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L'uso prevalente di materiali locali, come la puddinga, veniva affiancato a quello di pietre pregiate provenienti anche da molto lontano per rivestimenti e decorazioni.
MARMI E PIETRE DI AOSTA ROMANA
di Rosanna Mollo
Nell'antichità il paesaggio costruito della Valle d'Aosta era essenzialmente di pietra: muri a secco caratterizzavano le costruzioni pre-protostoriche mentre in epoca romana la scelta e la combinazione dei materiali, per lo più reperiti in loco in funzione delle loro proprietà e del loro aspetto, condizionavano l'arte del costruire.
La pietra, coltivata in loco e di facile approvvigionamento, veniva utilizzata sia come materiale da costruzione nelle murature che come elemento decorativo sulla base delle sue qualità fisiche ed estetiche.
Un grandioso esempio di razionale sfruttamento dei materiali lapidei locali è rappresentato dalla cinta muraria della città romana. Coeva all'impianto urbano di età augustea e quasi interamente conservata, era costituita da una gettata di ciottoli spaccati annegati in abbondante malta - l'opus caementicium con paramento esterno, risegato, di blocchi squadrati di travertino (opus quadratum), con accurata rifinitura delle connessure e facciavista liscia.
Anche per la costruzione della via publica e delle infrastrutture stradali i romani si sono serviti della pietra disponibile sul posto e di facile approvvigionamento (micascisti, gneiss) ricorrendo all'accostamento di vari litotipi (tipi di pietre) nell'ossatura, negli elementi di riquadratura e nelle arcate.
Nelle strutture a sviluppo verticale di notevole impegno architettonico come l'Arco onorario, la Porta Pretoria, il Teatro e, in proporzioni minori, anche l'Anfiteatro, prevale l'opera quadrata di taglio talora rustico a grandi elementi di puddinga, un conglomerato di origine fluviale largamente impiegato nell'architettura pubblica aostana. La complessità delle fabbriche aveva attivato la ricerca di materiali diversi per le diverse soluzioni nei punti di maggior impegno strutturale.
Non mancano esempi di plastica architettonica tagliata nella puddinga:
ne sono testimonianza i capitelli corinzi dell'Arco e il robusto partito architettonico del fronte scenico del Teatro. L'austera monumentalità che caratterizzava l'architettura pubblica aostana appare pertanto legata più che ad esigennze costruttive all'utilizzo di particolari materiali locali, quali il conglomerato (puddinga), che richiedevano per esigenze statiche e funzionali intrinseche, l'uso di grandi blocchi squadrati.
L'apparato architettonico lapideo, di gusto classicheggiante, in opera quadrata, non scevro di valori plastici e cromatici, nell'uso del bugnato rustico rivela forme di pura e massiccia struttività che sembrano corrispondere alle norme della trattatistica vitruviana: soliditas, utilitas, venustas (Vitruvio I, Il, 2) e sottolineare, come è stato rilevato da (lA. Mansuelli, un effetto di "congruenza ambientale" con una realtà naturale particolarmente maestosa ed imponente.
Gli edifici di carattere privato avevano murature in elementi di pietra a "piccolo apparecchio" o a scaglie miste a ciottoli spaccati disposti a filari più o meno regolari; la coesistenza di pietre di diverso formato e di diversa natura deriva spesso dallo spacco e dalla sbozzatura di grandi ciottoli o di massi fluviali provenienti dalle alluvioni della Dora Baltea e del Buthier.
Le tracce più eloquenti del sistema di costruzione di età romana sono oggi rappresentate proprio dai resti delle grandiose opere edilizie che caratterizzavano la fisionomia della città: a partire dall'età tardo-augustea, l'avvio del processo di monumentalizzazione urbana e lo sviluppo dell'impiego delle pietre portavano, come pare lecito supporre allo sfruttamento delle risorse locali e alla sistematica coltivazione di cava delle rocce sedimentarie reperibili nelle immediate vicinanze della città di Aosta.
Ai tempi del De Tillier, la puddinga ritenuta secondo una credenza molto diffusa une espece de pierre granite qu'on doutte etre de composition mais si on examine de pres particulzerement la jointure des eschantiilions... specialement la finesse... desfrises, reliefs et ornements des chapitaux des piliers, il paroit que elles ne peuvent etre que de composition...
Nozioni precise sui materiali utilizzati in età romana sono ancora poco frequenti nella prima metà del settecento; De Saussure (1786) distingue chiaramente la poudingue ou grès à gros grains che les gens du pays sont persuadés que c'est une composition, mais j'en ai trouvé des rochers en place dans les montagnes au Nord e au-dessus de la route d'Ivrée.
Sezione del muro di cinta in età romana.Nella letteratura specifica ottocentesca formazioni di puddinga vengono individuate in prossimità della Dora fra Gressan e Charvensod.
Nel 1991, a Clérod (Gressan, a Nord dei magazzini Mafer), lungo la sponda destra della Dora in prossimità di un ponte (di cui si conserva ancora una spalla) e della strada romana in direzione Aymavilles è stata scoperto il fronte di una cava di puddinga di epoca romana; da qui proveniva probabilmente il materiale utilizzato per la costruzione dei principali monumenti pubblici di Augusta Praetoria.
La cava, a cielo aperto, era coltivata a gradoni: il sistema di estrazione a blocchi squadrati di forma parallelepipeda e di varie dimensioni (80x90x160; 80x110x200) è rilevabile dalle tracce dei solchi lasciati dagli attrezzi di ferro. I blocchi venivano prelevati dalla cava ben sbozzati e riquadrati, spostati su rulli e trasportati su pesanti carri al cantiere e, in base all'utilizzo, potevano essere ulteriormente suddivisi in blocchi più piccoli.
Oltre ai banchi di conglomerato furono sfruttate in epoca romana anche le rocce calcaree: il travertino era adoperato nelle varie destinazioni monumentali sia in blocchi che in blocchettini squadrati e in tessere (cubilia) tipiche dell'opus reticulatum (Villa in Regione Consolata).
Formazioni rocciose della stessa natura sono presenti a settentrione di Aosta in località Bibian; rocce della stessa famiglia petrografica, a matrice travertinosa, sono state individuate a Gressan lungo la sponda destra della Dora, al disotto della località detta Comba-Cizera ilud. Anche il marmo di varietà bardiglio, comunemente noto come bardiglio di Aymavilles" veniva estratto in maniera intensiva. L'uso di questo calcare non era limitato solamente all'impiego come materiale d'opera in edifici di certo impegno, quali il Foro, la Porta Pretoria, l'Anfiteatro; le buone caratteristiche ne facevano un materiale privilegiato per la pavimentazione delle aree pubbliche e private, per la lastricatura delle vie cittadine e per una notevole produzione di basi, are, stele, lastre, fregi e sarcofagi, talora anche ornati di iscrizioni o di rilievi di pregio artistico.
Il suburbio meridionale di Augusta Praetoria condizionato dalla presenza della Dora Baltea sembra definirsi, nelle fasi iniziali della romanizzazione come area di deposito e di smistamento di materie prime connesse all'edilizia derivanti dall'attività di cantiere di cavatori-scalpellini e da opificia (laboratori), dislocati a sud del corso del fiune.
L'attuazione del programma di strutturazione della città e le monumentali realizzazioni architettoniche avevano evidentemente richiesto uno sfruttamento intensivo delle risorse locali (puddinga, travertino, bardiglio). La disponibilità di materie prime e la relativa facilità di approvvigionamento dovette comunque avviare un processo di industrializzazione della pietra: a tale proposito, non sembra fuori luogo citare l'importante titolatura di età augustea del ponte-acquedotto di Pondel, documento della presenza in loco dell'imprenditore patavino C. Avillius C. F. Caimus, impegnato probabilmente come la sua famiglia nell'attivazione di iniziative imprenditoriali in campo edilizio, e forse ad Aosta anche nello sfruttamento delle cave. In quest'ottica infatti si potrebbe spiegare la funzionalità del sistema di conduzione idrica dell'acquedotto del Pondel - una monumentale opera privata: l'acqua alimentava i processi di lavorazione delle materie prime - i litotipi locali, in particolare il marmo - provenienti dai bacini estrattivi delle zone immediatamente a sud della Dora, nel tratto compreso tra i comuni di Charvensod e Villeneuve. L'ipotesi di un'organizzazione a carattere industriale con un forte impegno di capitali e salariati - liberi o schiavi - sembra comunque comprovata dalla presenza di liberti della gens Avillia nella piana di Gressan e Villeneuve, documentata da due iscrizioni funerarie.

In età romana i materiali lapidei di maggior pregio, destinati soprattutto al rivestimento e alla decorazione, venivano importati da vari paesi del bacino del Mediterraneo, soprattutto dalla Grecia continentale, dalla Turchia e dall'Africa settentrionale. Tra le pietre d'importazione più pregiate ritrovate negli scavi di Augusta Praetoria, oltre ai marmi bianchi, possiamo citare il marmo rosso antico, il portasanta (Chios), il cipollino verde (Caristium) provenienti dal teatro, mentre il giallo antico (Tunisia), il rosso ammonitico (italiano) e il pavonazzetto (Asia Minore) adornavano le insulae di abitazione privata. A paragone con la nostra tecnologia, stupisce scoprire che, con le difficoltà e i costi di trasporto, materiali pesanti come la pietra potessero essere allora oggetto di commercio di così lunga portata.
A partire dal VI-VII secolo, in una mutata situazione ambientale, economica e demografica, si verifica un progressivo ma radicale cambiamento nella vicenda insediativa. Nella città trasformata in un'unica grande cava si possono ora identificare archeologicamente ampi settori di spoglio per il recupero di materiali lapidei da costruzione concentrati soprattutto nell'ambito degli edifici pubblici, i cui elementi strutturali vengono depredati e riutilizzati. Nelle trincee e nelle aree erase si rinvengono spessi depositi di materiale
lapideo, residuo di spietramenti e di interventi di asporto. La presenza di un forno da calce, a pianta circolare, messo in luce nell'area dell'ex-Caserma Challant, in prossimità delle mura, attesta concretamente la presenza di un'area attrezzata tardoantica destinata al recupero dei materiali calcarei e alla loro trasformazione in calce. Il processo si protrae fino al medioevo inoltrato, come nel caso della Tour du Baillage o della Tourneuve, costruite quasi interamente con i materiali di spoglio dei monumenti romani. Questa vicenda ci fa intuire, a confronto con la varietà e provenienza dei materiali romani, quanto profondamente le relazioni economiche e commerciali siano mutate nei secoli seguenti.

   
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