Il Parco Nazionale del Gran Paradiso è entrato meritatamente in scena il 19, 20 e 21 luglio scorsi con "SIATE PARCHI: teatro e natura un iniziativa proposta dall'Associazione ADRET, realizzata dal gruppo teatrale modenese Koiné e promossa dal Servizio Tutela dell'Ambiente dell'Assessorato dell'Ambiente, Territorio e Trasporti e dal Parco Nazionale Gran Paradiso in collaborazione con le Amministrazioni Comunali di Cogne, Rhêmes-Notre-Dame e Valsavarenche.
SIATE PARCHI è un titolo a doppio senso perché duplice è il significato della parola "parchi": semplice plurale di parco in quanto area protetta, ma anche invito a non consumare la natura, bensì a viverla più profondamente e consapevolmente, in questo caso mediante un evento teatrale. Andare a teatro con l'attrezzatura da trekking non è stata una provocazione per i 400 spettatori convenuti nelle tre giornate, ma una piacevole necessità dal momento che l'azione scenica si svolgeva nelle tre valli del parco e si snodava lungo mulattiere ben tracciate e sentieri di facile percorribilità scelti con cura da Ugo Venturella dell'Ufficio di Didattica Ambientale dell'Assessorato. Il pubblico, attrezzato da escursione, è stato condotto in luoghi particolarissimi, ma di facile accesso (quali ad esempio il sentiero reale di caccia ad Orveille) dimostrando di apprezzare un'operazione in cui gli si richiedeva una partecipazione attiva, una complicità con cui ha voluto promuovere un iniziativa che aveva al suo centro il recupero del rapporto originale tra Uomo e Natura. L'idea dello spettacolo è nata infatti dalla considerazione che questo rapporto non può essere lasciato solo alla Scienza, ma deve essere favorito anche dall'Arte ed in particolare dai Simboli che sono la struttura portante dell'Arte.
SIMBOLI E RITMO DELLA NATURA
Dai simboli ecologici di quattro religioni - celtica, greca classica, induista e biblica - sono scaturite altrettante azioni sceniche articolate in un prologo, un epilogo e quattro tappe.
Ad accompagnare il pubblico durante i trasferimenti da una scena all'altra c'era un attore che, interpretando il ruolo di guida del parco, descriveva la vegetazione circostante. Ad ogni tappa, gli spettatori sono stati accolti da un quartetto d'archi, una cantante lirica ed un gruppo di attrici che interpretavano testi originali ispirati alla simbologia antica per il recupero di una sacralità vegetale; al termine la piantumazione rituale di un piccolo albero, secondo il rito della cultura cinese.
La bellezza e la pace dei luoghi, le musiche originali del quartetto e la peculiarità del rito hanno assunto una valenza sacrale a cui oggi non siamo più abituati. Ecco la sfida dello spettacolo "Siate Parchi" che ha proprio voluto essere una rappresentazione del "ritmo della natura", quello che i rituali del passato cercavano in qualche modo di evocare e di cui si è perso il ricordo. Ma seguire il ritmo della natura significa anche non rompere l'atmosfera naturale con luci o rumori e naturalmente non lasciare tracce del proprio passaggio. "Siate Parchi" ha avuto infatti un impatto ambientale nullo perché sono state utilizzate solo scenografie naturali come i pendii e gli alberi.
Grande il contributo dato dalle guardie del parco e dalle Guide della natura: affiancando l'attore-guida nel descrivere le caratteristiche del parco, fornendo ai numerosi turisti utili informazioni sul percorso e sulla vegetazione, contribuendo così a sviluppare l'educazione ambientale, volta alla comprensione dell'ambiente ed al suo rispetto.
I MITI DELLA VEGETAZIONE DANNO SPETTACOLO
Le quattro attrici che officiavano i riti ispirati alle mitologie dei cicli vegetali secondo le grandi tradizioni dell'Uomo, davano voce e forma ai quattro elementi (acqua, aria, terra e fuoco), ai quattro punti cardinali, alle quattro stagioni.
Il numero quattro, in effetti, simboleggia la completezza e al tempo stesso la tensione, l'apertura verso l'altro. Una quinta attrice, una vergine dalle lunghe trecce, rappresentava invece la natura nella sua essenza femminile. Ed è quindi lei che a conclusione dello spettacolo depone l'albero della vita nel grembo della terra, secondo un affascinante rituale derivato dalla tradizione cinese.
Dame biancovestite, fate, streghe, indovine oppure odalische, tutte interpreti dell'idea ecologica che sta alla base delle diverse culture del mondo.
Da qui il richiamo, forse non sempre esplicito, alle pizie greche che divinavano osservando le foglie di quercia mosse dal vento, o al paradiso terrestre dell'Islam, che si confonde con l'Eden cristiano, dove le "bianche" fanno nascere il muschio sputando. O ancora il richiamo ad "Asvattha", l'albero sacro degli Indù che ha le radici piantate nel cielo e i rami nella terra.
L'albero e le interpretazioni che ogni religione ne ha dato è stato quindi il centro di attrazione dello spettacolo nell'utopistico tentativo di recupero di una sacralità vegetale.
Ogni percorso prevedeva, oltre il prologo, quattro azioni teatrali riferite a:
- il "Dagda" celtico ove si parla di una pianta prodigiosa che guarisce gli uomini, il vischio;
- il paradiso terrestre dell'Islam dove si parla del muschio del giardino dell'Eden;
- gli antichi miti greci dove il futuro è conosciuto attraverso Dodona, l'albero della divinazione;
- l'induismo dei sacri libri vedici con il grande albero rovesciato.
Molte le citazioni colte. Goethe, in primo luogo, che fu anche grande naturalista, autore dello straordinario trattato sulla morfologia delle piante. Quindi Schelling ed il romanticismo tedesco; Mircea Eliade, lo storico delle religioni, mago e alchimista; Jacques Brosse, autore della mitologia delle piante.
Il testo è stato scritto a quattro mani da Paolo Pagliani e da Silvio Panini quest'ultimo anche regista dello spettacolo. Paolo Grandi ha invece diretto il quartetto d'archi e la voce solista della cantante lirica nella loro esibizione in quota, in perfetta simbiosi con gli attori e l'ambiente circostante. Le sue partiture originali hanno conferito allo spettacolo una magia fatta di vibrazioni e di sintonia con la natura. Un'esperienza questa, della musica ad alta quota, già percorsa in Trentino, dove sono stati eseguiti concerti nei rifugi di montagna dimostrando che la musica di qualità non può che esaltare lo spettacolo della natura.