Joan Miró. E' quando sogno che vedo chiaro
Museo Archeologico Regionale - Aosta 29 Aprile 2023 - 1 Ottobre 2023 tutti i giorni, dalle 9 alle 19
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Il Museo Archeologico Regionale di Aosta presenta al pubblico per la prima volta in Italia una mostra inedita su Joan Miró, uno dei massimi protagonisti dell’arte del secolo scorso. Il percorso espositivo delinea la figura dell’artista-uomo, sfiorando le peculiarità della sua persona, dalle convinzioni ecologiste (che oggi chiameremmo di “sostenibilità ambientale”) all’impegno nella lotta antifascista, dall’esigenza fortissima di libertà alla sua ribellione verso ogni forma di tirannia fino alla sua capacità di intrecciare arti lontane come la poesia, la scultura, il teatro, la fotografia.
Le sezioni della mostra mettono in evidenza il triplice impegno morale di Miró: il rispetto per la natura, la libertà politica e l’innovazione del linguaggio artistico, temi scelti dal Comitato scientifico di cui fanno parte Riccardo Auci, Andrea Filippo Cremonesi, Enrique Longinotti, Daria Jorioz, Josep Maria Camps Codina, Josep Massot, Paula Virginia Serè Villarino.
Disse Joan Miró nel 1979 in occasione del conferimento del dottorato honoris causa presso l’Università di Barcellona: “Un artista è qualcuno che, tra il silenzio degli altri, fa sentire la sua voce per dire qualcosa, e che ha l'obbligo che questa cosa non sia inutile, ma che serva all’umanità”. Dopo quarant’anni di dittatura, in un paese finalmente restituito alla democrazia, Miró manda un messaggio di fedeltà alla terra, di solidarietà tra gli uomini e di dedizione alla ricerca della libertà aldilà di ogni barriera sociale.
Per far comprendere il suo processo creativo e la sua connessione con la natura Miró diceva: “Un quadro non si finisce mai, non si inizia nemmeno, un quadro è come il vento: qualcosa che cammina sempre e senza pausa”.
Scrive Daria Jorioz nel catalogo: “Miró ha percorso l’arte del Novecento come una stella luminosa, amatissima da molti, ritenuta scontata da alcuni: acclamato per la limpidezza del suo sguardo infantile e per l’esuberante creatività, ma anche criticato per l’accattivante facilità di lettura e per l’immediatezza delle sue opere. Surrealista multiforme e indisciplinato, attratto dal dadaismo e ispirato dalla dimensione onirica e dall’automatismo psichico, l’artista catalano ha fatto della libertà espressiva il fondamento della sua avventura creativa, con inattesi e imprevedibili mutamenti di stile che, superando ogni teorizzazione precostituita, tracciavano un percorso zigzagante “tra eclettismo e azzardo sperimentale”.
Nelle diverse sezioni del percorso espositivo troviamo sculture, olii, i fantocci di Mori el Merma (Morte al fantoccio), la sovversiva e festosa opera teatrale del 1978 ma anche tredici famosi libri d’artista e quattro videointerviste – realizzate appositamente per questa mostra - a persone che conobbero o lavorarono con Miró: il nipote Joan Punyet Miró, Rosa Malet, Colita, Joan Baixas.
Le opere presenti all’interno delle sale del Museo Archeologico di Aosta sono state gentilmente fornite da varie istituzioni quali la Fundació Pilar e Joan Miró de Mallorca, il Museu Es Baluard d'Art Contemporani de Palma, la Diputació d'Alacant, Harvard Art Museums de US, il fondo familiar de Succesió Miró e da diversi collezionisti privati.
Il materiale audiovisivo e le fotografie fanno parte dell’archivio storico del COAC-Col•legi d'Arquitectes de Catalunya, dell'Arxiu Nacional de Catalunya, della Fundació Joan Miró di Barcellona, del Centro Documental de la Memoria Histórica di Salamanca, della Foundation Ernst Scheidegger archive, del MAE-Centre de Documentació i Museu de les Arts Escèniques de Catalunya, del Archivo de Fotografía Colita e di Film59.
Joan Miró
Joan Miró Ferrà nasce il 20 aprile 1893 a Barcellona, figlio di un orologiaio di Cornudella de Montsant (Tarragona). Di carattere introverso e taciturno, le sue oscillazioni di umore si riflettono nella sua pittura. Dopo aver sofferto per un esaurimento nervoso e per le febbri tifoidi, suo padre cede al suo desiderio di diventare pittore. Miró attribuirà il merito della sua guarigione anche al contatto con la natura nella fattoria che sua madre, originaria di Maiorca, compra a Mont-roig del Camp (Tarragona).
Dal 1917 al 1922 Miró studia arte in accademie ispirate al Noucentisme, braccio culturale del nazionalismo catalano, mentre Barcellona si trasforma nel rifugio degli artisti cubisti e dadaisti che fuggono dalla Prima Guerra mondiale, alla quale la Spagna non partecipa. Miró guarda con ammirazione all’attenzione per il dettaglio della pittura giapponese e ai fauves, e sperimenta strutture cubo-futuriste, con Cézanne, Van Gogh e Picasso come riferimenti.
La sua prima mostra personale nel 1918 è oggetto di severe critiche che ravvivano in lui l’impegno e il desiderio di andare controcorrente. Visita Parigi nel 1920, l’anno in cui Picabia, Tzara e Breton stravolgono la capitale dell’arte con la rivoluzione Dada.
Nel 1924, Breton pubblica il Manifesto Surrealista e nel 1925 sponsorizza una mostra di Miró presso la galleria Pierre Loeb. È il suo primo successo. Inizia le sue prime pitture oniriche.
Nel 1929 si sposa a Maiorca con la cugina Pilar Juncosa.
Il 18 luglio 1936 un colpo di stato militare si trasforma nella Guerra Civile e la Catalogna attraversa un periodo di violenza rivoluzionaria senza il controllo del governo. Miró, minacciato da un anarchico di Mont-roig, si trasferisce a Parigi dove ritorna al realismo. Dipinge, accanto alla Guernica di Picasso, il murale Le Faucheur nel Padiglione della Repubblica per l’Esposizione Universale di Parigi.
Nel 1941, il MoMA gli dedica la sua prima retrospettiva.
Nel 1942 fa ritorno a Barcellona. Isolato e senza soldi per permettersi i materiali pittorici, realizza le sue prime sculture. Nel 1945, mesi prima della capitolazione di Hitler, riesce a esporre a New York le serie Constellations e Barcelona.
Nel 1956, Miró realizza il suo sogno di avere un laboratorio su misura a Maiorca, isola nella quale stabilisce la propria residenza. Si dedica al disegno dei murales dell’Unesco, che ottengono nel 1959 il premio Guggenheim. Miró accresce la sua fama mondiale. Inizia a lavorare al giardino di sculture a Saint-Paul-de-Vence.
Nel 1966 compie un viaggio in Giappone che lo influenza per quanto riguarda la calligrafia e per l’uso della tela come luogo per la riflessione intima e la delicata espressione poetica (Goutte d’eau sur la neige rose). Barcellona gli dedica la sua prima retrospettiva, alla cui inaugurazione si rifiuta di presenziare e a cui risponde nel 1969 con una mostra che denuncia velatamente la violenza della dittatura.
Nel 1971, il governo gli ritira il passaporto per la sua partecipazione a una manifestazione contro la condanna a morte degli attivisti dell’ETA. Nel 1973 Picasso muore e Miró lo sostituisce come leader culturale antifascista, sostenendo i collettivi culturali, sociali e ambientali con opera grafica e manifesti.
Nel 1974 nel Grand Palais sorprende con le sue tele bruciate come protesta contro la speculazione nel mercato dell’arte. Nel 1975 celebra la morte di Franco nell’opera performativa Mori el Merma.
Miró muore il 25 dicembre del 1983 a Palma di Maiorca.
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