Monte Cervino
Nell'ambito del Progetto Regionale Leader Plus 2000-2006, il Sentiero dei mulini ha ritrovato la sua identità e la sua collocazione in un contesto socio-economico profondamente mutato che vede La Magdeleine come meta di turismo culturale.
IL SENTIERO DEI MULINI
di DARIA COVOLO* E MARIA VASSALLO*

Introduzione

Festa del pane 2009.Il piccolo Comune di La Magdeleine, pur non potendo contare sulla presenza di castelli, attività artigianali, impianti sportivi di forte richiamo turistico – come accade in gran parte della Regione – ha una sua specificità estremamente interessante nel panorama valdostano, che risiede nella organizzazione urbanistica dei cinque villaggi (un sesto è in costruzione attualmente), adagiati sul versante volto a mezzogiorno e collegati tra loro dalla strada comunale che attraversa tutto il paese.
Come accade in molte altre località di montagna, anche a La Magdeleine rascard, grenier, forni e mulini testimoniano ancora oggi la presenza attiva e dinamica di innumerevoli generazioni che hanno praticato l'agricoltura come attività economica principale, almeno fino alla seconda metà del Novecento, quando il turismo e la villeggiatura hanno rivoluzionato l'uso del territorio e indotto i magdeleins a trasformarsi in operatori turistici e albergatori.
Prati e boschi hanno preso il sopravvento sui campi coltivati che, sulle terrazze riparate dal vento, anche a quote elevate, davano cereali e ortaggi ad una popolazione di 300/400 unità.
Lo spopolamento, iniziato a fine XIX secolo, è aumentato dopo la seconda guerra mondiale, portando con sé inevitabili e drammatici fenomeni di invecchiamento della popolazione, diminuzione della produttività del lavoro agricolo, disaggregazione delle proprietà.
La coltivazione del suolo oggi è fatta in funzione dell'allevamento che costituisce la maggiore entrata in agricoltura; erba e foraggi sono le colture preminenti e permettono un solo taglio a metà luglio.
 

Storia dei mulini

Ripristino dei troccoli.Un costone ripido e assolato, apparentemente arido, alla mercé delle stagioni più o meno piovose, dovette rivelarsi assai promettente ai primi abitatori del Mont de Vieu (e prima ancora ai salassi che si stabilirono alle pendici del Monte Tantané dove costruirono il loro villaggio protostorico) che rilevarono ben presto l'abbondanza di acqua che sgorga dalle sorgenti e percorre il territorio nascosta nelle viscere della terra. Riaffiora nei piccoli spazi pianeggianti sotto forma di acquitrino, luogo ideale per la coltivazione della canapa. Raccolta e incanalata nei rus e nelle piscine, nelle fontane dei cortili, diventa risorsa preziosa e insostituibile per la vita quotidiana, per l'irrigazione di campi e prati, per il funzionamento dei mulini.
Tale bene, così importante per la comunità, era stato acquisito tra i diritti feudali della Baronia di Cly, e quindi a partire dal XIV secolo, che ne dispensava l'uso sotto forma di concessione soggetta al pagamento in natura o in denaro di un canone annuo.
Dalla lettura dei registri delle Reconnaissances emerge un mondo popolato da uomini e donne attivi e orgogliosi, dediti a un lavoro duro e continuo, legato inscindibilmente alla presenza dell'acqua.
Oltre ai rus, il territorio era ed è tuttora costellato da vasche di raccolta, le cosiddette pissines (la pissine de Brengon, pissine d'Arthad), e da acquitrini o zone umide (les lescheres, les lesches soit brenvey de la grand pissine). Tra le citazioni reperite nelle Reconnaissances del 1651 si riconoscono alcuni rus ancora attualmente in uso ed altri probabilmente dismessi o dimenticati: ru Pillaz, ru Herbal, ru tendant Trois Villes, ru des Moulins.
Quest'ultimo ebbe un'importanza fondamentale nella vita della comunità per le attività che vi si svolgevano e per la dislocazione alquanto originale, nel cuore del paese, trait d'union tra i diversi villaggi, collegando Brengon a Clou e Messelod. Lungo il suo corso, che iniziava in corrispondenza della grande pissine (vasca di raccolta delle acque sotterranee) e proseguiva lungo il pendio scosceso che da Clou digrada verso Messelod, i magdeleins, all'ombra della signoria di Cly, decisero di costruire una serie di mulini a poche decine di metri l'uno dall'altro, collegati tra loro dagli immancabili troccoli, tronchi di larice scavati per la conduzione dell'acqua, chiamati tzenò nel dialetto locale.
Interno del mulino.L'utilizzo dell'acqua era regolamentato da norme consuetudinarie riconosciute in tutta la giurisdizione e, come bene concesso secondo il diritto feudale, soggetto a consegnamento da parte dei beneficiari. Lo stesso valeva per forni e mulini. Questi compaiono negli atti delle Reconnaissances conservati nell'Archivio Storico di La Magdeleine, talvolta in comproprietà con altri, tal altra come bene da costruire, oppure ancora come elemento di confine o più semplicemente come toponimo.
Complessivamente la ricorrenza del termine moullin sul territorio comunale risulta significativa e documenta la presenza di un numero piuttosto elevato di mulini; ma di alcuni di questi non sono rimaste tracce, neanche nella memoria collettiva.
Vi si macinava orzo, avena, segale e frumento, secondo le esigenze delle famiglie che vi avevano diritto in quanto appartenenti alle consorterie che li gestivano.
Il funzionamento dei mulini, tutti di piccole dimensioni, si basava sul movimento di una ruota idraulica orizzontale, in presa diretta rispetto alle macine, con un dispendio limitato di acqua e con la messa a punto di una tecnologia estremamente semplice. La macina rotante era quella superiore, posizionata orizzontalmente e in asse con quella sottostante; la consistenza della farina era determinata dalla distanza tra le due pietre.
L'architettura dei mulini è quella tipica delle costruzioni di montagna: muri in pietra, tetto in losa, pavimento e soffitto in assi di legno. Il larice costituiva la materia prima per la costruzione della tramoggia, la caditoia, tutta la struttura di copertura delle mole (castello), le pale a cassonetto (ruota idraulica), la trave di sostegno e di regolazione comunemente chiamata “temperatoia” e la cassapanca per la raccolta del macinato.
 

Percorso museale

Macina e basto.L'Amministrazione Comunale decise il recupero edilizio dei mulini, le cui strutture erano ancora riconoscibili, con una delibera del 22 luglio 1986; ma si dovette procedere alla definizione delle singole proprietà prima di eseguire gli interventi di ristrutturazione. Venne infatti incaricato il sindaco stesso, all'epoca Efisio Vittaz, di verificare l'appartenenza dei fabbricati a consorterie o a privati: ne risultò che degli otto mulini riconosciuti, solo cinque erano stati oggetto di domanda di riconoscimento legale; i restanti, poiché nessuno ne vantava diritti, vennero acquisiti a demanio.
Si poté così dare avvio alle opere di ristrutturazione che riportarono in funzione le macine e restituirono al territorio un bene che gli era sempre appartenuto e che in futuro sarebbe diventato elemento di attrazione turistica e volano per un nuovo sviluppo di La Magdeleine.
Più recentemente, infatti, nell'ambito del Progetto Regionale Leader Plus 2000-2006, il Sentiero dei mulini ha ritrovato la sua identità e la sua collocazione in un contesto socioeconomico profondamente mutato che vede La Magdeleine come meta di turismo culturale oltre che luogo di villeggiatura particolarmente adatto a famiglie e persone alla ricerca di quiete e relax.
Negli anni 2003 e 2004 sono stati quindi realizzati importanti progetti di riqualificazione dell'area entro la quale sorgono i mulini, ad integrazione del precedente intervento strutturale del 1986.
Innanzitutto è stato ricostruito il ru des Moulins, le sue sponde e l'alveo, e, per diminuire la velocità dell'acqua che nel pendio piuttosto scosceso tende a diventare troppo elevata, sono stati realizzati salti di fondo di altezza variabile.
Si è quindi proceduto alla definizione di un percorso museale che intende creare e valorizzare il rapporto tra il mondo agricolo del passato e le esigenze del turismo contemporaneo.
L'allestimento del percorso ha visto il coinvolgimento della popolazione che, in nome di un legame profondo e duraturo con la propria terra, ha messo a disposizione, oltre agli oggetti, i saperi antichi e moderni, vero patrimonio identitario della comunità.
Il primo mulino della catena, Lo Molenò, è completo e funzionante. In esso, durante le visite guidate e le feste tradizionali, si può assistere alla dimostrazione della macinatura, ascoltare il fragore dell’acqua che, con impeto e allegria, entra dal basso e fa girare la ruota idraulica, e il rumore sordo delle due macine di pietra che, nel loro movimento rotatorio, producono la farina profumata che si accumula nella cassapanca di larice.
Nel secondo, lo Molén d’Arfònse, si possono esaminare distintamente gli elementi che compongono il mulino; si può vedere e toccare la macina di pietra con la sua superficie ruvida. Certamente in paese vi erano scalpellini in grado di battere la pietra e renderla più resistente all'azione della molitura – come ricorda Albertina Artaz quando parla del marito Guido, uno dei pochi in grado di svolgere questa operazione.
Negli altri mulini sono esposti abiti, oggetti d’antan e gli antichi attrezzi donati dalla popolazione stessa. Si tratta di attrezzi che servivano per la coltivazione dei campi (beuche, sappa, faoutsé), per il trasporto con i muli della meliga, del riso e del petrolio acquistati a Châtillon (baat, croc, bessatze), per battere il grano e pulirlo (fiéyë, grüvan, énmenna), per scolpire le macine dei mulini (martelet pecca pera) e per occuparsi della pulizia dei canaletti e dei rus.
Non mancano gli aspetti multimediali nel percorso dei mulini, infatti si può assistere alla proiezione di video nell’ultimo mulino e, nel penultimo, i bambini possono giocare con un cd rom sulla coltivazione dei cereali, la macinazione del grano e la panificazione.
 

Eventi e manifestazioni

Pane appena sfornato.La passeggiata dei mulini è molto piacevole. Il sentiero si percorre in un’ora di tempo, accompagnati dal rumore dell’acqua, immersi nella natura semplice e genuina, nel silenzio di un paesaggio aperto e grandioso. Le visite guidate sono realizzate, durante tutto l’anno, dalla Cooperativa Achillea, con sede a La Magdeleine, e sono rivolte principalmente alle scolaresche e ai turisti.
Dal 2006 si celebra all’inizio di ottobre la manifestazione “Du blé au pain – un cammino nella storia”, due giornate di festa per rivivere quell’atmosfera che si respirava a La Magdeleine ai tempi in cui l’intera comunità cooperava e faticava per la trasformazione del cereale in pane. Si può assistere e partecipare alle varie fasi della produzione - dalla trebbiatura alla lavorazione dei cereali, dalla preparazione dell’impasto alla cottura in uno dei quattro forni presenti nel paese – per concludere con un pranzo conviviale per onorare il protagonista della giornata, il pane nero.
La manifestazione si apre d’abitudine con un pomeriggio culturale durante il quale vengono affrontati i temi della tradizione e della sua preservazione, con conferenze, dibattiti e confronti.
Il Sentiero dei mulini ha assunto una rilevanza internazionale. Infatti nel 2008 l’Associazione spagnola“Amigos de los Molinos” di Mota del Cuervo ha inviato una delegazione allo scopo di evidenziare somiglianze e affinità tra le due realtà.
Nel piccolo paese della Mancha, patria di Don Chisciotte, sono presenti sette mulini a vento, sette giganti dalle lunghe braccia (las aspas) che dominano la vasta pianura e che hanno lo stesso compito dei piccoli e preziosi mulini in pietra di La Magdeleine.
Nel 2009 L’Amministrazione comunale ha partecipato con due rappresentanti al 7° Congresso Internazionale di “Molinologia”, tenutosi a Zamora (Spagna), occasione per illustrare la storia, il recupero e il futuro dei mulini di La Magdeleine.

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- Daria Covolo, bibliotecaria comunale di La Magdeleine;
- Maria Vassallo, ricercatrice e autrice del libro in corso di stampa “La Magdeleine. Il futuro ha un cuore antico”.

   
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