I SISTEMI NATURALI
Il patrimonio a nostra disposizione non è inesauribile: è quindi opportuno ponderare le scelte prima di realizzare i nostri progetti.
IL SISTEMA NATURA
di Paolo Bagnod
La natura ci circonda, da sempre, fa da sfondo ai nostri panorami, funge da valvola di sfogo per il nostro tempo libero, è oggetto di sfruttamento per alcune attività umane e, almeno negli ultimi anni, è anche oggetto di una richiesta di salvaguardia quasi totale da parte di una fascia della popolazione. Troppo spesso il rapporto con l'ambiente naturale non è di appartenenza, ma di separazione. La natura viene vista come una risorsa da sfruttare o, all'opposto, viene fatta oggetto di venerazione, quasi fosse un mondo mitico da cui dobbiamo essere esclusi, perché non gli apparteniamo e perché la nostra influenza su di esso non può che essere distruttiva. In realtà in questo ambiente noi viviamo, ne facciamo parte integrante, non ne siamo semplici spettatori. Siamo parte del mondo naturale, pur essendo, come specie, in grado di alterarlo e piegarlo alle nostre necessità come nessun altro essere vivente è in grado di fare nel giro di breve tempo.
Si tratta di riflessioni complesse, che riflettono le interazioni tra i fattori che regolano la vita sulla terra, incluse soprattutto le attività umane che, hanno portato e stanno tuttora portando sconvolgimenti agli ecosistemi terrestri.
Una frase di Enzo Tizzi, professore universitario e autore di numerosi testi, mi sembra illustrare bene questo concetto:
" Il grande errore dell'umanità oggi, per la prima volta nella sua storia, è quello di modificare l'ambiente in maniera globale e a velocità folle: il risultato è che l'uomo si sottrae all'evoluzione, la inganna, proteggendo i propri geni anziché far evolvere i geni stessi per adeguarsi alle modificazioni dell'ambiente "
.
L'azione dell'uomo sta dunque alterando, talvolta in maniera irreversibile, gli equilibri ecologici del pianeta; il modello di sviluppo originatosi con la rivoluzione industriale ha, infatti, introdotto modificazioni epocali nei principali cicli di autoregolazione del nostro pianeta (CO2, ozono, perdita di biodiversità), le cui conseguenze non sono prevedibili con certezza.
Nel 1971 il libro di Barry Commoner,
"The closing circle"
, denuncia la rottura dei cicli naturali, attribuendone la responsabilità al modello economico dominante che sottrae risorse alla terra e restituisce rifiuti non più utilizzabili:
" La natura funziona con cicli chiusi: il ciclo dell'acqua, dell'ossigeno, del carbonio, dell'azoto, del fosforo. La natura non conosce rifiuti: le sostanze chimiche estratte dall'aria, dall'acqua, dal terreno, ritornano in circolazione e ridiventano materie prime per gli altri cicli naturali. La degradazione ambientale e gli inquinamenti provocano rottura dei cicli naturali che da chiusi si fanno aperti; dalle riserve viene estratta più materia di quanta non venga restituita, i rifiuti aumentano in maniera tale che la natura non riesce ad assimilarli tutti. La salvezza è possibile soltanto se interventi urgenti, tecnico-scientifici e politici, riescono di nuovo a "chiudere" i cicli naturali, il ciclo della natura "
.
Stiamo parlando di principi validi a livello planetario, ma spesso il collegamento con realtà così vaste rischia di far perdere il contatto con la realtà locale di cui facciamo parte. Anche noi, nell'ambito della nostra Regione, costituiamo un "sistema", creando in campo ambientale un insieme di relazioni tra diversi elementi dotati di un equilibrio intrinseco, che modifichiamo con le nostre azioni, e che alteriamo rispetto a quello che era lo schema originario.
L'ecologia è originariamente la scienza che studia le interazioni di ogni organismo vivente, animale o pianta, con l'ambiente che lo circonda. Il significato si è poi esteso a comprendere lo studio di tutte le interazioni di animali e piante tra di loro e con l'ambiente inanimato (suolo, acqua, aria) con cui sono a contatto e da cui vengono influenzati. In altre parole l'ecologia è la scienza che studia i meccanismi di funzionamento dei sistemi biologici a più elevata complessità: le popolazioni (insiemi di organismi della stessa specie), le comunità (insiemi strutturati di popolazioni occupanti un determinato territorio della nostra terra), gli ecosistemi (comunità ecologiche corredate dall'ambiente fisico-chimico che le circonda). Poiché il naturale funzionamento degli ecosistemi è sempre più influenzato dall'azione dell'uomo, l'ecologia viene spesso erroneamente scambiata o per la scienza che si occupa di come ridurre l'inquinamento o per una dottrina filosofica che predica un diverso stile di vita.
Perché parlare di ecologia nell'introduzione di una serie di articoli che trattano di sistemi ambientali naturali come quello fluviale o quelli boschivi? Perché ritengo necessario rilevare nuovamente come l'azione umana abbia dimostrato di essere in grado di plasmare, modificare, alterare il sistema naturale che ci circonda. Se proviamo ad immaginare la Valle d'Aosta in assenza della popolazione umana, molto probabilmente, chiudendo gli occhi, quello che potrebbe venirci in mente sono immagini delle montagne rocciose americane nelle zone meno popolate. Paesaggi selvaggi, boschi sterminati, corsi d'acqua, cascate ecc. Riaprendo gli occhi ed osservando l'ambiente che ci circonda è facile renderci conto di quanto la realtà in cui viviamo sia diversa. L'uomo fa parte del sistema naturale, come tutti gli altri animali e come il mondo vegetale. A differenza dei nostri coinquilini però il potenziale costruttivo (e in alcuni casi distruttivo) della nostra specie è immenso. Interi versanti delle nostre montagne sono stati colonizzati e trasformati in terreno agricolo per la coltivazione e il sostentamento, creando un complesso sistema di terrazzamenti, canali d'irrigazione, strade d'accesso, ecc... Nel secolo XVII, quello in cui si è registrato il maggiore picco nella popolazione valdostana, il panorama che si sarebbe presentato ai nostri occhi sarebbe stato probabilmente ben diverso da quello attuale, malgrado non siano passati molti anni in termini di vita del pianeta. Rovine di villaggi in alta quota ora abbandonati, resti di muri in pietra a sorreggere terrazzamenti coltivati ora invasi dalla vegetazione spontanea, testimoniano una continua evoluzione dell'ambiente alpino. Secondo le esigenze delle popolazioni residenti, ettari di bosco sono stati sostituiti da pascoli e campi, oppure sono ora occupati da agglomerati residenziali, strade, strutture di vario tipo. Corsi d'acqua sono stati deviati, laghi artificiali sono stati creati, argini e ponti costruiti. Negli ultimi anni poi, con gli sconvolgimenti creati dall'andamento della politica economica nazionale post bellica, molte aree destinate ad attività agricole sono state invase nuovamente dalla vegetazione arborea e arbustiva.
Viviamo quindi in un sistema naturale in continua evoluzione, e ne facciamo parte integrante, a pieno diritto, come tutte le altre specie che ci circondano. Dobbiamo però ricordarci che l'attività umana deve inserirsi nel sistema, modificandone sì gli equilibri, ma non sconvolgendoli, piuttosto adattando le sue esigenze a quelle dell'ambiente naturale, fondendosi idealmente con esso, in modo da trarne i giovamenti che sono necessari senza compromettere le risorse che li forniscono. Non è un compito facile, ma neppure impossibile. Ormai ci si è resi conto che il patrimonio a nostra disposizione non è inesauribile, e che è opportuno ponderare le scelte prima di realizzare i nostri progetti. Ritengo che proprio le limitate dimensioni del territorio valdostano siano un aiuto per farci capire l'entità delle risorse a nostra disposizione, e farci riflettere su come vivere all'interno del nostro ambiente montano, e non limitarci ad osservarlo dall'esterno come se fosse una realtà che non ci appartiene.
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