TERRITORIO FRAGILE
"La terre nous en apprend plus long sur nous que tous les livres". Saint-Exupéry
SENTIMENTI DI APPARTENENZA TERRITORIALE
di Stefania Lusito
La popolazione si raduna in occasione di una riunione del villaggio (Tiahuanaco, Bolivia)Il rapporto etimologico tra humus e humanus ci fa riflettere sul fatto che il territorio non sia una semplice realtà geografica, ma comprenda lo spazio vissuto, i luoghi dell'infanzia, le viuzze del villaggio, il quartiere; siamo intimamente legati ad esso, anche ai nostri giorni in cui lo sviluppo dei sistemi e dei mezzi di comunicazione ha reso così facili gli spostamenti di flussi di persone e di informazioni.
Una ricerca condotta nel nord-est italiano alla fine degli anni '80 dal Dipartimento Teoria, Storia e Ricerca Sociale dell'Università di Trento evidenzia che l'appartenenza territoriale - intesa come legame di identificazione tra gruppo sociale e territorio - sia generalmente più intensa nelle aree montane e in quelle rurali di pianura (la persistenza di forme di vita comunitaria è l'elemento che dà forza a questa intensità) a cui seguono le aree di costa ed infine quelle urbane.
La rivoluzione mobiletica - che indica la propensione alla mobilità spaziale - è relativamente bassa tra gli intervistati: circa il 70% degli individui abita nel comune di nascita, mentre il 13% se ne è allontanato, rimanendo però nel comprensorio d'origine. L'intensità dell'appartenere muta nel rapportarsi alle variabili sociologiche: a fasce di età più alte aumenta, a livelli di istruzione più alti diminuisce, nei comuni di residenza situati a maggiore altitudine aumenta nuovamente (a quote più alte, più alto diventa l'attaccamento al territorio che risulta inoltre - contrariamente a quelli che possono essere gli stereotipi dominanti - allargato: l'area di appartenenza è percepita ampliata proprio per effetto del più vasto orizzonte visivo). La ricerca ci informa che il raggio d'ampiezza in cui si manifesta il senso di appartenenza si fa più ristretto per i soggetti femminili; la lunga permanenza, la bellezza dei luoghi e la presenza della famiglia sono stati i motivi indicati dagli intervistati per giustificare le forme di attaccamento al territorio. A tratti vengono segnalate anche forme di non-appartenenza. Quel che viene notato dai sociologi è l'inserirsi di preoccupazioni ecologiche nella percezione dell'appartenenza territoriale di questa zona del nord-est italiano in cui sono sentiti maggiormente i legami tra salute del territorio e qualità della vita, tra fisicità dell'ambiente e socialità.
Villaggi berberi del Medio-Atlante (Marocco)Anche le ricerche sociologiche e antropologiche svolte in Valle d'Aosta rilevano un forte senso di appartenenza territoriale: il simbolo più rappresentativo della valdostanità - la montagna - è collegato a rappresentazioni mentali e aggettivazioni positive negli immaginari e nei cuori dei suoi abitanti, rivelandosi un solido ponte tra gli autoctoni e la popolazione immigrata. Le rappresentazioni collettive che animano il sentimento territoriale valdostano riguardano la bellezza dell'ambiente naturale (verso la quale, all'inizio degli anni '90 e in modo del tutto simile a ciò che è emerso nel nord-est italiano, si sollevano questioni legate alla sua tutela e al nesso con la qualità della vita) e il legame con la comunità insediata. La morfologia dell'appartenere è stata rilevata a cerchi concentrici, dal comune d'origine per arrivare in ultimo alla dimensione regionale.
Nei giorni dell'alluvione le immagini del territorio ferito non ci erano più così familiari e in virtù del nostro senso di appartenenza abbiamo sentito sulla pelle e nelle viscere la violenza distruttiva della forza della natura.
Negli insediamenti abitativi posti a quote più alte, a sentimenti di appartenenza più intensi sembrano essere corrisposte reazioni tempestive nella tutela del territorio e dei suoi abitanti: le piccole comunità con reti di comunicazione a maglie strette hanno permesso maggiore velocità nella circolazione di informazione; la percezione del rischio era forte e nitida. Negli ambiti urbanizzati, con reti "a maglie larghe", più slegati dalla cura del territorio e meno dipendenti da esso per la propria sopravvivenza materiale, si è trasferita la decisionalità nell'agire alle strutture preposte, testimoniando uno scollamento con la dimensione territoriale e con la conoscenza dei rischi connessi al vivere in zone montane.
Nel concetto di rischio troviamo riferimenti alla dimensione spaziale -le prime assicurazioni nascono con i viaggi marittimi- e a quella temporale, collegandolo agli investimenti economici: essendo il rischio legato al dinamismo, il suo calcolo diventa indispensabile nelle società orientate al futuro.
Affinchè l'intensità dell'appartenenza e il senso di responsabilità ambientale crescano, così come la consapevolezza dei rischi del vivere in montagna, i processi decisionali dovrebbero comprendere oltre alle necessarie valutazioni tecnico-politiche anche un maggiore coinvolgimento delle comunità locali nella gestione e nella difesa del territorio.
Attraverso i processi legati alla globalizzazione assistiamo, con l'allargarsi delle nostre coordinate cognitive e lo sconvolgimento delle categorie aristoteliche di tempo e spazio, ad una deterritorializzazione dell'io: per mitigare l'effetto di sradicamento, che seppur inebriante provoca sentimenti di smarrimento identitario, dovremmo forse riallacciare un filo sottile con il territorio, conoscendolo, difendendolo, amandolo interamente.
In un momento storico di deregulation globale, la montagna ci ha ricordato le sue regole - il rispetto per la fragilità e la delicatezza del territorio - e ci sollecita a ricongiungerci a quel filo.
 

Indicazioni bibliografiche
AA.VV., Indagine etnologica conoscitiva sulle caratteristiche culturali attuali della Valle d'Aosta, Assessorato alla Cultura RAVA e Università di Genova, 1998.
Z. Bauman, La società dell'incertezza, 1999.
K. Fabrizio, J.B. Racine, Recherche sur l'école maternelle bilingue en Vallée d'Aoste. Aspects socio-géographiques, IRRSAE, 1994.
A. Giddens, Il mondo che cambia. Come la globalizzazione ridisegna la nostra vita, 2000.
R. Gubert, L. Struffi, Strutture sociali e territorio montano, 1987.
G. Pollini, Appartenenza socio-territoriale e mutamento culturale, 1990.
 

   
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