I SISTEMI NATURALI
La rete delle acque superficiali, laghi e zone umide castituisce la linfa degli ecosistemi territoriali.
LAGHI E ZONE UMIDE
di Karen Bonora
L'alterazione dei processi e dei fattori di equilibrio che consentivano il mantenimento degli elementi appartenenti al patrimonio naturale, la banalizzazione degli ambienti e la perdita di diversità come conseguenza dei processi di sviluppo economico, impongono di individuare politiche e interventi per un complessivo miglioramento degli equilibri naturali e ambientali compromessi, attraverso la conservazione degli aspetti di naturalità residui e la loro ricostruzione.
I problemi di salvaguardia del territorio evidenziano la necessità di una difesa del patrimonio naturale da usi impropri, in quanto distruttivi o capaci di alterare in maniera irreversibile gli equilibri del sistema, che deve interessare le componenti dell'ambiente naturale nel loro insieme.
La salvaguardia o la costruzione (o ricostruzione) di ambienti acquatici di limitati dimensioni rispetto all'estensione del territorio regionale, ma diffusi, svolge un ruolo essenziale come riequilibratore della situazione ambientale complessiva e come precursore di una gestione territoriale capace di operare nei confronti della sostenibilità delle trasformazioni, della tutela diffusa degli elementi appartenenti al patrimonio naturale e degli ecosistemi, che coinvolge tutti i soggetti istituzionali, in un processo di sussidiarietà di compiti e di attività.
Il buon funzionamento degli ecosistemi acquatici è la più importante garanzia di disponibilità di acqua in modo sostenibile.
Al giorno d'oggi avere un'acqua corrente di buona qualità sta diventando un fattore limitante per lo sviluppo di una buona salute pubblica e delle attività economiche. Nell'Europa occidentale il 70% dell'acqua destinata ad un uso potabile deriva dallo sfruttamento di acque superficiali, mentre il rimanente 30% è estratto da riserve sotterranee.
I prodotti chimici e l'eccesso di nutrienti mettono a dura prova le capacità di sopravvivenza di questi ecosistemi, interferendo con i processi naturali di autodepurazione e portando, nel contempo, a fenomeni di inquinamento e di eutrofizzazione, con un costante calo della qualità delle acque.
Per poter valutare l'impatto dell'attività umana (e conseguentemente dell'uso del suolo) sugli ecosistemi acquatici è pertanto necessario conoscere i processi intrinsechi che ne stanno alla base. Questi processi agiscono a livello puntuale, tuttavia occorre riportarli e valutarli a scala di riferimento del sistema.
I sistemi acquatici sono costituiti da un immenso numero di micro habitat differenti direttamente connessi al ciclo idrologico di fiumi e torrenti, e il funzionamento dei quali dipende in larga scala da fattori esterni, risultato di influenze umane e gestione del territorio circostante.
Inoltre l'acqua è spesso sottratta dai fiumi per rispondere ad esigenze irrigue o idroelettriche. Questo però comporta che la stessa acqua non raggiunge più, o soltanto in alcuni casi, i laghi e le zone umide lungo il suo percorso. Ciò fa sì che l'ecosistema venga, anche in questo caso, modificato nel suo precario equilibrio.
I corsi d'acqua sono stati e sonno tutt'ora oggetto di pesanti interventi per tutelare le popolazioni da possibile rischio di inondazioni, popolazioni e insediamenti che però hanno spesso occupato le aree che naturalmente dovrebbero fungere da spazi nei quali le acque in piena potrebbero allargarsi e diminuire la loro velocità.
In passato si riteneva che l'ecosistema acquatico, inteso come insieme di soggetti di varia natura (sia esso il corso d'acqua, il lago, la zona umida, la vegetazione circostante o la fauna tipica dei luoghi), vivesse grazie a caratteristiche quali la profondità e la torbidità (ovvero di livello di concentrazione di solidi sospesi) delle acque e all'attività delle alghe. Si sta tuttavia sempre più facendo strada l'ipotesi che la zona di transizione tra acqua e terreno circostante, formata nelle pianure alluvionali dai molti laghi e zone umide, sia la componente principale che determina la biodiversità e il funzionamento dell'ecosistema. Si attribuisce perciò un ruolo di maggiore importanza al contenitore del fiume, piuttosto che alle sole caratteristiche dell'acqua contenuta nel fiume stesso.
I modelli ecosistemici mostrano inequivocabilmente che i macrofiti (ovvero le piante di una certa dimensione) devono essere considerati come l'elemento chiave nel funzionamento degli ecosistemi acquatici. I macrofiti acquatici esercitano un gran numero di effetti indiretti sugli ecosistemi acquatici e sul bacino: infatti essi sono vitali per la trasformazione dei residui di composti organici ed inorganici. Lo stretto legame che emerge chiaramente tra le diverse componenti acqua, suolo e vegetazione, che nel loro insieme costituiscono gli ecosistemi acquatici è indagabile in modo più completo a scala di bacino.
Emerge chiaramente come la vegetazione propria degli ecosistemi acquatici abbia impatti su diverse funzioni ed a differenti livelli di complessità.
Per poter capire meglio cosa si intenda è necessario appoggiarsi ad una scala di bacino, considerando, cioè, non solo il corso d'acqua, ma anche tutto ciò che gli sta intorno e che ne costituisce la riserva idrica. È come se considerassimo un imbuto nel quale viene convogliato tutto ciò che arriva dall'alto, prendendo pertanto in considerazione sia il corso d'acqua, ma anche le riserve dei ghiacciai, le piogge che si verificano in quota e quant'altro. Ad oggi non è ancora chiaro se le diverse parti del bacino contribuiscano separatamente al funzionamento del sistema acquatico, o se il bacino stesso costituisca un unico ecosistema, connesso in modo permanente o intermittente al ciclo idrologico. Di quest'ultimo sistema riusciamo a comprendere il comportamento di una parte solo qualora veniamo a conoscenza delle informazioni riguardanti anche le altre parti. La scala di bacino è anche il livello più appropriato per porre domande legate al funzionamento degli ecosistemi acquatici, al fine di ristabilire funzioni vitali quale, ad esempio, l'autodepurazione.
In tutta Europa sono stati intrapresi programmi di riabilitazione per migliorare la qualità ecologica dei bacini, laghi e zone umide incluse. La qualità ecologica comprende sia aspetti di funzionamento dell'ecosistema sia aspetti legati al vivere civile, quali la fornitura di beni e servizi (ad esempio acqua potabile, pesca, agricoltura, conservazione della natura, processi industriali dell'acqua) alla società. Per quantificare l'assetto della qualità ecologica sono stati sviluppati strumenti in grado di misurare lo stato del sistema (da modellizzazioni ecologiche a integrazione di set di dati ecologici, dalla definizione di scenari allo sviluppo di indicatori complessi, ecc...).
L'attenzione verso gli ecosistemi acquatici è crescente in particolare da quando zone umide, laghi, sorgenti e fiumi si inseriscono come fonti di potenziali attività ricreative e quindi sono divenute economicamente significative anche e soprattutto per le piccole realtà locali.
Se laghi e corsi d'acqua sono elementi ben noti e rispetto ai quali l'interesse anche economico è in forte aumento, stanno assumendo via via un interesse crescente anche le zone umide.
Le zone umide sono aree nelle quali l'acqua copre il terreno, o è presente alla superficie o vicino ad essa, durante tutto il periodo dell'anno o temporaneamente.
La saturazione dell'acqua (idrologia) determina largamente lo sviluppo del terreno ed il tipo di comunità animali e vegetali che vivono nel e sul terreno. Le zone umide, infatti, supportano sia specie acquatiche che specie terrestri. La prolungata presenza di acqua crea condizioni che favoriscono la crescita di piante particolarmente adattate (idrofiti) e promuovono lo sviluppo di caratteristici terreni umidi.
Le zone umide, inoltre, variano in modo notevole in funzione delle differenze locali e regionali in terreni, topografia, clima, idrologia, composizione chimica dell'acqua, vegetazione, e altri fattori, incluso il disturbo umano. In realtà troviamo zone umide dalla tundra ai tropici e in ogni continente, eccezion fatta per l'Antartide.
Vi sono vari tipi di zone umide e la quantità di acqua presente così come il tempo durante il quale rimangono umide in parte determinano le funzioni della zona umida e il suo ruolo nell'ambiente. Persino le zone umide che appaiono secche a volte per lunghi periodi di tempo spesso forniscono un habitat particolare per la fauna selvatica adattatasi a trovare cibo esclusivamente in queste aree.
Le zone umide sono fra gli ecosistemi più produttivi al mondo, paragonati alle foreste pluviali e alle barriere coralline.
Una immensa varietà di specie di microbi, piante, insetti, anfibi, rettili, uccelli, pesci e mammiferi può essere parte dell'ecosistema di una zona umida.
Il clima, la forma del paesaggio, la geologia, e il movimento e l'abbondanza di acqua aiutano a determinare quali tipi di piante e di animali abitino ogni zona umida.
Le complesse e dinamiche relazioni fra gli organismi che abitano l'ambiente circostante la zona umida costituiscono delle catene alimentari. Ecco perché le aree umide possono essere considerate come supermercati biologici: forniscono grandi quantità di cibo che attrae molte specie animali, che sfruttano questo ambiente per tutto o per parte del loro ciclo vitale.
Le funzioni di una zona umida e i valori di queste funzioni per la società umana dipendono da un complesso set di relazioni fra i vari ecosistemi acquatici. Addirittura gli scienziati iniziano a concordare sull'ipotesi che le zone umide costituiscano un fattore fondamentale nel processo di manutenzione dell'atmosfera: esse infatti immagazzinano carbonio nelle loro comunità vegetali e nel terreno invece di rilasciarlo nell'atmosfera sotto forma di diossido di carbonio.
Le zone umide sono tra i pochi ecosistemi al mondo oggetto di un trattato internazionale di protezione, svoltosi a Ramsar, in Iran, nel 1971.
Che l'Italia l'ha adottata con il D.P.R. n. 448 del 13 marzo 1976, definendo formalmente gli ambienti umidi: " si intendono per zone umide le paludi e gli acquitrini, le torbe oppure i bacini, naturali o artificiali, permanenti o temporanei, con acqua stagnante o corrente, dolce, salmastra, o salata, ivi comprese le distese di acqua marina la cui profondità, durante la bassa marea, non supera i sei metri".
In realtà gli ambienti umidi si articolano in una serie molto complessa di aree diverse, con caratteristiche molto differenti dal punto di vista flogistico, faunistico ed ecologico.
Tutte queste classificazioni, ed altre ancora, devono servire per la definizione di conoscenze scientifiche tali da garantire interventi a carattere conservazionistico rappresentabili dai piani di tutela delle acque regionali redatti ai sensi dell'articolo 44 del decreto legislativo n. 152/1999. Gli ambienti umidi, infatti, vanno incontro ad una lenta evoluzione naturale, per la quale si modificano, maturano e quindi possono scomparire attraverso molteplici modalità e benché non sia possibile che si formino nuovi ambienti umidi, se non grazie all'intervento umano, molti sono quelli ancora presenti in Italia e meritevoli di conservazione. Un elenco della Società Botanica Italiana del 1979 riconosceva la presenza di ben 183 ambienti naturali, 3 ambienti artificiali e di 12 altri ambienti presenti sul nostro territorio nazionale.
Per quanto riguarda la Valle d'Aosta, la tutela e la conservazione degli ecosistemi acquatici è demandata a diversi strumenti normativi. Si tratta infatti di misure diverse destinate a tutelare aspetti diversi dello stesso problema.
Il Piano regionale di Tutela delle Acque in fase di approvazione mira ad una tutela complessiva ed integrata del sistema idrico valdostano, considerandone i torrenti, i laghi, le zone umide, ma anche le acque sotterranee e le sorgenti.
Il Piano individua gli interventi corretti da attuare al fine di raggiungere tre scopri prioritari: potenziare ulteriormente l'attuale assetto di depurazione, rinaturalizzare e riqualificare i corsi d'acqua (intervenendo sugli alvei e le arginature e favorire l'ittiofauna e l'uso per svago) e razionalizzare gli utilizzi delle acque (ovvero fare in maniera che la portata di ogni torrente sia sufficiente ai suoi abitanti e agli usi ai quali l'acqua è destinata) salvaguardando il minimo deflusso vitale.
Grazie all'interazione fra i vari strumenti della pianificazione regionale, il governo regionale è riuscito così a sviluppare una politica del territorio finalizzata alla difesa della rete delle acque superficiali per far sì che esse continuino ad essere la linfa vitale degli ecosistemi territoriali.
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