L'acqua, elemento di fondamentale importanza per la vita umana, è presente in ogni fase dello sviluppo delle città romane: acquedotti, fontane, vasche, piscine, terme ma anche canali per regolare le acque meteoriche o per irrigare le campagne, così come pozzi e ninfei, precise connotazioni decorative o funzionali determinavano il carattere del paesaggio urbano.
In età romana il sistema di adduzione e di deflusso delle acque era razionalmente progettato e sapientemente regolato per una perfetta distribuzione rispondente alle esigenze funzionali ed igieniche delle città.
Le principali notizie sulle tecniche di captazione, di conduzione e di amministrazione delle acque nel mondo romano sono riportate da Plinio (Naturalis Historia, XXXI, XXVII) e da Vitruvio (De Architectura, VIII, VI, 1); Frontino invece (De aquae ductu Urbis Romae) riferisce in generale sull'amministrazione e sulla gestione delle infrastrutture idriche, la cosiddetta cura aquarum. Augusta Praetoria, città sorta al centro di una zona ricca di acque superficiali e sorgive, doveva essere particolarmente favorita per quanto riguarda lo sfruttamento delle risorse idriche.
L'area compresa entro il rettangolo delle mura non era pianeggiante, ma in declivio verso sud-ovest con un dislivello massimo di circa 17 metri. Tale disposizione favoriva l'immissione e lo scolo delle acque secondo le prescrizioni vitruviane: la rete fognaria era effettivamente tracciata nel senso della naturale pendenza del terreno.
Al reticolo stradale corrispondeva la rete del sistema fognario urbano, tuttora conservato nelle linee fondamentali e concepito con estrema razionalità, in unità progettuale e costruttiva con l'erezione delle mura urbiche.
Le opere idrauliche messe in luce facevano parte di una vasta rete idrica artificiale che interessava il bacino aostano: una complessa organizzazione articolata in canalizzazioni, acquedotti e cloache provvedeva all'alimentazione e al continuo smaltimento delle acque nella Dora Baltea.
Nell'ambito della strutturazione urbanistica della città i canali e gli acquedotti venivano a configurarsi architettonicamente accanto agli elementi dominanti del paesaggio suburbano - i sepolcri e le ville - che utilizzavano come direttrici di sviluppo le vie di comunicazione principali e secondarie in rapporto alla morfologia del terreno e all'amoenitas.
I CANALI
La sistemazione e l'utilizzazione del patrimonio idrico aveva portato sul piano della programmazione urbana a scelte tipicamente funzionali, quali il taglio di un canale artificiale che seguiva la logica del piano ortogonale e la naturale pendenza del terreno.
Un ampio canale di scolamento idrico (fossa) a percorrenza esterna, largo 3,50 metri, archeologicamente documentato in più tratti (scavo cortile ex Caserma Challant; scavo via G. Rey; scavo ex Hotel du Mont-Blanc) scorreva lungo i lati settentrionale e occidentale della cinta muraria pressoché coincidente con l'attuale rive de Ville (Mère des rives); esso sembra rispondere, per constatazioni di ordine topografico e ambientale, ad esigenze di regolamentazione dell'impetuoso corso del torrente Buthier onde impedire gli impaludamenti e il pericolo di rovinose inondazioni e, nel contempo, di alimentazione della rete fognante.
L'ALIMENTAZIONE IDRICA
Il sistema di approvvigionamento idrico, nonostante l'esistenza di pozzi all'interno dell'area urbana, era assicurato da più acquedotti provenienti dalle colline circostanti, caratterizzate dalla presenza di sorgenti di acqua pura e di buona qualità.
Le ricerche condotte negli ultimi anni hanno consentito di verificare vecchie informazioni e di acquisire nuovi dati sul percorso degli acquedotti e sulle soluzioni tecniche adottate; mancano sinora precise indicazioni sulle opere di captazione delle sorgenti, sull'ubicazione dei serbatoi terminali - il castellum aquae - e sul sistema di ripartizione dell'acqua che affluiva dalle gallerie di presa e dai canali di drenaggio alle tubature cittadine, lefistulae plumbeae.
L'acquedotto, casualmente scoperto nel 1886 in occasione dei lavori per l'approvvigionamento idrico della città moderna, percorreva la valletta "la Comba" interrato ad una profondità che in alcuni punti raggiungeva anche 6 m, al fine di ridurre la pendenza. Dalle opere di presa fino al torrente Buthier correva a pelo libero, in solida muratura cementizia (sezione interna 35x40 cm), rivestito internamente in opus signinum e ricoperto da lastre in pietra. Lo specus, interrotto da vasche di decantazione e da pozzetti di ispezione interposti ad opportuna distanza, attraversava il Buthier con un ponte/canale o, più probabilmente, in condotta forzata con tubi in piombo, come sembrano mostrare i resti di strutture murarie in grossi blocchi di puddinga e le fistulae aquariae scoperte a più riprese nel letto del torrente, indi raggiungeva le mura.
Un secondo acquedotto sotterraneo in muratura cementizia, coperto da volta a botte, individuato nel 1985 in regione Bibian sul pendio settentrionale della città, in prossimità della rampa della via publica per l'Alpis Poenina (Gran San Bernardo) a 200 m circa dall'acquedotto moderno, scendeva in città sfruttando l'andamento del terreno. Provvisto di un apposito bacino di decantazione, una piscina umana in opus coementicium, delle dimensioni di 10x5 m, doveva, passando attraverso le mura in prossimità della porta pnincipalis sinistra, rifornire di acqua potabile l'area centrale della città.
La necessità di sopperire al crescente fabbisogno idrico portava all'immissione più tarda di un nuovo condotto proveniente da Signayes.
Anche la rete di distribuzione interna è nota solo frammentariamente: canalizzazioni, segmenti difistulae plumbeae, elementi idraulici in bronzo e un bacile di fontana offrono testimonianze sulle principali utenze urbane; le fontane pubbliche, i bagni e le case private sono espressione delle qualità e del tenore di vita raggiunto dalla civitas di Augusta Praetoria.
Per le esigenze della vita quotidiana il rifornimento idrico era garantito anche dalla presenza di pozzi che sfruttavano le falde freatiche del sottosuolo urbano e che venivano inseriti all'interno dei cortili dei quartieri (insulae) più densamente popolati (insula del pozzo 51, insula 59, insula 39). I pozzi, realizzati a secco con elementi litici lastriformi e pietrame, presentano forma circolare (diametro 1,00-1,20 m) e una profondità oscillante fra i 12 e i 18 metri. Il riempimento interno fornisce elementi di notevole interesse per la ricostruzione delle usanze quotidiane: molti materiali risultano legati all'utilizzazione del manufatto stesso, come i manici di situle bronzee del 11/111 secolo d.C., rinvenuti nel pozzo dell'insula 51.
All'interno delle domus, e principalmente nell'atrio, non dovevano mancare cisterne atte a raccogliere l'acqua piovana, ritenuta dai romani la più salubre.
LE FOGNATURE
Nel sottosuolo della città moderna si conserva un imponente e funzionale sistema fognario: i condotti, voltati, mediamente delle dimensioni interne di 1,80x0,90 m, in robusta opera cementizia, sottostanno agli assi stradali e ricevono i canaletti di immissione secondaria collegati alle insulae di abitazione; tombini rettangolari (1,50x0,97 m) con una piccola apertura quadrata centrale erano regolarmente posti all'incrocio delle strade urbane. L'emissario scaricatore - un presumibile collettore generale delle cloache cittadine - è stato individuato presso l'angolo sud-ovest della cinta muraria; esso piegava leggermente verso sud e raggiungeva il canale Voison, nel quale si scaricava.
Nella tarda antichità gli acquedotti continuarono ad alimentare stanca-mente una città ormai in declino: a partire da questo momento si registra il progressivo intasamento dei condotti fognari.
Le fonti storiche locali riportano eventi alluvionali disastrosi: la successiva ripresa di un regime idroclimatico più regolarizzato per la Valle consentirà il riintrinceramento dell'asta del Buthier all'interno di un più ampio solco e l'attivazione di una rete irrigua di rus, le cui tracce si sono conservate fino ai giorni nostri.