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Il Ritratto Interiore
da Lotto a Pirandello

Museo Archeologico Regionale - Aosta
1 Giugno 2005 - 23 Ottobre 2005
MOSTRA CHIUSA

 
Dal 1 giugno al 23 ottobre 2005 le sale del Museo Archeologico Regionale di Aosta hanno ospitato la mostra “Il Ritratto Interiore. Da Lotto a Pirandello”, promossa dall’Assessorato Istruzione e Cultura della Regione Autonoma Valle d’Aosta, ideata e curata da Vittorio Sgarbi, con il coordinamento generale di Gilberto Algranti e l’organizzazione dell’Associazione Culturale Tekne.
Una mostra appassionante, dedicata al rito del ritratto come momento di identità e di essenza interiore.
Il percorso espositivo, denso di figure e soprattutto di sguardi, presenta una selezione di 160 opere dal Cinquecento ad oggi: di maestri antichi come Lorenzo Lotto, Tiziano, Bartolomeo Passerotti, El Greco, Gian Lorenzo Bernini, Guercino, Ferdinand Voet, Fra’ Galgario, Giacomo Ceruti, Vincenzo Vela, e di artisti del Novecento e contemporanei, fra cui Adolfo Wildt, Giorgio De Chirico, Oscar Ghiglia, Fausto Pirandello, Antonio Ligabue, Andy Warhol, Arturo Nathan, Enrico Colombotto Rosso, Gianfranco Ferroni, Tullio Pericoli, Maurizio Bottoni, Alessandro Kokocinski, Aron Demetz.
“Ritrarre” (re-trahere) significa “tirar fuori”, ricavare con colori, marmo o altra materia, l'effige, il simulacro di un individuo.
L’arte ha il potere di “simulare” cioè riprodurre e tenere vivi non solo la forma ma l'unicità interiore del soggetto ritratto, facendo affiorare il suo carattere, l'anima. Oltre l’aspetto fisico e i segni esteriori che ne indicano il ruolo sociale.
Il “ritratto interiore” si irradia grazie alla capacità dell’artista di far parlare - soprattutto attraverso lo sguardo - ansie, sussurri, cenni d’intesa, esitazioni, smorfie di dolore. L'immagine diventa allora così “verosimile” da rubare la vita ai viventi, in grado di commuovere e durare più della realtà.
Nella galleria ideale della mostra scorrono ritratti diversi per epoca e genere, in posa o naturali, celebrativi, allegorici, evocativi, paurosi, avvincenti, struggenti, paralizzanti, rasserenanti.
In tutti si riconoscono non personaggi ma uomini, presenti e fragili con le loro debolezze. Voci distinte eppur vicine nel tempo dell’arte, che interrogano la vita o si preparano alla morte.
Una teoria di figure intere, mezzi busti, corpi contorti o composti, ma soprattutto volti, la parte che subito attrae, nel ritratto come nella realtà, la curiosità e l’indagine di chi guarda. Nel volto, velo dell’anima, maschera e rifugio, è lo sguardo infine che apre la “porta del cuore”, che consente il passaggio dall’esteriorità dell’esperienza all’intimità dell’essere.
Lo sguardo può "svelare" o suggellare per sempre.
Dal Cinquecento, dai ritratti psicologici di Lotto e Tiziano, primi grandi interpreti di una pittura dell’anima, si incontrano in questo viaggio uomini che raccontano nei secoli la propria unicità, offrendo un “ritratto interiore” che palpita per sempre nella materia dell’arte. Tutti sono riconoscibili, distinti per la loro psicologia più che per segni esteriori.
Il percorso della mostra parte dalle opere di Lorenzo Lotto, pronto a cogliere la sensibilità di un’umanità sofferente ed emarginata, con la stessa straordinaria acutezza che nel Novecento un altro pittore italiano, Fausto Pirandello, saprà esprimere. In entrambi c’è la volontà di dipingere i “vinti”, quelli fuori dalla Storia, quelli per cui non c’è il potere e la gloria, ma solo la fragile condizione umana.
Con anticipo di quattro secoli, Lotto affonda l’introspezione nelle fragilità dell’uomo, intercetta i movimenti dell’anima più segreti e più dolorosi. I suoi ritratti, in mostra Giovane in nero e Ritratto di Ludovico Grazioli, capolavoro indiscusso, sono portatori di un’inquietudine che sarà caratteristica dell’epoca moderna. La sua visione del mondo e dell’uomo lo affianca idealmente agli artisti del Novecento fino alla generazione contemporanea.
Si accostano alle opere di Lotto i celebri Ritratto di Sperone Speroni e Ritratto di Giulio Romano che regge la pianta della Cappella Palatina di Mantova di Tiziano, il Ritratto di gentiluomo di El Greco e il Ritratto di gentildonna di Scipione Pulzone.
Fra le opere del Seicento, secolo in cui la ritrattistica diviene soprattutto strumento per rappresentare e celebrare il prestigio e il potere di cardinali, papi o grandi nobili, si distinguono per intensità espressiva il meraviglioso Ritratto di Francesco Righetti del Guercino e il Ritratto del fratello di Gian Lorenzo Bernini.
Nel Settecento si avverte il passaggio dal ritratto ufficiale, composto, alle espressioni rubate di figure non in posa o in atteggiamento disimpegnato, come nel Ritratto di pittore (il Cerighetto) e nel Ritratto di Bertrama Daina de Valsecchi di Vittore Ghislandi, detto Frà Galgario; fino ai ritratti-confessione e alle immagini di dimessa quotidianità, che diventano documento di una condizione sociale, come l’Uomo con boccale e l’Autoritratto come pellegrino di Giacomo Ceruti.
Nell’Ottocento si intensifica e prevale la rappresentazione naturalistica, spesso carica di sentimentalismo come testimoniano, pur nell’intento di ufficialità, Bongiovanni Vaccaro, Vela e Faruffini.
“Nessuna forma d’arte meglio del ritratto può interpretare l’anima contemporanea, con tutte le sue complicazioni e darne la mutevole essenza… rende un momento speciale della vita di un uomo… sintetizza tutta la vita, tutto l’essere umano” (P. De Luca, Impressioni sulla V Esposizione Internazionale di Venezia, 1902-03).
Con il Novecento, il secolo che affina l’indagine sulla psiche e sugli stadi emozionali più profondi dell’uomo, proprio nel ritratto si condensa la ricerca dell’identità, il tentativo di ricomporre i frammenti dell’essere e di dare ragione o soltanto consapevolezza al senso di solitudine e al male di vivere. Documento fondamentale, il “ritratto interiore” fa affiorare incubi e sogni, rende visibile e dunque conscia la paura del nulla.
La sezione dedicata al Novecento costituisce, per qualità e quantità di opere, il cuore del percorso: fra gli altri sfilano i dipinti di Giovanni Costetti (Ritratto di Luc Dietrich,e di G. Lanza del Vasto e Ritratto di Vittorio Guy), Giorgio De Chirico (Autoritratto), Oscar Ghiglia (Ritratto di Giovanni Papini), Carlo Levi (Ritratto di Umberto Saba), Scipione (Ritratto del Cardinal Vannutelli), Antonio Ligabue (Autoritratto), e Fausto Pirandello, le cui opere possono essere considerate il più emblematico ed articolato manifesto della ricerca dell'identità tentata per varie strade nel corso del secolo. Nelle sue visioni, taglienti e improvvise, la figura umana si frantuma quasi fino alla dissoluzione, schiacciata dall'incertezza esistenziale e dall'isolamento.
Dalla sua Bambina seduta riparte idealmente la ricerca dell’arte attuale, che si fissa ancora in volti e figure, maschere nuove ma intente ad esprimere, con linguaggi a volte di estrema durezza o spiritualità, le inquietudini di sempre. Fra gli altri artisti in mostra, Gianfranco Ferroni (Autoritratto), Arturo Nathan (Autoritratto), Enrico Colombotto Rosso (Incendio), Tullio Pericoli (Samuel Beckett), Maurizio Bottoni (Autoritratto in compagnia della morte), Aron Demetz (Il collezionapeccati).
A conclusione del percorso, una sezione di ritratti di artisti valdostani testimonia in questo contesto i linguaggi e le tradizioni della cultura del luogo.
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