PIANO ARIA
L’inquinamento dell’aria dipende dal nostro modo di vivere e produrre ed è legato in particolare all’eccessivo consumo di energia. Due sono le vie obbligate: contenere i consumi e produrre energia pulita.
EMISSIONI ED ENERGIA
di Lorenzo Frassy
L’effetto serra è un fenomeno naturale generato dalla presenza in atmosfera di alcuni gas - principalmente anidride carbonica (CO2) - che causano il riscaldamento della Terra fino ad una temperatura adatta alla vita. Senza l'effetto serra naturale, la vita, perlomeno nelle forme attuali, sarebbe impossibile, poiché la temperatura media sarebbe di circa -18°C. Negli scorsi decenni le attività dell'uomo, in particolare la combustione di vettori energetici fossili e il disboscamento delle foreste tropicali, hanno provocato un aumento sempre più rapido della concentrazione dei gas serra nell'atmosfera alterando l'equilibrio termico della Terra, con un anomalo aumento della temperatura atmosferica. La comunità scientifica internazionale ha dibattuto a lungo sulle cause e sulla intensità sia dell'effetto serra che dei cambiamenti climatici. Oggi ormai l'evidenza scientifica del legame delle alterazioni del clima con le attività antropiche gode di largo consenso fra gli scienziati. Non altrettanto concorde è l'opinione sul metodo migliore per contrastare tale tendenza.
I modelli climatici prevedono entro il 2100 un aumento della temperatura media globale compreso tra 1,4 e 5,8°C; tale aumento è la causa principale dei cambiamenti climatici.
I cambiamenti climatici riguardano l’aumento, in intensità e frequenza, dei fenomeni estremi (uragani, temporali, inondazioni, siccità…), l'aumento del livello dei mari, la desertificazione, la perdita di biodiversità.
Per contrastare e ridurre al minimo gli effetti negativi dei cambiamenti climatici sul nostro pianeta, è stata approvata nel 1992 la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici. L’obiettivo è la stabilizzazione a livello planetario della concentrazione dei gas ad effetto serra che sono le principali sostanze in grado di interferire ed alterare il clima globale.
Il Protocollo di Kyoto, firmato nel dicembre 1997, rappresenta lo strumento attuativo della Convenzione: sulla base del principio di "comuni, ma differenziate responsabilità", impegna i vari paesi a ridurre nel periodo 2008-2012, le principali emissioni antropogeniche di gas capaci di alterare l’effetto serra naturale del nostro pianeta. I Paesi soggetti ai vincoli di emissione sono 39 ed includono, fondamentalmente, i paesi europei (inclusi quelli dell’est), il Giappone, la Russia, gli Stati Uniti, il Canada, l’Australia e la Nuova Zelanda.
Il Protocollo di Kyoto è entrato in vigore il 16 febbraio 2005. Gli effetti di questo evento non riguardano tanto le prospettive di riduzione delle emissioni mondiali di gas-serra sul breve periodo; infatti se l’obiettivo dichiarato del Protocollo era quello di una riduzione delle emissioni di gas-serra complessivamente del 5,2%, rispetto ai valori del 1990, la mancata adesione degli USA e le concessioni richieste dalla Russia hanno finito col ridurre questa percentuale allo 0,4% rispetto ai valori del 1990.
L’effetto più importante dell'entrata in vigore – che rappresenta un grosso successo politico per l’Unione Europea, la quale si è impegnata strenuamente per il rafforzamento di questo processo - è invece quello di rilanciare la cooperazione internazionale per la tutela del clima globale del pianeta, di cui il Protocollo rappresenta solo il primo passo. Dovranno cominciare ad essere presi in considerazione gli obiettivi di riduzione per la fase successiva al quinquennio 2008-2012, obiettivi che dovranno prevedere impegni di riduzione più stringenti da parte dei paesi industrializzati e la partecipazione di tutte le maggiori economie alla salvaguardia del clima terrestre.
I gas capaci di alterare l'effetto serra del nostro pianeta sono:
• l’anidride carbonica (CO2), prodotta in tutti i processi di combustione di vettori energetici fossili, dalle attività energetiche ed industriali, ai mezzi di trasporto;
• il metano (CH4), prodotto dalle discariche dei rifiuti, dalle attività agricole e dagli allevamenti zootecnici;
• il protossido di azoto (N2O), prodotto nel settore agricolo e nelle industrie chimiche;
• gli idrofluorocarburi (HFC), i perfluorocarburi (PFC), l'esafluoruro di zolfo (SF6), impiegati nelle industrie chimiche e manifatturiere.
Oltre alle emissioni che influenzano il clima, le attività dell’uomo comportano il rilascio in atmosfera di altre sostanze che influenzano negativamente l’ambiente. Analizziamo i principali inquinanti presenti nell’aria.
• Gli ossidi di azoto (NO e NO2): il monossido di azoto (NO) si forma durante i processi di combustione, in presenza di aria, per reazione dell'azoto con l’ossigeno atmosferico, soprattutto in condizioni di elevata temperatura e pressione. Esso reagisce successivamente con l’ossigeno dell'atmosfera, dando origine al biossido di azoto (NO2). Le principali sorgenti di questi inquinanti sono gli impianti di riscaldamento, alcuni processi industriali e i gas di scarico dei veicoli a motore, soprattutto in condizione di accelerazione e marcia a regime di giri elevato, in quanto si verifica una combustione ad alta temperatura.
• Il monossido di carbonio (CO) è un gas incolore, inodore, infiammabile e molto tossico. Si forma durante la combustione delle sostanze organiche in condizioni di carenza di ossigeno. La fonte principale è costituita dall’utilizzo dei combustibili fossili nei motori a scoppio degli autoveicoli, negli impianti per il riscaldamento domestico e nelle attività industriali.
• I composti organici volatili (COV), costituiti da una serie di composti organici, in miscele complesse, che evaporano facilmente a temperature ambiente, tra i quali il metano, il benzene, il toluene o lo xilene.
• Il biossido di zolfo (SO2), prodotto per la maggior parte dalla combustione del carbone o di altri combustibili fossili contenenti zolfo, usati per il riscaldamento (nafta).
• Le polveri sottili (PM10): così viene definito il particolato, che è costituito dall’insieme di piccole particelle solide (polvere, fumo, microgocce di inquinanti liquidi) presenti in atmosfera, quando le dimensioni della particella sono inferiori a 10 mm (1 micrometro = 1 milionesimo di metro).
Derivano principalmente dagli impianti di combustione e dai motori degli autoveicoli. I motori diesel emettono più particolato rispetto ai veicoli a benzina e per questo motivo alcune case automobilistiche equipaggiano i loro veicoli con filtri antiparticolato.
Come abbiamo esaminato, la maggioranza degli inquinanti deriva dall’impiego di prodotti fossili. Tra le varie attività umane il settore della produzione di energia è, insieme al settore dei trasporti, uno tra i maggiormente coinvolti. Anche in Valle d’Aosta, dove la presenza di un grande numero di impianti idroelettrici potrebbe fare supporre una sensibile riduzione nell’uso delle fonti fossili, l’impiego delle altre fonti rinnovabili risulta marginale.
Il fabbisogno energetico complessivo della nostra regione regista un consumo lordo (somma di tutti i fabbisogni, civili, industriali, trasporti) di 4790 GWh (anno 2000 dati BER), a fronte di una produzione idroelettrica di 2833 GWh. Proprio l’elevata produzione idroelettrica talvolta genera l’errata convinzione che la regione sia autosufficiente dal punto di vista dell’energia, ma, come si può osservare in figura 1, questo è corretto unicamente per quanto riguarda il settore elettrico.
Infatti a fronte di una produzione di 2800 GWh il consumo ammonta a 812 GWh. Ma rispetto ad un’esportazione di energia elettrica per 1812 GWh si rileva un’importazione di prodotti energetici, fondamentalmente combustibili e carburanti di origine fossile, per complessivi 3768 GWh. Esaminando più in dettaglio le fonti di energia impiegate ci si accorge che attualmente circa l’84% dei fabbisogni energetici è coperto da fonti energetiche primarie di origine fossile, la quota residua è costituita dalle fonti rinnovabili. La quota di energia pulit è costituita al 98.5% dalla fonte idroelettrica, dall’1.5% da parte della biomassa e soltanto lo 0.015% è di origine solare. Il settore fotovoltaico è poi assolutamente trascurabile con una quota dello 0.0003%.
Esaminando però i dati in una scala maggiore, è opportuno considerare che la produzione di energia elettrica in Italia è costituita all’82.89% da impianti alimentati da fonti fossili, quindi per maggiore coerenza anche in Valle si dovrebbe computare per l’energia elettrica la stessa percentuale, poiché soprattutto dal punto di vista delle emissioni, non esistono confini regionali.
Risulta altrettanto interessante esaminare come la produzione termoelettrica, mentre nel passato era basata sui prodotti petroliferi, ormai dipenda fortemente dal metano. Se, come meglio si vedrà nel seguito, tale scelta presenta indubbi benefici ambientali, sicuramente dal punto di vista economico e di sicurezza dell’approvvigionamento la situazione è più critica.
Infine appare utile esaminare come vengono ripartiti i consumi regionali nei vari settori di impiego. Come si osserva dalla Figura 5 si possono identificare tre settori: un 40% dei consumi dovuto ai trasporti, un 20% al comparto industriale, ed il restante 40% legato al fabbisogno energetico degli edifici.
Mentre il settore industriale è praticamente svincolato dalle scelte che ognuno di noi può compiere per contribuire alla riduzione delle emissioni, ed il settore dei trasporti dipende fortemente dall’utilizzo dei mezzi (percorrenza) e per alcuni inquinanti anche dalle condizioni di traffico, il settore legato all’edilizia è quello che presenta i maggiori margini di miglioramento e di sostituzione delle fonti fossili con le fonti rinnovabili. Infatti, se ancora oggi appare del tutto utopistico pensare ad un’automobile solare è possibile per ognuno realizzare una casa con elevate caratteristiche di isolamento e dotata di collettori solari termici e di pannelli fotovoltaici che risulti energeticamente autosufficiente.
Attualmente però non possiamo ancora pensare di affrancarci completamente dai prodotti di origine fossile, ma possiamo individuare delle strategie per ridurne i consumi, limitando nel contempo le emissioni, garantendoci così sia un beneficio economico che ambientale. Si possono individuare quattro filoni di azione: la sostituzione dei combustibili, l’uso razionale dell’energia, il risparmio energetico, l’impiego delle fonti rinnovabili.
Dagli interventi volti unicamente alla sostituzione dei combustibili deriva direttamente soltanto un beneficio ambientale; è interessante esaminare il livello di emissioni dei vari combustibili impiegati per il riscaldamento.
Si può osservare che i combustibili gassosi presentano delle emissioni più limitare rispetto agli altri prodotti, con il metano che si distingue in modo particolare. Al beneficio ambientale del cambio del combustibile si può collegare un risultato economico adottando apparecchi più efficienti come ad esempio le caldaie a condensazione che, oltre a migliorare l’efficienza della combustione, utilizzano al massimo l’energia contenuta nel combustibile.
Restando sempre nel settore delle fonti convenzionali, un altro modo di impiegare al meglio le energie di cui disponiamo sono gli interventi volti all’uso razionale dell’energia. L’esempio più evidente di tali tecnologie è la cogenerazione: questa consiste nella produzione contemporanea di calore ed elettricità. Come è ben noto la produzione di energia elettrica mediante cicli termodinamici comporta dei rendimenti intorno al 40%: questo significa che il 60% dell’energia del combustibile viene sprecata. La cogenerazione consiste nel realizzare delle apparecchiature che consentano di recuperare questo calore impiegandolo ad uso termico. La nostra Regione, proprio per le sue caratteristiche peculiari, rappresenta un ottimo campo di applicazione di queste tecnologie. Basta pensare alle stazioni di sport invernali: il periodo di riscaldamento è prolungato, l’energia elettrica prodotta può essere utilizzata dagli impianti di risalita, e soprattutto quanto più aumentano i carichi termici (per effetto delle presenze) tanto più aumentano anche i consumi elettrici.
Un altro esempio sono le pompe di calore. La pompa di calore è una macchina che consente di sfruttare al meglio l’energia elettrica per usi termici; essa può essere paragonata ad una leva che amplifica l’effetto utile: così la pompa di calore utilizza dell’energia elettrica per prelevare calore dall’ambiente esterno (aria, acqua, terreno) e per erogarlo all’impianto termico. La disponibilità di acqua di falda o corpi idrici superficiali permette di ottenere elevate rese.
Un importantissimo settore di intervento, che si prospetta molto corposo è il risparmio energetico. Con tale definizione si intendono tutte quelle attività volte alla riduzione dei consumi nei vari settori: ad esempio gli interventi di coibentazione degli edifici, la sostituzione dei serramenti, l’impiego di elettrodomestici a elevata efficienza, di lampade a basso consumo, fino all’adozione di sistemi e modi di progettazione e costruzione volti alla riduzione dei consumi non solo energetici ma in generale di tutte le risorse ambientali. Un esempio su tutti: le nostre case consumano mediamente 150-200 kWh/m2 anno(equivalenti a 15-20 litri di gasolio/m2 anno), adottando tipologie costruttive che prestino maggiore attenzione all’isolamento si possono ridurre i consumi oltre la metà. In Alto Adige dallo scorso anno le nuove abitazioni non possono avere un consumo superiore a 70 kWh/m2 anno, ma frequentemente le nuove costruzioni presentano consumi di 20-30 kWh/m2 anno.
Infine l’inesauribile settore delle energie da fonti rinnovabili che sul lungo periodo costituiranno la sola risorsa energetica a disposizione. Le fonti che presentano il maggiore interesse sono le seguenti.
Solare
La Valle d’Aosta è caratterizzata da una notevole insolazione, a livello di regioni ben più meridionali come la Campania o la Sicilia, principalmente per effetto della limpidezza dell’atmosfera a causa dell’assenza di nebbie e foschie che invece penalizzano buona parte del nord Italia. Tali caratteristiche atmosferiche fanno sì che sia possibile realizzare sistemi solari che consentano la copertura del 60-70% dei fabbisogni di acqua calda sanitaria e 30-50% dei fabbisogni di riscaldamento. Le località di montagna sono particolarmente favorite in quest’ultima opzione; in effetti in quota la necessità di riscaldamento è distribuita lungo tutto l’anno solare consentendo un maggiore sfruttamento dell’impianto solare, che può essere utilmente impiegato anche per le funzioni di antigelo nel periodo invernale.
Biomassa
La realizzazione di impianti alimentati a biomassa non può prescindere dalla creazione di una filiera agro-forestale che renda disponibile la biomassa per il successivo impiego energetico. Tale filiera, soprattutto se realizzata impiegando aree marginalizzate e/o oramai abbandonate dall’agricoltura tradizionale, consentirebbe ulteriori benefici quali il recupero della fruibilità (le aree abbandonate si riempiono di rovi), il presidio del territorio atto a prevenire fenomeni di dissesto idrogeologico, la creazione di opportunità di lavoro. Nell’ottica di tale attività si potrebbe incentivare la ricerca per individuare le specie vegetali più adatte ad ogni ambiente. L’accoppiamento di sistemi di riscaldamento a biomassa con reti di teleriscaldamento, come ha ben dimostrato l’impianto del comune di Morgex, comporta inoltre notevoli miglioramenti anche dal punto di vista della sicurezza e del risparmio energetico.
Mini e micro idroelettrico
Consiste nello sfruttamento degli acquedotti e delle reti di irrigazione per la realizzazione di impianti idroelettrici di piccola potenza ma caratterizzati da un ridottissimo impatto ambientale, poiché si sfruttano captazioni e canalizzazioni già esistenti, con sensibili benefici economici per comuni, comunità montane e consorzi. Per consentire l’effettiva realizzazione di tali tipologie di impianti oltre agli aspetti tecnici devono essere affrontati alcuni aspetti operativo-gestionali legati principalmente ai problemi della vendita e/o dello scambio di energia elettrica con le società distributrici di gestione e manutenzione. Recentemente sono state approvate dall’Autorità per l'Energia Elettrica e il Gas le modalità per lo scambio sul posto dell’energia elettrica prodotta da impianti a fonti rinnovabili con potenza inferiore a 20kW (deliberazione 10 febbraio 2006).
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