CONSEGUENZE E PROSPETTIVE
Il cambiamento climatico si traduce in una dilatazione del periodo sfruttabile per le attività estive all’aria aperta, ma dall’altro lato significa una minore nevosità e una più breve durata della neve al suolo.
ADATTIAMO L'OFFERTA TURISTICA
di Maura Giuliano

Il Ru Cortot nei pressi di Barmasc;un agevole sentiero lo costeggiaper gran parte del suo percorso.Se il cambiamento climatico è un fatto ormai incontrovertibile (IPCC, 2007), i suoi impatti presenti e futuri sul sistema fisico e, di conseguenza, su quello socio-economico sono ancora oggetto di acceso dibattito, in
particolare per quanto riguarda il settore turistico, punta di diamante dell’economia valdostana. I dati climatici ci mostrano un riscaldamento di circa 1°C della temperatura media sulla regione alpina negli ultimi 100 anni e l’aumento è stato più sensibile in inverno che in estate (AA.VV., 2006); questo si traduce, da un lato, in una dilatazione del periodo sfruttabile per le attività estive all’aria aperta, ma dall’altro lato significa una minore nevosità e una più breve durata della neve al suolo. In previsione di estati sempre più
calde e di inverni più miti e meno bianchi, diviene quindi necessario ripensare l’offerta turistica in un’ottica di rispetto e valorizzazione dell’ambiente naturale e delle sue risorse, nella consapevolezza dei mutamenti in atto, al fine di garantire un livello di agiatezza socio-economica durevole nel tempo (CIPRA, 2006). Inoltre, poiché le proposte di turismo alternativo devono basarsi sulle specifiche risorse e peculiarità di ciascuna area, è indispensabile innanzitutto una conoscenza approfondita del territorio. La significativa dinamicità ambientale, la ricchezza storico-culturale e, non ultima, la presenza di un vasto comprensorio sciistico, che attualmente sostiene l’economia della zona, hanno contribuito alla scelta del territorio di Ayas come area campione per questa ricerca. L’offerta turistica proposta è orientata verso soluzioni che possano rappresentare una valida alternativa all’attuale predominio delle attività legate alla pratica dello sci. L’attività di ricerca si sviluppa nell’ambito di una borsa di studio finanziata dalla Fondazione CRT ed è svolta in collaborazione con il CNR-IRPI (Istituto per la Protezione Idrogeologica), il CNR-ISEM (Istituto di Storia dell’Europa Mediterranea) e il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Torino.

Inquadramento dell’area d’indagine

Resti dell’antica mulattiera lastricata nei pressi del Colle Superiore delle Cime Bianche (3000 m circa), utilizzata per gli scambi commerciali tra la Valle d’Aosta e il Vallese a partire dal XIV secolo. Sullo sfondo si erge la piramide del Cervino.Il territorio di Ayas presenta numerose ricchezze ambientali, a partire da quelle più conosciute come la flora e la fauna fino agli elementi geologici e geomorfologici che risultano ancora poco noti ai più; in questo lavoro si intende approfondire in modo particolare la conoscenza di questi ultimi elementi, in relazione anche alle attività antropiche. Lo studio della geologia ci permette di tornare indietro nel tempo, a quando le Alpi ancora non si erano formate e al loro posto si trovavano i paleo-continenti europeo ed africano separati dall’Oceano Ligure-Piemontese. Le testimonianze di questi avvenimenti sono racchiusi nelle rocce della zona (AA.VV., 1992; AA.VV., 1998; Dal Piaz, 2004). Le prasiniti, le serpentiniti e i calcescisti, che troviamo ad esempio sul Monte Zerbion, nel Vallone di Verra e di Mascognaz, sono rocce di origine oceanica, mentre all’interno del Vallone delle Cime Bianche affiorano rocce carbonatiche, che sono la testimonianza di isole di mare basso all’interno dell’Oceano Ligure-Piemontese. Il vecchio continente europeo è rappresentato dagli gneiss e i micascisti che affiorano sul Castore e nei pressi del Rifugio Mezzalama, mentre i resti del paleo-continente africano si ritrovano sulla dorsale Monte Falconetta-Colle Pillonet.Febbraio 2006: piste per lo sci alpino ad Antagnod nel comprensorio del Monterosaski; l’immagine ben rappresenta la scarsità di neve che ha caratterizzato l’inverno 2005-2006.
La geomorfologia ci consente di leggere l’evoluzione del paesaggio tramite l’osservazione diretta. Ad Ayas sono innumerevoli le forme di modellamento del territorio legate all’azione della gravità, alla dinamica dei corsi d’acqua e all’azione dei ghiacciai. Tutti questi elementi naturali, insieme alle tracce delle attività antropiche, sono in grado di conferire un aspetto unico ed affascinante al paesaggio, che diventa quindi uno scenario fondamentale per lo sviluppo di proposte turistiche di valorizzazione del territorio.

Il rapporto uomo-ambiente nel territorio di Ayas

Mulino ad acqua a Lignod posizionato in serie lungo il corso del torrente che scende da Barmasc.Come si è manifestato il rapporto uomo-ambiente nel passato e in che misura la società attuale è condizionata dalla dinamica dell’ambiente naturale? Per rispondere a queste domande vengono proposti alcuni esempi emersi dalla ricerca.



Uomo e clima

Mulino ad acqua a Lignod posizionato in serie lungo il corso del torrente che scende da Barmasc.La scarsità d’acqua per uso agricolo venutasi a creare a seguito del lungo periodo mite medievale fornì i presupposti per la costruzione del Ru Cortot (Monterin, 1932), canale artificiale che si sviluppa per oltre 25 km sul versante destro della conca di Ayas e porta l’acqua dal Vallone delle Cime Bianche agli aridi versanti del Col di Joux. Intorno al 1200, in un periodo di transizione tra l’Optimum climatico medievale e l’avvento della Piccola Età Glaciale, si assistette all’arrivo di popolazioni Walser dal nord delle Alpi; all’epoca il transito attraverso i colli alpini era ancora agevole, ma il peggioramento climatico al quale si andava incontro rendeva difficoltosa la vita delle popolazioni delle regioni del centro-nord Europa. I Walser decisero quindi di andare alla ricerca di nuove terre da coltivare nelle regioni a sud delle Alpi, tra cui l’alta Val d’Ayas, e intensificarono la rete di commerci transalpini. Ai giorni nostri la dipendenza dal clima si fa sentire in modo marcato soprattutto in inverno, quando l’andamento della stagione sciistica è fortemente condizionato dalla presenza di neve al suolo. Negli ultimi anni è divenuta pratica usuale l’utilizzo di impianti di innevamento programmato ad elevato consumo energetico, ma con la prospettiva di un ulteriore aumento di temperatura saranno ancora efficaci? I costi di gestione e gli impatti sull’ambiente continueranno ad essere sostenibili?

Uomo e acqua
Il Ghiacciaio Grande di Verra ripreso dalla morena laterale sinistra relativa alla Piccola Età Glaciale.L’acqua è da sempre considerata fonte di vita. Enorme importanza hanno avuto in passato le opere di canalizzazione delle acque, come il già citato Ru Cortot, oppure l’acqua utilizzata per il funzionamento dei mulini per la macinazione dei cereali o per azionare torni e fucine per la lavorazione della pietra ollare (Remacle, 2002). Talvolta però l’acqua può trasformarsi in un elemento di distruzione. La colata di fango e detrito, avvenuta nel luglio 2006 in seguito ad un violento temporale e che ha interessato alcune abitazioni di recente costruzione, ha richiamato l’attenzione sulla problematica dei rischi naturali, su come questi interagiscano con le strutture antropiche e su come fare per prevenirli. In passato, il torrente Evançon e i suoi tributari, a seguito di intense precipitazioni, hanno più volte causato eventi alluvionali; tra questi ricordiamo gli episodi del 1860, del 1949 e del 1957 che misero in pericolo una parte della frazione di Periasc (Obert inedito; Vescoz, 1919; Govi, 1973; Rollandin, 1993) e la tragica alluvione dell’ottobre 2000, che, fortunatamente, ad Ayas ha arrecato effetti modesti (Rollandin, 2000). L’acqua, in forma solida, può dar luogo a valanghe, come quella che il 6 gennaio 1920 si abbatté su una parte del villaggio di Champoluc, provocando la morte di un’intera famiglia (Lale-Démoz, 1920). Il Ghiacciaio Grande di Verra ripreso dalla morena laterale sinistra relativa alla Piccola Età Glaciale.Un’importante riserva d’acqua per il territorio di Ayas sono i ghiacciai, testimoni di vicende climatiche remote e vittime dell’attuale riscaldamento climatico. I valori di regresso frontale e di perdita di spessore del Ghiacciaio Grande di Verra sono imponenti: dal 1913 al 2007 si è misurato un arretramento della fronte di quasi un chilometro, di cui quasi la metà si è verificato nell’arco degli ultimi 10 anni. Se la tendenza al riscaldamento climatico continuerà con l’attuale ritmo, o in maniera ancora più marcata, le lingue vallive dei ghiacciai saranno destinate inesorabilmente a scomparire. Diventa quindi fondamentale acquisire la consapevolezza dell’inestimabile risorsa ambientale e paesaggistica che i ghiacciai rappresentano.

Uomo e terra
Scarti di lavorazione di pietra ollare (cloritoscisto a granati): questo litotipo possiede un’eccellente capacità termica e per questa sua caratteristica veniva impiegato nella realizzazione di recipienti (olle) per la cottura e stufe.Oltre alle pratiche agricole e di allevamento che hanno lasciato come testimonianza le tracce di imponenti opere di terrazzamento sui versanti, il suolo e il sottosuolo della zona offrono numerose altre ricchezze, tra le quali vi sono le risorse lapidee. Lo sfruttamento della pietra ollare, un particolare cloritoscisto a granati che troviamo in affioramento nella zona a nord di Saint Jacques, è stato in passato un’attività molto fiorente e risale probabilmente all’Età Romana (Giachino, 2006) e ancora oggi si trovano tracce di lavorazione nel Vallone delle Cime Bianche e nei dintorni di Saint Jacques (AA.VV., 1968). L’aumento della temperatura previsto per i prossimi decenni, insieme al ritiro delle masse glaciali, favorirà la progressiva scomparsa del permafrost destabilizzando importanti volumi di detrito e roccia. La conoscenza degli eventi passati rappresenta quindi il principale strumento per l’individuazione delle aree maggiormente esposte agli eventi gravitativi e per la comprensione dell’evoluzione futura del territorio. Tra gli eventi franosi avvenuti nel passato ricordiamo l’imponente frana di Pormonere staccatasi dal Monte Zerbion in epoca postglaciale (Forno e Massazza, 1983) che avrebbe determinato la distruzione di alcuni villaggi (Monterin, 1932) e la formazione di un vasto bacino lacustre di sbarramento tra gli attuali abitati di Corbet e Periasc. O ancora la valanga di roccia (Frana di Felik) che il 4 agosto 1936 raggiunse gli alpeggi del Pian di Verra superiore causando la morte di numerosi capi di bestiame e il danneggiamento della storica Capanna Quintino Sella, in corrispondenza della nicchia (Monterin, 1937).

Prospettive di valorizzazione
L’enorme accumulo della frana di Pormonere che ha determinato lo sbarramento del fondovalle principale e la conseguente formazione di un bacino lacustre a monte. La freccia indica il percorso seguito dall’ammasso roccioso (immagine tratta da Google Earth).Tra le peculiarità territoriali emerse nel corso della ricerca, alcune sembrano essere particolarmente promettenti per la valorizzazione a fini turistici dell’area, tra queste ricordiamo:
• i ghiacciai e le forme del paesaggio ad essi correlati (Vallone di Verra-Vallone di Tsére);
• le testimonianze della passata attività di estrazione e lavorazione della pietra ollare (Saint Jacques, Vallone Cime Bianche);
• il Ru Cortot, canale artificiale realizzato intorno alla fine del 1300;
• gli accumuli di frana in località Corbet (Frana di Pormonere) Vallone di Verra (Frana di Felik).

Con una caratteristica colorazione rossastra si distingue l’accumulo della frana del Felik che ha raggiunto gli alpeggi del Pian di Verra superiore. Tra il punto di distacco (situato a 3580 m di quota lungo la cresta che conduce all’attuale rifugio Quintino Sella) e quello di arrivo vi è un dislivello di circa 1200 m e una distanza lineare di oltre 3 km.Gli elementi individuati potranno essere valorizzati tramite la realizzazione di itinerari escursionistico-didattici, utilizzando la rete sentieristica e i punti di appoggio già esistenti. Agli itinerari tematici potrà essere associata una proposta di laboratori interattivi sulle tematiche dell’ambiente rivolti principalmente a bambini e ragazzi. L’elaborazione di queste proposte è cruciale in un ottica di cambiamento climatico, come alternativa al turismo sciistico, e in considerazione degli interessi dei turisti, i quali sono alla ricerca non solo di una bella cornice naturale per le loro vacanze, ma anche di attrattive che abbiano risvolti sportivi, culturali e di intrattenimento. Tramite questa ricerca si intende offrire stimoli e strumenti per conoscere meglio e rispettare l’ambiente, magari osservando con occhi nuovi ciò che è già noto e familiare, in modo da affrontare con più consapevolezza i cambiamenti futuri.

Bibliografia di riferimento
• AA.VV. (1968) – Ayas. Histoire, usages, coutumes et traditions de la vallée. Ed Virginia. Pero
(MI), 283 pp.
• AA.VV. (1992) – Alpi dal Monte Bianco al Lago Maggiore. Guide geologiche regionali. Soc. Geol. It. BE-MA ed., 3(2), p. 209.
• AA.VV. (1998) - Alpi dal Monte Bianco al Lago Maggiore. Guide geologiche regionali. Soc. Geol. It. BE-MA ed., 3(1), p. 311.
• AA.VV. (2006) – Cambiamenti climatici in Valle d’Aosta. Opportunità e strategie di risposta. Società Meteorologica Subalpina, Bussoleno (TO), p. 148.
• CIPRA (2006) – Il turismo invernale sta cambiando: sciare nei secoli dei secoli, amen? CIPRAInfo, 81, p. 20.
• DAL PIAZ G.V. (2004) – From the European continental margin to the Mesozoic Tethyan ocean: a geological map of the upper Ayas Valley (Western Alps). In: Mapping geology in Italy, Pasquarè G. & Venturini C. (eds.), SELCA, Firenze, 267-271.
• FORNO M.G. & MASSAZZA G. (1983) – Segnalazioni di un gruppo di paleofrane in un tratto della Valle d’Ayas compreso tra gli abitati di Lignod e Extrepieraz. Geogr. Fis. Dinam. Quat., 6, 137-147.
• GIACHINO D. (2006) – Ad Ayas i segni di un’arte perduta. La Stampa del 20.12.2006, 66.
• GOVI M. (1973) – L’evento alluvionale del 12-15 giugno 1957. I danni nei bacini del Piemonte e della Valle d’Aosta. Atti XXI Congr. Geogr. It., Verbania, 13-18 settembre 1971, 2(1), 217-239.
• IPCC (2007) – Intergovernmental Panel on Climate Change - Climate Change 2007. 4th Assessment Report, Working Group I, Report “The Physical Science Basis”, p. 987.
• LALE-DEMOZ J. (1920) – Cronique Alpine: Vallée de Challant – Ayas. Augusta Praetoria, I (4-5), 261-263.
• MONTERIN U. (1932) – Lo spopolamento montano in Italia. Volume primo: le Alpi Liguri-Piemontesi. Media e Bassa Valle di Aosta, Valle di Champorcher e Valle di Challant. Comitato per la geografia del Consiglio Nazionale delle Ricerche e dell’Istituto Nazionale di Economia Agraria (a cura di), n. 16, Roma, p. 103.
• MONTERIN U. (1937) – La frana di Felik sul Monte Rosa del 4 agosto 1936. Natura, 28, 1-15.
• OBERT P.A. – Note des principaux faits historiques arrivés depuis 1840. Manoscritto inedito.
• REMACLE C. (2002) – Feu les “artifices” au Val d’Aoste. In: Histoire d’eau. Actes de la conférence annuelle sur l’activité scientifique du Centre d’Etude Francoprovençales, Saint Nicolas (AO), 15-16 décembre 2001, 77-94.
• ROLLANDIN S. (1993) –Le alluvioni in Ayas. Bull. de la Paroisse d’Ayas, 10, 23-29.
• ROLLANDIN S. (2000) –Le alluvioni in Ayas negli ultimi due secoli. Bull. de la Paroisse d’Ayas, 10-11-12, 30-35.
• VESCOZ P.L. (1919) – Phénomènes atmosphériques. Souvenir des principales anomalies du temps observées en Vallée d’Aoste dans le cours du XIX siècle. Bull. Soc. Flore Vald., 13, 1-41.
 

   
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