Prosegue il viaggio che, a partire dal numero 17 di questa rivista, sta accompagnando i lettori alla riscoperta del paesaggio valdostano attraverso i suoi geositi. In questa tappa andremo a conoscere meglio le gole, le forre e gli orridi, forme create in migliaia di anni dalla potente azione erosiva dei corsi d'acqua, e che la fantasia popolare ha circondato di mistero.
La variegata morfologia della Valle d'Aosta è dovuta ad una serie di agenti modellanti che nell'arco delle ultime migliaia d'anni le hanno conferito l'aspetto attuale. Prima delle glaciazioni quaternarie, le valli si presentavano con una morfologia a V con i fianchi ricoperti da falde detritiche ed il fondovalle profondamente inciso dall'alveo del torrente. Con le successive glaciazioni le stesse valli furono attraversate da potenti masse glaciali la cui enorme forza erosiva non solo spazzò via i detriti di falda, ma soprattutto levigò ed arrotondò fianchi e fondovalle conferendo a molte vallate la caratteristica forma ad U. Le vallate laterali, essendo colmate da ghiacciai meno potenti perché più piccoli rispetto a quello della valle centrale, di conseguenza furono meno incise. Risultato: lungo la valle centrale si affacciavano una serie di valli sospese dalle quali sgorgavano splendide cascate degne dei migliori "cascatisti"! Questo paesaggio, però, non durò a lungo ed i gradini di confluenza delle valli vennero gradualmente incisi dai corsi d'acqua formando profonde e lunghe gole di raccordo tra la valle principale e quelle secondarie. Si pensi che la lunga strada che conduce a Gressoney si snoda quasi interamente in una gola di raccordo.
L'azione erosiva dei torrenti carichi di detriti non fu però uniforme lungo tutta la gola di raccordo : infatti, quando lungo il percorso affioravano rocce dure e compatte, i torrenti, non riuscendo ad eroderle, formavano nuovamente delle cascate. L'arretramento progressivo delle cascate all'interno di queste rocce incise spettacolari forre, spesso chiamate orridi per l'aspetto temibile che essi incutono. Siccome le glaciazioni quaternarie non furono un fenomeno unitario, ma ci fu un susseguirsi di fasi di avanzata e di ritiro glaciale, anche l'incisione operata dai corsi d'acqua lungo certi gradini di confluenza probabilmente non avvenne esclusivamente in una sola fase. Questo processo può essere visto come il risultato dell'azione erosiva sia da parte dei torrenti subglaciali sia da parte dei torrenti che scorrevano carichi di detriti durante ogni fase di regressione glaciale.
Numerosi sono gli orridi che si incontrano percorrendo la Valle d'Aosta. Ricordiamo brevemente l'orrido di Pré St. Didier, profonda gola postglaciale incisa in calcescisti dalla Dora di Verney nel gradino di confluenza tra la valle principale e la valle di La Thuile; la forra del T. Colomba presso Morgex, anch'essa incisa in calcescisti; l'orrido di Introd, profondo un centinaio di metri, inciso nel gradino di confluenza delle valli di Rhêmes e Savara; i piccoli orridi di Plan de la Pesse in Valsavaranche e del Fond in Val di Rhêmes a monte del rifugio Benevolo; quest'ultimo costituisce una spettacolare incisione in carniole e quarziti, rocce sedimentarie dislocate in seguito all'orogenesi alpina.
Nella vallata di Valtournenche, sul torrente Marmore, si trova il "Gouffre des Busserailles", imponente orrido che rappresenta anche il primo caso di geosito utilizzato come risorsa turistico-economica. Infatti, ancora oggi, i discendenti della guida alpina Maquignaz che più di un secolo fa attrezzò con corde e scale l'orrido, riscuotono un pedaggio ai numerosi visitatori.
Ricordiamo ancora l'orrido di Pondel che si colloca nel tratto mediano della lunga e profonda incisione del T. Grand Eyvia e sovrastato dall'omonimo ponte, testimone della straordinaria arte ingegneristica romana.
Concludiamo il nostro viaggio tra gli orridi nella Valle di Gressoney.
Partendo dalla testata della valle, poco sotto Stafal, incontriamo il piccolo orrido di Selbsteg ora parzialmente ostruito dal crollo della parete sinistra dell'orrido stesso, crollo che ha portato alla formazione di un ponte naturale: Selbsteg in dialetto walser significa appunto "ponte che si è formato da sé" ed ha dato il nome all'antichissima frazione situata a poca distanza dalla gola.
Proseguendo verso Gressoney-St-Jean, in località Biela, un orrido porta ancora oggi il curioso nome Rolleschpròng che letteralmente significa "il salto di Rolle": l'origine di questo toponimo risale al 1785, quando Giovanni Marty, detto Rolle, inseguito dai gendarmi per aver ucciso il cognato, spiccò un salto formidabile da una sponda all'altra del Lys in corrispondenza dell'orrido; in seguito egli fu comunque arrestato e condannato alla fucilazione, ma da allora questo luogo porta il suo nome.
Seguiamo ancora il corso del torrente Lys fino a Guillemore, a monte del villaggio di Fontainemore.
L'orrido di Guillemore ed i suoi dintorni sono proprio l'obiettivo della visita proposta, in quanto uniscono la spettacolarità delle forme ad un forte radicamento nella Storia secolare.
La località, denominata anche con alcune varianti quali Guymour, Guimor, Guymor e Gueymor, ha rappresentato un passaggio obbligato per diversi secoli. La gola determinava sia il confine tra il Mandement de Vallaise e il Mandement d'Issime e Gressoney, sia il punto d'unione tra le due mulattiere, che rispettivamente in destra ed in sinistra orografica, risalivano la valle del Lys. Inoltre sul ponte, prima realizzato in legname poi rifatto in muratura nel 1821, si ricorda la presenza di un oratorio (ora completamente scomparso), utilizzato come forca, dai signori locali, i Vallaise, per impiccare i malfattori. Le popolazioni locali ricordano anche altre leggende, meglio illustrate nell'inserto pubblicato in queste pagine, ma non si possono non citare le parole di Ugo Torra, tratte dal suo testo "La valle di Gressoney e le sue antichità", che così descriveva: "... segnati dal famoso orrido di Guillemore, ove il torrente scompare improvvisamente in una strettissima e profonda fenditura, che non poco ha solleticato col suo spaventoso baratro la fantasia del popolo; destino di tanti fenomeni naturali!"
Dal punto di vista geomorfologico la forra, che si presenta come un'incisione di profondità decametrica, è stata prodotta dalle furiose acque del torrente Lys in banchi di compatti gneiss. A monte dell'orrido si possono osservare, anche dalla strada regionale, le rocce levigate dal ghiacciaio; ben visibili sono anche alcune marmitte dei giganti, caratteristiche forme di evorsione modellate dall'azione trapanante del torrente subglaciale carico di detriti. Una piccola marmitta, perfettamente sferica, è presente sul lato destro idrografico ed è facilmente individuabile in quanto spesso vi ristagna dell'acqua.
Per chi avesse il piacere di approfondire maggiormente l'argomento rimandiamo alle pubblicazioni di PierCarlo Jorio ("Acque, ponti, diavoli nel leggendario alpino" Quaderni di cultura alpina, Priuli e Verlucca editori), Ugo Torra ("La valle di Gressoney e le sue antichità" Tipografia Bardessono, Ivrea - 1959) e ai testi di Jolanda Stévenin.
L'ITINERARIO
Quota: compresa tra 875 m e 900 m
Durata della visita: 1/2 ora
Periodo consigliato: tutto l'anno (in particolare autunno inoltrato e inverno, quando la zona non é occultata dalla vegetazione).
Percorrendo la strada regionale che conduce a Gressoney, poco dopo aver superato l'abitato di Fontainemore, si incontrano sulla destra le indicazioni per scendere verso l'Orrido. Il parcheggio è consigliabile sia sullo spiazzo, presente poco a valle, in corrispondenza della deviazione per Pariassa-Borney, sia nell'area parcheggio presente sulle sponde dello sbarramento artificiale di Issime.
Lasciata la strada regionale si scende su mulattiera e si giunge sul ponte, punto privilegiato per l'osservazione della parte più profonda della forra. Proseguendo sulla comoda mulattiera è possibile giungere all'abitato di Planaz (solatìa e caratteristica frazione di Fontainemore).
Segnaliamo, nel Capoluogo di Fontainemore, il Centro Visita del Parco del Monte Mars, esposizione museale con diverse indicazioni sul territorio circostante.
N.B.: Non uscire dal percorso segnato e soprattutto non avvicinarsi alle sponde dell'orrido, a causa della presenza di rocce scivolose e del ciglio della scarpata che si presenta talvolta sottoscavato e cedevole.
LEGGENDE E RACCONTI SULL'ORRIDO DI GUILLEMORE
" …il nostro fantasticare s'inebria di fantasmagorie negli abissi danteschi di Guillemore…"
"Sull'orlo dell'abisso e sul roccione che domina l'entrata del ponte, esisteva un tempo un pessimo albergo tenuto da una coppia di forestieri. L'albergatore e sua moglie erano degni l'uno dell'altra e la loro sinistra abitazione era oggetto di terrore per gli abitanti della vallata. Il padrone si chiamava Guillaume e solo il suo nome faceva tremare di paura.
Era un demonio nel corpo di un gigante. Egli poté a lungo esercitare impunemente il brigantaggio ed il ladrocinio, grazie alla sua forza erculea e ad un'audacia senza limiti. Guai ai poveri viaggiatori che passavano alla sua portata o che gli chiedevano in qualche modo aiuto! Venivano spogliati, assassinati senza pietà e poi gettati nell'orrido.
Il cielo permise che il castigo colpisse quest'uomo, la cui esistenza non era che una sequenza di sanguinosi delitti. Una sera, cinque uomini armati fino ai denti entrarono nell'albergo per impadronirsi del gigante, ma questi, piuttosto che cadere nelle mani dei giustizieri, preferì gettarsi da una finestra giù nell'orrido. Fu una buona notizia per gli abitanti della valle: da Pont-St-Martin al Monte Rosa non ci fu che un grido di sollievo:" Guillaume è morto! Guillaume è morto!". Si dice che da allora lo stretto prese il nome di Guillemort.
Ciò nonostante, noi preferiamo attenerci all'ortografia abituale secondo cui si scrive Guillemore e la cui etimologia più verosimile sarebbe racchiusa in queste due parole: guille o goille, che nel dialetto valdostano significa pozza d'acqua, e more che significa nera.
L'anima del gigante restò a lungo a penare in fondo all'orrido. Diventò uno spirito maligno che spaventava la valle, risalendo tutte le notti fino al villaggio di Tontinel, da dove si scorge la chiesa di Issime. Lì, la vista della chiesa lo fermava e lo respingeva nell'orrido. Nessuno lo vide mai sotto forma alcuna, ma le sue urla portavano il terrore nei villaggi circostanti. Quando si faceva sentire, la gente rientrava precipitosamente in casa e si nascondeva tremante di paura. Questo spirito urlante finì per essere chiamato "Der Bramm".
Per porre fine a tali paure, i buoni abitanti di Issime pregarono per parecchi giorni. Il cielo ascoltò le loro preghiere poiché da allora lo spirito maligno non uscì più; comunque dei viandanti che passavano di notte in quel luogo sinistro udirono ancora delle urla e scorsero dei bagliori nelle profondità dell'abisso.
Dopo la morte del gigante, la sua compagna era stata portata via dai gendarmi. Nessuno volle abitare la loro casa che cadde in rovina, gli ultimi brandelli di mura rovinati dal tempo, sono caduti nel baratro pochi anni fa."
A cura di Nadia Guindani - Tratto da "Leggende e racconti della Valle del Lys" di J. J. A. Christillin, la cui opera originale fu pubblicata nel 1901.