Pillole di storia
La chiesa parrocchiale di Saint-Maurice di Sarre rivela le sue antiche origine nel campanile romanico, risalente alla fine dell’XI secolo. All’interno dell’abside semicircolare posta alla base della torre campanaria è possibile ammirare i dipinti murali attribuiti a Giacomino da Ivrea e fatti realizzare nel 1430 dal vescovo di Aosta Oger Moriset in occasione dell’incontro a Sarre con Amedeo VIII di Savoia.
Probabilmente si tratta della prima opera del pittore eporediese realizzata sul territorio valdostano.
Scoperti quasi per caso nel 1911, nascosti sotto uno strato di scialbo e da un cielo stellato, i dipinti sono stati riportati alla luce grazie ad un lungo e meticoloso intervento di restauro negli anni ’90 del Novecento.
Al centro del catino, Cristo pantocratore in mandorla circondato dai simboli dei quattro evangelisti. Sul lato sinistro la figura di san Maurizio a cavallo e gli stemmi del vescovo Oger Moriset, committente del ciclo pittorico, e di Guglielmo di Monthey, priore di Sainte-Hélène da cui dipese la parrocchiale di Sarre fino al 1573. Sui piedritti dell’arco trionfale, a sinistra, l’Uomo dei Dolori (Ecce Homo), a destra, il profeta Michea, san Simone e frammenti di figure di apostoli e profeti.
I materiali pittorici
L’opera realizzata da Giacomino da Ivrea per la chiesa di Sarre rappresenta un prezioso esempio di pittura murale quattrocentesca. Essa è stata eseguita ad affresco con rifiniture a secco utilizzando materiali selezionati dall’artista in base alle proprie competenze e conoscenze e in relazione alla facilità di reperimento.
I minerali, più o meno preziosi, dai quali si ricavavano le polveri dei pigmenti potevano arrivare da territori relativamente vicini (es. terra verde dal Veneto) oppure da luoghi molto più lontani (es. azzurrite dalla Germania). Le scelte dei maestri di bottega dipendevano non tanto dalla disponibilità sul mercato dei materiali quanto dalla padronanza nell’utilizzo degli stessi e dai desideri e dalle risorse economiche della committenza.