CONSEGUENZE E PROSPETTIVE
Risulta evidente che il fattore climatico sia fondamentale per la gestione delle piste, sia per quanto riguarda l’innevamento naturale che quello programmato.
AMBIENTE E INNEVAMENTO PROGRAMMATO
di Franco Torretta
Le stazioni sciistiche e l’innevamento programmato
Fin dalla metà degli anni ’80, le stazioni sciistiche hanno dovuto misurarsi con problematiche nuove legate
alla preparazione delle piste da sci: la congiuntura dovuta all’aumento del numero e delle esigenze degli sciatori e al venir meno di un innevamento naturale consistente e duraturo ha costretto le società di gestione a trasformarsi da fruitori della materia prima neve a produttori della stessa. Nascono così, dopo un precedente periodo pionieristico, i primi impianti di innevamento programmato progettati per integrare l’innevamento naturale. Già alla fine del decennio successivo, però, gli impianti di produzione della neve
cambiano ulteriormente la propria missione: da integrazione (eventualmente per i comprensori o le parti di
comprensorio a bassa quota ed esposti al sole) si passa al concetto di copertura totale; cambiano così la progettazione, la potenza installata e la necessità di acqua. Il costo di produzione della neve e la necessità di averla a tempo e ora hanno spinto e spingono le società di gestione e i produttori degli impianti ad allearsi sul fronte del miglioramento dell’efficienza e del risparmio energetico.
I cambiamenti climatici in atto e gli effetti sull’innevamento programmato
Come è noto la neve programmata si forma dal congelamento di acqua nebulizzata al contatto con l’aria esterna. L’acqua viene nebulizzata mediante il passaggio attraverso ugelli opportunamente sagomati, viene miscelata con aria compressa che espandendosi in atmosfera raffredda ulteriormente l’acqua, ed infine, durante il percorso dall’ugello dell’innevatore al suolo scambia calore con l’aria esterna e congela. I fattori che influenzano tale trasformazione sono molteplici; tra i principali la temperatura originale dell’acqua, la pressione dell’acqua, l’umidità e la temperatura esterne. Alcuni di questi fattori possono essere controllati dal processo di produzione: la temperatura dell’acqua all’origine può essere abbassata con sistemi di raffreddamento; la pressione dell’acqua viene imposta dai sistemi di pompaggio; una migliore nebulizzazione può essere ottenuta con disegni ottimizzati degli ugelli. Altri fattori non sono di fatto controllabili: temperature basse (al di sotto di -5°C) con un basso tasso d’umidità e con poco vento (che altrimenti rende difficile la produzione) sono una congiuntura non sempre ottenibile. Risulta quindi evidente che il fattore climatico è fondamentale per la gestione delle piste, sia per quanto riguarda l’innevamento naturale che quello programmato. Di seguito analizzeremo quali sono le modificazioni in atto nel clima che hanno un effetto diretto sulla gestione delle piste e quali sono le strategie che possono essere adottate per una migliore gestione.
Le precipitazioni nevose
Ancor più importante dell’innevamento programmato risulta essere quello naturale; è evidente infatti che la componente ambientale e naturale è senza’altro irrinunciabile per la riuscita di una vacanza invernale in montagna. Inoltre, dal punto di vista delle stazioni sciistiche, un innevamento naturale abbondante e tempestivo (novembre e dicembre) significa la possibilità di calibrare meglio le comunque necessarie integrazioni di neve programmata. In Val di Gressoney in località D’Eyola (1850 m slm) vengono raccolti dati meteo dettagliati fin dal 1942 grazie all’opera indefessa della famiglia Monterin. Nel grafico allegato è marcata la somma delle precipitazioni dei mesi di novembre e dicembre mediata su periodi di 5 anni (figura 1). Si vede chiaramente che, nonostante ci siano stati periodi con scarso innevamento anche negli anni ’40 e ‘60, la linea di tendenza (in rosso) è in evidente calo. Analizzando inoltre le serie numeriche annuali, si osserva che la frequenza di accadimenti con valori di precipitazioni in novembre e dicembre inferiori a 100 cm (numero significativo per un primo innevamento delle piste con neve naturale) aumenta considerevolmente a partire dagli anni ’90 (figura 2). Di qui la necessità irrinunciabile per le stazioni sciistiche di dotarsi di impianti di innevamento programmato, non solo integrativi all’innevamento naturale, ma di fatto autosufficienti almeno per garantire l’inizio della stagione.
L’innalzamento della temperatura
L’aumento della temperatura dal 1860 (anno in cui si iniziano ad avere dati precisi di temperatura a livello mondiale) ad oggi è stato di 0.7°C. L’anno più caldo è stato il 1998, con una temperatura superiore alla media di 0.515°C (quando si parla di media si intende quella delle temperature che vanno dal 1961 al 1990). Viceversa, l’anno più freddo di cui si hanno precise notizie rispetto al trentennio di riferimento è stato il 1862 con 0.616°C inferiore alla media. Più vicino a noi, tra il 2001 e il 2007, la temperatura è oscillata tra 0.40°C e 0.48°C oltre la media e questo è molto vicino al trend degli ultimi 10 anni. Ma il 2008 ha visto un tonfo: secondo i dati dei primi sei mesi dell’anno la temperatura è stata superiore alla media di soli 0.281°C, quindi la temperatura media è scesa di 0.2°C rispetto agli ultimi anni. Nella figura 3 è mostrato l’andamento delle temperature dal 1979 a giugno del 2008. Si può notare come la temperatura non stia continuando a salire anno dopo anno, ma sembra
abbia raggiunto una fase di stasi. L’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) ha individuato scenari futuri che prefigurano per il 2100 un aumento della temperatura globale compreso tra 1.4°C e 5.8°C. Tali studi e modelli, però, devono fare i conti con un numero elevatissimo di variabili, pertanto è difficile dire cosa succederà nei prossimi anni. Ma che effetto ha un innalzamento della temperatura di 0.7°C sulle possibilità di produzione di neve programmata? Nella figura 4 è rappresentato l’andamento della portata di acqua di un moderno innevatore in funzione della temperatura di bulbo umido (umidità pari al 70%, pressione barometrica di 860 mBar, pressione d’acqua 40 bar). Il range di temperatura di bulbo umido accettabile per la produzione della neve va da -5°C in giù con un valori già prossimi all’ottimo a partire da -8°C. Una variazione di temperatura di bulbo umido da -8°C a -7.3°C comporta un abbassamento della produzione di soli 1.5 m3/h pari all’8% in meno. Pertanto, si può affermare che variazioni di temperatura così contenute, non hanno effetti preoccupanti sulla produzione di neve. Diversamente, alle temperature marginali (-3°C / -4°C vicine al limite di produzione della neve) un seppur lieve innalzamento della temperatura rende impossibile la produzione e così pure gli scenari più estremi sopra prefigurati (innalzamento della temperatura fino a +5.8°C) cambiano sostanzialmente le possibilità di produzione.
Il season shift
Secondo il Met, che è il Servizio Meteorologico Inglese, tra i più importanti al mondo, gli inizi delle stagioni sono slittati di alcuni giorni. Sembra che alle nostre latitudini l’autunno e l’inverno arrivino tra una settimana e 10 giorni dopo rispetto al periodo meteorologico classico (ossia inizio settembre e inizio dicembre). E così sembra che la primavera arrivi una settimana prima rispetto all’inizio di marzo. Tuttavia, questi dati non hanno valore assoluto e sono ancora discutibili. Nella figura 5 è rappresentata la data di inizio del freddo inteso come primo di tre giorni consecutivi in cui la temperatura minima resta al di sotto delle temperature sufficienti per produrre neve programmata (-5°C). Tali dati si riferiscono alla già citata stazione di D’Eyola.
Si può notare anche a livello locale un andamento simile a quello che il Met ha previsto su scala mondiale e
cioè uno spostamento tendenziale delle date di inizio del freddo. È evidente che un ritardo nella comparsa
delle precipitazioni nevose o comunque delle condizioni adatte alla produzione della neve programmata può rendere molto problematico l’avvio della stagione sciistica o perlomeno riduce ulteriormente il periodo a disposizione per la preparazione delle piste.
L’evoluzione dell’innevamento programmato
Le variazioni di temperatura, lo spostamento dell’inizio dell’inverno e la naturale difficoltà di compresenza
dei fattori climatici che consentono un’efficace produzione di neve (bassa temperatura, bassa umidità, assenza di vento) hanno portato alla necessità di concentrare la produzione in periodi limitati nel tempo e
perciò ad avere a disposizione grandi portate istantanee: ciò significa avere pompe e compressori di grande potenza, innevatori di grande portata e acqua a disposizione. Analizziamo allora quali sono i costi
tecnici e ambientali di impianti siffatti. I costi di installazione e di gestione di impianti così potenti sono inevitabilmente molto grandi. Dal punto di vista dell’installazione, il governo regionale ha da sempre affiancato le società di gestione nel sostenere tali investimenti ben consapevole della funzione di volano che i comprensori sciistici hanno in ambito regionale. Dal punto di vista gestionale, invece, le società devono far fronte direttamente alle spese per la produzione di neve. Le necessità energetiche legate alla compressione dell’aria possono essere fortemente ridotte con la tecnica costruttiva degli innevatori: se i primi innevatori necessitavano di 40 m3 (circa 4 kW) di aria compressa per ogni m3 di acqua i più recenti
necessitano solo di 2 m3 (circa 0,2 kW) con un risparmio energetico del 95% a parità di portata d’acqua. Per limitare le necessità energetiche legate al sollevamento dell’acqua si sta opportunamente investendo in stoccaggi in quota attraverso la creazione di laghi artificiali di piccolemedie dimensioni; in tal modo si ottiene il duplice effetto di abbassare le necessità energetiche per portare in quota l’acqua dai pozzi o dai torrenti di fondovalle e dal punto di vista ambientale della gestione delle risorse si evita di intaccare tali acque nel periodo tardo autunnale utilizzando quanto già accumulato durante i periodi di piena. Dal punto di vista ambientale è altresì interessante approfondire qual è la reale necessità di acqua per l’innevamento programmato. Su una superficie preparata servono circa 25 cm di acqua ogni m2 di pista al fine di ottenere uno strato di circa mezzo metro di neve programmata; tale quantità può variare da pista a pista a seconda dell’esposizione, della pendenza e dello stato del fondo. In relazione a ciò si deve segnalare che a partire dagli anni ’90 le società di gestione con l’aiuto dell’amministrazione regionale hanno compiuto grandi sforzi nelle opere di sistemazione delle piste in modo da rendere minimo il manto di neve necessario per la pratica dello sci. In ogni caso, per dare qualche indicazione numerica, si deve considerare che un comprensorio sciistico di notevole estensione come quello gestito dalla Monterosa s.p.a. che abbraccia interamente due valli (Ayas e Gressoney) utilizza annualmente per l’innevamento programmato una media di 350.000 m3 di acqua, mentre l’intera Regione utilizza circa 1.500.000 m3 all’anno di acqua la grossa parte della quale viene restituita ai bacini dai quali è prelevata allo scioglimento della neve stessa. Per dare un’idea delle quantità in gioco vediamo quali sono gli altri usi legati all’acqua: per l’uso antropico in Regione Valle d’Aosta si consumano 220 litri al giorno a persona cioè circa 10.000.000 m3/anno (le perdite
di acquedotto che sono circa il 20% del trasportato sommano da sole a 2.500.000 m3/anno di acqua); per
gli usi industriali vengono utilizzati 250.000 m3/giorno cioè 95.000.000 m3/anno circa 65 volte quanto prelevato per l’innevamento programmato; per gli usi agricoli e in particolare per l’irrigazione nel periodo estivo si usano 3.500.000 m3/giorno: in un solo giorno viene utilizzata acqua in quantità tale da soddisfare più di 2 anni di innevamento programmato. Questo per quanto riguarda gli utilizzatori concorrenti; ma qual è la disponibilità? Per capire quanta acqua scorre in Valle d’Aosta si può prendere a riferimento la portata media della Dora che infine somma le portate di tutti i torrenti: ebbene, in media la Dora trasporta 115 m3/sec: per innevare l’intera valle sono sufficienti 3 ore.
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