagne di restauro dell'edificio. Un particolare interesse riveste un dettagliato inventario di Mobili d'arredamento del 1890, che permette di identificare alcuni pezzi che ancora oggi fanno parte della collezione. Per la parte relativa al XX secolo, importanti elementi sono emersi dalla consultazione del fondo Real Casa - Ufficio del Principe di Piemonte depositato presso l'Archivio Centrale dello Stato di Roma, riferito in particolare agli anni 1926-'46. Vi è compresa una cospicua documentazione relativa ai soggiorni estivi, a Sarre e a Pila, della famiglia del principe Umberto nel periodo tra il 1936 e il '43.
DA DIMORA ABITATA A MUSEO: IL PROGETTO DI RIALLESTIMENTO
Il progetto di restauro conservativo e di riordinamento della collezione di arredi e oggetti d'arte del castello di Sarre rappresenta, in ordine di tempo, uno degli ultimi grandi interventi cui ha dato corso la Soprintendenza per i Beni Culturali della Valle d'Aosta. L'idea di creare un museo che comprendesse la doppia identità assunta dal castello nel corso della storia, ovvero di dimora abitata e di museo della presenza sabauda in valle, non è nata contestualmente al progetto di restauro dell'edificio storico, ma ha preso forma con il procedere dei lavori e degli studi, indirizzati a definire la corretta facies di questa particolare residenza sabauda, aliena da qualsiasi carattere di ufficialità. Un lungo lavoro di ricerca e di rilettura delle sedimentazioni storiche ha infine portato all'elaborazione del progetto di riordinamento museale, attuato in rapporto con un Comitato scientifico appositamente costituito. I1 Comitato, composto da personale degli uffici regionali e da membri esperti del mondo accademico, ha messo a punto le fasi preliminari del nuovo progetto ed ha fornito precise indicazioni, sulla base dei dati raccolti, riguardo alla destinazione delle singole sale, ai percorsi di visita e ai temi degli apparati didattici.
Trasformato in un museo di memorie dinastiche dalla società privata che lo aveva in gestione, il castello aveva ormai perso, al momento dell'acquisto da parte della Regione, l'aspetto di residenza alpina e parte dell'arredo originario. Il progetto di riallestimento degli interni ha restituito almeno in parte, ove possibile, la loro corretta fisionomia storica, reinterpretata attraverso le fonti. Le indicazioni principali del nuovo progetto prevedono che al piano terreno, dedicato all'accoglienza del visitatore, venga ospitata la sezione didattica e l'esposizione di alcuni nuclei collezionistici (nel Cabinet des Gravures), oltre ai servizi di biglietteria e guardaroba. Per il piano nobile, comprendente le sale monumentali, e per alcune stanze del secondo piano, verrà invece predisposta la visita guidata: ordinate per piani secondo una successione cronologica, le stanze evocheranno negli arredi, in parte restituiti dalla documentazione inventariale inventariale, l'aspetto domestico assunto nelle diverse epoche.
LA COLLEZIONE DI ARREDI E OGGETTI D'ARTE: INTERVENTI DI RESTAURO
Gli interventi di restauro degli arredi e di tutti gli oggetti ed opere d'arte presenti nelle sale del castello, passati al demanio regionale nel 1989 insieme all'edificio, hanno preso avvio nel 1993 dopo una prima fase di studio e programmazione. Premessa indispensabile ad ogni tipo di intervento, la fase conoscitiva del materiale da sottoporre a restauro si è svolta nel biennio 1991-'92, periodo durante il quale è stata realizzata una campagna a tappeto di catalogazione di tutto il materiale rinvenuto. La compilazione dell'inventario, corredato della documentazione fotografica, ha permesso di quantificare il numero dei pezzi, circa 2200, di verificare lo stato di conservazione di ogni singolo oggetto e di stendere un programma degli interventi.
Sulla scorta dei dati rilevati dall'inventario, l'affidamento dei restauri è avvenuto per lotti, suddivisi in gruppi omogenei rispetto a materia di composizione e tecnica di esecuzione, e classificati nelle seguenti categorie; materiale cartaceo, tele e dipinti, tessili, metalli, arredi lignei, ceramica e gessi.
Svoltisi nel quinquennio 1993-'98, gli interventi sono stati affidati ai Laboratori regionali di restauro e a ditte esteme specializzate. Le operazioni conclusive, previste per il prossimo anno, saranno subordinate alle scelte museografiche relative al riallestimento delle singole sale e all'esposizione delle collezioni.
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STRALCI D'AUTORE
Le dit seigneur Ferrod...d'un château qui menaçoit ruine bien d'endroits il en a fait belle maison la moderne, avec un iardin et autres appartenances.
Une grosse tour quarrée qui occupe presque le milieu de ce batiment, à la quelle il n'a pas voulu toucher a cause de son antiquité, à un peu derangé la regulaxité.
Les dehors de ce chateau sont soutenus par des terrasses qui, iointe a l'elevation naturelle de sa situation, luy donne un aspect agreable."
J.B. deTillier Historique, 1737
"Combien de fois, lorsque, venant m'asseoir au seuil du vieux castei, je contemplais les beautés calmes et pleines de grandeur du tableau qui s'offrait alors à mes regards, combien de fois ne me suis-je pas surpris à regretter de ne pouvoir passer là ma vie, à désirer de devenir 1'heureux châtelaine de Sarre."
E. Aubert, La Vallée d'Aoste, 1860
"ESSO è divenuto la reggia alpina d'Italia, e fu scelto a conservare fra le sue antiche mura il più bel fiore degli Italiani, la nostra Augusta e Graziosa Regina (Margherita, ndr) che vi arrivò il 7 agosto 1880, festeggiatissima...Posato sul vertice di una collinetta, tutta a verdeggianti tralci di vite, domina la strada che percorre la valle. Non è bello, ma è simpatico tanto."
G. Corona ll Castello di Sarre. Memorie storiche, 1881
"Esso riposa...sur un aprico poggio che s'aderge infra le opposte pendici della montagna. Su di esso l'invaghito sguardo abbraccia lo splendido panorama del bacino centrale della valle; bacino sovranmente bello e ameno per la lunga distesa di praterie fiorite, di ubertosi vigneti educati a pergola fascianti il dolce acclive dei colli…"
T. Tibaldi, Lostambecco. Le cacce e la vita dei Reali d'Italia nelle Alpi, 1904
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LA STRUTTURA DELL'ESPOSIZIONE
Sin dal titolo "Dei di pietra - La grande statuaria antropomorfa nell'Europa del III millennio a.C", la mostra vuole dare una prima indicazione, un percettibile suggerimento di quella che è l'attuale interpretazione di questa particolare classe di monumenti, conseguita sulla base dei più recenti studi. L'esposizione, posta sotto l'alto patrocinio dell'UNESCO, è stata inaugurata il 18 giugno 1998 presso il Museo Archeologico di Aosta: resterà aperta sino al 15 febbraio 1999, per permettere una fruizione nel tempo più ampia possibile.
L'itinerario espositivo si svolge lungo un percorso costituito da undici sale tematiche; negli ambienti sono collocate 32 stele antropomorfe, associate in base alla loro provenienza, tipologia o particolare iconografia.
Nella prima sala l'argomento che introduce alla mostra è la definizione e la precisazione di cosa sia una stele antropomorfa: si chiarisce quali siano le differenze con altre classi di monumenti, ad esempio i menhirs, i massi o le stele incise. Nella seconda sala due grandi carte geografiche illustrano in maniera immediata la distribuzione del fenomeno in tutta Europa, con la ricostruzione degli itinerari messi in luce dalla presenza delle stele.
La complessa problematica dei portatori delle stele antropomorfe viene affrontata nella terza sala, con esemplificazione dei contesti di ritrovamento ed ipotesi sulle culture che avevano introdotto l'usanza di erigere le stele, nonché il loro inquadramento cronologico. A tali problematiche segue il confronto con le tradizioni mitiche che conservano memoria dei percorsi di eroi che ricalcano gli stessi percorsi indicati dalle stele antropomorfe e dalla ceramica scanalata. Le tre sale successive sono dedicate alla Valle d'Aosta ed in particolare al sito megalitico di Saint-Martin-de-Corléans, con la presentazione dei materiali ceramici, litici e metallici ivi rinvenuti. Si passa quindi ai confronti iconografici tra le stele di Aosta e Sion (Vallese, Svizzera), per arrivare ad una scelta di immagini che illustrano i manufatti originali rappresentati sui monumenti. Riflessioni, ipotesi e suggerimenti per chiavi di lettura concernenti l'interpretazione artistica, la funzione e il significato delle stele antropomorfe sigillano la conclusione della mostra.