La neve riveste un ruolo primario nel bilancio idrologico dei bacini montani, i cui deflussi tardo primaverili ed estivi sono originati, in gran parte, dalla fusione delle riserve accumulate nel manto nevoso durante la stagione invernale. La conoscenza del contenuto idrico della neve e della sua evoluzione temporale assume una rilevanza significativa sia in relazione alla disponibilità complessiva di acqua, sia in termini di contributo alla formazione delle portate dei corsi d’acqua. In più, la “sensibilità” della neve alle condizioni meteo-climatiche sottolinea come tale conoscenza non possa trascurare i fattori che ne determinano la formazione e la persistenza nel corso dell’anno, con particolare riferimento ai parametri temperatura e quantità di precipitazione.
Per lo stesso motivo la disponibilità idrica in una regione alpina come la Valle d’Aosta è influenzata in modo significativo dai cambiamenti climatici che si osservano a livello globale e che possono determinare impatti diretti e considerevoli a livello locale. Le analisi condotte dai ricercatori dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), organismo che afferisce alle Nazioni Unite e alla World Meteorological Organization (WMO), evidenziano “recente declino nella permanenza al suolo della copertura nevosa nelle Alpi e che tale declino è principalmente dovuto al riscaldamento climatico”. Inoltre, in uno dei rapporti IPCC (Quarto Rapporto di Valutazione), si rileva come i futuri scenari di riscaldamento climatico potranno determinare un'ulteriore diminuzione delle precipitazioni ed un aumento delle temperature, influendo in modo significativo sulla permanenza della neve.
In tale contesto, con specifico riferimento alle possibili ricadute sulla produzione idroelettrica nella nostra regione, la Compagnia Valdostana delle Acque SpA ha richiesto ad ARPA Valle d’Aosta il supporto tecnico- scientifico ed operativo per stimare la quantità di acqua presente nel manto nevoso (equivalente d’acqua della neve o Snow Water Equivalent – SWE) in corrispondenza del periodo di massimo accumulo annuale e per sviluppare un modello capace di descrivere e prevedere le dinamiche della fusione estiva.
Queste attività sono svolte nell’alta Valpelline, territorio che contribuisce con 134 kmq all’alimentazione della diga di Place Moulin (Bionaz), il più importante invaso artificiale valdostano ed uno dei maggiori delle Alpi italiane.
La stima dello Snow Water Equivalent
La valutazione corretta dell’accumulo nivale rappresenta un presupposto fondamentale per l’impiego ottimale della risorsa ai fini della produzione idroelettrica: con l’attuale organizzazione del mercato dell’energia è possibile massimizzare la rendita degli impianti pianificando correttamente l’impiego dell’acqua anche in relazione alla possibile ricarica dell’invaso o alla disponibilità complessiva a monte dello stesso.
A partire dal 2006 l’ARPA Valle d’Aosta organizza specifiche campagne di misura a terra nei diversi settori del bacino di interesse al fine di acquisire i dati necessari alla quantificazione del contenuto d'acqua della neve: altezza e densità del manto nevoso e estensione (e localizzazione) del territorio coperto da neve.
Nel corso di tali campagne, generalmente realizzate a fine maggio per poter cogliere la condizione di massimo accumulo, alcune squadre di operatori, tecnici e guide alpine, percorrono i diversi valloni misurando l’altezza del manto nevoso, con sonde da valanga, e la sua densità in trincee scavate appositamente.
L’informazione relativa alla distribuzione della neve è ottenuta utilizzando immagini satellitari acquisite contestualmente alla campagna di rilievo. Immagini satellitari ad alta risoluzione spaziale (10 m) rappresentano la tipologia di dato ideale per applicazioni a grande scala (singolo bacino) ma sono caratterizzate da un costo non trascurabile e dalla difficoltà nell'acquisizione (per esempio per la presenza di copertura nuvolosa.). In assenza di immagini satellitari vengono utilizzate immagini prospettiche riprese durante le ricognizioni aeree.
Tali dati sono successivamente elaborati al fine di “distribuire” le variabili altezza e densità della neve sull'intera area indagata.
L’operazione di distribuzione si basa sulle relazioni esistenti fra i valori dei parametri indagati e le caratteristiche morfologiche dell’area (regressione lineare multiparametrica); queste ultime sono derivate dal modello digitale del terreno (con risoluzione spaziale pari a 10 m). Tali relazioni consentono di stimare i valori di altezza e densità della neve in ogni pixel di 10 m di lato dell’intero bacino e di pervenire alla stima finale del SWE per l’area di interesse.
La modellizzazione della fusione nivo glaciale in alta valpelline
Al fine di simulare e stimare la quantità di acqua che defluisce a valle durante la stagione estiva è necessario impiegare modelli matematici in quanto il reperimento di dati a terra in numero sufficiente per descrivere le dinamiche stagionali di fusione della copertura nevosa e del ghiaccio risulterebbe non realizzabile e le misure automatiche, possibili solo in particolari condizioni, non sono rappresentative, perché numericamente insufficienti, dell’intero bacino.
La stima dei volumi di fusione nivoglaciale durante la stagione prevede l’impiego del modello ETI (Enhanced Temperature Index) sviluppato dal Politecnico Federale di Zurigo e caratterizzato da una buona capacità predittiva (tipica dei modelli di bilancio energetico) ad una limitata esigenza di dati di input per il suo funzionamento (peculiarità dei modelli empirici). Al fine di stimare la fusione sull'intero bacino studiato, il modello viene applicato in modo distribuito utilizzando il modello digitale del terreno e i seguenti parametri meteorologici di input:
• temperatura dell’aria;
• radiazione solare incidente;
• albedo (rapporto fra radiazione solare incidente e radiazione riflessa dalla superficie); • precipitazioni.
Tali dati di input sono estrapolati da singoli punti di misura (es. stazioni meteo) o devono essere derivati tramite appositi modelli. In particolare, la radiazione incidente e l’albedo vengono calcolati rispettivamente a partire dal modello digitale del terreno e dalla temperatura dell’aria. Ne deriva che gli unici dati misurati necessari all’applicazione del modello distribuito sono la temperatura dell’aria e la precipitazione. La simulazione distribuita della fusione nel corso della stagione di ablazione richiede inoltre la conoscenza dell’equivalente in acqua del manto nevoso (SWE) come condizione iniziale della procedura di modellizzazione. Tale dato è necessario per simulare l’evoluzione nel tempo e nello spazio del manto nevoso e, qualora avvenga, la sua scomparsa che segna la transizione da neve a ghiaccio o da neve a suolo nudo.
In una prima fase di applicazione del modello sono state installate alcune stazioni meteorologiche sul ghiacciaio di Tsa de Tsan con l’obiettivo di misurare localmente i parametri simulati dal modello.
Il modello ETI calcola il tasso di fusione per ogni punto del bacino studiato, fornendo come risultato l’acqua equivalente (in mm/h) persa da neve o da ghiaccio. Il corretto funzionamento del modello è stato valutato attraverso una specifica attività di validazione che ha riguardato sia l'evoluzione della posizione della linea delle nevi, sia la determinazione dei deflussi. In entrambi i casi la corrispondenza fra i dati modellati e quelli osservati è risultata più che soddisfacente ad indicare un buon funzionamento generale del modello e la corretta simulazione dei processi considerati.
Dall'applicazione distribuita del modello è possibile calcolare il deflusso totale per l’intero bacino e il volume totale di fusione cumulato a fine stagione ed osservare le dinamiche di fusione nel corso della stagione. A questo proposito si osserva che fino alla prima metà dell’estate il deflusso è originato quasi esclusivamente dalla fusione del manto nevoso; successivamente la fusione glaciale inizia ad essere rilevabile pur rappresentando una percentuale ridotta del deflusso totale. Si ricorda, a questo proposito che le superfici glaciali occupano circa l'11% del bacino analizzato.
Fatta eccezione per un periodo in cui il modello sovrastima la fusione (fine giugno-inizio luglio), fenomeno da attribuire ad una nevicata non “registrata” dal modello e migliorabile correggendo i valori dei gradienti di temperatura e di precipitazione utilizzati in ETI, si evidenzia un’ottima corrispondenza degli andamenti a conferma del fatto che il modello risulta essere in grado di simulare con una elevata accuratezza l'evoluzione temporale e spaziale della quantità d'acqua all'interno della neve e ricostruire le dinamiche di deflusso osservate alla chiusura del bacino.
Alla luce di quanto sopra evidenziato appare quindi utile l’impiego di strumenti modellistici a supporto della pianificazione e ottimizzazione della produzione idroelettrica di alcuni impianti; la simulazione dei deflussi nel corso della stagione estiva consente di seguire l’andamento delle dinamiche di progressivo rilascio della risorsa idrica immagazzinata nel manto nevoso. Inoltre, sul lungo periodo, il monitoraggio regolare delle condizioni degli apparati glaciali che occupano le porzioni più alte dai bacini alpini, può rivelarsi un elemento importante da considerare nella pianificazione degli investimenti (ad esempio manutenzione dei grandi invasi) e nella stima della risorsa idrica residua in un contesto di cambiamento globale e rispetto ai possibili impatti attesi sul territorio.