CORRADO SASSI
Snowboarder
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MASSIMO VITALI
Les Menuires
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WIM DELVOYE
Bell is broken, please knock
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WIM DELVOYE
Minou, I want to marry you
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WIM DELVOYE
Honey, Lasagna in the fridge
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WIM DELVOYE
Lusty young busty blonde 0813 917575
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WIM DELVOYE
Rude but cute 18 year old babe 018 8387480
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WIM DELVOYE
Honey, don't forget to take out the garbage. Nina
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La montagna disincantata è la terza esposizione delle cinque previste dalla rassegna Da cima a fondo.
La mostra, a cura di Lucia Minunno, è focalizzata su come alcuni artisti contemporanei abbiano usato l’immagine della montagna e spesso proprio i clichés ad essa riferibili per rovesciare la sua idea stereotipa, che è progredita di pari passo con l’allontanamento degli esseri umani dall’elemento naturale. Le opere della mostra documentano la decadenza della magia della montagna: l’aspetto sublime e terribile della natura, infatti, è andato riducendosi fino a comprimersi entro le dimensioni rassicuranti del luogo comune a causa dell’impulso ormai automatico alla semplificazione, alla schematizzazione, alla compressione della complessità delle cose entro termini acriticamente accessibili.
Ne è un esempio la serie di immagini in cui Wim Delvoye riproduce l’effetto di grandiosa espressione naturale delle montagne per poi contraddirlo bruscamente con l’inserimento di iscrizioni dal contenuto più prosaico quali Mum, keys are you know where (1996), oppure Honey, lasagna in the fridge. Love you, la cui più ovvia collocazione sarebbe il post-it.
Un’operazione simile è quella compiuta da Kosmo Minovich, artista bratislavo che nella serie di paesaggi montani The Quest for Finity (Ansia di finito, 2001) colloca figure in posa per fotografie con fondale fittizio. La spiaggia affollata di una metropoli tutta grattacieli per la figura del giovane, un campetto da calcio in periferia per il ragazzetto, sono inaspettatamente collocati in un contesto naturalistico mozzafiato, ottusamente ignorato dai protagonisti.
Tipologie umane sono anche quelle descritte in Clan (2001), la serie di boules de nièges giganti realizzate da Corrado Sassi. La montagna figura tra gli attributi iconografici dello Snowboarder, l'opera presente in mostra, ed è ridotta a mera icona, a far da sfondo a una scena il cui protagonista rappresenta quella rumorosa umanità in vacanza troppo concentrata su se stessa per nutrire sentimenti panici di fronte alla grandiosità della natura.
È ancora la presenza umana a snaturare la scena di una distesa innevata nella fotografia in mostra di Massimo Vitali. Trasformata in pista da sci e disseminata di sciatori e piloni della seggiovia, la montagna è sparita, è un nulla bianco su cui si stagliano nettissime e colorate centinaia di figure: la moltitudine chiassosa davanti all’obiettivo muto. Vitali (nato nel 1944 a Como) vive e lavora a Lucca.
Nelle fotografie formato cartolina di Luigi Ghirri la montagna è invece panorama, quieto contesto per passeggiate domenicali, la natura addomesticata del civile turismo invernale. In Salisburgo (1977) le montagne compaiono davanti agli occhi di un gruppo di turisti sotto forma di cartine diffuse nei rifugi o negli stabilimenti sciistici a indicare toponomastica e itinerari per le escursioni: tutto ha un nome, tutto è percorribile, tutto è reso comprensibile agli occhi di chiunque si soffermi a osservare la cartografia prima di affrontare la vera montagna.
Mike Kelley e Paul McCarthy si divertono a corrompere il candido immaginario collegato al mondo alpino presente nel video Heidi (1992), che illustra i rapporti pervertiti tra il saggio nonno e la buona nipotina, simboli dei sani valori della gente di montagna.
Quello di Letizia Renzini è un lavoro fatto di suoni e immagini della natura che è stato ideato appositamente per questa mostra. L’artista ripropone in chiave sintetica (elettronica) l’idea di montagna, attraverso il campionamento di suoni che sono ad essa collegati, come lo scricchiolare dei passi sulla neve o il soffiare del vento sulle cime.
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