TERRITORIO FRAGILE
La gestione del rischio idrogeologico viene effettuata attraverso il controllo strumentale dei fenomeni franosi.
MONITORAGGIO DELLE FRANE IN VALLE D'AOSTA
di Chiara Bonvicini e Massimo Pasqualotto
Monitorare: un termine molto in voga in questi ultimi anni, sia perché, a seguito degli eventi calamitosi che hanno colpito la Regione, dal settembre 1993 fino all'ultimo recente evento dell'ottobre 2000, si sono innescati numerosi fenomeni franosi su cui sono state attivate operazioni di controllo e monitoraggio, sia perché nuove esigenze antropico-urbanistiche hanno spinto a trovare una giusta coesistenza del binomio utilizzo del territorio-evoluzione naturale delle forme del paesaggio, chiaramente in stretta relazione con le dinamiche naturali in atto e pregresse.
Prima di tutto occorre un chiarimento lessicale al fine di evitare le classiche incomprensioni: con il termine monitoraggio intendiamo tutte quelle azioni volte a controllare per mezzo di strumentazione idonea l'evolversi quantitativo di un fenomeno naturale. Spesso molti fenomeni naturali, soprattutto quelli che hanno una estensione limitata e una velocità di evoluzione molto rapida (crolli di roccia puntuali, frane a evoluzione rapida tipo soil-slip o debris flow, ecc.), non risultano adatti per l'applicazione di tecniche di monitoraggio e presuppongono invece in caso di necessità l'adozione di azioni preventive di cautela, quali l'attivazione di stati di allerta, l'evacuazione delle zone a rischio, ecc.
In tali casi l'applicazione di tecniche geognostiche dirette sul fenomeno sono da limitare alla conoscenza dettagliata dei parametri dinamici del fenomeno stesso. A titolo di prevenzione, su questa tipologia di fenomeni è forse più opportuno cercare di controllare le cause innescanti i fenomeni stessi; nella maggior parte dei casi le cause sono da ricondurre ad eventi pluviometrici importanti, anche se l'individuazione delle soglie critiche è tuttora un argomento di discussione scientifica, legato a parametri estremamente variabili e spesso difficilmente quantificabili.
Il motivo che ha promosso lo sviluppo e la diffusione dei sistemi di monitoraggio è stato la necessità di conoscere il territorio e le sue dinamiche, considerando i più svariati aspetti (idrologici, idrogeologici, geotecnici ecc.) ai fini della coesistenza dell'uomo con il paesaggio e la sua evoluzione. Progressi maggiori nella loro diffusione si sono avuti a seguito di grandi dissesti naturali quali il caso della Val Pola in Valtellina. I primi sistemi sono stati progettati, in una filosofia di tipo conoscitivo, allo scopo di comprendere meglio aspetti stratigrafici, idrologici e idrogeologici, geotecnici, geomeccanici e pluviometrici del suolo e del sottosuolo. Si trattava di solito distrumenti singoli o di una rete di strumenti attraverso i quali, in maniera periodica e spesso manuale, venivano effettuate letture dei parametri registrati. L'interpretazione dei dati di monitoraggi intesi in questa ottica aveva come scopo prevalente quello di supportare la progettazione di opere ingegneristiche di difesa.
Nella nuova ottica, che sta affiancando la precedente, i sistemi di monitoraggio assumono un più ampio spettro di finalità. Passando infatti da sistemi di lettura manuale a sistemi completamente automatici che trasmettono i dati in tempo reale, il monitoraggio acquista anche funzioni di allertamento e di supporto ai Piani di Protezione Civile. Infatti, osservazioni prolungate consentono di stimare e aggiornare soglie critiche di movimento, oltre le quali è assai possibile (ma non necessariamente certo) il collasso. È opportuno rammentare che, nonostante la tecnologia sempre più avanzata offra numerose possibilità, il preannuncio certo e tempestivo dell'avvicinarsi di un fenomeno naturale potenzialmente pericoloso resta ambizione antica e mai raggiunta. Purtroppo ancora oggi, nonostante gli sforzi, si registra un numero limitato di successi nel campo della previsione dei fenomeni franosi. Nella letteratura tecnica sono annoverati due emblematici casi, quasi contemporanei, dove sistemi di monitoraggio simili hanno consentito in un caso (Val Pola) il preannuncio tempestivo del verificarsi di un fenomeno franoso importante, nell'altro (Val Torreggio) la segnalazione di allarme a cui però non è seguita una destabilizzazione del versante, nonostante fossero ampiamente superate le presunte soglie critiche. Ciò sta ad indicare la difficoltà di definire, da caso a caso, i valori-limite accettabili, dato l'elevato numero di variabili in gioco che concorrono all'attivazione del fenomeno gravitativo.
In quest'ottica il monitoraggio si pone come alternativa alla realizzazione di opere di protezione e, dove queste siano presenti, la sua funzione si estende anche alla valutazione dell'efficienza delle opere di stabilizzazione e di consolidamento realizzate e al controllo strumentale delle stesse nel corso del tempo. Spesso infatti gli strumenti di monitoraggio integrano le opere ingegneristiche al fine di definirne e permettere di colmarne i limiti.
In generale, il monitoraggio deve consentire, progressivamente nel tempo, l'esatta delimitazione del fenomeno franoso, in termini sia di estensione areale, sia di profondità interessate e quindi di volumetrie, nonché la definizione delle tipologie di movimenti in atto e la loro variazione spazio-temporale. Ciò comporta anche la valutazione della dipendenza dei movimenti dal mutare delle condizioni idrauliche e meteorologiche. Inoltre, la carenza di conoscenze storiche dei fenomeni comporta la difficoltà a definirne a priori l'evoluzione; pertanto è necessaria una conoscenza della loro dinamica, per cui i dati devono essere oggetto di aggiornamento continuo.
La strumentazione disponibile è molto varia, sia per la tipologia dei parametri valutati sia per la tipologia e posizionamento degli strumenti. Si spazia, infatti, da strumentazione geotecnica superficiale (biffe, distometri, estensimetri, fessurimetri, assestimetri, ecc.) a strumentazione geotecnica calata in fori di sondaggio (inclinometri, celle di pressione, estensoinclinometri ecc.), a strumentazione per il controllo idraulico del sottosuolo (piezometri di vario tipo), a strumentazione per il controllo topografico (teodoliti, distanziometri, ricevitori satellitari ecc.), per il controllo delle vibrazioni (accelerometri, sismometri ecc.) e per la misura dei parametri idrometeorologici (pluviometri, termometri, nivometri, anemometri, barometri, idrometri ecc.).
In linea generale, purtroppo, l'installazione comporta costi elevati, non solo per l'acquisto della strumentazione, ma anche e soprattutto per la posa in opera degli strumenti, spesso in zone impervie ed inaccessibili, a causa della mancanza di servizi indispensabili quali l'alimentazione elettrica, la linea telefonica per la trasmissione dei dati, i locali per ricoverare le strumentazioni, e a causa degli oneri legati alla gestione, alla manutenzione e all'aggiornamento di tale strumentazione.
All'interno dell'Amministrazione Regionale della Valle d'Aosta, la competenza in materia di sistemi di monitoraggio dei fenomeni franosi ricade sul Servizio Difesa del Suolo dell'Assessorato Territorio, Ambiente e Opere Pubbliche. I tecnici in esso operanti si occupano di valutare la necessità e la possibilità di messa in opera di sistemi di monitoraggio per i fenomeni franosi segnalati dagli enti locali territorialmente competenti. Attualmente, i sistemi in funzione sono nove e altri sono in via di ultimazione. Per alcuni di essi, i dati sono trasmessi direttamente, tramite segnali radio o rete telefonica, ad un PC situato presso il centro operativo della Protezione Civile e negli uffici del Servizio competente. Periodicamente, i dati vengono scaricati ed elaborati, secondo procedure in continuo aggiornamento, a causa delle sempre maggiori e svariate esigenze di controllo e delle dinamiche dei fenomeni stessi.
Diversamente, ci sono sistemi per i quali è prevista la sola lettura manuale periodica.
È importante rimarcare come la fase decisionale sia comunque demandata ai tecnici competenti, peraltro supportati dai dati così rilevati, e non sia il risultato automatico di alchimie recondite di un sistema informatizzato.
Nel complesso con l'evoluzione della tecnologia, che progetta strumenti sempre più versatili e precisi, e con l'aumento del numero di dissesti che mettono a repentaglio la pubblica incolumità - in un'ottica di gestione del rischio - tali sistemi di supporto alle decisioni sono destinati ad una rapida e crescente diffusione. Inoltre, di fronte a fenomeni di vasta estensione e con dinamiche evolutive particolarmente complesse, un approccio tipicamente non strutturale come quello del monitoraggio automatico o periodico può spesso risultare l'unica azione fattibile nella gestione del rischio in contrapposizione o integrazione ad interventi strutturali classici (opere ingegneristiche di protezione attive passive) che potrebbero dare risultati parziali e non esaustivi.
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