L'assetto tradizionale del territorio rurale valdostano era imperniato su un sistema di abitato diffuso, caratterizzato da piccoli nuclei compatti cui facevano capo tutte le attività produttive del circondario. Dal dopoguerra in poi, questo sistema di villaggi ha conosciuto un lento e apparentemente inesorabile processo di abbandono. Le attività industriali e commerciali del fondovalle hanno assorbito a poco a poco la popolazione attiva, lasciando nei villaggi solo gli anziani ancora dediti all'agricoltura e mandando completamente in crisi il tradizionale sistema dell'abitato diffuso. Fino a una decina di anni fa, questo processo sembrava inarrestabile e senza possibilità di rimedio, fatta eccezione per quegli insediamenti in quota che si prestassero ad usi di tipo turistico ovvero ad interventi di ristrutturazione ad uso di seconda casa, sovente motivata da ragioni varie tra le quali l'attaccamento all'origine.
Oggi però si sta assistendo a un' inversione di tendenza: a fronte - da un lato - dei prezzi raggiunti dagli immobili urbani e - dall'altro - della cresciuta domanda di qualità residenziale (verde, aria pulita, servizi di vicinato), si assiste a un ritorno nei centri minori, in zone via via sempre più lontane dal fondovalle.
Questo ritorno non significa però una nuova vitalità dei villaggi: essi assumono una funzione puramente residenziale, mentre l'intorno agricolo viene sempre più abbandonato: al recupero degli immobili fa da contrasto il crescente abbandono del territorio circostante. Così pure non rinasce una vera vita sociale, anzi gli steccati e i cancelli che recingono le abitazioni ci rendono conto di un modo di vivere che ha comunque mutuato dalla cultura urbana la difesa della sfera individuale; gli spazi comuni dei villaggi non hanno più scopo e vita, e i nuovi residenti dividono il loro tempo tra la città e il chiuso del loro recinto extraurbano.
Il Piano Territoriale e Paesistico della Regione fa del recupero degli insediamenti diffusi un obiettivo importante; ma questo obiettivo, se da una parte apre a una nuova prospettiva per rivitalizzare questi nuclei, dall'altra ci pone di fronte a molti problemi di cui ancora non è facile vedere la soluzione. Questo numero vuol essere perciò un contributo di spunti e riflessioni per ripensare le occasioni che questo patrimonio abbandonato ci offre e per sondare i limiti del nostro operare su di esso.