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La Resistenza
In Valle d'Aosta la lotta contro il nazifascismo si organizzò intorno al "Comité Valdôtain de Libération" che si era formato fin dal 1941, poco dopo la scomparsa dell'abbé Joseph-Marie Trèves. Tra gli altri vi aderirono Émile Chanoux, Amédée Berthod, Lino Binel, Joseph Bréan, Guglielmo Caracciolo, Enrico Chantel, Cesare Olietti.
Nei giorni immediatamente successivi all'armistizio dell'8 settembre del 1943 e all'occupazione tedesca dell'Italia settentrionale, gli uomini del 4° reggimento alpini dell'esercito italiano abbandonarono le caserme, mentre le truppe tedesche agli ordini del colonnello Schmidt iniziarono ad occupare la Valle d'Aosta. Émile Chanoux, rientrato in Valle d'Aosta da Chambéry, dove era sottotenente di fanteria, riprese i suoi contatti con gli antifascisti, individuando finalità e modalità della lotta partigiana: è il capo riconosciuto della Resistenza valdostana. Presto si costituirono le prime formazioni partigiane, tra cui si distinse la banda comunista "La Suelvaz", capitanata da Émile Lexert (nome di battaglia "Milò"). Nei primi mesi del '44, la Resistenza si rafforzò sensibilmente con la costituzione di nuovi gruppi partigiani, come quello di "Tito" a Valtournenche, la "XIII° Chanoux" a Trois-Villes, il gruppo "Edelweiss" a Fénis, la "Monte Zerbion" a Châtillon. Accanto alle formazioni locali iniziarono ad operare bande partigiane legate ai partiti antifascisti nazionali, in particolare la brigata "Giustizia e Libertà" che faceva riferimento al Partito d'Azione, e la brigata "Garibaldi", molto attiva in Bassa Valle e nel Biellese, legata al Partito Comunista.
I partigiani organizzavano interventi di sostegno a favore dei prigionieri alleati, compivano azioni di sabotaggio a danno di installazioni idroelettriche e telefoniche, nonché alle vie di comunicazione al fine di ostacolare il movimento delle truppe nazifasciste. Queste azioni determinarono crudeli rappresaglie da parte dei nazifascisti. Ci furono fucilazioni, arresti, deportazioni in campi di sterminio nazista, e interi villaggi furono incendiati.
Proprio nel tentativo di proteggere la popolazione civile dalle violenze nazifasciste, tra le fila della Resistenza emersero opinioni differenti circa il modo di condurre la lotta partigiana. In particolare Chanoux espresse la propria contrarietà ad azioni di guerra per il pericolo che queste determinassero rappresaglie sui civili. Per lui «les maquisards devaient rester, autant que possible, chez eux, dans la famille; l'essentiel était de les soustraire à l'enrôlement dans les brigades fascistes et de les empêcher d'être déportés en Allemagne». Come testimonia il canonico Joseph Bréan «Chanoux était contraire, en principe, aux expéditions contre les postes fascistes; expéditions, dont les résultats se réduisaient, pratiquement, àéveiller l'ennemi et à causer de graves représailles».
Inoltre, in occasione dello spostamento a Champorcher di una formazione partigiana di "Giustizia e Libertà", avvenuto tra aprile e maggio del 1944, Chanoux aveva espresso dubbi e perplessità circa l'utilizzo di forze partigiane esterne alla Valle d'Aosta. Infatti, il suo auspicio era che la Valle d'Aosta fosse liberata dai nazifascisti direttamente dai Valdostani senza un massiccio impiego di forze partigiane "extravalle". Egli era favorevole ad una collaborazione con i partigiani italiani, ma poneva le seguenti condizioni: «le maquis valdôtain devait rester dépendant du Comité Central d'Aoste; aucun groupe de partisans non valdôtains ne pouvait s'établir en Aoste sans l'assentiment du Comité d'Aoste».
Ciò che caratterizzò la lotta di Liberazione valdostana era l'obiettivo politico che non si limitava all'abbattimento del nazifascismo, ma anche e indissolubilmente a restituire ai Valdostani quelle forme di autogoverno e di autonomia che erano state cancellate. In questo contesto si è inserita la prospettiva del separatismo e dell'annessione alla Francia, mentre sono state poste le basi per l'autonomia della Valle d'Aosta.