Itinerario
Pur non essendo geologicamente favorevole alla formazione di grandi canyons la Valle d'Aosta offre qualche bell'esempio di orridi talvolta accompagnati dalla formazione di marmitte dei giganti.
ORRIDI E MARMITTE
di Francesco Prinetti
Le Gorges du Verdon, In Francia.Quasi geloso che la terra salga a sottrargli spazio, il cielo manda giù subito la pioggia, la neve ed il vento ad erodere le montagne appena mettono una cresta fuori dal mare. Spinti su dalle incontrastabili forze interne del pianeta, i monti salgono quindi già erosi, solcati, deformati da crolli e a volte carichi di ghiaccio.
Alcuni rilievi continentali si incagliano in regioni della Terra particolar-mente tranquille, e nessuno li smuove più. I fiumi passano per decine di milioni di anni nello stesso posto, scavano sempre più in profondo, rivelando sulla parete del loro solco dirupato la storia del nostro pianeta. Si risale così dalle variegate argille dell'era primaria, dissotterrata sul letto del fiume Colorado, alle polveri desertiche dei giorni nostri, che affiorano presso i bordi del Gran Canyon.
Altri rilievi si rinnovano costantemente, e le valli che li solcano sembrano sempre giovani e smemorate. Le tracce del passato giungono in superficie con le loro forze orogenetiche, non aspettano di essere dissotterrate dal torrente. La logica con cui i nostri monti registrano la storia della Terra è tutta diversa, obbedisce a regole più complesse. Decifrare queste regole è uno dei modi principali per capire il funzionamento del nostro pianeta.
Ciò non vuol dire che non esistano sulle nostre Alpi dei fenomeni spettacolari di erosione torrentizia. Ma, onestamente, è molto più facile per un torrentello alpino tracciare un bel défilé attraverso la massiccia piattaforma calcarea delle Alpi provenzali (Verdon) che attraverso cumuli di rocce fratturate, mescolate, in corso di deformazione come è il caso delle Alpi valdostane. Accontentiamoci dunque di qualche gola scavata alla bell'e meglio nelle ultime migliaia di anni, al massimo qualche centinaia di migliaia. Il paesaggio ardito e vigoroso dell'alta montagna in cui i nostri orridi sono inseriti compensa ampiamente le loro modeste dimensioni. Per fortuna la dilatazione dei ghiacciai nel Quaternario ci ha dato una mano erodendo velocemente i fondi vallivi, prima che la dinamica interna delle rocce cancellasse completamente la loro opera. Alcune valli principali, erose da apparati glaciali più potenti, hanno ancora adesso il loro piano basale più basso rispetto a quello delle valli secondarie, che sboccano sospese a mezza costa sul loro ripido fianco. La confluenza dei due ghiacciai si faceva cioè ad un livello più alto rispetto alla base del ghiacciaio principale. Questo gradino di confluenza è stato eroso prima dal torrente subglaciale confluente, e ora dal torrente vallivo. Alcuni di questi gradini sono tagliati su rocce tenere o facilmente solubili. In questi casi si possono formare pregevoli gole di raccordo fra i due livelli vallivi. La diffusa presenza di gradini di confluenza, con o senza profonde gole di raccordo, è servita per secoli, nel bene e nel male, ad isolare le alte valli alpine dal fondovalle principale e quindi dal resto del mondo. In realtà questa strozzatura verso lo sbocco delle valli ha stimolato per millenni la ricerca di itinerari a monte, attraverso le creste. L'imperversare a valle di briganti più o meno legalizzati che esigevano pedaggi per attraversare le gole, e l'instaurarsi di cicli climatici più miti ha esaltato in certi periodi (XI-XV secolo e fino al 1530) le comunicazioni intervallive. Ora passando in macchina manco ci accorgiamo delle difficoltà di accesso alle valli laterali e del faticoso tracciato delle vecchie mulattiere.

Sulle serpentiniti massive del Gouffre de Busseraille le acque subglaciali hanno scavato pregevoli marmitte.L'orrido di Pré St-Didier è esemplare per questo tipo di fenomeni. Scavato velocemente dalla Dora di Verney in roccia scistosa micacea (friabile) e calcarea (solubile), è di facile accesso lungo il sentiero delle terme ma molto esposto a cadute di materiali dall'alto. La strada internazionale, come in molti casi analoghi, preferisce raggiungere il piano basale dell'antico ghiacciaio laterale salendo a fianco della gola di raccordo. L'interno della gola è movimentato dallo zampillare di una sorgente calda. Data la posizione in zona di sforzo della sutura pennidica (cioè in prossimità del contatto delle falde alpine con la placca eurasiatica, rappresentata dal Monte Bianco), è oltremodo probabile che il riscaldamento dell'acqua di falda sia dovuto al suo passaggio all'interno di masse rocciose in corso di stress deformativo. Poco o nulla hanno a che vedere i ghiacciai con gli altri due orridi che prenderemo in considerazione.
Per osservare l'orrido di Betenda è consigliabile disporre di una mezza giornata e fare il giro dei due ponti sul Buthier. Lasciata la macchina al parcheggino di Vernosse (bivio a destra dopo la frazione di Voisinal, prima del capoluogo di Oyace in Valpelline) si continua a piedi lungo la strada asfaltata fin dopo il ponte, si prende il sentiero a sinistra e si risale la riva sinistra idrografica del Buthier. Con un po' di coraggio, dopo alcuni minuti si può seguire una traccia che costeggia il torrente. Di fronte alla confluenza del torrente Varrère che scende dal Mont Gelé i due sentieri si ricongiungono. Al ponte di Betenda, bella costruzione in pietra, l'orrido appare in tutto il suo splendore. Il sole lo raggiunge in piena estate verso le tre del pomeriggio, con un raggio obliquo. Risalendo verso la frazione Ciosé è possibile fare una deviazione verso la torre o Tornalla, suggestiva e panoramica, prima di ridiscendere alla macchina. La chiave per comprendere la formazione dell'orrido di Betenda sta nell'imponente liscione roccioso che sta a monte del ponte, sulla destra idrografica del torrente. Esso indica uno scorrimento quasi verticale che ha abbassato di parecchie decine di metri il versante sinistro (idr.) lungo l'asse vallivo. Il roccione con la torre si è trovato sopraelevato sul fondovalle. Il torrente invece ha inciso con maggior successo lungo questa linea di roccia meccanicamente indebolita dallo scorrimento. Il Gouffre de Busseraille si apre sull'antica strada per il Breuil, alla testata della Valtournenche. È consigliabile dal capoluogo dirigersi a sinistra verso Crépin, antica e nobile frazione dalle lunghe case "tibetane", parcheggiare il mezzo e risalire la valle lungo la mulattiera, guardando il meno possibile in basso a destra dove partono gli impianti di risalita per le Cime Bianche. Si percorrerà così un tratto di strada storica ancora in grado di evocare i tempi mitici di Guido Rey (che la fotografò magistralmente) e dei pascoli ai piedi del Cervino. Dal nostro punto di vista, basterà ricordare che stiamo contornando una delle più perfette e leggibili frane polifasiche della regione (l'ultimo episodio negli anni 40). Il bosco è cresciuto sul corpo di frana antico, ed il villaggio di Proz occhieggia in mezzo ai larici del bordo a monte.
L'Orrido di Pré Saint-Didier.Un paio di ponti conducono la mulattiera a destreggiarsi in una strettoia che doveva dare seri grattacapi all'Anas di qualche secolo fa. In effetti la bancata di serpentiniti che fa da basamento alla falda "africana" delle Grandes Murailles non presenta proprio la minima discontinuità, e l'acqua del Cervino si è rassegnata al "gutta cavat lapidem", ad inciderla con la pazienza dì millenni. Le serpentiniti massive, compatte come una pasta bluastra traslucida, hanno ceduto lo stretto indispensabile, modellandosi soprattutto sui mulinelli abrasivi dell'acqua glaciale. Il risultato è un passaggio stretto e sinuoso, coperto dalle sporgenze
alternanti, tappezzato di concavità tondeggianti e di vere e proprie marmitte dei giganti. Soprattutto, è riempito dalle goccioline della cascata e dal fragore del torrente. Attrezzato con solide passerelle metalliche e piattaforme in cemento, è visitabile con modica spesa, comprese cartoline e caratteristico ristorantino nell'antico presidio.
   
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