Speciale V.I.A.
LE NUOVE FUNIVIE DEL MONTE BIANCO
di Enrico CERIANI
Coordinatore dello studio di impatto ambientale
alcune immagini relative dei lavori durante l’estate 2011.Il collegamento tra Courmayeur e Punta Helbronner è possibile attualmente mediante un impianto funiviario disposto su tre tronchi posti in successione. Il primo ha la stazione di valle ubicata nella frazione di La Palud, posta all’imbocco della Val Ferret, dopo circa 800 m di dislivello si raggiunge la stazione di monte del Pavillon. Questo primo tronco, La Palud – Pavillon, fu costruito e concepito per fini bellici durante la seconda guerra mondiale tra gli anni 1940-1946 e collaudato per l’apertura al pubblico nell’agosto del 1947. Dallo stesso fabbricato, al Pavillon, si accede alla stazione di valle del secondo tronco che raggiunge il Rifugio Torino (vecchio) dopo circa 1250 m di dislivello. Questo tronco è stato costruito parallelamente al primo e anch’esso collaudato per l’apertura al pubblico nell’agosto del 1947. Entrambi i tronchi hanno la stazione motrice posta a monte e le componenti elettromeccaniche sono state più volte aggiornate nel tempo,in particolare gli azionamenti del secondo tronco sono stati completamente rinnovati nel 2010 per allungarne la vita tecnica fino al 2017 con sistemi all’avanguardia, così come parte dei motori. Il terzo tronco, assai più breve degli altri due, e con una vettura decisamente ridotta, dopo soli 130 m di dislivello raggiunge,a quota 3459 m, Punta Helbronner.Quest’ultimo tronco, Rifugio Torino– Punta Helbronner, ha le stazioni assai contenute e ridotte al minimo funzionale, esse presentano, infatti,numerosi inconvenienti sia per la gestione dei flussi degli utenti sia per le aree di sosta e servizio. Ovviamente questo è il tratto più in quota, costruito negli anni ’50 di cui eredita le scelte costruttive improntate sull’utilizzo delle tecnologie dell’epoca e su investimenti limitati. Dopo oltre 60 anni di servizio, gli impianti sono quindi nell’incombenza della scadenza tecnica e con una situazione tecnologica e di servizio che hanno imposto una attenta e non semplice valutazione sul futuro dell’intera linea. La prima ed ampia discussione avvenne sull’opportunità di rifare l’impianto o meno e sull’ubicazione della stazione di valle. Se la decisione di rifare l’impianto trovò da subito ampio consenso, la discussione sull’ubicazione della stazione di valle fu  più complessa e si valutarono diverse ipotesi che i progettisti (DimensioneIngegnerie S.r.l.) e la committenza (Funivie Monte Bianco S.p.A.) sottoposero al pubblico dibattito. La decisione di spostare la stazione di valle da La Palud ad Entreves in sostanza fu presa per gli ampi spazi disponibili,una facilità di connessione alla rete stradale, la possibilità di utilizzare le aree di parcheggio in comune con gli impianti di risalita della Val Veny (il maggior carico di utenti dei parcheggi è sfasato rispetto alle stagioni, più esigenze invernali in Val Veny, minori per il Monte Bianco e viceversa nella stagione estiva) e la riduzione dell’impatto del traffico nella stretta e tortuosa viabilità di accesso a La Palud. È comunque stata dirimente,ai fini della localizzazione della stazione di valle, l’emersione del fenomeno franoso del Mont de La Saxe,che ha imposto l’individuazione di un sito al di fuori delle aree a rischio.Da subito quindi la committenza ha espressamente orientato i primi studi e le prime indagini di tipo tecnico,territoriale ed ambientale con un preciso indirizzo volto all’individuazione di soluzioni tecniche,costruttive, e logistiche atte al contenimento degli impatti ambientali nel loro insieme, non solo nella delicata fase di costruzione ma anche nella fase di esercizio ed utilizzo del futuro impianto. La consapevolezza di dover operare scelte non semplici in un contesto ambientale particolare e delicato ha permesso quindi di affiancare da subito i progettisti con i tecnici incaricati dello Studio di Impatto Ambientale (SIA). Questa scelta si è rilevata assai lungimirante in quanto ha permesso, già in fase di progetto preliminare, di individuare gli impatti più significativi e trovare soluzioni compatibili emerse durante il confronto costante tra i tecnici.Nella fase di stesura del SIA ci si è occupati, oltre che di individuare e valutare gli impatti ambientali dell’opera in progetto, anche di fornire risposte oggettive ad indicazioni e preoccupazioni a volte esagerate come quella, che diede forma a spettacolari forme di protesta, in cui le nuove Funivie furono dipinte come l’elemento responsabile di un incremento del carico antropico smisurato e assolutamente non sopportabile nel sensibile contesto ambientale del Monte Bianco. Si pose quindi il problema di come poter rispondere in maniera adeguata a questa contestazione che ci parve eccessiva ma che però, correttamente, aveva bisogno di una risposta obiettiva ed oggettiva.Non si trovarono studi o analisi che potessero fornirci delle indicazioni sul carico antropico presente per cui decidemmo, con la committenza,di compiere un’analisi dello stato di fatto dei flussi indotti dagli impianti e mezzi di trasporto nell’area del Monte Bianco, su entrambi i versanti,francese ed italiano, suddivisi per stagione e per le tre categorie più rappresentative di utenti: turisti, alpinisti,sciatori. Nell’analisi non ci si limitò a considerare il solo servizio funiviario ma si prese in considerazione anche il trasporto in quota nell’area del Monte Bianco che avviene con mezzi diversi. In particolare si tenne conto del contributo fornito da due importanti mezzi di trasporto, il trenino di Montenvers e la cremagliera di Saint-Gervais-les-Bains. Nella ricostruzione dei flussi si è adottato un metodo che ha permesso di verificare la congruenza, l’attendibilità ed in buona sostanza la coerenza dei valori espressi. Partendo da dati assai certi e sicuri (passaggi sugli impianti di risalita, utenti dei trenini, pernottamenti dei rifugi) si sono ricostruiti i percorsi ed i flussi, nelle due differenti stagioni, su entrambi i versanti procedendo però anche a comporre una sorta di “bilancio”, in cui le “entrate”,ovvero i flussi in entrata in un nodo (stazioni, rifugi, ecc.), trovassero riscontro nei flussi in uscita. Questo metodo ha permesso anche di controllare e verificare l’attendibilità di alcuni dati di cui si possedeva una semplice stima che necessariamente ha dovuto trovare riscontro e coerenza prima di essere validata e riportata nell’insieme del sistema dei flussi generali. Il metodo adottato ha consentito quindi di verificare più volte l’attendibilità delle stime anche di un solo dato. Nel caso questo valore non fosse stato coerente con il “bilancio”complessivo oppure ogni qualvolta emergeva una incongruenza od una discrepanza si è effettuato una sorta di feedback rivolto verso le fonti per la verifica. Questo lungo lavoro ha però permesso di affinare sempre più il “bilancio” dei flussi indotti sino a giungere alla stesura definitiva riportata nel SIA che appare coerente e assai aderente alla realtà. In sostanza si“scoprì” per la prima volta in maniera oggettiva, che di tutte le persone che annualmente affluiscono al massiccio del Monte, durante la stagione estiva, solo l’8% sono imputabili alle Funivie ed ai Rifugi posti sul versante italiano. Non solo, ma se consideriamo l’accesso ai siti sensibili come i ghiacciai, la salita al Monte Bianco e alle vette circostanti, si è scoperto che solo il 2,2 % degli alpinisti giunge dal versante italiano partendo dal Rifugio Torino, dal Rifugio Gonnella ed in maniera trascurabile dal Rifugio Monzino. Anche nella stagione invernale si hanno pressoché le stesse percentuali con solo il 9% dei fruitori che utilizzano gli impianti italiani.La risposta fu chiara e convincente,una razionalizzazione del trasporto sul versante italiano non comporterà quindi alcun sostanziale incremento del carico antropico, soprattutto nelle aree sensibili (ghiacciai e vette)del Monte Bianco. L’esigua percentuale di fruitori del versante italiano rispetto all’insieme, anche in caso di incremento dei passaggi sulle nuove funivie, non comporterà un aumento della frequentazione complessiva delle aree sensibili del Monte Bianco,anche perché non è previsto alcun ampliamento ricettivo dei rifugi presenti.Il solo aumento, peraltro auspicabile,avverrà nel numero di utenti delle nuove Funivie, intesi come turistiche potranno fruire del paesaggio godibile da tutti i siti e le strutture del complesso funiviario e delle offerte naturalistiche del Pavillon.Nonostante queste rassicurazioni si è comunque scelto di contenere a 3000 persone/giorno l’affluenza a Punta Helbronner e si è imposto il divieto dello sci fuori pista in alcune zone a valle del Pavillon per salvaguardare importati aree dello svernamento dei camosci. Il metodo di lavoro adottato,procedere nella progettazione contemporaneamente alla stesura del SIA, ha permesso di ottimizzare molte scelte, dalla razionalità dei parcheggi e della viabilità, sino alla definizione di una strategia complessiva che guardasse al risparmio energetico,alla riduzione delle emissioni,al reimpiego del materiale di risulta degli scavi, all’approvvigionamento idrico ed allo smaltimento dei rifiuti.Non meno importanti, anzi elemento caratterizzante, sono state le scelte architettoniche che hanno visto un impegno nella ricerca di forme e materiali che rappresentassero al meglio le tre stazioni di Entreves, Pavillon e Punta Helbronner. La logica della ricerca del minore impatto adottata in fase progettuale dalla committenza si è manifestata ed è proseguita nella attuale fase realizzativa.Nella complessa ed articolata fase di cantierizzazione dell’opera si sono apportate alcune importanti modifiche rispetto a quanto previsto, la più significativa riguarda la logistica dei trasporti dei materiali da e verso i cantieri. In sede progettuale si indicò che i trasporti dei materiali e dei mezzi dovevano avvenire tramite teleferiche tipo Blondin o elicottero evitando così la realizzazione di strade di cantiere. Le scelte di base sono rimaste le stesse ma la dislocazione ed il numero delle teleferiche è cambiato ed è stato razionalizzato in modo da ridurre le interferenze tra la linea funiviaria attuale, il suo smantellamento,la costruzione della nuova nonché l’approvvigionamento dei cantieri in quota, riducendo così i tempi di realizzazione dell’intera opera e quindi degli impatti in fase di costruzione. A Punta Helbronner è stato messo a punto un sistema integrato formato da due imponenti gru e da un carrello semovente che dal punto di scarico della teleferica di collegamento con il cantiere del Pavillon permettono di servire la zona di Punta Helbronner dove è assai problematico operare, oltre che per le ovvie condizioni ambientali, anche per gli esigui spazi disponibili. Il materiale lapideo di risulta del Pavillon e di Punta Helbronner sarà reimpiegato tramite un impianto di frantumazione,di lavaggio e una centrale di betonaggio che produrrà il calcestruzzo per la realizzazione delle due stazioni. Il materiale terroso non riutilizzabile sarà trasportato a valle ed impiegato per il recupero ambientale dell’area di stoccaggio degli inerti presente ai piedi del ghiacciaio della Brenva. Rispetto ai primi studi progettuali si è deciso per la riduzione dei volumi edificati previsti in progetto che ha interessato tutte e tre le stazioni senza per questo ridurne la funzionalità. L’efficienza energetica è stata migliorata con l’impiego di impianti fotovoltaici e pompe di calore come le 3 presenti al Pavillon che sono di tipo geotermico, a Punta Helbronner invece sono ad aria.Inoltre è stato migliorato il grado di isolamento delle stazioni con una attenta progettazione volta all’eliminazione di ponti termici e dispersioni di calore. L’energia prodotta in discesa dall’impianto funiviario è recuperata e reimpiegata. A Punta Helbronner oltre alla realizzazione della stazione a zero emissioni ci si è indirizzati verso un drastico intervento di riduzione del numero delle antenne e dei ripetitori che rappresentano un importante detrattore paesaggistico in un contesto unico e da tutelare. Vi sarebbero ancora molteplici aspetti assai interessanti sviluppati e contenuti nei progetti e nel SIA di questa importante opera, che riveste una valenza internazionale di collegamento tra due paesi e due regioni che condividono cultura e rispetto per la montagna. L’esperienza maturata nella fase di stesura di questo complesso SIA ci ha confermato quanto già avevamo appreso sulla assoluta necessità di partecipare già in fase di progettazione alla analisi degli impatti favorendo e mitigando le scelte tecniche, rivedendo e valutando insieme ai progettisti le soluzioni meno impattanti in modo che il progetto rappresenti già di per sé la soluzione migliore sotto il profilo della compatibilità ambientale. Quest’ultimaè comunque sempre migliorabile in fase realizzativa, specialmente dove la committenza è attenta e sensibile.
   
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