QUALITA' DELL' ABITARE
Ogni ambiente presenta pericoli correlati al territorio o alle attività umane che su di esso si svolgono e la montagna è uno di quelli più a rischio. Esserne consapevoli è importante per accettarne serenamente vantaggi e svantaggi.
VIVERE A RISCHIO?
di Marco Trevisan
Eventi come quelli verificatisi nell'ottobre del 2000 provocano inevitabilmente una certa inquietudine, un senso di insicurezza; ci si sente indifesi nei confronti delle forze della natura e si ha l'impressione di vivere in un ambiente pericoloso. Quest'impressione è poi più forte in chi non è abituato a vivere in montagna, e la cui conoscenza dell'ambiente è quindi filtrata dai mass media, che ci propongono spesso un'immagine idilliaca di praterie verdi e di luoghi solitari e tranquilli.
In effetti, bisognerebbe cercare di essere lucidi e obiettivi: il rischio zero non esiste e la montagna in particolare è soggetta a pericoli di carattere idrogeologico. I rischi sono connaturati all'ambiente montano, e nessun intervento potrà annullarli definitivamente. La montagna, si sa, è un territorio in pendenza: su di esso la forza di gravità fa sì che l'acqua scorra velocemente, le pietre rotolino, il terreno e la neve, in determinate condizioni, scivolino verso valle. Essere lucidi e obiettivi significa tenere conto dell'entità dei rischi, confrontarli con altri che riteniamo accettabili, attuare delle misure per rendere più sicura la nostra convivenza con l'ambiente che ci ospita e valutare nell'insieme i vantaggi e gli svantaggi che caratterizzano il luogo in cui viviamo. In fondo la montagna è abitata da sempre ed i versanti alpini (tanto al di qua che al di là delle Alpi) sono sede di numerosi insediamenti di popolazione.
Quando si valuta un rischio si fa normalmente riferimento alla probabilità che accada un evento funesto (in termini statistici), alla probabilità che questo colpisca obiettivi vulnerabili (sempre in termini statistici) ed al danno che risulterebbe dal suo accadimento (in termini monetari o di perdita di vite umane). È su questi tre fattori che compongono il rischio che può agire l'uomo, rispettivamente con opere di difesa attiva, con la pianificazione territoriale o con opere di difesa passiva, con sistemi efficienti di preallarme e soccorso. Un tipico fenomeno catastrofico in montagna, per esempio una frana o una valanga, può accadere abbastanza frequentemente, di rado colpisce obiettivi vulnerabili (in particolare le persone) e, quando ciò accade, può causare danni ingenti. Volendo ragionare in termini matematici, sarebbe interessante calcolare l'incidenza delle vittime causate da frane o da valanghe sul totale della popolazione che vive in montagna (intesa come insieme di versanti e fondovalle), e confrontarla per esempio con l'incidenza delle vittime da incidenti stradali. Il rischio di morte per incidente stradale è molto più elevato, ma la maggior parte di noi lo ritiene accettabile, e non per questo rinuncia all'uso della macchina: sarebbe ragionevole allora ritenere accettabile anche il rischio legato al vivere in un ambiente montano.
E chi vive in una città di pianura conduce forse una vita più sicura? Senza dubbio in pianura non vi è alcuna possibilità che si verifichino valanghe o frane. Vi sono però altri rischi: incidenti industriali con possibilità di propagazione di sostanze tossiche, maggiore incidenza delle malattie legate all'inquinamento dell'aria, più alta frequenza di incidenti stradali, rischio criminalità, ecc., oltre ai problemi di inondazione presenti in alcune zone. Ogni ambiente presenta dei rischi, ora legati all'ambiente stesso, ora alla presenza di persone o attività umane. L'importante è che ciascuno di noi sia al corrente dei pericoli cui va incontro e scelga serenamente l'ambiente in cui vivere, tenendo conto da un lato dei rischi e dall'altro lato dei vantaggi che comporta.
Premesso che è sempre esistito, esiste ed esisterà un rischio residuo legato al vivere in un ambiente montano, è opportuno spendere qualche parola su come si può intervenire, e di fatto in molti casi si è intervenuto, per ridurne significativamente l'entità.
La misura sicuramente più efficace consiste nell'evitare di insediare abitazioni od attività nelle aree potenzialmente più pericolose: si tratta di una scelta che si fonda su una politica lungimirante di pianificazione territoriale e che si esplica in un'accorta attività urbanistica, basata su valutazioni di pericolosità geologica ed idrologica. In tal senso si è indirizzata già da anni la normativa regionale, recentemente ridefinita con l'emanazione della legge urbanistica regionale N° 11 del 1998.
Dove il contesto e le esigenze umane non consentono di evitare le zone più pericolose (per esempio per alcuni collegamenti stradali) oppure dove già esistono strutture da difendere, il rischio può essere ridotto mediante la realizzazione e la corretta manutenzione di opere di difesa attiva (interventi atti ad evitare che l'evento si produca, per esempio reti fermaneve) o di difesa passiva (interventi atti a contenere o deviare gli effetti catastrofici, per esempio arginature, valli, gallerie paravalanghe). Tali misure costituiscono il campo di attività specifica di alcune strutture regionali. Tutti gli interventi vengono in genere dimensionati rispetto ad un fenomeno di riferimento, che può essere l'evento più grave tra quelli conosciuti oppure il risultato di un'elaborazione statistica o di un calcolo eseguito sugli eventi noti. Ciò non può escludere in assoluto che si possa produrre un evento eccezionale e catastrofico che supera tutte le previsioni, per quanto cautelative queste siano, e che quindi possa interessare zone ritenute sicure o scavalcare le opere di difesa eseguite. In questo caso, a fronte di tali eventi eccezionali, l'unico strumento nelle nostre mani è essere preparati, e cioè avere previsto una serie di misure di protezione civile quali ad esempio l'evacuazione, l'installazione di ulteriori barriere temporanee o l'intervento di macchine operatrici. Nel passato questa parte di lavoro è stata svolta in base all'esperienza e alla sensibilità degli abitanti del posto; oggi quest'esperienza viene in molti casi a mancare a causa dei molteplici spostamenti delle persone dovuti al mutato stile di vita. Tuttavia le tecnologie attuali consentono di utilizzare strumenti di monitoraggio efficaci, eseguire modelli e simulazioni dei fenomeni, avvalersi della consulenza di esperti: basta farsi trovare pronti!
16
EDITORIALE
SEMINARIO SULLO SVILUPPO SOSTENIBILE
BILANCIO ATTIVITA' AMBIENTALI 2001
VALDOSTANI O TIROLESI?
ABITARE IN MONTAGNA
VIVERE A RISCHIO?
UN AMBIENTE DI QUALITA'
AGRICOLTURA E TURISMO IN MONTAGNA
CITTA' E VILLAGGIO: ANTITESI O COMPLEMENTO?
NUOVI SCENARI PER IL MONT MARS
HO SCELTO LA MONTAGNA
IL MERCATO DEL LAVORO IN UNA REGIONE ALPINA
RETI DEGLI SPAZI FRAGILI
ECONOMIA AMBIENTALE
LA MAISON, UN ABRI
IN MONTAGNA NELL'ANTICHITÀ
2002 ANNO INTERNAZIONALE DELLE MONTAGNE
I SENTIERI DELLA VALLE D'AOSTA
TOPONIMI E ANTROPONIMI
UNA BALCONATA SUL MONTE BIANCO
RECENSIONI
Pagina a cura dell'
Assessorato territorio, ambiente e opere pubbliche
© 2024
Regione Autonoma Valle d'Aosta
Condizioni di utilizzo
|
Crediti
|
Contatti
|
Segnala un errore