Monografia Pietra
Le cave di pietra ornamentale, oltre ad essere una preziosa risorsa economica, offrono al geologo la possibilità di risalire il corso del tempo e capire meglio la storia delle nostre montagne.
IL PREGIO DELLE NOSTRE PIETRE
di Francesco Prinetti
Agli occhi dell'appassionato, tutte le pietre sono belle. Quelle bianche che rallegrano il paesaggio e a volte si prendono gioco del turista, sembrando chiazze di neve da lontano. Quelle grigio-brune, opache, friabili, che in montagna formano grandi onde stratificate, terreno ideale per il profumato genepì. Quelle chiare, massicce, granulose, a grandi bancate regolari, sulle quali i ragazzi si sfogano in acrobatiche arrampicate.
Ma non siamo più nella preistoria, quando in ogni tipo di pietra si trovava qualcosa di utile, ogni loro caratteristica veniva sfruttata in qualche modo. E non siamo neppure più nella nostra civiltà tradizionale, in cui muri, architravi, focolari, macine, bacini venivano costruiti con le più adatte fra le pietre reperibili nei dintorni. Siamo schiavi del mercato, e ci va ancora bene che il mercato richiede alcune delle nostre rocce come pietra ornamentale.
In effetti fra l'enorme varietà di rocce valdostane se ne trovano alcune particolarmente adatte per lavori di rivestimento di superfici esterne o interne (pavimentazioni e arredo urbano, pareti, pilastri, gradinate...) e per lavori di arredamento e mobilio in lastre lucidate (pavimenti, davanzali, tavolini, bagni, decorazioni...).
La coltivazione di tali cave costituisce una voce importante dell'economia industriale in Valle d'Aosta. I loro prodotti sono richiesti soprattutto fuori della Regione, anche all'estero e a volte assai lontano, come si vedrà più oltre nella testimonianza di un cavatore "storico" della nostra regione. Ma prima di lasciare parlare il nostro interlocutore diamo uno sguardo al riquadro in alto, dove sono descritte alcune delle rocce più significative.
Non scandalizziamoci dunque troppo se vediamo alcuni nostri versanti chiazzati dalle cave. In realtà le cave di pietra ornamentale sono degli oblò aperti sul cuore verde delle nostre montagne. I cavatori ci fanno penetrare dove la roccia parla più chiaramente della sua natura e della sua storia, ci fanno risalite il corso del tempo per periodi inimmaginabili. E' anche la nostra storia che viene fuori dalle cave, lasciamocela raccontare da chi la conosce bene.
Gualtiero Vuillermin fa ormai parte della storia valdostana per la sua lunga attività nel settore delle pietre ornamentali. Lo troviamo con il figlio nei suoi uffici a Verrès, in mezzo a collezioni di minerali e pezzi artistici che dimostrano le infinite possibilità del materiale. Ecco una sintesi dei suoi punti di vista.
· Sfogliamo per prima cosa l'albo d'oro, le glorie della nostra pietra valdostana.
R. Numerosi personaggi famosi si sono fatti incantare dal fascino della pietra verde. Don Bosco, ad esempio, ne era entusiasta e la volle nella realizzazione del suo più grande sogno, il complesso di Maria Ausiliatrice in Torino. Già prima della guerra grandi forniture del nostro marmo verde varcarono l'oceano, furono richieste nelle Americhe. Più recentemente, splendidi frammenti di Valle d'Aosta hanno nobilitato la metropolitana di Singapore come il palazzo presidenziale delle Maldive, Miami come Vienna, Parigi come Boston. A livello nazionale, già nel 1913 una delle nostre pietre fu premiata a Milano nel corso di una esposizione specializzata. Le pietre valdostane, come quelle vicinissime canavesane, occupano un segmento commerciale piuttosto specifico, in quanto sono assai poco reperibili altrove. Il granito verde argento, un "mostro" geologico, è praticamente unico al mondo. Se un operatore in qualsiasi parte del mondo vuole un rivestimento in queste pietre verdi è molto probabile che si rivolga nella nostra valle.
· Quindi il successo del settore è dovuto alla presenza di una valida materia prima.
R. Niente affatto, il valore essenziale di cui disponiamo è umano. Già a livello nazionale la tecnologia e l'esperienza da noi sono al massimo. La macchina a controllo numerico che lavora qui di fianco in laboratorio e che ci permette di competere con successo nelle forniture internazionali, è di produzione e concezione italiana. Ma poi in Valle d'Aosta c'è il terreno fertile per questa attività, che resta sostanzialmente un mestiere artigianale anche in mezzo ai computer. Risolvere problemi con la pietra è una costante della civiltà alpina, da noi soprattutto. La cava di Courtil era una vecchia cava di lose per i tetti, ben apprezzata nella zona. Noi non abbiamo fatto altro che riprendere questo savoir-faire, queste tradizioni con metodi e tecniche nuovi.
· C'è attenzione da parte della comunità verso questo patrimonio culturale?
R. Confesso che a volte siamo un po' dispiaciuti nel vedere che alcuni operatori, sia privati che pubblici, si lasciano condizionare e optano per materiali esterni, a volte francamente esotici, per opere che palesemente richiederebbero pietre locali commercialmente disponibili. Ma il sistema, pure in ritardo, evolve comunque in senso favorevole: sempre più la scelta viene fatta in funzione di parametri ambientali complessivi e non solo in base a opinabili criteri estetici. Non sempre l'estetica di un progettista, magari abituato a fare ville al mare, è valida nel tempo per le nostre zone. La stazione ferroviaria di Aosta, le nuove sedi degli assessorati, le ristrutturazioni nel palazzo regionale adottano sempre più pietra locale. Si comincia anche a studiare la pietra da usare in funzione del paesaggio. Nei dintorni di Zermatt si sta rifacendo un grande albergo su uno sperone roccioso, in faccia al Cervino: hanno deciso di lasciare molta pietra a vista e di usare pietra negli interni, ma quale pietra? Evidentemente pietra locale, pietra valdostana. Artigiani valdostani stanno lavorando a Zermatt per eseguire le murature esterne con la nostra pietra a spacco. Conservare la nostra cultura materiale comincia ad essere una scelta pagante.
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